giovedì 30 aprile 2020

30 aprile 2020


Sul caso del rapporto Papa e vescovi italiani in tema di Corona virus 
 30 aprile 2020

Sento il bisogno di intervenire, dando il mio modesto parere, su quanto è stato detto e commentato in seguito all’intervento di Papa Francesco, prima della Messa feriale in S. Marta il giorno 28 aprile. 
Papa Francesco ha sentito la necessità di richiamare, in un clima di prudenza, l’impegno dell’obbedienza alle autorità civili, per accogliere le restrizioni necessarie, nell’intento di evitare il diffondersi della pandemia. 
Questo intervento, fatto di poche parole, (come lo poteva consentire il contesto di una celebrazione liturgica), ha provocato svariate reazioni nell’opinione pubblica, nella stampa a livello nazionale, e anche all’interno della chiesa. Spesso di consenso, assieme a qualche domanda aperta o a qualche interrogativo.
L’amplificazione di queste parole del Papa, è dovuta soprattutto al raffronto immediato che è stato fatto con la nota dei vescovi italiani che, poco prima, avevano reclamato il diritto di dare maggiori possibilità per le celebrazioni liturgiche e le Messe festive e feriali. 
Ciò non era stato previsto dal decreto ministeriale in vista della cosidetta fase 2, cioè della graduale ripartenza. (Si parlava soltanto della possibilità di celebrare i funerali con al massimo 15 persone).
I vescovi, che erano già in trattativa con la ministra Lamorgese per discutere eventuali aperture di carattere liturgico, sono rimasti delusi per la mancata o comunque insufficiente risposta della Presidenza del Consiglio. In seguito a ciò, preso atto di questo rammarico, è intervenuto lo stesso Presidente Conte (sorpreso, forse, per la reazione dei vescovi) e si é riaperto il dialogo doveroso, per decidere soluzioni da adottare nel prossimo futuro.

Perché allora, tanto clamore? Soprattutto perché l’ invito del Papa è stato letto quasi una sconfessione dell’ operato dei vescovi, in polemica con loro, come se esistessero due linee di pensiero contrapposte! Ne è conferma, ad esempio, l’intervento in una trasmissione serale di La7 del giornalista Travaglio che è uscito con le seguenti, testuali parole: “Il Papa ha sbugiardato i vescovi!”. Espressione molto pesante e arbitraria che, tuttavia, può avere creato anche un certo consenso nell’opinione pubblica. 

Come stanno veramente le cose? Forse i vescovi sono stati superficiali nel fare le richieste di cui sopra? Forse hanno sottovalutato il pericolo di un’espansione dell’epidemia con le loro giuste istanze? Mi rifiuto assolutamente di pensarlo! Ne è prova (fra altre testimonianze…) la precisazione di don Maffeis, sottosegretario della CEI, che ha ribadito la massima attenzione dei vescovi nel disporre e confermare le opportune misure di sicurezza e di distanziamento, oltre ad altro, nel caso di celebrazioni pubbliche.

La malevolenza e il chiacchericcio, come dice Papa Francesco, sono sempre all’erta per inquinare il clima del dialogo dentro e fuori la chiesa. Sono certo (o me lo auguro di cuore!) che Papa Francesco, in seguito a tutte queste polemiche, abbia sentito di sua iniziativa il Card. Bassetti, Presidente della CEI, per chiarire questo equivoco. Immagino le seguenti cordiali, parole: 


“Caro (Cardinal) Gualtiero, sono dispiaciuto per l’eco, non sempre positiva, che ha avuto il mio intervento in S. Marta, presso alcuni organi di stampa, quasi avessi voluto sconfessare il vostro operato di vescovi!Non me l’aspettavo! Certo non potevo dire tutto in quel momento, (nel contesto di una liturgia eucaristica…), ma ora voglio completare il mio pensiero. Non posso ignorare lo sforzo sincero che state facendo come chiesa italiana per sostenere la fede del popolo (parola che io amo fortemente, come tu sai!). Certamente uno dei pilastri di questa fede è la S. Messa. 
Anche in questi tempi difficili, è giusto aprirsi con grande prudenza a qualche possibilità, spero non lontana. So che è molto difficile realizzare le richieste misure di contenimento, ma val la pena di provarci! Il popolo di Dio avverte questo bisogno! Del resto fa parte della grande tradizione della chiesa la fedeltà al dono dell’Eucarestia, fatto costitutivo della vita cristiana.
Ricordiamo, fra le altre, la bella testimonianza dei martiri di Abitene, nei primi secoli, che hanno professato, di fronte all’autorità civile, la fede nell’Eucarestia con le belle parole: “Sine dominico, (vivere) non possumus!”. (“Non possiamo vivere senza il giorno del Signore cioè senza Eucarestia!”)
Nel desiderio di una sempre più ampia e sincera collaborazione, ti confermo la mia stima e il mio incoraggiamento, che ti prego di estendere anche a tutti gli altri vescovi. Francesco”.

