venerdì 29 gennaio 2021

 31 gennaio 2021

Catechesi bambini(e) e ragazzi(e)
































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UNA PICCOLA STORIA.... per riflettere
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31 gennaio : GIORNATA MONDIALE  DEI MALATI DI LEBBRA: 

Raoul Follereau: Un testimone speciale 

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LITURGIA DELLA DOMENICA 4a del tempo ordinario


PRIMA LETTURA

 

È Dio che sceglie i suoi profeti, e Mosè preannuncia per Israele un grande profeta, simile a lui. Egli parlerà a nome di Dio, che metterà sulla sua bocca le sue parole. In realtà Gesù è ben più grande di Mosè.  

 

Dal libro del Deuteronomio.    (Dt. 18,15-20)

 

Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”.
Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi
, quel profeta dovrà morire”».

 

salmo responsoriale Dal Salmo 94 (95)                                                                   

R. Ascoltate oggi la voce del Signore.

 

Venite, cantiamo al Signore,acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia.

 

Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce.

 

Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere».

 

SECONDA LETTURA

Continua la lettera di Paolo ai Corinzi. A quella città moderna ed evoluta Paolo propone come valore non solo il matrimonio, ma anche la verginità per il regno dei cieli. Chi si sposa, dice Gesù, si preoccupa di piacere alla moglie o al marito, mentre chi rimane vergine si preoccupa prima di tutto delle cose del Signore.  

  

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. (1Cor, 32- 35).  

                                          

Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso!
Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni..

 

VANGELO.  Dal vangelo secondo Marco (Mc 1,21-28)

 

In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!».
La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.

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4a domenica t. ord. B – 2021 *omelia

 

Il primo gesto potente di Gesù è nella sinagoga di Cafanao, città del suo ministero profetico, come nella regione della Galilea. Nella Palestina del tempo c'erano sinagoghe non solo nei grandi centri, ma anche nelle piccole città e nei villaggi. Gli israeliti sono lì, come ogni sabato, per la preghiera, per la lettura e la spiegazione della Scrittura. Gesù, (come era previsto…) prende la parola per insegnare.  La domanda che sta sotto il fatto raccontato oggi e in tutto il Vangelo è questa: chi è Gesù?. Ce lo chiediamo anche noi, oggi e sempre: Chi sei Gesù? Che cosa conosco di te? “E voi, chi dite che io sia?”, chiederà Gesù agli apostoli.

La risposta non è mai scontata, né  facile… Ce lo diciamo con sincerità: ho ancora molto da imparare…e desidero  che la mia ricerca non sia mai conclusa. Sapendo, poi, che non si tratta solo di conoscere, ma di vivere secondo il suo stile!

 

«Erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi». Più o meno, la stessa cosa è ripetuta alla fine dell'episodio: «Che è mai questo? Una dottrina nuova, insegnata con autorità».

 

Marco non precisa in questo brano il contenuto dell'insegnamento di Gesù, (lo farà In tutto il Vangelo che segue…), ma ci dice, fin d’ora, che il suo insegnamento colpisce e pone domande serie, è nuovo e diverso da quello degli scribi che, di solito, si limitavano  a ripetere anche a memoria le parole della Bibbia, ma, come dirà Gesù di loro: “Parlano e non fanno”…cioè non vivono secondo quello che dicono.   Insegnamento nuovo di Gesù, sia  per parole mai  dette prima… ma soprattutto perché si avverte una forza che rigenera e che dà nuovo vigore alla vita!  Lo dimostra il fatto dell’indemoniato nella sinagoga, un “fuori programma” che deve aver creato molto scompiglio in quell’assemblea ordinata di preghiera!

Un indemoniato: qual era la sua malattia? Poteva trattarsi, forse, di un grave problema psichico, di una forma di schizofrenia, diremmo oggi…  Al tempo di Gesù non si distingueva molto tra malattia psichica e presenza del male o del demonio. Di fatto, però, si trattava di una situazione di alienazione, di un grave disagio, forse dovuto anche a situazioni interiori negative e da risanare in quel povero malcapitato! 


