sabato 26 novembre 2022

 27 novembre 2022

1a DOMENICA DI AVVENTO - ANNO A

INTRODUZIONE


Dio è una sorpresa! L’avvento di Dio è una sorpresa. È questo l’annuncio che possiamo leggere tra le righe delle letture di oggi. Il testo del brano del Vangelo di Matteo (Mt 24,37-44) è accompagnato dalla prima lettura tratta da Isaia (Is 2,1-5), nella quale troviamo il «secondo titolo» del libro profetico (Is 2,1), un nuovo inizio del testo dopo la prima apertura del c. 1. È una visione. Il profeta «vede» una «parola» che non riguarda qualche cosa che è al di là della storia, ma nella storia dell’umanità. Si tratta di quella «salvezza vicina» di cui ci parla Paolo nella seconda lettura (Rm 13,11-14a) tratta dalla lettera ai Romani. Attraverso la seconda lettura l’annuncio di Isaia e del Vangelo si fa esortazione ed impegno. La consapevolezza di vivere un tempo nel quale Dio si fa presente diventa forza che trasforma la vita. L’annuncio della «venuta di Dio» per il credente non diventa motivo di «disimpegno» dalla storia umana, bensì fondamento di una presenza attiva e responsabile: egli infatti rinuncia alle opere delle tenebre e indossa «le armi della luce».

Dal libro del profeta Isaìa
Is 2,1-5

 
Messaggio che Isaìa, figlio di Amoz, ricevette
in visione su Giuda e su Gerusalemme.
Alla fine dei giorni,
il monte del tempio del Signore
sarà saldo sulla cima dei monti
e s’innalzerà sopra i colli,
e ad esso affluiranno tutte le genti.
Verranno molti popoli e diranno:
«Venite, saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe,
perché ci insegni le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri».
Poiché da Sion uscirà la legge
e da Gerusalemme la parola del Signore.
Egli sarà giudice fra le genti
e arbitro fra molti popoli.
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci;
una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra nazione,
non impareranno più l’arte della guerra.
Casa di Giacobbe, venite,
camminiamo nella luce del Signore.

 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 121 (122)

 

R. Andiamo con gioia incontro al Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme! R.
 
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide. R.
 
Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi. R.
 
Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene. R.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 13,11-14a
 

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento:
è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso
la nostra salvezza è più vicina di quando
diventammo credenti.
La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo
via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.
Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno:
non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità,
non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 24,37-44


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

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1a Avvento A -omelia

 

Ritorna l’Avvento … è un nuovo inizio…anche quest’anno non ripetiamo semplicemente il già fatto, in una specie di abitudine che può essere  monotona…come se fossimo sempre allo stesso punto di partenza. Avvento è risvegliare  e far crescere l’attesa…in forza di quel “Vegliate!” che è il richiamo e l’invito più forte nel Vangelo di questa domenica. E’ uno svegliarsi per confidare in Dio e per aggrapparsi a Lui. Il Signore Gesù che é già venuto e che noi oggi ancora aspettiamo, non è mai stato accolto completamente da noi…e sempre quindi l’Atteso GESU’  deve ancora  trovare spazio nella nostra vita. L’Avvento è il tempo nel quale rinforziamo la nostra attesa e viviamo anche i segni della  sua presenza, oggi, nella vita. 

Il testo del Vangelo di  Matteo non è stato scritto per parlare della fine del mondo, ma per aiutarci a riconoscere la presenza del regno di Dio dentro la nostra storia complicata  e difficile. È un invito a essere disponibili alla presenza di Dio, che sa condurre la storia, secondo il suo disegno…

L’intervento educativo di Gesù è costruito attraverso tre esempi o situazioni, che parlano di modi di vivere concreti.

Il  primo riguarda il passato («ai giorni di N0E’»), il secondo nel futuro («due uomini saranno... due donne macinerann0...»), il terzo nel presente («se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte...»). Dalle situazioni evocate e dai tempi nei quali vengono collocate scaturisce il contenuto della consegna proposta: «Vegliate!»