Se sono stato un po’ presuntuoso nell’interpretare, con troppa fantasia, il pensiero del Papa, me ne scuso. Tuttavia so che Papa Francesco ama la schiettezza e la sincerità e se avessi scritto a lui, non se ne sarebbe rammaricato!
In questa situazione attuale, un po’ complessa, ho cercato di dare il mio contributo per sperare in un clima più sereno. 

don Attilio, parroco del Beato Andrea in Peschiera del Garda

venerdì 24 aprile 2020

26 aprile 2020

3a domenica di Pasqua 

Prima Lettura
Non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere.
Dagli Atti degli Apostoli - At 2,14.22-33

[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene -, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».
Parola di Dio

Salmo Responsoriale - Dal Sal 15 (16)
R. Mostraci, Signore, il sentiero della vita.
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita. R.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare. R.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,

né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. R.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. R.

Seconda Lettura

Foste liberati con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia.
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo - 1Pt 1,17-21
Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio. Parola di Dio

Vangelo - Lo riconobbero nello spezzare il pane.
Dal Vangelo secondo Luca - Lc 24,13-35
Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto».
 Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Parola del Signore
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omelia  3a Pasqua A

Singolare esperienza dei due discepoli di Emmaus, nel racconto di Luca…
I due in cammino…stanno tornando nel loro villaggio distante circa 12 km. dalla citta di G. che hanno lasciato, abbandonando la comunità dei discepoli.
Tutto si svolge sulla strada...  
“Gesù si avvicinò e camminava con loro”. E’ la sorpresa di Gesù che si avvicina… Nel Vangelo molta gente si era avvicinata a Gesù, al punto che doveva difendersi, qualche volta, dalla massa che premeva e lo costringeva a salire sulla barca. 
La gente, sorpresa dal suo insegnamento e dai suoi gesti di guarigione o di vicinanza…
Ora è Gesù che si fa vicino, fa la stessa strada, incrocia domande, delusioni, dubbi…. E si accorge subito della loro tristezza… Gesù sa leggere nello sguardo… E’ bravissimo ad intuire lo stato d’animo e li interroga: “Che discorsi state facendo?”. Lui muove i suoi passi sui nostri, desidera raggiungerci là dove siamo…intuisce anche i nostri tristi pensieri…non è estraneo alla nostra vita…e lo fa invitandoci ad uscire da noi stessi, per aprirci alla confidenza… Succede anche a noi… chiusi nei nostri pensieri, desideriamo sentire una voce amica che ci dice. “Che cosa stai pensando?” E allora, forse, ci sblocchiamo e inizia un dialogo ricco di umanità….
I due gli raccontano la storia di quel giusto Gesù e la cocente delusione di un uomo finito sulla croce… peggio di così non poteva finire!  
Tutto il racconto si concentra su quella parola: “Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele…”. Domina il rimpianto per attese andate deluse…forse anche quelle di un restauro politico, della rinascita gloriosa del regno di Davide… 
I due di Emmaus avevano ancora in mente, forse, la speranza di un regno mondano, non di un regno fatto di un servizio amorevole, segno di un amore che si consegna. Alcune voci di donne avevano risvegliato in loro una speranza…ma troppo debole per essere creduta…ma lui non l’hanno visto!

Gesù, ora, li rimprovera dolcemente. “Siete duri di cuore!”La vicinanza amichevole non esclude un richiamo.  Abbiamo bisogno a volte, anche noi, dell’ammonimento e del richiamo di Gesù per scuoterci, per capire meglio chi siamo veramente, anche i nostri errori, per comprendere meglio Lui.  