Gesù è venuto per restituire all’uomo la sua dignità perduta, la sanità fisica e morale, la salute spirituale nella lotta contro il principe del male,  contro colui che vuole dividere l’uomo da Dio e dagli  altri… E comincia la sfida e la provocazione: “Che vuoi da noi, Gesù? Sei venuto a rovinarci! ” E’ vero quello che dice satana!  Gesù è venuto per mandare in rovina e vincere il potere del male, per liberare l’uomo dalle catene che lo imprigionano e che lo degradano in tutti i sensi…E’ il vero Liberatore e noi dobbiamo sempre invocarlo, come nel Padre nostro: “Liberaci dal male (e dal maligno!)”. Da soli, non ce la facciamo!

Certi fatti dolorosi di cronaca nera, quasi incredibili, ci dicono quale grande sia il potere del male che suggestiona e schiavizza l’uomo e domanda la presenza del Signore, il vero Liberatore!

Gesù mette a tacere lo spirito maligno, seccamente: «Taci ed esci da costui!». 

Lo spirito è costretto ad obbedire e l'uomo, liberato dallo spirito disgregatore, ritrova se stesso. Se lo spirito del male esce da quell’uomo, significa che lui, ora, reso libero, può accogliere dentro di sé, Colui che l’ha risanato… può diventare la dimora di Dio che desidera abitare in lui. Così, tutte le volte che noi siamo liberati dal male (…anche nel sacramento della Penitenza o Confessione…), diventiamo dimora di Dio, tempio del suo Spirito, luogo della sua presenza che possiamo testimoniare anche agli altri, come un cammino aperto per tutti alla potenza di quell’ amore che ci risana!

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31 gennaio 2021 – 4a domenica del tempo ordinario

Avvisi

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La prossima domenica 7 febbraio è la 43a GIORNATA PER LA VITA sul tema: “Libertà e vita”.

 

Ci sarà la possibilità di aiutare il Centro aiuto vita di Verona e di Peschiera (S. Martino). Sarà messa a disposizione anche la rivista periodica “NOI, FAMIGLIA E VITA”, edita da Avvenire, che presenta il messaggio della giornata e altri aspetti ad essa collegati. 

 

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Martedì  2 febbraio è la Festa della “PRESENTAZIONE DI GESU’ AL TEMPIO”La Messa è sempre alle ore 8.00, preceduta dalla lettura del Vangelo e dalla processione verso l’altare, con la candela.

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Preghiera sul Vangelo

Gesù, non c’è nessuno che parli di Dio come fai tu, e la gente se ne è accorta. 

Il tuo insegnamento non nasce da sentenze apprese nel tempo, non è una dottrina costruita  con l ’ascolto di tanti maestri e non è neppure il frutto della consultazione di tanti rotoli.

Quello che dici è, in fondo, il respiro della tua esistenza, I’ amore che ti lega al Padre, il rapporto unico ed originale da cui sgorga ogni parola e ogni gesto. Ecco perché tutti avvertono la forza travolgente che emana da te e che può trasformare ogni persona, liberandola da tutto ciò che la tiene prigioniera, incatenata ad un male che logora, ad una sofferenza che non ha fine. In effetti tu non ti limiti ad indicare la guarigione, ma la realizzi, la rendi possibile. Tu non tracci solamente la strada, ma trasmetti l'energia per affrontarla. Tu non sei uno che esorta ad una vita nuova, ma la doni concretamente con la tua misericordia che trasfigura, con la tua saggezza che orienta, con la tua determinazione nel lottare contro ogni potenza oscura che attenta alla nostra dignità.

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giovedì 21 gennaio 2021

24 gennaio 2021... (dopo la catechesi  per i ragazzi, scorri la pagina per leggere il resto!)

 catechesi per ragazzi(e)- 3a domenica anno B 





















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24 gennaio: 3a domenica anno B 

 

Prima lettura (Gn 3,1-5.10)

Dal libro del profeta Giona

Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: «Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore. Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta». 
I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli.
Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. 

