sabato 14 marzo 2020

15 marzo 2020

IMPORTANTE! - 14 marzo 2020

Cari amici

 il vicario generale mi prega di girarvi la sua lunga mail...ma io ve la riassumo nei punti principali: si richiama che i motivi permessi per uscire di casa sono tre: lavoro, sussistenza, salute.Perciò i motivi religiosi non rientrano in questi. Perciò le chiese restino chiuse nei giorni feriali e in quelli festivi siano pure aperte qualche tempo, 

Però si richiama che il motivo di uscire di casa per andare in chiesa non è tra quelli sopra elencati. le chiese siano chiuse tutte alle 18,00. 
I volontari non possono avvalersi di autocertificazione per lavori in chiesa e parrocchia. i presbiteri invece possono avvalersi ad esempio per il caso di un ammalato grave, ma deve essere verificabile dalla pubblica forza dell'ordine. Chiudere cortili e parchi gioco, campetti e simili. evitare di dare appuntamenti alle persone , ad es. ai fidanzati per documenti matrimoniali od altro.

 E’  rinviata la data di presentazione del bilancio parrocchiale (oppure  in via mail). Una particolare attenzione a sacerdoti soli che chiedessero di essere temporaneamente ospitati in canonica: se possibile sarebbe un gesto di grande fraternità sacerdotale....ulteriori note o disposizioni sono sempre possibili. Stiamo  in compagnia di Gesù stanco presso il pozzo di Giacobbe. 

Ciao a tutti. don Roberto, vicario lago veronese e Caprino- parroco di Sandrà

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Le mie impressioni…come parroco 

Le indicazioni possono prestarsi  a qualche interpretazione diversa. Spiego in che senso.Sarà necessario presentare l’autocertificazione per recarsi in chiesa, dato che questa possibilità non rientra nelle tre sopra elencate? 
Non ve lo so dire… Chiedete informazioni…
Mi sembra che anche l’uscita a piedi o in bici deve essere accompagnata con l’autocertificazione… 
Comunque io ho deciso che la chiesa in questa domenica (e spero anche nelle altre…) rimane aperta dalle ore 8.00 alle 11.00.
Non ci sarà, comunque, nessuna celebrazione e nemmeno la possibilità di ricevere la Comunione.
Cercate di capire le ragioni di questa scelta… Siamo in un periodo di GRAVE  EMERGENZA PER LA SALUTE PUBBLICA
Non interpretate, per favore, le rigide e doverose indicazioni delle autorità preposte come una limitazione alla libertà religiosa!
Favoriamo la preghiera personale e un’attenzione particolare alla Parola di Dio. 
E ricordiamo al Signore tutti gli operatori sanitari, tutti i defunti per questo contagio e tutti quelli che non possono seguire le indicazioni “IO RESTO A CASA”, perché la casa non ce l’hanno!

LITURGIA DELLA 3a DOMENICA DI QUARESIMA ANNO 

Quando manifesterò in voi la mia santità,
vi raccoglierò da tutta la terra;
vi aspergerò con acqua pura
e sarete purificati da tutte le vostre sozzure
e io vi darò uno spirito nuovo, dice il Signore. (Ez 36,23-26)

Colletta

Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno,
la preghiera e le opere di carità fraterna;
guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e,poiché ci opprime il peso delle nostre colpe,ci sollevi la tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Oppure:

O Dio, sorgente della vita, tu offri all'umanitàriarsa dalla sete l'acqua viva della grazia
che scaturisce dalla roccia, Cristo salvatore;concedi al tuo popolo il dono dello Spirito,
perchè sappia professare con forza la sua fede, e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo ....

Prima Lettura
Dacci acqua da bere.Dal libro dell'ÈsodoEs 17,3-7

In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d'Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va'! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d'Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale- Dal Sal 94

R. Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.

Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. R.

Entrate: prostràti, adoriamo,in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,il gregge che egli conduce. R.

Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere». R.