Gesù, allora, con pazienza  si fa interprete di se stesso, della sua vicenda… e fa una catechesi ampia di tutti gli avvenimenti accaduti e che riguardavano Lui. 
Si fa maestro, educatore con una lettura sapiente della Bibbia…come aveva fatto altre volte con i discepoli in casa per spiegare qualche parabola o altro ancora! 
La sua parola accende un fuoco nel loro cuore!
E noi abbiamo bisogno che questo libro della Bibbia ci sia familiare, per sentirlo come voce di Colui che ci parla oggi… che ci invia quasi una lettera personale… 

I due discepoli cominciano a intuire chi è quello sconosciuto..
Giunti vicini al villaggio, Gesù mostra di voler «andare più lontano».
Come un Dio che non costringe, che lascia libere le persone di accoglierlo o meno e non si impone. Solo l’esperienza benevola del Signore, il fatto di aver gustato la sua presenza, può portarci alla supplica: “Resta con noi, perché si fa sera”.Che è come riascoltare l’invito del salmo: “Gustate e vedete come è buono il Signore!”
E infatti, lo invitano a restare, in una maniera delicata, ma anche sincera! Non possono più fare a meno di Lui! 
E il viandante si ferma; è a suo agio nella casa, dove si intessono relazioni profonde. Casa simbolo di chiesa, di comunità aperta al dono. 
E qui il Viandante compie il gesto dell’Ultima Cena: spezza ancora il pane, come a dire: “…Sono ancora qui con voi, rinnovo il dono della mia vita spezzata come in ogni Eucarestia. Tutte le volte che la celebrerete, Io sarò sempre pane spezzato per la vita del mondo!Prendete e mangiate, questo è il mio corpo.”
Dio è pane che si consegna alla fame dell'uomo. Si dona, nutre e scompare: vive per noi.
Strana questa partenza/scomparsa di Gesù… Sembra uno scherzo poco comprensibile! In realtà Gesù vuol far capire che se i due non godranno più della sua presenza fisica, potranno vederlo con gli occhi della fede. Gesù scompare, ma non 
non si allontana, non ci lascia soli, non rompe il legame con noi.  
A noi è data la certezza di incontrarlo nella sua chiesa, nei fratelli, nella Parola di vita, nell’Eucarestia. “Me ne vado e tornerò da voi…”, soprattutto nel dono dello Spirito, Maestro e Consolatore!

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I discepoli di Emmaus (Arcabas, 1994) 
Un interessante contributo artistico
Fonte:  don Antonio Scattolini, Responsabile del Servizio Pastorale dell'arte della Diocesi di Verona

Il ciclo pittorico dedicato ai Pellegrini di Emmaus (1993-1994) è opera di Arcabas, pseudonimo di Jean Marie Pirot. La caratteristica peculiare di Arcabas è una certa ingenuità, uno sguardo di candore nel descrivere l'evento sacro, un'ingenua semplicità che rende tutto lineare, di facile lettura, così come per i nostri padri erano di facile lettura i grandi cicli d'affreschi che decoravano le pareti delle chiese.

I pellegrini di Emmaus

Il tutto prende avvio dalla tavola che ci presenta i tre personaggi del Vangelo: i due pellegrini e il misterioso viandante che si accosta a loro durante il cammino. I tre sono visti frontalmente, dietro i loro piedi possiamo notare le tracce del cammino fatto. Mani e volti parlano dei fatti appena passati che il misterioso viandante (si noti il volto di luce dai lineamenti misteriosi e non marcati) pare non conoscere; parole di sconforto, fatti tragici davanti ai quali la loro speranza si è miseramente infranta. Parlano ma non si guardano in faccia e non guardano il pellegrino che è con loro. Sono quasi scomposti nel procedere, quasi sembrano cadere, solo chi è tra loro è diritto, saldo sul bastone a cui si appoggia (segno del bastone del buon pastore). Stanno fuggendo da Gerusalemme per riprendere la vita di prima ma con una grande amarezza.

La parola come un seme

Il misterioso viandante li ascolta con attenzione e poi apre la loro mente alla comprensione delle Scritture; quelle parole non sono fredde ed asettiche spiegazioni, ma sono coinvolgenti riferimenti ai fatti che loro hanno visto, a parole che loro hanno già sentito. Il cuore dei due si riscalda, la memoria si risveglia dal torpore; all'amarezza della delusione subentra pian piano la speranza di un possibile re-inizio, di un possibile ritorno a ciò che avevano visto e che aveva conquistato il loro cuore.





Una porta aperta
Eccoli ora sulla soglia: la porta è aperta, una tavola con una bella fruttiera campeggiano in primo piano ad indicare la quotidianeità dell'esistenza; i due invitano il misterioso pellegrino ad entrare e a restare con loro per quella sera, dopo quel tratto di cammino fatto insieme. Se prima c'erano delle ombre ora è pura luce, se prima erano piegati dalla delusione ora sono eretti, in atteggiamento di supplica, se prima i loro occhi erano ciechi ora vedono e insieme guardano il loro compagno di cammino. Il pellegrino è una forma scura contro la luce dello sfondo, si nota il bastone, il suo leggero piegarsi accetta l'invito e con loro si siederà a mensa.