 

Salmo responsoriale (Sal 24)

Fammi conoscere, Signore, le tue vie.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

 

Seconda lettura (1Cor 7,29-31)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

 

Vangelo (Mc 1,14-20)

Dal Vangelo secondo Marco

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

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3a domenica B - omelia

 

 

L'evangelista Marco inizia il racconto dell'attività pubblica di Gesù, richiamando  la prigionia di Giovanni Battista…“Dopo che Giovanni fu arrestato”. Non sembrerebbe molto indicato questo tempo per predicare… e poi… «…si recò nella Galilea». Una regione di periferia, con popolazione mista, religiosamente poco affidabile. Eppure Gesù non si lascia condizionare da fatti poco favorevoli e inizia la sua missione lo stesso. Lui è deciso e fedele al disegno del Padre suo; è convinto che la semina della parola contiene la forza stessa di Dio.  

Subito le prime parole della sua predicazione: «Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete nel Vangelo”, cioè abbiate fiducia in questa buona notizia (Vangelo) che sto per darvi: vengo per offrirvi un’occasione straordinaria! Non sprecatela! 

Occorre convertirsi, cioè dare una svolta decisa alla nostra vita, abbandonare quello che non sentiamo in sintonia con la proposta nuova di Dio… E’ Il nostro impegno di oggi e sempre!

 

Nel racconto della chiamata dei primi discepoli, il primo aspetto: l'iniziativa è totalmente dalla parte di Gesù: vide, disse, li chiamò. Gesù vede. Il suo sguardo entra nella profondità della vita, e tuttavia non turba, non indaga per suggestionare, per condizionare…Si fa proposta libera perchè nasce dalla fiducia riposta in quelli che chiama. E’ un primo segno di amore. 

Possiamo risentire le parole del salmo: “Signore, tu mi scruti e mi conosci …Le parole non sono ancora sulla mia lingua e tu, Signore, le conosci tutte…Tu poni su di me la tua mano..”.

Così il Signore guarda anche a noi... con lo stesso sguardo di allora.

L'iniziativa è sua, e il suo appello è gratuito, non dipende dalla nostra disponibilità, anche se questa è richiesta, poi, come risposta responsabile. 

 

Il secondo aspetto è che la chiamata di Gesù comporta un distacco profondo dove l'evangelista parla di abbandono del padre e del lavoro. Nella nostra vita di cristiani come vivere questo distacco?

Certo, noi non abbandoniamo il lavoro, la famiglia e tutte le nostre occupazioni: non avrebbe alcun senso! Anzi dobbiamo viverle con serietà e disponibilità! Penso che il messaggio sia questo: è l’invito a  rompere  i legami che ci rendono meno liberi di fronte alla scelta cristiana, le abitudini che fanno debole la nostra risposta nella fede, i rimandi e le scuse che ci possono impedire di fidarci del Signore…per non rischiare di fare una scelta fragile e incerta! 

 

La chiamata del Signore può avere alcune caratteristiche che ci  invitano  ad aprire il nostro sguardo. Troviamo questi spunti nella singolare vocazione del profeta Giona. Questo libro della Bibbia, non è un racconto storico ma è una parabola sulla vita: le proposte inaspettate di Dio e le resistenze, i dubbi, le fatiche a dirgli di sì. 

Dio invita Giona ad andare a Ninive….capitale degli Assiri. Solo la parola NInive creava negli Ebrei un senso di ripulsa e di terrore, per le devastazioni e le deportazioni di cui restava memoria viva nel popolo. Il libro intende allargare gli orizzonti dei lettori: anche un popolo feroce e lontano da Dio può dare segni di cambiamento. Dio agisce perfino nel cuore di quelli che  hanno lasciato tracce di malvagità e di crudeltà. Difficile accettare un prospettiva di questo genere! Ma… “ i cittadini di Ninive credettero a Dio”. Incredibile! E’ sempre possibile un cambiamento che va contro la logica umana e i pregiudizi.

Così il Signore ci aiuta a vedere tracce di umanità e di bontà senza esclusioni, ad essere persone che sanno leggere frammenti di verità e di bontà in tutti. E questo senza ignorare che dobbiamo prendere le distanze  da tutte quelle scelte che degradano, che impoveriscono e che sono segni di morte, anche oggi. 

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Avvisi

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Oggi celebriamo la festa del BEATO ANDREAnostro Patrono.  

