sabato 24 settembre 2022

 25 settembre 2022

26a domenica del tempo ordinario

1ª lettura – Am 6,1a.4-7

 

Dal libro del profeta Amos


Guai agli spensierati di Sion

e a quelli che si considerano sicuri

sulla montagna di Samaria!

Distesi su letti d’avorio e sdraiati sui loro divani

mangiano gli agnelli del gregge

e i vitelli cresciuti nella stalla.

Canterellano al suono dell’arpa,

come Davide improvvisano su strumenti musicali;

bevono il vino in larghe coppe

e si ungono con gli unguenti più raffinati,

ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano.

Perciò ora andranno in esilio in testa ai deportati

e cesserà l’orgia dei dissoluti.

 

Dal Salmo 145 (146)

 

R/. Loda il Signore, anima mia.

 

Il Signore rimane fedele per sempre,

rende giustizia agli oppressi,

dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri. R/.

 

Il Signore ridona la vista ai ciechi,

il Signore rialza chi è caduto,

il Signore ama i giusti,

il Signore protegge i forestieri. R/.

 

Egli sostiene l’orfano e la vedova,

ma sconvolge le vie dei malvagi.

Il Signore regna per sempre,

il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R/.

 

2ª lettura – 1 Tm 6,11-16 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.

Davanti a Dio, che dà vita a tutte le cose, e a Gesù Cristo, che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, ti ordino di conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo,

che al tempo stabilito sarà a noi mostrata da Dio,

il beato e unico Sovrano,

il Re dei re e Signore dei signori,

il solo che possiede l’immortalità

e abita una luce inaccessibile:

nessuno fra gli uomini lo ha mai visto né può vederlo.

A lui onore e potenza per sempre. Amen.

 

Vangelo – Lc 16,19-31  

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 

«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 


Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 

Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 

E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

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omelia


La parabola del ricco gaudente e del povero Lazzaro presenta due quadri , due situazioni in forte contrasto fra loro. La prima scena riguarda Il ricco. E’ uno che pensa solo a godere, che banchetta tutti i giorni senza farsi mancare nulla, che nuota nell’abbondanza, nei piaceri e nel lusso sfrenato, cioè nello spreco…

Invece il povero Lazzaro (“Dio aiuta”) è sotto la porta del ricco, debole e ammalato, senza potersi muovere, incapace persino di scacciare i cani randagi che gli danno fastidio. Quello che sorprende, dentro questo contrasto è che il povero e il ricco sono vicini, ma il ricco non si accorge del povero, come se neanche esistesse!

 

Dopo la morte, la situazione si capovolge: il ricco è nei tormenti, il povero vicino ad Abramo, cioè nella felicità dei giusti.  

Gesù descrive il regno dei morti ricorrendo  alla mentalità e all'immaginario del suo tempo. Non c’è la descrizione delle pene terribili dell’’inferno, con le fiamme che divorano e tormentano i dannati. Gesù intende, almeno in parte, reagire ad mentalità allora molto diffusa. Si pensava: la ricchezza è il segno della benevolenza e dell’approvazione di Dio, la povertà è segno della disgrazia che si è voluta, per certe azioni colpevoli. 

 

L’insegnamento centrale della parabola è questo: il ricco non è condannato perché ha agito con violenza e ha tormentato il povero, lo ha allontanato con forza. Semplicemente ha vissuto da ricco, ignorando il povero. E’ la colpa dell’indifferenza, del far finta di non vedere, del dire “non mi interessa, non tocca a me, peggio per lui!”

La malattia più profonda di quest’uomo è quella che papa Francesco, in una sua omelia, ha definito mondanità: l’atteggiamento di chi “è solo con il proprio egoismo, dunque è incapace di vedere la realtà”.

E’ un richiamo per tutti! Il pericolo di restare passivi di fronte a situazioni difficili in cui si trovano le persone accanto a noi, di non fare nulla.

 

Questo pensiero è completato dalla seconda parte della parabola, dove sono di scena i fratelli che continuano a vivere come il ricco gaudente nella loro ricchezza.  È proprio il loro vivere da ricchi che li rende ciechi di fronte al povero e ciechi di fronte alle Scritture. Il ricco non se la prende con Dio  e non opprime il povero, semplicemente non lo vede. Sta qui il grande pericolo della ricchezza, ed è questa forse la principale lezione della parabola. 

Il ricco vorrebbe che i suoi fratelli fossero avvertiti. Ma a che servirebbe avvertirli? Hanno già i profeti e Mosè, non occorre altro. 