Una tovaglia che viene stesa

Ora sono entrati, si sono seduti: il momento è conviviale e solenne insieme. Tutto è mistico, a partire dai colori usati, dai simboli che si notano (una croce), dal fondo sagomato su cui si stagliano i tre personaggi. Al centro il pellegrino ha il volto in parte in ombra, gli occhi abbassati, il gesto benedicente sulla coppa che gli sta davanti. Il discepolo a sinistra osserva con sguardo intenso l'ospite, mentre l'altro versa del vino al convitato. Momento di convivialità e di attesa, di silenzio carico di ascolto per quell'uomo che riscaldava il cuore, per quelle parole che svelavano una speranza nuova.

La scomparsa
La frazione del pane della tavola precedente ha rivelato l'identità del misterioso ospite: era Lui, era Gesù! Sconcerto e meraviglia si legge nello sguardo di uno dei due e nella mossa repentina dell'altro, tanto da far cadere la sedia su cui era seduto. Dietro a loro la luce ed una piccola croce a segnare l'evento cui hanno assistito, ad identificare il misterioso pellegrino che li ha ascoltati e li ha istruiti. La mensa è ancora imbandita, il mestolo è ancora nella zuppiera eppure non è il tempo di restare, di fermarsi; dopo lo sconcerto e la meraviglia i due dovranno riprendere di nuovo il cammino.


Il ritorno

E così avviene. La tavola rimane ancora apparecchiata: piatti, posate, bicchieri pieni, la zuppiera, il candelabro spento, la tovaglia raccolta, i tovaglioli abbandonati, la sedia rovesciata...tutto parla di un'uscita frettolosa, tanto che la porta è ancora spalancata e fuori si vede un cielo nitido, blu intenso, punteggiato di stelle. La soglia è aperta così come il loro cuore e la loro mente si sono aperti alla speranza ed alla comprensione. Non è tempo per commentare, ma di annunciare ai fratelli a Gerusalemme quanto è avvenuto, che il Signore è veramente risorto e si accompagna misteriosamente ai suoi.



sabato 18 aprile 2020

Ottava di Pasqua


2a DOMENICA DI PASQUA
Prima Lettura
Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune.
Dagli Atti degli Apostoli - At 2,42-47

[Quelli che erano stati battezzati] erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati. Parola di Dio



Salmo Responsoriale - Dal Sal 117 (118)

R. Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Dica Israele:«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».  R.

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittorianelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.  R.

La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo.
Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!  R.

Seconda Lettura
Ci ha rigenerati per una speranza viva, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti. 
Dalla prima lettera di san Pietro apostolo - 1Pt 1,3-9

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un'eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell'ultimo tempo. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po' di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell'oro - destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco - torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.



Vangelo - Otto giorni dopo venne Gesù.
Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 20,19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. 
E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
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omelia 2a domenica di Pasqua - 2020

Gesù e l'apostolo Tommaso
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Incredulità di san Tommaso, Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1600-1601, Bildergalerie, Potsdam (D).- Da “Artisti per l’arte sacra di Vicenza.
Questa tela fu dipinta da Caravaggio intorno al 1601 per il Marchese Vincenzo Giustinianiper la galleria di dipinti del suo Palazzo ed è un sopraporta, orizzontale, a mezze figure di circa cm 150 x 100. La tela pervenne nell’attuale collezione della Bildergalerie von Sanssouci di Potsdam. 

Il dipinto raffigura l’apostolo Tommaso mentre infila un dito nella ferita del costato con altri due apostoli che osservano la scena. 
Le figure sono disposte in maniera tale da formare una croce o una spirale, con le tre teste degli apostoli incastrate l’una con l’altra. La luce proviene solo da sinistra e illumina la fronte corrugata dei tre uomini che osservano con attenzione e stupore la ferita. Al centro della composizione i 4 personaggi le cui teste formano un rombo, suggeriscono la vita di una comunità sospesa fra fede e incredulità. 
L’asse orizzontale delle mani di Gesù e dell’apostolo che crede solo a ciò che vede, condensa i dubbi e l’ostinazione dell’uomo con l’amore disponibile e paziente di Dio.