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In questa giorno, 24 gennaio, celebriamo la DOMENICA DELLA PAROLA,

voluta da Papa Francesco già nel 2019. Il vescovo Stefano Russo, segretario della CEI, ci ricorda: «Oggi abbiamo bisogno di parole di speranza, che ci consentano di restare con i piedi per terra ma con lo sguardo rivolto al futuro. Queste parole sono custodite dalla Sacra Scrittura che, mentre dà voce al dolore dell’orante, gli assicura quella consolazione del Signore che apre il cuore ad un futuro di solida speranza». (sul blog, vedi approfondimenti…)

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Lunedì 25 gennaio: Festa della conversione di S. Paolo e conclusione della 

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

 

Preghiera sul Vangelo

Ora è giunto il momento,  non c’è più tempo per attendere:

tu dài inizio ad un mondo nuovo e ognuno deve prendere posizione,

accoglierti, cambiare vita oppure rifiutarti ed ignorare la tua offerta di grazia.

È la terribile responsabilità che ognuno di noi si assume, Gesù:

in fondo tu non obblighi nessuno, ma fai appello alla sua libertà.

Quel giorno tu sei passato per il lago di Tiberiade

ed hai chiesto a quei pescatori,

intenti nel loro lavoro, di mollare tutto e di seguirti.

Quel giorno non potevano sapere quanto la loro vita sarebbe stata trasformata, a cosa sarebbero andati incontro,

per quali strade li avresti condotti.

Tu ti saresti servito di loro per raggiungere gli uomini nel bel mezzo delle loro angustie, delle loro fatiche, dei loro smarrimenti

e strapparli dal disorientamento, dal potere del male,  

da tutto ciò che mortifica l’esistenza.

Ancor oggi, Gesù, tu passi per le nostre case e le nostre strade,

per i diversi ambienti di lavoro, e ci chiedi di fidarci di te,

di prendere sul serio la tua proposta, di sporcarci le mani per un mondo nuovo.

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Spunti biografici del Beato Andrea

Il Beato Andrea da Peschiera fu il vero Frate Predicatore, potente in opere e in parole, tutto consacrato al bene delle anime, infaticabile nell’evangelizzare intere popolazioni. Prese l’abito domenicano nel convento di Brescia, da quello passò in S. Marco di Firenze per compiervi gli studi. In questo venerabile cenobio fioriva in pieno, per opera del Beato Antonio Della Chiesa, la riforma voluta dal Beato Raimondo Da Capua, e così Andrea si formò non solo ai forti studi, ma anche alle solide virtù. Inviato nella Valtellina a difendervi la fede, minacciata dall’eresia, per 45 anni ne fu la vigile sentinella, perlustrando instancabile quelle valli alpine, povero e penitente, come il suo gran Padre Domenico, compiendovi prodigi di zelo. Predicò con ardore la divina parola, confermandovi innumerevoli anime nella fede e richiamandole da tutte le vie del male. Creò nuove parrocchie, fondò monasteri, eresse nel 1475, il celebre convento di Morbegno, che non solo contribuì al rifiorimento della vita regolare nell’Ordine, ma fu un vero baluardo contro l’eresia, vera causa della  predicazione di cui egli fu l’anima.  Ma egli non  accettò mai nessun grado di prestigio. L’unico ufficio cui ambì, e che sempre esercitò con santa gioia, fu quello di questuante, fedele, anche in questo, imitatore del glorioso S. Domenico. In questa vita di penitenza, di preghiera, d’incredibili fatiche, perseverò fino alla più tarda vecchiaia. Il suo corpo è ancor oggi molto venerato nella chiesa parrocchiale di Morbegno, paese dove trovò la morte il 18 gennaio 1485, nel convento da lui fondato. Papa Pio VIII il 26 settembre 1820 ha confermato il culto.