 

1- I contemporanei di Noè non sono rimproverati per delle azioni cattive (mangiare, bere, sposarsi non sono di per sé negative); ciò che è grave è che questi non hanno avuto attenzione e premura per quello che Noè stava facendo, la costruzione dell’arca come offerta di salvezza dal diluvio. L’orizzonte di queste persone è chiuso sopra il quotidiano. 

Vivono come se tutta la vita fosse solo limitarsi di soddisfare i bisogni primari… vivere terra -terra senza uno sguardo in alto al senso della vita, sordi alla parola del Signore che indica un cammino da fare… che domanda attenzione e anche conversione.

2- Il secondo riferimento descrive un quadro di vita quotidiano: due uomini sono al lavoro nei campi, due donne alla macina per preparare la farina. Fanno materialmente la stessa cosa …. ma nel cuore c’è una grande diversità… Quelli che vengono presi, cioè salvati, sono animati da intenzioni buone, il loro intimo è aperto a Dio, vivono alla sua presenza e rispondono a Lui, facendo quello che è giusto e secondo la sua volontà… Il giudizio di Dio, quindi, è differente! 

3- Il terzo riferimento riguarda la possibilità di un furto in casa. Questo esempio non vuole dire che il Signore si comporta con noi come un ladro; intende piuttosto richiamarci l’importanza di stare svegli per non lasciarci rubare quello che abbiamo di più prezioso.

Tutti e tre i quadri di vita a cui Gesù fa allusione portano a una conclusione: «Vegliate»

a) non ci dobbiamo lasciare assorbire dalla forza delle abitudini (anche positive) che ci addormentano e non ci fanno crescere spiritualmente.

b) dobbiamo essere attenti alle intenzioni che animano il nostro agire e che nel presente già dicono per quale futuro stiamo lavorando;

c) dobbiamo costantemente vigilare per non farci  rubare quello che abbiamo di più prezioso,cioè quello che vale di più nella nostra vita.

L’atteggiamento «vegliate!», non è altro che assumere lo stesso atteggiamento che Dio ha verso di noi: Dio veglia sulla nostra vita, perché non diventi prigioniera di abitudini e non si impoverisca nutra di intenzioni sbagliate: «vegliate!».., anche per impegnarci nelle iniziative che in questo tempo di Avvento ci sono proposte: attenzione alla Parola e alla liturgia domenicate, alla catechesi e a tutte le possibilità che ci sono nell’ambito della carità..

Il Signore ci accompagni e si doni nuovo vigore!

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1a domenica di Avvento (A) 

 

Preghiera dei fedeli

Venga il tuo regno, Signore !

 

Padre buono, ti affidiamo tutta la Chiesa. Sia sempre più segno vivo della vocazione di tutti gli uomini a formare un solo popolo, in mezzo alle tribolate vicende della storia. Noi ti preghiamo: 

 

Signore, guarda alle nazioni della terra: la ricerca sincera della pace affretti il tempi di una nuova umanità; fa’ che le spade diventino aratri, le lance falci, e il denaro speso per la guerra diventi pane e possibilità di sviluppo per i poveri. Noi ti preghiamo: 

 

Padre buono, ti supplichiamo per coloro nei quali la durezza della vita ha spento ogni speranza: la nostra preghiera e la nostra fraternità facciano rifiorire la fiducia e la volontà di impegnarsi per un domani migliore. Noi ti preghiamo: 

 

Padre della gioia, in questo inizio di Avvento ti invochiamo per ognuno di noi e per la nostra comunità: svegliaci con la tua Parola e fa’ che, guardando la vita e la storia alla luce della risurrezione, sappiamo seminare speranza e camminare verso il futuro che tu solo puoi darci. Noi ti preghiamo:

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sabato 19 novembre 2022

 20 novembre 2022

SOLENNITA' di N.S. Gesù Cristo, Re dell'universo

Dal secondo libro di Samuèle 2 Sam 5,1-3
 
In quei giorni vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».
Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.

Parola di Dio.
 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 121 (122)

R. Andremo con gioia alla casa del Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme! R.
 
È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide. R.
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési - Col 1,12-20
 
Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.
È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo del quale abbiamo la redenzione,
il perdono dei peccati.
Egli è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli. 