Il fondo scuro e spoglio di ogni dettaglio superfluo, concentra l’attenzione sull’essenziale. La luce, come sempre nei quadri del grande artista, gioca un ruolo unico facendo emergere i personaggi dall’oscurità: mentre il volto di Gesù rimane nella penombra, la luce permette di cogliere su quello degli apostoli compagni di Tommaso come “il dubbio fosse attecchito anche nei loro cuori, pur senza avere la sfrontatezza dell’incredulo”. 
In secondo luogo colpisce la mano di Gesù che afferra quella di Tommaso e la guida a frugare fin dentro la ferita quasi a fugare ogni dubbio: l’apostolo, inquieto quando non c’è Gesù, si rivela timido e riluttante in sua presenza, tanto da dover essere aiutato dal Signore a compiere il gesto sfrontato della verifica. 
Infine Caravaggio avvicina la scena allo spettatore e mette l’episodio alla sua portata quasi a sottolineare che la cosa ci riguarda tutti e ognuno di noi;  quasi a invitare chi guarda ad entrare dentro la scena stessa fino a farsi co-protagonista. 

Nessuno dei tre apostoli alza la testa in direzione della luce: la Risurrezione non è da guardare con gli occhi, ma è “da provare sulla pelle….” I protagonisti sono in primo piano, a portata immediata di sguardo. Per di più sono ad altezza dell’osservatore, per cui chiunque sia di fronte a quella tela diventa il quinto personaggio della scena, come fosse un terzo apostolo, che ha bisogno anche lui di conoscere la verità e quindi di credere: anche lui si trova a chinare lo sguardo, incredulo e stupito, sul centro dell’evento. 
Incoraggiato da Gesù, che gli ha letto nel cuore, Tommaso può liberare la sua curiosità. Il dito non si limita a sfiorare la ferita, ma vi entra dentro come a voler eliminare definitivamente ogni ombra di dubbio
E gli altri due apostoli? Non hanno avuto la sfrontatezza di Tommaso, ma si vede benissimo dai rispettivi sguardi che il dubbio era attecchito anche nel loro cuore: Gesù era risorto davvero con il suo corpo o quello che avevano davanti era un fantasma? Così i loro occhi fremono nell’attesa: altro che preoccuparsi di rimproverare Tommaso per la sua incredulità! 
Caravaggio veste i protagonisti della vicenda con abiti contemporanei, mentre lascia Cristo con un mantello. È un corto circuito quasi impercettibile che gli serve per dare una verità ancora più diretta e comprensibile all’episodio raccontato: l’episodio accadde quel giorno di tanti secoli prima in Palestina, ma proprio perché realmente accaduto può essere riscontrabile, toccabile con mano, anche oggi. 



sabato 11 aprile 2020

PASQUA 2020

PASQUA



Dal Vangelo secondo Giovanni- Gv 20,1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Che cosa significa la Risurrezione di Gesù?
(don Vincenzo Bonato, monaco camaldolese)
Piero della Francesca:Resurrezione


1. Prima di tutto la Risurrezione non è un semplice ritorno a questa vita. Lazzaro o il figlio della vedova di Naim, liberati dalla morte per opera di Gesù, in realtà non risorsero (come si dice in modo improprio), ma semplicemente ritornarono a questa vita terrena. Infatti, più tardi, morirono di nuovo mentre una persona risorta (il primo risorto in realtà è stato Gesù) non può più morire perché possiede una vita immortale, eterna. Il corpo di un risorto è spirituale, ossia trasformato radicalmente dallo Spirito Santo. 
2. Risorgendo dai morti, Gesù torna presso Dio Padre.  I nemici di Gesù avevano detto che era un falso profeta. Per giunta castigato da Dio. Ora Dio dimostra il contrario: lo glorifica e lo accredita. Allora è vero che Gesù era stato mandato da Lui. Sulla terra, fu il Figlio a lui gradito in modo pieno, il modello di ogni uomo. 
3. Gesù non soltanto riceve una vita eterna ma viene proclamato come il Signore. Ora siede alla destra del Padre e può portare a compimento la sua missione, interrotta con violenza dai suoi oppositori. Gesù non ha fallito ma anzi riprende il suo compito, a servizio degli uomini, con una energia ancora più efficace e decisiva. La storia del mondo orami è sua. Egli è il Principio (Alfa) ed il compimento (Omega).
4. Il primo risultato della morte e risurrezione è stato l'invio dello Spirito Santo ai credenti. Secondo l'annuncio dei profeti, la nuova creazione sarebbe stata caratterizzata dalla presenza dello Spirito. Ora lo Spirito fa in modo che il discepolo di Gesù continui la sua missione, diventi un altro Cristo. 
5. Morte e Risurrezione sono come due facce della stessa medaglia, sono due aspetti inseparabili. Gesù ottiene la vita eterna perché ha donato tutto se stesso a Dio e agli uomini. La vita eterna è amore. Inoltre, vivendo e morendo nell'amore, Gesù ha accumulato un tesoro che ora distribuisce ai credenti d'ogni epoca. Senza la sua morte, Gesù non avrebbe accumulato alcun tesoro. Senza la risurrezione, il tesoro accumulato rimarrebbe inservibile. 
6. Gesù è tornato là dov'era prima di scendere su questa terra. Non ha avuto nessun vantaggio? Il suo guadagno è stato quello di recuperarci. Il vantaggio di Gesù è il nostro guadagno. Ora riporta a Dio l'umanità e il suo vanto e il suo tesoro sono tutti gli uomini che parteciperanno alla sua gloria d'amore, in terra e in cielo. 