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TESTI MAGISTERIALI (dal sussidio CEI per la GIORNATA DELLA PAROLA DI DIO)


Benedetto XVI, Spe salvi (3 novembre 2007) 

La fede è speranza (n. 2) 

«Speranza», di fatto, è una parola centrale della fede biblica – al punto che in diversi passi le parole «fede» e «speranza» sembrano interscambiabili. Così la Lettera agli Ebrei lega strettamente alla «pienezza della fede» (10,22) la «immutabile professione della speranza» (10,23). Anche quando la Prima Lettera di Pietro esorta i cristiani ad essere sempre pronti a dare una risposta circa il logos – il senso e la ragione – della loro speranza (cfr. 3,15), «speranza» è l’equivalente di «fede». Quanto sia stato determi- nante per la consapevolezza dei primi cristiani l’aver ricevuto in dono una speranza affidabile, si manifesta anche là dove viene messa a confronto l’esistenza cristiana con la vita prima della fede o con la situazione dei seguaci di altre religioni. Paolo ricorda agli Efesini come, prima del loro incontro con Cristo, fossero «senza speranza e senza Dio nel mondo» (Ef 2,12). Naturalmente egli sa che essi avevano avuto degli dèi, che avevano avuto una religione, ma i loro dèi si erano rivelati discutibili e dai loro miti contraddittori non emanava alcuna speranza. Nonostante gli dèi, essi erano «senza Dio» e conseguentemente si trovavano in un mondo buio, davanti a un futuro oscuro. «In nihil ab nihilo quam cito recidimus» (Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo) [Corpus Inscriptionum Latinarum, vol. VI, n. 26003] dice un epitaffio di quell’epoca – parole nelle quali appare senza mezzi termini ciò a cui Paolo accenna. Nello stesso senso egli dice ai Tessalonicesi: Voi non dovete «affliggervi come gli altri che non hanno speranza» (1Ts 4,13). Anche qui compare come elemento distintivo dei cristiani il fatto che essi hanno un futuro: non è che sappiano nei particolari ciò che li attende, ma sanno nell’insieme che la loro vita non finisce nel vuoto. Solo quando il futuro è certo come realtà positiva, diventa vivibile anche il presente. Così possiamo ora dire: il cristianesimo non era soltanto una «buona notizia» – una comunicazione di contenuti fino a quel momento ignoti. Nel nostro linguaggio si direbbe: il messaggio cristiano non era solo «informativo», ma «performativo». Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova. 

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Francesco, Lumen fidei (29 giugno 2013)

 Una forza consolante nella sofferenza (n. 57) 

La sofferenza ci ricorda che il servizio della fede al bene comune è sempre servizio di speranza, che guarda in avanti, sapendo che solo da Dio, dal futuro che viene da Gesù risorto, può trovare fondamenta solide e durature la nostra società. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza perché, anche se la nostra dimora quaggiù si va distruggendo, c’è una dimora eterna che Dio ha ormai inaugurato in Cristo, nel suo corpo (cfr. 2 Cor 4,16–5,5). Il dinamismo di fede, speranza e carità (cfr. 1 Ts 1,3; 1 Cor 13,13) ci fa così abbracciare le preoccupazioni di tutti gli uomini, nel nostro cammino verso quella città, «il cui architetto e costruttore è Dio stesso» (Eb 11,10), perché «la speranza non delude» (Rm 5,5).
Nell’unità con la fede e la carità, la speranza ci proietta verso un futuro certo, che si colloca in una prospettiva diversa rispetto alle proposte illusorie degli idoli del mondo, ma che dona nuovo slancio e nuova forza al vivere quotidiano. Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che “frammentano” il tempo, trasformandolo in spazio. Il tempo è sempre superiore allo spazio. Lo spazio cristallizza i processi, il tempo proietta invece verso il futuro e spinge a camminare con speranza


sabato 16 gennaio 2021

 17 gennaio 2011

Letture 2a domenica t.o. -anno B 

 

Prima Lettura Dal primo libro di Samuèle - 1Sam 3,3b-10.19

 

In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: "Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuèle andò a dormire al suo posto. Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuéle, Samuéle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.

 

Salmo Responsoriale - dal Sal 39

R. Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà.

Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio. R.

Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo». R.

«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo». R.

Ho annunciato la tua giustizia
nella grande assemblea;
vedi: non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai. R.

 

Seconda Lettura- 1Cor 6,13c-15a.17-20

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi


F
ratelli, il corpo non è per l'impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

Vangelo - Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 1,35-42

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì - che, tradotto, significa maestro - dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» - che significa Pietro.