Seconda Lettura L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito 
che ci è stato dato.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 5,1-2.5-8
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l'accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

Parola di Dio

Acclamazione al Vangelo
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo;
dammi dell'acqua viva perchè io non abbia più sete. (Cfr. Gv 4,42.15) Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Vangelo - Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 4,5-42

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Parola del Signore. Forma breve: Gv 4, 5-15.19b-26.39a.40-42 Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Parola del Signore

Sulle offerte

Per questo sacrificio di riconciliazione perdona,o Padre, i nostri debiti e donaci la forza
di perdonare ai nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

Chi beve dell'acqua che io gli darò, dice il Signore,
avrà in sé una sorgente che zampilla fino alla vita eterna. (Gv 4,13-14)

Dopo la comunione

O Dio, che ci nutri in questa vita con il pane del cielo, pegno della tua gloria,
fa' che manifestiamo nelle nostre opere la realtà presente nel sacramento che celebriamo.

Per Cristo nostro Signore.

Commento di don Bruno Maggioni(dalla catechesi quaresimale “in programma”)

Gesù assetato : preghiera


Anche tu, come tutti i viandanti provasti la sete, quell’arsura che divora tutto il nostro essere e ci fa desiderare un sorso d’acqua che rinfresca la gola e porta un po’ di benessere alle nostre labbra riarse. E così ti sedesti accanto al pozzo di Sicar, che secondo la tradizione risaliva al patriarca Giacobbe. Dovevi aver tanta sete, Gesù, se osasti chiedere da bere a una donna sconosciuta, che per di più era una Samaritana,  una donna stanca di dover venire  pozzo per provvederealle necessità della sua famiglia. Tu eri assetato e chiedevi acqua, ma eri pronto a offrirle quello che lei neppure immaginava: una sorgente di vita che continua a zampillare per sempre, una gioia e una pace che non sarebbero mai venute meno.
Il testo (v. dalla liturgia)

Commento
L’episodio della Samaritana comprende essenzialmente due dialoghi, inquadrati da alcuni versetti narrativi che si sviluppano secondo uno schema già noto: l'alternanza delle rivelazioni di Gesù e dell’ incomprensione dell'uomo di fronte al mistero di Dio. 
I personaggi principali sono Gesù e la donna.Si aggiungono a Gesù come personaggi di secondo piano.

«Dammi da bere»(4,7):
 il dialogo si apre con questa domanda di Gesù: il protagonista è Lui, non la donna.Uno dei modi più diretti e profondi per esprimere la propria accogliente  simpatia verso una persona è di chiedere un favore. Così fa Gesù. Eppure si tratta di una donna che egli avrebbe dovuto evitare per diversi motivi: perché Samaritana (i Giudei – annota l'evangelista – non mantengono buoni rapporti con i Samaritani); perché,come si vedrà, convive con un uomo che non è suo marito; e perché donna semplicemente, dato che era ritenuto sconveniente che un maestro si fermasse a parlare con una donna.
Gesù rompe gli schemi e dialoga con la donna come fosse una discepola. E la simpatia di Gesù dispone la donna all'ascolto. 

L'acqua viva
Alla domanda della donna che desidera sapere come mai lui, un giudeo, chieda da bere a una donna di Samaria (4,9), Gesù sembra non rispondere.In realtà Gesù risponde, anche se non direttamente, attirando l'attenzione della donna sul dono di Dio («Se tu conoscessi il dono di Dio»sulla sua identità(«Chi è Colui che ti dice: dammi da bere».) 

Gesù si fa bisognoso come gli altri uomini per avere la possibilità di incontrarli nei loro stessi bisogni e dare loro l'acqua che disseta. È la meraviglia di un Dio che chiede per dare. E’ la meraviglia dell'accoglienza dell'uomo da parte di Dio.
Purtroppo non sempre l'uomo avverte che anche nei suoi bisogni più immediati e terreni possano nascondersi bisogni più alti.. È la parola di Gesù che svela all'uomo la profondità dei suoi bisogni. Gesù è venuto per chiarire l'uomo a se stesso.