 

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca -Lc 23,35-43


In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

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Omelia  34a C

 

Il tema della regalità di Gesù è sullo sfondo di tutto il racconto del Vangelo di Luca della passione: si pensi all'entrata di Gesù a Gerusalemme, all'interrogatorio di fronte al Sinedrio, alle accuse al processo di fronte a Pilato, alla crocifissione.

Gesù è re nel momento della passione e del rifiuto. Ecco il senso profondo del suo essere re. E questo è fuori del tutto dai nostri schemi mentali!

Gesù era stato accusato con queste parole: «Sovvertiva la nostra nazione, proibiva di pagare i tributi a Cesare e diceva di essere il Messia Re» (23,2). E a una domanda di Pilato Gesù stesso risponde di essere re, ma in un modo diverso dalle accuse. 

Gesù è un re condannato e  innocente. E agli occhi degli uomini, la sua sembra una regalità da burla, da prendere in giro: gli uomini sono abituati a ben altri re e a ben altre manifestazioni della regalità! La storia ci ha insegnato come si comportano i re di questo mondo!

Questo Gesù lo aveva fatto già capire in precedenza, rimproverando i discepoli per le loro ambizioni di comando: «I re delle genti le dominano  e coloro che comandano   su di esse si fanno chiamare benefattori. Ma non così voi. Io sono in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,25-27). C'è dunque una radicale differenza fra la regalità mostrata di re di questo mondo  e la regalità di Gesù.

 

«Questi è il re dei giudei» (v. 38). Proprio lì, sulla croce, Gesù si manifesta come re in tutto il suo splendore. Gesù muore fra due condannati (lungo la sua vita era stato sempre accusato di andare con pubblicani e peccatori): uno di questi  non comprende e, quasi lo sfida: («Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!»); ma l'altro lo difende e riconosce  che la vita di Gesù è stata segnata solo dal bene: è un elogio sincero e riconoscente: “Egli non ha fatto nulla di male” Il buon ladrone intuisce, dietro la debolezza della Croce, la potenza dell'amore: «Ricordati di me quando verrai nel tuo regno». 

 

Gesù è re è perché domina sulla violenza e sulla cattiveria umana nel suo degrado più grande, perché rifiuta la potenza di Dio per salvare se stesso e perchè è resistente nell’amore fini in fondo. 

La sfida ripetuta sotto la croce:  lo dicono i capi  («Ha salvato altri, salvi se stesso, se costui è il Messia» v. 35), lo ripetono i soldati (v. 37) e lo riafferma il condannato (v. 39). 

 

Gesù è disposto al completo dono di sé, si abbandona totalmente alla debolezza della non violenza e dell'amore. Debolezza che, in realtà, è forza e grandezza.

E difatti il Crocifisso è risorto e il Figlio dell'uomo tornerà nella maestà della sua gloria

Il Cristo, crocifisso e risorto, regna già ora: oggi. È una regalità da vivere nella fede, é la continuazione della via della Croce. Come festeggiare, allora,  la regalità di Gesù? Come essere sicuri che siamo parte di questo regno? Vivendo le scelte stesse di Gesù re. 

 

E cioè:  lasciarci liberare, giorno dopo giorno, da Gesù, da ogni tipo di male e di egoismo, vivere l’impegno del servizio fraterno come dono, rinunciare ad ogni comportamento di arroganza e di prepotenza che schiaccia e umilia gli altri, essere veri e sinceri con noi stessi e gli altri cercando non l’apparenza, il prestigio e la bella figura per sentirci superiori, ma vivendo nella semplicità che crea relazioni buone che fanno crescere.

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preghiera dei fedeli


Venga il tuo Regno, Signore!

 

Signore Gesù, hai voluto condividere con noi la valle oscura della sofferenza e della morte. 

Noi ti ringraziamo perché non sei sceso dalla croce e così hai mostrato l’amore di chi sa dare la vita per i suoi amici. Ti preghiamo. 

 

Signore Gesù, dall’alto della croce sveli il vuoto dei nostri sogni di potenza. Dona alla chiesa il desiderio di servire con umiltà e pazienza.  Ti preghiamo. 

 

Signore Gesù, tu hai vinto, donando la vita. Libera la nostra società dall’ambizione e dall’ orgoglio. Coloro che portano responsabilità siano servitori leali del bene comune. Ti preghiamo.