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 omelia

Vocazione è la parola che racchiude le letture di q. domenica. Dopo quella particolare del giovane Samuele, Il Vangelo ci offre un altro esempio di chiamata,.  Qui, nel Vangelo, il Signore non chiama direttamente… Sulla scena c’è il Battista che  fissa lo sguardo su Gesù. Tutta la vita del Precursore è stata orientata da questo sguardo rivolto a Lui e non a se stesso. La sua missione di precursore sta ormai per finire. Quando arriva lo sposo, (che è Gesù…) l’amico  dello sposo si deve ritirare (cfr. 3,29-30). Il passaggio di Gesù indica al Battista che per lui è venuta l’ora di fermarsi per lasciare posto a un altro. È Gesù ormai che deve prendere l’iniziativa. 

L’ indicazione forte del Battista, “Ecco l’agnello di Dio”, dà inizio a una reazione a catena, che porterà altri a farsi discepoli di Gesù.  Alla fine del racconto, infatti, Andrea va da Pietro, gli comunica con convinzione la scoperta che ha fatto…la chiamata si allarga, come i cerchi prodotti da un sasso sullo stagno. 

Andrea, ricco della propria esperienza di fede, ora diviene a sua volta come Eli nell’Antico Testamento e come il suo antico maestro, il Battista: tutto rivolto verso il Signore e tutto teso a indicarlo come unico Messia Salvatore.

 

Una domanda per noi chiesa, oggi: “Come fare perché il mio incontro con il Signore diventi interessante anche per altri? 

Quali saranno, ad esempio, quei genitori o quegli adulti capaci di una fede matura che si espande, che trascina o, perlomeno, suscita domande anche in chi non crede?

Andrea e il suo compagno, entrambi discepoli del Precursore, in questo modo sono spinti alla sequela del Cristo. 

Il vangelo di Giovanni parla spesso dell’impegno di  cercare Gesù e scoprire chi è e ci offre i tratti caratteristici dell’essere discepolo. Quindi quello che è avvenuto allora, 

(la chiamata dei primi discepoli), può diventare esperienza nell’oggi della nostra vita… Essere discepoli oggi di quel Gesù che mi passa accanto… Certo, in modo diverso da allora… ma la sostanza è uguale. 

Non c’è vita in cui Gesù non passi, non c’è nessuna storia personale che Gesù non tocchi e non voglia incontrare… 

Dipende da noi: vogliamo farci incontrare oppure ci giriamo da un’altra parte?

Che cos’è, allora la fede? E’ l’esperienza vissuta nell'incontro e nell’adesione alla persona del Cristo: che qui viene indicato con tre titoli: Agnello di Dio (v. 36), Rabbi (v. 38), Messia (v. 41). Siamo davanti ad un itinerario di fede e a una scoperta del mistero di Gesù, attraverso la graduale conoscenza e adesione.


I discepoli seguono Gesù, si fidano, fanno un primo passo, abbandonano le loro certezze di quel momento…E adesso l’iniziativa passa a Gesù: sono le sue prime parola nel V. di Gv.:  «Che cercate?» Domanda che è rivolta a ogni uomo che intende seguirlo: la parola di Dio come la parola di Gesù è lama che discende in profondità e scopre la verità dell’esistenza. 

Come se Gesù dicesse: “Quali sono i tuoi interessi? Che cosa pensi sia più importante per te nella tua vita? In quali settori spendi le tue energie?” 


“Dove abiti?”, chiedono i discepoli… Gesù non ha un indirizzo o un recapito… La domanda può voler dire, allora…: Che cos’hai di interessante da offrirci, rispetto agli altri maestri? Qual è il tuo modo di vivere, per cui valga la pena di venirti dietro? Ci stiamo forse sbagliando?”.


“Venite e vedrete!”. Si può seguire Gesù solo dopo averlo frequentato,  stando con Lui, accettando di scoprire la ricchezza delle sue parole e della sua persona..

E ognuno deve rispondere per se stesso; non sono ammesse deleghe o rimandi senza decidere mai!

“Quel giorno rimasero con lui…” La parola rimanere-restare indica che non si tratta di un’ esperienza passeggera, l’emozione di un momento, l’entusiasmo di poche ore, ma di una scelta stabile e senza rimpianti!