Preghiera 

Noi ti lodiamo, Cristo risorto, 
aurora nuova del giorno senza fine e sole di gioia.
Brilli sulle tenebre dei nostri giorni
la luce della vita eterna.

Noi ti lodiamo, Cristo risorto, vero pane di Dio, 
impastato con le primizie del nuovo raccolto. 
Purificaci dal vecchio lievito della corruzione
e saziaci con la tua giovinezza eterna.
Noi ti lodiamo, Cristo risorto,
Primogenito di coloro chesconfiggono la morte,
splendore della gloria eterna. 
Apri le tombe delle nostre angosce sulla pace di Dio.

La tua risurrezione, Signore Gesù, 
ha creato i cieli nuovi e la terra nuova.
Aprici le porte del paradiso perché celebriamo la Pasqua eterna
con il Padre e lo Spirito nei secoli dei secoli.
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Riceviamo il simpaticissimo augurio del CORO GIOVANI! !

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...e il mio..... (nel pensiero alla Corale parrocchiale e a tanti altri! 

CARISSIMI,

il mio augurio sentito arrivi a tutti… 
In questa Pasqua così singolare e così “strana”, l’augurio che vi offro e che ci scambiamo nasce da un cuore toccato e convertito (lo speriamo!) dalla presenza viva del Signore Risorto. 
Il Risorto ci conduce ad una vita rinnovata, anche in questo tempo così difficile, che stiamo ancora soffrendo. Possiamo cogliere, nel limite di questi giorni, nuove possibilità. Momenti prolungati di vicinanza in famiglia, come luogo della scambio di parole e di piccoli gesti significativi, segno di amore. (pur nella fatica di vivere gomito a gomito, assieme, senza possibilità di uscire in spazi liberi...). Occasioni di riflessione e di accettazione sulle nostre fragilità, che il virus ha messo in evidenza.  
Ci liberiamo da una certa superficialità che tende a ritenerci assoluti protagonisti della nostra vita, senza limitazioni, con le quali, invece, dobbiamo fare i conti. Per tanti, purtroppo, anche l’incontro con il dramma della morte, spesso in solitudine.
Ma anche momenti di vicinanza cordiale e di solidarietà, spicciola e quotidiana, che possono aprirci a persone, dapprima quasi ignorate…
Un aiuto anche materiale per famiglie o singoli  che devono  fare i conti con un’improvvisa povertà!  Una telefonata, scambi di messaggi ripetuti sui social, per rompere l’isolamento: una rete di relazioni, volti di persone, storie di fatica e di speranza!
E poi, c’è la possibilità, per chi crede, di riempire spazi liberi per la preghiera. 
Se la chiesa edificio non si può visitare, ci ricordiamo della parola di Gesù, nel Vangelo: 
“Quando preghi, entra nella tua camera e prega il Padre tuo nel segreto…E il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà”.
Forse in tante case questo luogo materiale non è sempre facile da trovare. 
E allora matura ugualmente il desiderio dell’incontro con il Signore, sempre vivo e presente.
Viviamo nella speranza la Pasqua di quest’anno! Egli si fa incontro a noi, all’inizio, forse, come sconosciuto (quando i nostri cuori sono appesantiti!).
Poi Lui si rivela, manifesta se stesso, ci rincuora e ci rinvia a quella comunità di fede che è la chiesa, nella quale possiamo aprirci ad una fraternità nuova, nel dono della Parola che si fa anche pane, nostro cibo spirituale.
Che il Signore faccia crescere in noi la fame vera di questo pane, che per tanto tempo non abbiamo potuto gustare!

don Attilio


venerdì 10 aprile 2020

11 aprile -Sabato Santo

Nel SABATO SANTO celebriamo  la discesa agli inferi. Che cos’è?