 

Signore Gesù, tu sai come il nostro cuore sia scosso dalle devastazioni che feriscono popolazioni intere della terra.

La solidarietà ridoni a tutti coraggio, speranza e voglia di ricostruire. 

Ti preghiamo. 


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                            in vista dell'Avvento... 


Domenica prossima 27 novembre : 1a domenica di Avvento

 

Iniziamo a vivere la liturgia domenicale (e feriale), accogliendo le indicazioni del nuovo Messale per una partecipazione più attenta, consapevole e spiritualmente più ricca. 

E’ tempo di grazia, nell’attesa che rinnovi, nel Natale, la presenza del Signore che viene ogni giorno per noi.

Come vivere il tempo di Avvento?

 

Impegno nella preghiera

 

Sono disponibili alcuni libretti di preghiera, preparati dalla nostra diocesi. 

Impegno nella carità

 

In Avvento viene proposta ancora l’iniziativa “LA CESTA DELLA CARITA”. La domenica, chi lo desidera, può mettervi gli alimenti non deperibili che verranno dati alle persone bisognose, in particolare della nostra parrocchia e a quelle dell’emporio di Lugagnano- Sona- Sommacampagna.

E’ sempre richiesta e gradita la consegna di medicinali non scaduti.

 

                                   Impegno nella catechesi

 

Riprende la catechesi degli adulti presso alcune famiglie che hanno dato la loro disponibilità. Cominciamo già dalla prossima settimana per riflettere sul Vangelo della domenica seguente.

 

martedì

ore 9.00

fam. Tomellini-Marconi

Via Piemonte

mercoledì

ore 20.30

fam. Idone

Via Palladio 

giovedì

ore 16.00

fam. Santellani

Via Cesare Battisti

E’ previsto,  poi, 

un pomeriggio di preghiera e di adorazione personale l (il 7 dicembre)  vigilia dell’Immacolata. (16.30 - 17.45)

  Poi un incontro conclusivo comunitario vista del Natale, aperto a tutti (in particolare per i                     partecipanti alla catechesi) martedì 20 dicembre.                  


sabato 12 novembre 2022

 13 novembre 2022- 33a domenica del tempo ordinario

Prima Lettura

Dal libro del profeta Malachìa -Ml 3,19-20a
 
Ecco: sta per venire il giorno rovente come un forno.
Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio.
Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.

Parola di Dio.
 

Salmo Responsoriale

Dal Sal 97 (98)

R. Il Signore giudicherà il mondo con giustizia.

 

Cantate inni al Signore con la cetra,
con la cetra e al suono di strumenti a corde;
con le trombe e al suono del corno
acclamate davanti al re, il Signore. R.
 
Risuoni il mare e quanto racchiude,
il mondo e i suoi abitanti.
I fiumi battano le mani,
esultino insieme le montagne
davanti al Signore che viene a giudicare la terra. R.
 
Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine. R.
 

Seconda Lettura

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
2 Ts 3,7-2

 
Fratelli, sapete in che modo dovete prenderci a modello: noi infatti non siamo rimasti oziosi in mezzo a voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato duramente, notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno di voi.
Non che non ne avessimo diritto, ma per darci a voi come modello da imitare. E infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità.
Parola di Dio.
 

Vangelo -Dal Vangelo secondo Luca
Lc 21,5-19

 
In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perdut
o.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Parola del Signore.


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Omelia 33 a C -2022

 

 

Leggendo questo brano difficile del Vangelo di Luca, è facile pensare solo agli avvenimenti della fine del mondo che chiuderanno la storia umana…. Ma nessuna previsione, da parte di Gesù, di quando e di come succederà... Paolo deve correggere i suoi cristiani (2a lettura) dall’idea falsa che fosse vicina la fine del mondo! 

Il tono del Vangelo di oggi non è quello di creare un senso di ansia, di paura o di spavento… Certo, Gesù, fa una predizione sulla fine di Gerusalemme, come di fatto accadrà… nel 70 d.C., con l’imperatore Tito. Il tempio, per gli Ebrei, era quasi una garanzia assoluta di protezione divina. Secondo Gesù, invece, appartiene alle cose umane e quindi  destinate a finire.

Ma Gesù, parte dalla certezza del suo ritorno glorioso e del giudizio finale. 