 

E così la Parola di Dio nella sacra Scrittura é più che sufficiente per avere tutte le indicazioni utili per comportarsi bene secondo la volontà di Dio. Non servono miracoli o provvedimenti speciali per credere e per convincersi  della verità che 

porta alla vita e alle scelte che Dio vuole da noi! .

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Intenzioni per la preghiera dei fedeli:

 

Donaci un cuore generoso!

 

 

Sabato 1° ottobre il vescovo Domenico farà  il suo ingresso nella nostra diocesi. Il Signore lo benedica e lo sostenga nel suo prossimo impegno pastorale. La diocesi di Verona si  mostri accogliente e disponibile verso di lui, perchè possa servire con efficacia le nostre comunità. La fede e la carità crescano secondo i desideri di Dio e la forza dello Spirito Santo. 

 

 

Perché la Chiesa continui a manifestare la presenza di Dio che è sempre attento nei confronti dei poveri e dei bisognosi. 

 

Le possibilità economiche non ci rendano ciechi di fronte alle necessità degli altri. Preghiamo. 

 

Perché il prossimo mese missionario di ottobre faccia crescere in noi l’interesse per la realtà delle missioni e ci renda corresponsabili dell’annuncio del Vangelo nelle situazioni di ogni giorno. 

 

Signore Gesù, tu ci hai chiamati a seguirti per portare a tutti gli uomini il Vangelo della salvezza. Noi vogliamo rinnovare davanti a Te la nostra disponibilità. Tu donaci la grazia di perseverare. Conservaci nel tuo amore ora e per tutti i giorni della nostra vita. 


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Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati

«Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura» (Eb 13,14).

Cari fratelli e sorelle!

Il senso ultimo del nostro “viaggio” in questo mondo è la ricerca della vera patria, il Regno di Dio inaugurato da Gesù Cristo, che troverà la sua piena realizzazione quando Lui tornerà nella gloria. Il suo Regno non è ancora compiuto, ma è già presente in coloro che hanno accolto la salvezza. «Il Regno di Dio è in noi. Benché sia ancora escatologico, sia il futuro del mondo, dell’umanità, allo stesso tempo si trova in noi». [1]

La città futura è una «città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (Eb 11,10). Il suo progetto prevede un’intensa opera di costruzione nella quale tutti dobbiamo sentirci coinvolti in prima persona. Si tratta di un meticoloso lavoro di conversione personale e di trasformazione della realtà, per corrispondere sempre di più al piano divino. I drammi della storia ci ricordano quanto sia ancora lontano il raggiungimento della nostra meta, la Nuova Gerusalemme, «dimora di Dio con gli uomini» (Ap 21,3). Ma non per questo dobbiamo perderci d’animo. Alla luce di quanto abbiamo appreso nelle tribolazioni degli ultimi tempi, siamo chiamati a rinnovare il nostro impegno per l’edificazione di un futuro più rispondente al progetto di Dio, di un mondo dove tutti possano vivere in pace e dignità.

«Noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia» (2 Pt 3,13). La giustizia è uno degli elementi costitutivi del Regno di Dio. Nella ricerca quotidiana della sua volontà, essa va edificata con pazienza, sacrificio e determinazione, affinché tutti coloro che ne hanno fame e sete siano saziati (cfr Mt 5,6). La giustizia del Regno va compresa come la realizzazione dell’ordine divino, del suo armonioso disegno, dove, in Cristo morto e risorto, tutto il creato torna ad essere “cosa buona” e l’umanità “cosa molto buona” (cfr Gen 1,1-31). Ma perché regni questa meravigliosa armonia, bisogna accogliere la salvezza di Cristo, il suo Vangelo d’amore, perché siano eliminate le disuguaglianze e le discriminazioni del mondo presente.

Nessuno dev’essere escluso. Il suo progetto è essenzialmente inclusivo e mette al centro gli abitanti delle periferie esistenziali. Tra questi ci sono molti migranti e rifugiati, sfollati e vittime della tratta. La costruzione del Regno di Dio è con loro, perché senza di loro non sarebbe il Regno che Dio vuole. L’inclusione delle persone più vulnerabili è condizione necessaria per ottenervi piena cittadinanza. Dice infatti il Signore: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi» (Mt 25, 34-36).

Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati significa anche riconoscere e valorizzare quanto ciascuno di loro può apportare al processo di costruzione. Mi piace cogliere questo approccio al fenomeno migratorio in una visione profetica di Isaia, nella quale gli stranieri non figurano come invasori e distruttori, ma come lavoratori volenterosi che ricostruiscono le mura della nuova Gerusalemme, la Gerusalemme aperta a tutte le genti (cfr Is 60,10-11).