Non si tratta di ammirare qualcuno, ma di fare esperienza di una persona, di entrare nell’intimità di Gesù, per vivere come Lui, a somoglianza di Lui. 

“Solo chi rimane in me porta molto frutto!” 

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17 gennaio 2021 – 2a domenica del tempo ordinario

Avvisi

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18-25 gennaio: SETT. di PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI

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19 gennaio è la memoria del BEATO ANDREA, nostro Patrono.  Essendo difficile celebrarla alla sera (né fare l’invito ai precedenti parroci della parrocchia),  ne faremo memoria domenica prossima, 24 gennaio, a tutte le Messe. (Anche alla Messa feriale del 19 gennaio)

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Preghiera sul Vangelo

 

Non e facile, mio Dio, il ruolo che hai affidato a Giovanni, il battezzatore: una missione a tempo ben definito: preparare la strada e poi scomparire, indicare che il Messia è arrivato e   poi defilarsi per sempre.

Eppure, se ci penso un poco, tu chiedi anche me di essere un po’, come lui e metti sulla mia bocca la tua Parola perché io la porti ai miei fratelli. Ma io non posso poi neppure immaginare cosa avverrà a quel seme che ho lanciato sul terreno.

Mi chiedi di fare la mia parte di testimone del Regno, cercando assieme ai miei fratelli  quella giustizia e quella pace , che attecchiscono solo a duro prezzo; ma senza giudicarmi indispensabile perché altri mieteranno dove io ho seminato e piantato.

Mi affidi l’educazione alla fede perché le nuove generazioni possano entrare nella tua alleanza. 

Sei tu l’Agnello di Dio:  tu solo hai preso su di te il peccato e il male del mondo per distruggere la loro forza con il tuo amore.

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Il Beato Andrea da Peschiera fu il vero Frate Predicatore, potente in opere e in parole, tutto consacrato al bene delle anime, infaticabile nell’evangelizzare intere popolazioni. Prese l’Abito Domenicano nel convento di Brescia, da quello passò in S. Marco di Firenze per compiervi gli studi. In questo venerabile cenobio fioriva in pieno, per opera del Beato Antonio Della Chiesa, la riforma voluta dal Beato Raimondo Da Capua, e così Andrea si formò non solo ai forti studi, ma anche alle solide virtù. Inviato nella Valtellina a difendervi la fede, minacciata dall’eresia, per 45 anni ne fu la vigile sentinella perlustrando instancabile quelle valli alpine, povero e penitente, come il suo gran Padre Domenico, compiendovi prodigi di zelo. Predicò con ardore la divina parola, confermandovi innumerevoli anime nella fede e richiamandole da tutte le vie del male. Creò nuove parrocchie, fondò monasteri, eresse, nel 1475, il celebre convento di Morbegno, che non solo contribuì al rifiorimento della vita regolare nell’Ordine, ma fu un vero baluardo contro l’eresia, vera casa della santa predicazione di cui egli fu l’anima senza voler tuttavia accettare mai nessun grado di superiorità. L’unico ufficio cui ambì, e che sempre esercitò con santa gioia, fu quello di Questuante, fedele, anche in questo, imitatore del suo glorioso Patriarca. In questa vita di penitenza, di preghiera, d’incredibili fatiche perseverò fino alla più tarda vecchiaia. Il suo corpo è ancor oggi molto venerato nella chiesa parrocchiale di Morbegno, paese dove trovò la morte il 18 gennaio 1485 nel convento da lui fondato. 

Papa Pio VIII il 26 settembre 1820 ha confermato il culto.

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Preghiera comune e solidarietà.  Così cresce l’unità tra le Chiese 

(da Avvenire 15 gennaio 2021)

 

Uniti nella preghiera, linfa del dialogo. Alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si apre lunedì, le Chiese cristiane scrivono insieme una Lettera per ribadire che tutto può essere rinnovato dalla «presenza del Signore e della sua Parola di vita, custodita e annunciata nelle nostre comunità». 