Poi concentra l'attenzione dei discepoli sul presente. Guerre e rivoluzioni; popolo contro popolo e regno contro regno; terremoti e carestie, fanno parte, come la storia insegna, del panorama complicato e difficile del mondo, segnato dall’odio e dalla violenza, quando si allontana, di proposito dal disegno di Dio.

Come affrontare questo presente difficile? Cioè il tempo della chiesa che è dentro la storia lunga del mondo? Bisogna rassegnarsi? Cedere al pessimismo? Rifugiarsi nel privato, nel “si salvi chi può”, pensando solo a se stessi? 

Non è questo l’invito del Vangelo… 


Ci sono, a questo proposito, avvertimenti/raccomandazioni importanti da parte di Gesù... Il Vangelo convoca all'impegno, al tenace, umile, quotidiano lavoro dal basso che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli uomini e delle loro lacrime, scegliendo sempre “l'umano contro il disumano” (Turoldo), lottando con forza per una società migliore.

Falsi profeti pretenderanno di parlare a nome del Signore e assicurare che la fine è vicina o daranno annunci che sono un tradimento o uno stravolgimento del Vangelo stesso!  E’ la pretesa di essere profeti o “profeti di sventura” come aveva detto Giovanni XXIII al tempo del Concilio Vaticano II°. Il Papa pensava a quelli che vedevano solo un futuro nero nella vita della chiesa! 

Non lasciatevi ingannare, non seguiteli, non vi terrorizzate. Per orientarsi in questa confusione, al vero discepolo bastano le parole di Gesù, rimanere attenti alla voce del Maestro e ad un cammino di fede non solitario, ma in sintonia con la chiesa e con chi la guida! 

 

Il vero discepolo non cade in facili ottimismi, ma rimane sereno e fiducioso. Gesù parla anche di  persecuzioni… di cui è piena la storia della chiesa. “Non preoccupatevi!- dice Gesù! A difendervi ci sarà lo Spirito di Dio. E così trasforma la persecuzione in occasione di testimonianza, in un luogo cioè dove può manifestarsi la forza di Gesù. Quante occasioni di testimonianza nella vicenda della chiesa, anche oggi, nel tempo difficile che stiamo vivendo. Tempo nel quale sembra che Dio sia stato esiliato in una zona lontana, insignificante per la vita, perché non ci disturbi troppo! 

 

“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”. La perseveranza dona la qualità di una vita che non si arrende alle delusioni, che non si scoraggia, e non cede alla tentazione di mollare tutto e di rassegnarsi di fronte ai mali presenti!  Il Signore ci dia questo coraggio della perseveranza!

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Preghiera dei fedeli

 

Vieni, Signore Gesù.

 

Tu sei venuto, Signore, in mezzo a noi, per  sostenere la nostra speranza. Non ci scoraggi la precarietà delle cose umane, 

la fragilità dei nostri sentimenti, dei nostri pensieri, della nostra fede. Tu ci restituisci fiducia. Ti preghiamo. R.

 

Tu sei con noi, Signore, nella voce delle Scritture, nel pane spezzato, nello Spirito che fa di noi una cosa sola. Aiutaci a dare spazio a momenti di ascolto della tua Parola, a gesti di attenzione e di condivisione. Ti preghiamo. R.

 

Tu vieni, Signore, nella storia degli uomini, storia di voci disparate, di messaggi passati come tuoi. Non lasciarci in preda all’agitazione. Salvaci dalla grande seduzione di chi vuole solo confonderci e turbarci. Ti preghiamo. R.

 

Guarda la nostra terra, Signore, che già oggi soffre guerre e rivoluzioni, carestie e fame, terremoti e persecuzione dei giusti. Gli uomini e le donne del nostro tempo, soprattutto quelli più provati dalla vita, trovino segni di speranza sul loro cammino. Ti preghiamo. R.


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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

VI GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Domenica XXXIII del Tempo Ordinario
13 novembre 2022

Gesù Cristo si è fatto povero per voi (cfr 2 Cor 8,9)



 

1. «Gesù Cristo […] si è fatto povero per voi» (cfr 2 Cor 8,9). Con queste parole l’apostolo Paolo si rivolge ai primi cristiani di Corinto, per dare fondamento al loro impegno di solidarietà con i fratelli bisognosi. La Giornata Mondiale dei Poveri torna anche quest’anno come sana provocazione per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente.