La seconda domandadella donna riguarda più direttamente l'identità di Gesù: «Sei forse più grande del nostro padre Giacobbe?» (4,12). 
Gesù rispondeL'acqua che egli dona è «una fontana zampillante generatrice di vita eterna». L' acqua di Gesù non sottrae l'uomo alle sue fatiche di ogni giorno. L'acqua di Gesù non cambia le cose, ma fa molto di più: rinnova l'uomo.

«Signore, dammi di quest'acqua, così non avrò più sete e non verrò più qui ad attingere» (4,15). La donna non riesce a guardare oltre le sue feriali necessità. Tuttavia comincia a farsi strada il desiderio: «Dammi quest'acqua». Avviene un'inversione di ruoli: all'inizio era Gesù che chiedeva da bere, ora è la donna che lo chiede. Chiedere è il modo corretto di stare davanti al Signore. I doni di Dio sono gratuiti, ma vanno anche domandati e desiderati. Dio li distribuisce a piene mani, ma non li svende.

Vedo che sei un profeta
Gesù decide di tentare una strada che entri nella vita personale della donna (4,16-19). Il botta e risposta qui si fa più incalzante. «Va' a chiamare tuo marito», le dice improvvisamente Gesù. E la donna: «Non ho marito». E ancora Gesù: «Hai detto bene, infatti ne hai avuto cinque e quello che hai non è tuo marito».
«Signore, vedo che sei un profeta», conclude la donna. 
Vedo: il verbo vedere non significa un qualsiasi vedere, ma un vedere che si sofferma con attenzione, sorpreso e stupito. 

Il luogo della vera adorazione 


Paolo Veronese
 Il luogo dell'adorazione non è né Gerusalemme, né il monte Garizim dei Samaritani, sul quale c’era il loro santuario, opposto ai giudei. 
Come intendere l’adorazione  «in Spirito e Verità»?”.
Il culto nello Spirito non è il culto interiore, spirituale, individuale, in contrapposizione al culto esteriore pubblico. Lo Spirito è la forza attiva (ma perché non chiamarla amore?) che solleva l'uomo dalla sua impotenza, collocandolo nell'unico luogo in cui veramente si incontra il Padre.
E questo luogo è la Verità. La verità è per Giovanni il disegno salvifico di Dio che si è svelato (è divenuto) nella Parola fatta carne. Lo spazio in cui adorare Dio è, dunque, Gesù. Lui è il tempio: non è soltanto la strada che conduce al Padre, ma più profondamente il luogo, l'unico luogo, in cui il Padre si mostra a noi: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (14,9).

Sono io
Ora la donna manifesta la sua speranza nel Messia che deve venire (4,25). 
Gesù risponde alla donna correggendo ancora una volta la sua attesa: il Messia non è un personaggio sconosciuto ma lui stesso. «Sono io, che ti parlo» (4,26): con questa affermazione Gesù conclude il suo dialogo con la donna. 

Dimenticò la brocca
La brocca dimenticata (4,28) assume il significato di un gesto di abbandono di preoccupazioni terrene non essenziali, in vista di nuove, più proprie della fede. A muovere la donna è ormai l'acqua viva della fede che ha dentro. La brocca abbandonata dice che la Samaritana ormai conta unicamente sulla promessa di Gesù. 
Con l' Io sono”la rivelazione di Gesù si è conclusa, ma si è aperto lo spazio per la fede della donna che si fa contagiosa e missionaria, come quella dei primi discepoli. 
Fatta la sua testimonianza e posta la domanda, la donna si tira da parte, come il Battista. Così la donna di Samaria diventa la figura della comunità missionaria, chiamata a mostrarsi per lasciar trasparire Gesù … Il fatto che Gesù abbia incontrato la donna nella sua particolare condizione (donna, samaritana e convivente) è il segno che il cammino della fede non è precluso a nessuno: la salvezza non è solo per i Giudei.
È l'incontro personale con Gesù il vero fondamento della fede: «Non è più per la tua parola che crediamo», dicono i compaesani alla donna (4,42). E aggiungono: «Noi stessi abbiamo udito e sappiamo che è il Salvatore del mondo». 