Come Gesù nella sua predicazione terrena era guidato dallo Spirito (Luca, 4,1.14), ricevuto nel battesimo, così ora dopo la sua morte raggiunge tutti coloro che gli era stato impossibile incontrare come uomo. Le parole che vengono riportate anche nel credo apostolico («discese agli inferi») stanno ad indicare che la missione di Gesù non può essere limitata soltanto agli anni dell’esistenza terrena, quando Egli era sottoposto ai limiti spazio temporali della sua vicenda storica. Gesù è andato ad annunciare la salvezza anche al mondo dei morti, agli spiriti inferiori, agli spiriti in carcere, ai trapassati di tutte le epoche. Colui che dimorava per tre giorni nel cuore della terra andò agli inferi per rendere impotente il diavolo. Gesù ha raggiunto quelli che stavano nelle zone più oscure, che erano senza speranza. In tal modo Gesù ha raggiunto tutte le generazioni precedenti.
(don Francesco Carensi da "Toscana oggi"
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Da una riflessione di don Gaetano Brambilla, TEOLOGO salesiano (sintesi)

Esaminiamo con cura gli elementi fondamentali della scena.

La discesa agli inferi 
(Duccio di Boninsegna-Siena)


Gesù Cristo, “fulgida apparizione dalla Veste‘ irradiata d’oro” (E. Carli), è il punto focale della scena. La sua figura, collocata sullo sfondo roccioso al punto di convergenza dell’arco nero dell’ingresso agli inferi e dell’ arco nero della grotta infernale, poggia i piedi sul “gradino oscuro” del demonio ormai vinto. “Va a cercare il primo uomo come la pecora smarrita: si rivolge verso Adamo prigioniero e verso Eva anche lei prigioniera per liberarli dai loro dolori” (Epifànio di Salamina). 

Gesù è presentato come il Figlio di Dio, il Kyrios, “il principe della vita(At 3,15). Lo indicano chiaramente gli abiti che indossa: la tunica di) rosso-porpora e il manto blu-cielo arricchiti di lineamenti d’oro sono — nella tradizione iconografica orientale — gli abiti preziosi dell’Imperatore vittorioso. Lo indica la grande aureola che gli circonda il capo, nella quale è incisa la croce: il Signore vivente è Colui che è stato crocifisso (vedi At 2,23-24). Lo indica il singolare scettro regale cui si appoggia con la mano sinistra: un legno culminante in una croce vuota (“Non è qui, è risuscitato”: vedi Lc 24,6), in un vessillo di vittoria spiegato nel vento (“Io ho vinto il mondo”: vedi Gv 16,33) e ancora in una piccola croce. E’ il Re che ha vinto “l’ultimo nostro nemico” “posto sotto i suoi piedi” (vedi 1Cor 15,26) come un mostro oscuro e deforme. “La morte è - Veramente - stata ingoiata dalla vittoria. Dov’è, o morte la tua vittoria?  a noi la vittoria per mezzo del signore nostro Gesù Cristo” (vedi 1Cor 15,55-56)     Il volto e la capigliatura, le mani e i piedi del Risorto non recano alcun segno delle violenze e delle sofferenze subite: è il nuovo Adamo nello splendore della risurrezione. 
Ai suoi piedicome nemico ormai definitivamente sconfitto il demonio.
E’ il Dio della pace che ha messo satana sotto i suoi piedi nel gesto profetico della completa e definitiva vittoria dei credenti sul demonio (vedi Rm. 16,20).    
Sul nemico sconfitto il Signore vittorioso cammina: si fa incontro ad Adamo, all’uomo e lo prende per mano. Nel suo solenne e lieve camminare, nel suo affettuoso e forte prendere per mano il primo uomo leggiamo la valenza salvifica, misericordiosa, della sua morte e della sua risurrezione: per noi, per la nostra, salvezza il Figlio di Dio si è fatto uomo, è stato crocifisso, è risorto. 
Adamo è in ginocchio, accanto a lui Eva
Sono i progenitori, sono l’icona dell’umanità: sono ciascuno di noi, creature di Dio e bisognosi di salvezza. In ginocchio: nell’atteggiamento di chi riconosce la grandezza divina del Salvatore. 
Il gesto dolce e forte di Gesù Risorto, il suo prendere per mano Adamo per rialzarlo, riassume e compendia i gesti misericordiosi e potenti (i miracoli) operati nella sua vita terrena: davvero Egli “ha preso per mano” l’uomo bisognoso di salvezza e lo ha fatto rialzare, (letteralmente: risorgere): come la suocera ammalata di Pietro (Mc 1,31), la bambina morta (Mc 5,41), il cieco di Betsaida (Mc 8,23), il fanciullo indemoniato (Mc i 9,27). 