 

Ecco il testo della Lettera ecumenica inititolata «Viviamo e celebriamo la nostra unità nella preghiera comune », diffusa in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in programma, come ogni anno, dal 18 al 25 gennaio.

 

Viviamo e celebriamo la nostra unità nella preghiera comune

Care sorelle e cari fratelli, mai come in questo tempo abbiamo sentito il desiderio di farci vicini gli uni gli altri, insieme alle nostre comunità che sono in Italia. La sofferenza, la malattia, la morte, le difficoltà economiche di tanti, la distanza che ci separa, non vogliamo nascondano né diminuiscano la forza di essere uniti in Cristo Gesù, soprattutto dopo aver celebrato il Natale. La sua luce, infatti, è venuta ad illuminare la vita delle nostre comunità e del mondo intero: è luce di speranza, di pace, luce che indica un nuovo inizio. Sì, non possiamo solo aspettare che dopo questa pandemia “tutto torni come prima”, come abitualmente si dice. Noi, invece, sogniamo e vogliamo che tutto torni

meglio di prima, perché il mondo è segnato ancora troppo dalla violenza e dall’ingiustizia, dall’arroganza e dall’indifferenza. Il male che assume queste forme vorrebbe toglierci la fede e la speranza che tutto può essere rinnovato dalla presenza del Signore e della sua Parola di vita, custodita e annunciata nelle nostre comunità.

In questi mesi di dolore e di grande bisogno abbiamo visto moltiplicarsi la solidarietà. Molti si sono uniti alle nostre comunità per dare una mano, per farsi vicino a chi aveva bisogno di cibo, di amicizia, di nuovi gesti di vicinanza, pur nel rispetto delle

giuste regole di distanziamento. Sentiamo il bisogno di ringraziare il Signore per questa solidarietà moltiplicata, ma vogliamo dire anche grazie a tanti, perché davvero scopriamo quanto sia vero che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (cfr. Atti 20,35). La gratuità del dono ci ha aiutato a riscoprire la continua ricchezza e bellezza della vita cristiana, inondata dalla grazia di Dio, che siamo chiamati a comunicare con maggiore generosità a tutti. Così, non ci siamo lasciati vincere dalla paura, ma, sostenuti dalla presenza benevola del Signore, abbiamo continuato ad uscire per sostenere i poveri, i piccoli, gli anziani, privati spesso della vicinanza di familiari e amici. Le nostre Chiese e comunità hanno trovato unità in quella carità, che è la più grande delle virtù e che, unica, rimarrà come sigillo della nostra comunione fondata nel Signore Gesù.

Desideriamo, infine, intensificare la preghiera gli uni per gli altri, per i malati, per coloro che li curano, per gli anziani soli o in istituto, per i profughi, per tutti coloro che soffrono in questo tempo. Come abbiamo scritto nella presentazione del sussidio per la Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, oggi la nostra preghiera sale intensa, perché il Signore guarisca l’umanità dalla forza del male e della pandemia, dall’ingiustizia e dalla violenza, e ci doni l’unità tra noi. Ci uniamo con la nostra preghiera anche nella memoria del Metropolita Zervos Gennadios, che per diversi anni ha condiviso con noi il cammino verso la piena unità e ci ha lasciato il 16 ottobre dello scorso anno. La preghiera stessa infatti diventi a sua volta fonte di unità. Ignazio di Antiochia ricorda ai cristiani di Efeso nei suoi scritti: “Quando infatti vi riunite crollano le forze di Satana e i suoi flagelli si dissolvono nella concordia che vi insegna la fede”. Rimanere in Gesù vuol dire rimanere nel suo amore. Quell’amore che ci spinge ad incontrare senza timore gli altri, specialmente i più deboli, i periferici, i poveri ed i sofferenti, come Gesù stesso ci ha insegnato, percorrendo senza sosta le strade del suo tempo.

Viviamo e celebriamo la nostra unità nella preghiera comune, che vedrà riunite le nostre comunità soprattutto in questa settimana.

Un fraterno saluto a tutti nell’amicizia e nella stima che ci uniscono.

 

Mons. Ambrogio Spreafico

vescovo presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo

Mons. Polykarpos Stavropoulos

vicario patriarcale della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta

pastore Luca Maria Negro

presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia