All'inizio della Quaresima, può essere utile fermarci su alcune riflessioni che aveva proposto, qualche anno fa, il Papa emerito, Benedetto XVI
Il significato spirituale della Quaresima in una
riflessione di Benedetto XVI
La Quaresima è di un itinerario di quaranta giorni che ci
condurrà al Triduo pasquale, memoria della passione, morte e risurrezione del
Signore, cuore del mistero della nostra salvezza. Nei primi secoli di
vita della Chiesa questo era il tempo in cui coloro che avevano udito e accolto
l’annuncio di Cristo iniziavano, passo dopo passo, il loro cammino di fede e di
conversione per giungere a ricevere il sacramento del Battesimo. Si trattava di
un avvicinamento al Dio vivo e di una iniziazione alla fede da compiersi
gradualmente, mediante un cambiamento interiore da parte dei catecumeni, cioè
di quanti desideravano diventare cristiani ed essere incorporati a Cristo e
alla Chiesa”.
Successivamente, anche
i penitenti e poi tutti i fedeli furono invitati a vivere questo itinerario di
rinnovamento spirituale, per conformare sempre più la propria esistenza a
quella di Cristo…
Tutti, fin dai primi
tempi della chiesa, sapevano che il tempo che precede la Pasqua è il tempo del
cambiamento interiore, del pentimento; il tempo che identifica la nostra vita
umana e tutta la nostra storia come un processo di conversione che si mette in
movimento ora per incontrare il Signore alla fine dei tempi”…
Il tempo di quaranta
giorni e, con un chiaro riferimento alla Sacra Scrittura ci introduce così in
un preciso contesto spirituale. Quaranta è infatti il numero simbolico con cui
l’Antico e il Nuovo testamento rappresentano i momenti salienti dell’esperienza
della fede del Popolo di Dio. E’ una cifra che esprime il tempo dell’attesa,
della purificazione, del ritorno al Signore, della consapevolezza che Dio è
fedele alle sue promesse. Questo numero non rappresenta un tempo cronologico
esatto, scandito dalla somma dei giorni. Indica piuttosto una paziente
perseveranza, una lunga prova, un periodo sufficiente per vedere le opere di
Dio, un tempo entro cui occorre decidersi ad assumere le proprie responsabilità
senza ulteriori rimandi. E’ il tempo delle decisioni mature”.
Il numero quaranta appare anzitutto nella storia di Noè.
Quest’uomo giusto, a causa del diluvio trascorre quaranta giorni e quaranta
notti nell’arca, insieme alla sua famiglia e agli animali che Dio gli aveva
detto di portare con sé. E attende altri quaranta giorni, dopo il diluvio,
prima di toccare la terraferma, salvata dalla distruzione (Gen 7,4.12;
8,6)". Poi prosegue: "Mosè rimane sul monte Sinai, alla presenza del
Signore, quaranta giorni e quaranta notti, per accogliere la Legge. In tutto questo
tempo digiuna (Es 24,18). Quaranta sono gli anni di viaggio del popolo ebraico
dall’Egitto alla Terra promessa, tempo adatto per sperimentare la fedeltà di
Dio: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto
percorrere in questi quarant’anni… Il tuo mantello non ti si è logorato addosso
e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni» (Dt 8,2.4)".
Il profeta Elia impiega quaranta giorni per raggiungere
l’Oreb, il monte dove incontra Dio (1 Re 19,8). Quaranta sono i giorni durante
i quali i cittadini di Ninive fanno penitenza per ottenere il perdono di Dio
(Gn 3,4). Quaranta sono anche gli anni dei regni di Saul (At 13,21), di Davide
(2 Sam 5,4-5) e di Salomone (1 Re 11,41), i primi tre re d’Israele. Anche i
Salmi riflettono sul significato biblico dei quaranta anni, come ad esempio il
Salmo 95: «Se ascoltaste oggi la sua voce! “Non indurite il cuore come a
Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quarant'anni mi
disgustò quella generazione e dissi: sono un popolo dal cuore traviato, non
conoscono le mie vie”» (vv. 7c-10)”.