Che cosa cerchi?
Nella storia della donna che corre in città e dei suoi concittadini che vengono da Gesù, l'evangelista ha inserito, a modo di parentesi, un dialogo fra Gesù e i discepoli (4,3138). 
Gesù invita i discepoli ad alzare gli occhi e a osservare i campi che già biondeggiano per la messe (4,35). La messe è pronta, e di questo la conversione dei Samaritani è la prova. L'attesa è compiuta e la missione è urgente perché il grano è già maturo. Con questo Gesù ricorda ai discepoli e alla sua Chiesa che la missione deve avvenire in un clima di umiltà. 

Uno sguardo all'indietro
È come quando si visita una cattedrale: dapprima, sull'entrata, il visitatore intelligente indugia per una prima e ancora sommaria contemplazione della vastità degli spazi; poi, con più calma, inizia il viaggio lungo le navate, soffermandosi su tutti i particolari; infine, prima di uscire, si concede un altro sguardo complessivo.
Ciò che maggiormente colpisce nel dialogo che abbiamo preso in esame è che Gesù stesso suscita e guida il cammino della donna, dall'inizio alla fine. Egli è l'oggetto della ricerca e nel contempo colui che la suscita e la guida.
Il cammino della donna è un itinerario che gradualmente, scopre chi è Gesù: unGiudeodiverso, forse più grande del patriarca Giacobbe, un profetail Messia, il Salvatore del mondo. .
Il cammino della donna può certamente essere visto come un'immagine del cammino dell'uomo verso Dio. Gesù guida la ricerca, la disincaglia dalle chiusure che via via incontra e la libera dalle alternative che l'uomo riterrebbe inevitabili. La ricerca termina in Cristo, rivelatore e salvatore, ma l'accoglienza del dono di Cristo è uno spazio aperto sulla vera adorazione del Padre. Le attese religiose sono tutte superate e concentrate in Cristo. 

Preghiera finale CANTO BRASILIANO 

Dio solo può dare la fede,tu, però, puoi dare la tua testimonianza. 
Dio solo può dare la speranza,tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli. Dio solo può dare l’amore,tu, però, puoi insegnare all’altro ad amare. Dio solo può dare la pace,tu, però, puoi seminare l’unione. 
Dio solo può dare la forza,tu, però, puoi dare sostegno a uno scoraggiato. Dio solo è la via,tu, però, puoi indicarla agli altri. 
Dio solo è la luce,tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti. 
Dio solo è la vita,tu, però, puoi far rinascere negli altri il desiderio di vivere. Dio solo può fare ciò che appare impossibile, tu, però, potrai fare il possibile. Dio solo basta a se stesso,egli, però, preferisce contare su di te. 

Preghiera cristiana,in tempi di Coronavirus

Signore d’infinita misericordia, custode degli uomini, compagno dei sofferenti e conforto degli infermi, nell’incertezza di questo tempo, pieno di oscurità, noi ti preghiamo: rivelaci il senso ed il segno del nostro tempo, perché alla tua luce vediamo la luce. Tu, che ogni cosa hai creato con ordine, misura e bellezza ispiraci il sapiente timore per l’opera delle tue mani; e quando le nostre opere violentano la tua, e suscita in noi il ritorno a Te con la penitenza.

Signore d’infinita misericordia, Padre degli uomini, fratello dei sofferenti e amico degli infermi; nell’insicurezza di questo tempo, pieno di paura, noi ti supplichiamo: non abbandonarci nella tentazione. Tu che ti innalzi vittorioso sopra ogni morte e turbamento, mentre ogni sicurezza si sbriciola, rendi ferma la fede, e mentre l’ ansia ci arresta e il sospetto ci intimorisce, rimangano luminose Speranza e Carità.