Nella medesima profezia l’arrivo degli stranieri è presentato come fonte di arricchimento: «Le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli» (60,5). In effetti, la storia ci insegna che il contributo dei migranti e dei rifugiati è stato fondamentale per la crescita sociale ed economica delle nostre società. E lo è anche oggi. Il loro lavoro, la loro capacità di sacrificio, la loro giovinezza e il loro entusiasmo arricchiscono le comunità che li accolgono Ma questo contributo potrebbe essere assai più grande se valorizzato e sostenuto attraverso programmi mirati. Si tratta di un potenziale enorme, pronto ad esprimersi, se solo gliene viene offerta la possibilità.

Gli abitanti della nuova Gerusalemme – profetizza ancora Isaia – mantengono sempre spalancate le porte della città, perché possano entrare i forestieri con i loro doni: «Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciar introdurre da te le ricchezze dei popoli» (60,11). La presenza di migranti e rifugiati rappresenta una grande sfida ma anche un’opportunità di crescita culturale e spirituale per tutti. Grazie a loro abbiamo la possibilità di conoscere meglio il mondo e la bellezza della sua diversità. Possiamo maturare in umanità e costruire insieme un “noi” più grande. Nella disponibilità reciproca si generano spazi di fecondo confronto tra visioni e tradizioni diverse, che aprono la mente a prospettive nuove. Scopriamo anche la ricchezza contenuta in religioni e spiritualità a noi sconosciute, e questo ci stimola ad approfondire le nostre proprie convinzioni.

Nella Gerusalemme delle genti il tempio del Signore è reso più bello dalle offerte che giungono da terre straniere: «Tutti i greggi di Kedàr si raduneranno da te, i montoni dei Nabatei saranno a tuo servizio, saliranno come offerta gradita sul mio altare; renderò splendido il tempio della mia gloria.» (60,7). In questa prospettiva, l’arrivo di migranti e rifugiati cattolici offre energia nuova alla vita ecclesiale delle comunità che li accolgono. Essi sono spesso portatori di dinamiche rivitalizzanti e animatori di celebrazioni vibranti. La condivisione di espressioni di fede e devozioni diverse rappresenta un’occasione privilegiata per vivere più pienamente la cattolicità del Popolo di Dio.

Cari fratelli e sorelle, e specialmente voi, giovani! Se vogliamo cooperare con il nostro Padre celeste nel costruire il futuro, facciamolo insieme con i nostri fratelli e le nostre sorelle migranti e rifugiati. Costruiamolo oggi! Perché il futuro comincia oggi e comincia da ciascuno di noi. Non possiamo lasciare alle prossime generazioni la responsabilità di decisioni che è necessario prendere adesso, perché il progetto di Dio sul mondo possa realizzarsi e venga il suo Regno di giustizia, di fraternità e di pace.

Preghiera

Signore, rendici portatori di speranza,
perché dove c’è oscurità regni la tua luce,
e dove c’è rassegnazione rinasca la fiducia nel futuro.

Signore, rendici strumenti della tua giustizia,
perché dove c’è esclusione fiorisca la fraternità,
e dove c’è ingordigia prosperi la condivisione.

Signore, rendici costruttori del tuo Regno
Insieme con i migranti e i rifugiati
e con tutti gli abitanti delle periferie.

Signore, fa’ che impariamo com’è bello
vivere tutti da fratelli e sorelle. Amen.

Roma, San Giovanni in Laterano, 9 maggio 2022

FRANCESCO





























sabato 17 settembre 2022

 18 settembre 2022

25a domenica del tempo ordinario

Dal libro del profeta Amos - Am 8,4-7
 
Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».
 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 112 (113)

 

R. Benedetto il Signore che rialza il povero.

Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
da ora e per sempre. R.
 
Su tutte le genti eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è come il Signore, nostro Dio,
che siede nell’alto
e si china a guardare
sui cieli e sulla terra? R.
 
Solleva dalla polvere il debole,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i prìncipi,
tra i prìncipi del suo popolo. R.
 

Seconda Lettura - Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
1 Tm 2,1-8

 
Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo – dico la verità, non mentisco –, maestro dei pagani nella fede e nella verità.

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca - Lc 16,1-13
 
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sar
ò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.

Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

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omelia 25a C 

 

Ancora una parabola di Gesù e alcune frasi importanti che servono come proposta di vita sull’ argomento. Luca sviluppa ancora il tema dell'uso cristiano della ricchezza.

La parabola può sembrare strana per certi aspetti ci lascia con qualche dubbio e domanda. Comunque, ben vengano anche certi dubbi sul Vangelo che possono essere utili per non essere superficiali, con il rischio di una lettura  banale della parola del Signore!  I protagonisti della  parabola sono Il padrone e l’ amministratore… il quale  viene definito disonesto. Infatti ha fatto male il suo mestiere, per i suoi interessi, non merita più la fiducia del padrone ed è ormai vicino al licenziamento… 

Ed ecco il piano B di questi per cavarsela, in una situazione che sembra ormai senza via d’uscita! Modifica le ricevute dei debitori del suo padrone, riducendo l’importo dovuto al proprietario! Lo scopo è evidente nel pensiero del fattore: “Voglio garantirmi  il favore e l’amicizia di queste persone, se le cose mi andranno male! Voglio farmi degli amici che mi ricambieranno il regalo!”. Sulla furbizia niente da dire: è stato bravo! Ma vien fuori una domanda, là dove si dice, ad esempio, “II padrone lodò quell’amministratore disonesto perché aveva agito con scaltrezza.. I figli di questo modo sono scaltri più dei figli della luce».”. A prima vista sembra quasi l’ approvazione di un imbroglio…come se Gesù fosse d’accordo con questo sistema truffaldino! Ma, evidentemente, non può essere così!  

Ecco il senso vero: Gesù non si ferma sul giudizio morale di un comportamento che è da disapprovare! Gesù insiste sul fatto che quel fattore ha mostrato decisione e furbizia nel cavarsela!  Si è dato da fare, non si è rassegnato! Così i figli della luce, i discepoli del Vangelo dovrebbero essere decisi e furbi nelle decisioni che riguardano la loro vita di fede e la loro presenza non timida nella società! Cristiani che mostrano la faccia, che non hanno paura di essere considerati retrogadi o fuori tempo se annunciano e vivono i valori senza tempo del Vangelo, soprattutto nell’uso sapiente e saggio dei beni di questo mondo e della ricchezza!

“Fatevi amici con la disonesta ricchezza!…”: è l’invito centrale del Vangelo!  La ricchezza o i beni di cui disponete, pochi o tanti che siano, possono diventare il mezzo per farsi degli amici, cioè per creare relazioni buone e amichevoli con quelli che sono a disagio o in difficoltà. anche per problemi economici! Chi riceve da me un aiuto, diventa mio amico perché la mia solidarietà ha  creato un ponte, ha stabilito un legame,  ha rotto il muro dell’indifferenza! 

Mi pare che in questo tempi di crisi economica (rincaro delle bollette, aumento dei prezzi, rischi di  licenziamento!…) ci sia grande bisogno di questa rete di sostegno anche economico: a livello di istituzioni ma anche sul…

Essere gestori sapienti e non schiavi del denaro! “Non potere servire Dio e il denaro!”

Luca poi chiama «disonesta» la ricchezza. Perché disonesta? Forse perché a volte è frutto di ingiustizia e perché, forse più spesso, diventa strumento di ingiustizia e di oppressione. (Vedi la prima lettura del profeta Amos).  Ma, forse, c'è un'altra possibile ragione per cui la ricchezza può dirsi disonesta: non soltanto perché a volte ingiusta nella sua origine e nel suo uso, ma perché ingannevole nel suo profondo: promette e non mantiene, invita l'uomo a porre in essa la propria fiducia e poi lo delude. Questo spunto è confermato dall'uso del vocabolo «mammona», che significa «ciò in cui si pone la propria fiducia».

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25a domenica del tempo ordinario


Rendici segno della tua misericordia! 

Per la Chiesa, perché non ceda mai al fascino della ricchezza, ma disponga sempre dei suoi beni per il servizio dei poveri e dell'annuncio del Vangelo. Preghiamo. 


Per la nostra nazione, perché usi dei beni pubblici per il bene comune; perché si superi la difficile situazione economica e sociale nella quale ci troviamo, preghiamo. 


Perché la ricchezza e i beni della terra siano condivisi con i poveri e i deboli, perché la giustizia non rimanga solo un desiderio e l'umanità vinca la miseria e la fame, preghiamo.


Per noi, qui riuniti in questa assemblea eucaristica, perché il Signore ci doni quella furbizia evangelica che ci fa cercare prima di tutto il regno di Dio, preghiamo



 


sabato 10 settembre 2022

 11 settembre 2022

Liturgia 24a C 

 

Prima Lettura -Dal libro dell'Èsodo Es 32,7-11.13-14
 
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Parola di Dio.
 

Salmo Responsoriale Dal Sal 50 (51)

R. Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.

 

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R.
 
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.
 
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. R.
 

Seconda Lettura -Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
1 Tm 1,12-17

 
Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15,1-32


 
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

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omelia 24a C (2022)

 

Dalle tre parabole di Luca 15 proposte dalla liturgia di questa domenica, scelgo la prima, che presenta sufficienti motivi di meditazione! Così la seconda è quasi una replica della prima… La novità delle parabole di Gesù è quella di vedere sempre, o quasi sempre, le cose dal punto di vista di Dio, non semplicemente dal punto di vista dell'uomo. Persino di fronte al peccatore, Gesù nelle sue parabole non descrive anzitutto il peccato (dove non c'è alcuna bellezza), ma l'amore di Dio che cerca il peccatore per perdonarlo. Qui c'è la grande bellezza e la novità che Gesù porta…

Nella parabola della pecora perduta e ritrovata si vede che il pastore non interrompe la sua ricerca finché non la trova: dunque una ricerca ostinata, perseverante, per nessun motivo disposto ad abbandonare la pecora al suo destino. E poi si annota che il pastore non lascia il gregge nell'ovile, al sicuro, come sarebbe ragionevole aspettarsi, ma nel «deserto»: l'ansia per la pecora perduta lo porta quasi a trascurare il resto del gregge, come se la pecora smarrita gli importasse più di tutte le altre. Certo questo particolare che, magari non corrisponde agli usi di allora, (…è sempre meglio mettere al sicuro le pecore!) è molto profondo sul piano del suo significato. Così la parabola riesce a parlarci di Dio. Ci fa presente che Dio non è semplicemente un pastore ma un Padre. Anche se ha molti figli, un padre si preoccupa per ciascuno come se fosse l'unico, si trattasse pure del figlio cattivo. Così è l'amore vero, quello di Dio come dovrebbe essere anche quello degli uomini. La ricerca ansiosa del pastore è stata provocata dalla perdita di una sola pecora (a fronte di altre novantanove) e la conversione di un solo peccatore ha fatto gioire Dio (a fronte di novantanove giusti): tutto questo è una profonda verità di grande bellezza. Se avessimo letto, supponiamo, che un pastore perso il suo gregge subito ritornò sui suoi passi per cercarlo, avremmo detto ancora che Dio è come un pastore che cerca il suo popolo… ma, in questa parabola si mette in evidenza la preziosità e la dignità di ogni persona che è importante agli occhi di Dio. 

 

Dio non ci vede come una comunità qualsiasi, come intruppati in un gruppo anonimo senza volto, ma ci accoglie e ci cerca nella diversità  e nella ricchezza di ciascuno, anche nelle esperienze di allontanamento da Lui. 

Davanti a Dio, anche quando lo dimentichiamo o ci allontaniamo da Lui,  noi siamo sempre ricercati, oggetto di una attenzione e di uno sguardo che arriva nella profondità della vita. 

La parabola parla anche di conversione: «Così, vi dico, c'è gioia davanti agli occhi di Dio per un solo peccatore che si converte» (15,10). Questa conversione non è un complito e un impegno che uno si sente obbligato a fare e che Dio ti impone. Se l’amore di Dio è stato capito e accolto, è evidente che la vita può cambiare e può diventare risposta riconoscente per rimanre in quell’amore che ti è stato donato gratis!  

 

E un’ ultima seconda annotazione: la gioia per un solo peccatore ritrovato è la dimostrazione della verità di un Padre che fa festa per un figlio ritrovato.

E’ la gioia di Dio per i suoi figli! 

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24a domenica del tempo ordinario 

Intenzioni per la preghiera dei fedeli: 

Mostraci, Signore, la tua misericordia!

 

Per i ministri della Chiesa. Ravvivati dalla sollecitudine d'amore che animò Cristo, il Buon Pastore, sappiano  mettersi alla ricerca di coloro che si sono smarriti, preghiamo.


Per tutti coloro che sono nel dubbio a di una vita senza senso. Possano accogliere la luce della fede e riconoscere l'amore del Padre,

preghiamo.

 

Per i poveri, i malati, gli esclusi. Trovino nei discepoli del Signore persone che facciano loro sperimentare che Dio non li abbandona, ma va alla Ioro ricerca per rivestirli di dignità, preghiamo.

 

Per la nostra comunità parrocchiale, perché sappia essere luogo di riconciliazione e di pace, accogliente verso coloro che sono alla ricerca di Dio, ricca di misericordia vero chi ha smarrito la via del Vangelo, preghiamo.

 

Per gli studenti che iniziano l’anno scolastico: vivano l'esperienza della scuola come un momento di crescita nelle relazioni con gli altri improntate a rispetto, amicizia, condivisione e come una preziosa occasione per far fruttificare i doni che Dio ha posto in loro. Preghiamo