Adamo e i padrI

Alle spalle di Adamo ed Eva, in seconda fila, tre figuremolto anziane, caratterizzate da una barba fluente e capelli lunghi: forse i tre padri del popolo di Israele: i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.


Sulla destrain primo piano una figura avvolta nel manto purpureo dei re, con il capo
cinto da una corona, alza la mano destra in segno di ammirato saluto mentre con la sinistra stringe un libro (forse il libro dei Salmi, di cui nella tradizione biblica era ritenuto autore): è il re Davide,
 antenato e figura del Messia venturo. Il suo discendente — secondo la promessa profetica — avrebbe regnato per sempre e avrebbe donato pace e salvezza definitiva al popolo di Dio (vedi 2 Sam 7,16 e Le 1, 32-33). Del Salvatore il grande re aveva parlato nelle sue preghiere poetiche (salmi).  
Ancora altre figure, giovani e anziani,re e profeti di Israele: in tutto — e forse non a caso — 12 persone: a nella Bibbia il numero della totalità. Rappresentano il “popolo che dimorava in terra e in ombra di morte” (vedi Is. 8,23-“9,1): è l’antico popolo del Signore, è  tutta l’ umanità negli inferi.. 
L’antico popolo di Dio, l’umanità passata non sono scomparsi nel nulla, inghiottiti dalla morte: è l’umanità creata da Dio in Cristo, da Lui amata e redenta in Cristo, che
nell’incontro con Lui compie il suo destino. “Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe” si rivela nella Pasqua di Cristo “il Dio dei viventi” (vedi Mc   12,27): che compie nella
risurrezione il destino buono che ha sognato da sempre in Cristo per tutta l’umanità.

“Svegliati, tu che dormi”:

Il senso di questo incontro misterioso fra Gesù Cristo e l ’umanità è rivelato in maniera singolare da una antica omeliache la chiesa romana legge nella Liturgia delle ore al mattino del sabato santo. Nel testo attribuito a Epifanio di Salamina è trascritto come in un e piccolo dramma il messaggio del disegno di Duccio. 

“Gesù Cristo va a cercare Adamo, primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Il Figlio di Dio va a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entra da loro portando le armi vittoriose della croce. Prende per mano Adamo, lo scuote dicendo: “Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà. Nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! a coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno.
Risorgi? dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi sono diventato libero tra i morti. 
Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati.
Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all'albero. Alzati, allontaniamoci da qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Io, che sono la vita, ti comunico quello che sono: il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. E’ preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli!.

“Discese agli inferi”

Così recita l’antico simbolo apostolico, risalente alla chiesa di Roma nel III secolo. Così recita il simbolo niceno-costantinopolitano, che la Chiesa d’occidente proclama ogni domenica nella celebrazione eucaristica. 
A partire dalle testimonianze bibliche, possiamo intendere questo articolo del Credo
come parola buona, come Vangelo: risposta sorprendente e graziosa al nostro domandare un destino buono, che il silenzio della morte non vanifichi.
“Morendo ha distrutto la morte” — recita la preghiera eucaristica seconda. Gesù Cristo, il Fglio di Dio fatto uomo, ha ridonato futuro ‘e bellezza al nostro destino nel mistero della sua Pasqua. Con ciò però l’inferno è vinto, o- per essere più esatti - la morte, che prima era davvero l’inferno, ora non lo è più. Anzi né inferno né morte sono più gli stessi di prima, perché in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi abita l’amore”. E il destino di tutti gli uomini, accomunati dalla dissoluzione della polvere, in Lui diventa destino buono e divino. 
 La storia dell’umanità non è più via di solitudine e di fallimento, poiché le porte degli Inferi sono state sfondate. Così credono i cristiani quando professano la discesa di Cristo agli inferi. Con un linguaggio simbolico e, profondamente vero affermano che là dove l’umanità. sembrava terminare il suo cammino, nel fallimento totale, là è stata raggiunta dal Figlio di Dio e riportata al progetto delle origini: al mistero della “predestinazione in Cristo”  (vedi Ef. 1,3-6).
Così i cristiani hanno celebrato nell’arte, soprattutto nelle Chiese d’Oriente: raffigurando il Figlio di Dio, che nel silenzio del sabato santo scende nella dimora dei morti, sconfigge il potere di satana e conduce a libertà l’umanità vissuta prima di Lui.