Signore d’infinita misericordia, amante degli uomini, volto dei sofferenti e sostegno degli infermi; in questo ed in ogni tempo noi ti invochiamo:
rendi i cristiani audaci nell'amore, oltre ogni gretta chiusura del cuore. Tu, Provvidenza amabile che reggi con sapienza l’universo, raccogli la preghiera della Chiesa: istruisci i governanti, illumina i ricercatori, custodisci gli operatori sanitari, preserva i sani, soccorri i contagiati, liberaci da ogni male.
A Te, Signore d’infinita misericordia, Trinità d’amore e compassione, da tutta la terra sia gloria e onore, nei secoli dei secoli. Amen.

da Verona fedele 15 marzo 2020
Stiamo sperimentando tutti una situazione inedita, che tocca
anche la nostra vita liturgica. Di fronte alla necessità di evitare assembramenti, nelle zone a rischio, anche i vescovi hanno confermato la sospensione delle Messe e di altre forme di assemblea liturgica, nei termini che conosciamo. 
Non è in gioco la prudenza e la saggezza con cui si è voluto condividere con tutta la popolazione una con- dizione provvisoria di “riduzione della socialità”. Anzi, mi piace pensarla non come una forma di paura che ci fa ritirare nel privato, ma come un gesto di attenzione con cui vogliamo proteggere soprattutto chi è più debole. Ciononostante, rimane il disorientamento che questo provoca per le nostre convinzioni e abitudini di fede, cui appartiene anche la partecipazione alle liturgie. Diverse persone provano questo disagio e credo che questo debba indurci a riflettere 
Che cosa ci manca? È una domanda che dobbiamo porci con onestà. Le risposte possono essere molte. Non credo che ci accontenteremmo di dire che viene meno la possibilità di assolvere al precetto festivo di partecipare all’ Eucarestia. Da esso, peraltro, siamo stati dispensati. Ma come hanno scritto i vescovi in un documento del 1984, “dal precetto si può anche evadere, dal bisogno no”. 
Che cosa, dunque, ci manca? Ci manca for- se la possibilità di pregare? Ma la preghiera possiamo farla sempre, in vari modi; anche le chiese restano aperte per questo. Forse – dovremmo dire – ci è difficile prendere l’iniziativa di pregare o non sappiamo come vive- re un momento di preghiera nel contesto fa-miliare. 
Ci manca allora lapossibilità di ricevereil sacramento eucaristico e di incontrare ilSignore? Ma il Signore non ci sottrae mai la sua presenza, tanto meno in momenti di difficoltà; con il suo Spirito ci accompagna in ogni istante. Inoltre si potrebbe anche chiedere di ricevere la Comunione; ma sarebbe un errore ridurre la Messa a “ricevere la Comunione”. 
Dobbiamo ammettere che ci manca qualcosa che davamo per scontato: il momento e il luogo di una comunità che si raduna, una comunità che si riconosce in gesti e atteggiamenti condivisi, una comunità che loda e invoca il suo Signore. Resta sempre vero: uno dei modi più concreti e potenti con cui la comunità si forma, prende coscienza di sé ed esprime la sua fede, è dato dal radunarsi insieme per stare di fronte a Dio, ascoltare la sua Parola e fare memoria del sacrificio di Cristo, dono del Padre a noi. 
I riti che accompagnano i nostri momenti di vita danno significato a ciò che viviamo: non poter celebrare le esequie, ad esempio, se non con pochi gesti, ci fa sentire doppiamente la mancanza e l’incompiutezza del nostro “saluto orante” ai defunti. 
A pensarci bene, c’è qualcosa di sorprendente: ma- gari le celebrazioni potevano prima apparirci tristi e noiose; ma ora ci mancano e ci accorgiamo quale for- za avevano sotto la superficie. Esse strutturano il nostro vivere e ci aiutano a riconoscerlo come un vive- re “cristiano”, più di quello che sembra, alimentando rapporti fraterni e facendoci riconoscere il primato di Dio. Certo, potrebbe essere che non sentiamo troppo questa mancanza; ma allora significa che, oltre al problema del virus, c’è un altro problema per la nostra vi- ta ecclesiale. Cerchiamo di vivere questo tempo non smarrendo i desideri e i gesti fondamentali della fe- de, ma riscoprendo ciò che può tenerci uniti e rivolti al Signore. 
La domenica, giorno del Signore e della Chiesa, rimane l’antidoto più forte contro questa possibile “dimenticanza”: possiamo sempre viverla, magari in modi diversi, ma con lo stesso desiderio di fraternità e con la stessa certezza della vicinanza di Dio. 

Don Luigi Girardi 
docente Studio teologico San Zeno e preside dell’Istituto di liturgia pastorale di Padova 

da Verona fedele 15 marz0 2020

I giorni difficili ci costringono entro limiti a cui non siamoabituati, che sono pe-santi non solo per ivincoli che pongono alla nostra libertà di movimento e diespressione, ma ancorpiù per le conseguenze che portano con sésotto il profilo dei normali progetti della vita (si pensi alla scuola), dell’economia,ecc. Così le ristrettezze presenti si caricanodella preoccupazioneper il “dopo”, per il come ci ritroveremo dopo a ripartire. E peròintelligenza e cuorepossono anche aiutarcia raccogliere dai giorni difficili qualche domanda buona proprioper il dopo: c’è qualcosa che ora stiamo apprendendo e che è bene mettere in serbo per il dopo. Vorrei provare a dirlo attraverso tre semplici quadri. 
La domenica senza assemblea eucaristica vede persone sostare in chiesa pochi minuti in solitudine o nella piccola dimensione familiare, leggere in proprio una delle pagine  bibliche che la liturgia propone, meditare qualche istante in silenzio, formulare sottovoce una preghiera. Tutto è fatto in proprio, come un atto semplicissimo e però del tutto personale, di propria iniziativa. Forse con qualche tratto di nostalgia per l’assemblea domenicale abituale e per tutto quel- lo che la sua assenza ci fa mancare. 
Non sarà che questo tratto personale si lascia scoprire come ciò che abbiamo troppo spesso omesso e che possiamo davvero portare con noi per il dopo, come necessario perché l’assemblea domenicale sia viva anche della nostra presenza, del nostro cuore, della nostra mente, che si dispone all’Eucaristia? 
La drastica limitazione degli spostamenti, le distanze da osservare, ci obbligano a spazi di solitudine che non fanno parte della nostra vita quotidiana. E tuttavia questo non ci dà soltanto il volto triste dell’isolamento, ma anche quello assorto e raccolto di chi ascolta dentro di sé l’eco dei legami che contano nel- la sua vita, le buone presenze che abitano il nostro mondo interiore. 
Ci sentiamo confortati dai molti che ci hanno voluto e ci vogliono bene, il cui modo di vivere è per noi motivo di gioia, di gusto della vita, di consolazione e speranza. I giorni della solitudine ci ricorda- no chi è che ci toglie dall’isolamento e ci mantiene nel cuore della vita, nel gusto di quel bene che la costruisce, con mitezza e con coraggio. Di questa interiorità abitata dalle presenze buone avremo bisogno nel “dopo”, per le generosità che ci rimetterà al passo con la vita. Ci è chiesto, con una ragione ben fondata, di rinunciare ai gesti del saluto e dell’affetto che ci sono abituali. Ci serve molta attenzione per questa necessaria precauzione, tanto contrasta con il nostro uso corrente, talora convenzionale. Dobbiamo apprendere a dir- ci affetto e partecipazione con lo sguardo, con le parole, facendo economia dei gesti. Forse la ricerca di dire con lo sguardo e la parola ci rimandano alla delicatezza dei gesti che hanno bisogno di autenticità, di verità nella vita di ciascuno. Comunichiamo felice- mente attraverso i gesti sapendo tuttavia che non comunichiamo gesti, che essi hanno bisogno di poter attingere nella autenticità del cuore e della vita, nella paziente fedeltà delle giornate. La rinuncia di adesso ci sarà buona per il “dopo” se ci richiama l’istanza di veracità che i gesti dell’incontro portano con sé. 
I giorni difficili portano con sé un sale che brucia; è saggio non eliminare dalla difficoltà il carattere di prova che essa contiene. Piccole esperienze che nascono in noi quasi spontanee possono segnalarci come raccogliere la sfida: vi è nascosto qualcosa di importante per adesso e per dopo.  

Mons. Giuseppe Laiti docente Studio teologico San Zeno