“Nel Nuovo Testamento, Gesù, prima di iniziare la vita
pubblica, si ritira nel deserto per quaranta giorni, senza mangiare né bere (Mt
4,2): si nutre della Parola di Dio, che usa come arma per vincere il diavolo.
Le tentazioni di Gesù richiamano quelle che il popolo ebraico affrontò nel
deserto, ma che non seppe vincere. Quaranta sono i giorni durante i quali Gesù
risorto istruisce i suoi, prima di ascendere al Cielo e inviare lo Spirito
Santo (At 1,3)”.
La liturgia cristiana della Quaresima ha lo scopo di
favorire un cammino di rinnovamento spirituale, alla luce di questa lunga
esperienza biblica e soprattutto per imparare ad imitare Gesù, che nei quaranta
giorni trascorsi nel deserto insegnò a vincere la tentazione con la Parola di
Dio.
I quarant’anni della
peregrinazione di Israele nel deserto presentano atteggiamenti e situazioni
ambivalenti. Da una parte essi sono la stagione del primo amore con Dio e tra
Dio e il suo popolo, quando Egli parlava al suo cuore, indicandogli
continuamente la strada da percorrere…
D’altro canto, la
Bibbia mostra anche un’altra immagine della peregrinazione di Israele nel deserto:
è anche il tempo delle tentazioni e dei pericoli più grandi, quando Israele
mormora contro il suo Dio e vorrebbe tornare al paganesimo e si costruisce i
propri idoli, poiché avverte l’esigenza di venerare un Dio più vicino e
tangibile ... ”.
Questa ambivalenza la
ritroviamo in modo sorprendente nel cammino terreno di Gesù, naturalmente senza
alcun compromesso col peccato.
Dopo il battesimo di
penitenza al Giordano, nel quale assume su di sé il destino del Servo di Dio
che rinuncia a se stesso e vive per gli altri e si pone tra i peccatori per
prendere su di sé il peccato del mondo, Gesù si reca nel deserto per stare 40
giorni in profonda unione con il Padre.
Questa dinamica è una
costante nella vita terrena di Gesù, che ricerca sempre momenti di solitudine
per pregare il Padre suo e rimanere in intima comunione e in intima solitudine
con Lui e poi ritornare in mezzo alla gente. Ma in questi tempi di “deserto” e
di incontro speciale col Padre, Gesù si trova esposto al pericolo ed è assalito
dalla tentazione e dalla seduzione del maligno, il quale gli propone una via
messianica lontana dal progetto di Dio, perché passa attraverso il potere, il
successo, il dominio e non attraverso il dono totale sulla Croce. Questa è
l'alternativa al messianismo di potere, di successo: un messianismo di amore,
di dono di sé”.
Ha quindi sottolineato
che “questa situazione di ambivalenza descrive anche la condizione della Chiesa
in cammino nel “deserto” del mondo e della storia. In questo “deserto” noi
credenti abbiamo certamente l’opportunità di fare una profonda esperienza di
Dio che rende forte lo spirito, conferma la fede, nutre la speranza, anima la
carità; un’esperienza che ci fa partecipi della vittoria di Cristo sul peccato
e sulla morte mediante il Sacrificio d’amore sulla Croce. Ma il “deserto” è
anche l’aspetto negativo della realtà che ci circonda: l’aridità, la povertà di
parole di vita e di valori, il secolarismo e la cultura materialista, che
rinchiudono la persona nell’orizzonte mondano dell’esistere sottraendolo ad
ogni riferimento alla trascendenza. E’ questo anche l’ambiente in cui il cielo
sopra di noi è oscuro, perché coperto dalle nubi dell’egoismo,
dell’incomprensione e dell’inganno. Nonostante questo, anche per la Chiesa di
oggi il tempo del deserto può trasformarsi in tempo di grazia, poiché abbiamo
la certezza che anche dalla roccia più dura Dio può far scaturire l’acqua viva
che disseta e ristora”.
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