Qualche mese fa, il mondo stava uscendo dalla tempesta della pandemia, mostrando segni di recupero economico che avrebbe restituito sollievo a milioni di persone impoverite dalla perdita del lavoro. Si apriva uno squarcio di sereno che, senza far dimenticare il dolore per la perdita dei propri cari, prometteva di poter tornare finalmente alle relazioni interpersonali dirette, a incontrarsi di nuovo senza più vincoli o restrizioni. Ed ecco che una nuova sciagura si è affacciata all’orizzonte, destinata ad imporre al mondo un scenario diverso.

La guerra in Ucraina è venuta ad aggiungersi alle guerre regionali che in questi anni stanno mietendo morte e distruzione. Ma qui il quadro si presenta più complesso per il diretto intervento di una “superpotenza”, che intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Si ripetono scene di tragica memoria e ancora una volta i ricatti reciproci di alcuni potenti coprono la voce dell’umanità che invoca la pace.

2. Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra! Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli. Deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine, per sradicarle e imporre loro un’altra identità. Ritornano attuali le parole del Salmista di fronte alla distruzione di Gerusalemme e all’esilio dei giovani ebrei: «Lungo i fiumi di Babilonia / là sedevamo e piangevamo / ricordandoci di Sion. / Ai salici di quella terra / appendemmo le nostre cetre, / perché là ci chiedevano parole di canto, / coloro che ci avevano deportato, / allegre canzoni i nostri oppressori. / […] Come cantare i canti del Signore / in terra straniera?» (Sal 137,1-4).

Sono milioni le donne, i bambini, gli anziani costretti a sfidare il pericolo delle bombe pur di mettersi in salvo cercando rifugio come profughi nei Paesi confinanti. Quanti poi rimangono nelle zone di conflitto, ogni giorno convivono con la paura e la mancanza di cibo, acqua, cure mediche e soprattutto degli affetti. In questi frangenti la ragione si oscura e chi ne subisce le conseguenze sono tante persone comuni, che vengono ad aggiungersi al già elevato numero di indigenti. Come dare una risposta adeguata che porti sollievo e pace a tanta gente, lasciata in balia dell’incertezza e della precarietà?

3. In questo contesto così contraddittorio viene a porsi la VI Giornata Mondiale dei Poveri, con l’invito – ripreso dall’apostolo Paolo – a tenere lo sguardo fisso su Gesù, il quale «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). Nella sua visita a Gerusalemme, Paolo aveva incontrato Pietro, Giacomo e Giovanni i quali gli avevano chiesto di non dimenticare i poveri. La comunità di Gerusalemme, in effetti, si trovava in gravi difficoltà per la carestia che aveva colpito il Paese. E l’Apostolo si era subito preoccupato di organizzare una grande colletta a favore di quei poveri. I cristiani di Corinto si mostrarono molto sensibili e disponibili. Su indicazione di Paolo, ogni primo giorno della settimana raccolsero quanto erano riusciti a risparmiare e tutti furono molto generosi.

Come se il tempo non fosse mai trascorso da quel momento, anche noi ogni domenica, durante la celebrazione della santa Eucaristia, compiamo il medesimo gesto, mettendo in comune le nostre offerte perché la comunità possa provvedere alle esigenze dei più poveri. È un segno che i cristiani hanno sempre compiuto con gioia e senso di responsabilità, perché nessun fratello e sorella debba mancare del necessario. Lo attestava già il resoconto di San Giustino, che, nel secondo secolo, descrivendo all’imperatore Antonino Pio la celebrazione domenicale dei cristiani, scriveva così: «Nel giorno chiamato “del Sole” ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei profeti finché il tempo lo consente. […] Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli elementi consacrati e attraverso i diaconi se ne manda agli assenti. I facoltosi e quelli che lo desiderano danno liberamente, ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il sacerdote. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, i carcerati, gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno» (Prima Apologia, LXVII, 1-6).

4. Tornando alla comunità di Corinto, dopo l’entusiasmo iniziale il loro impegno cominciò a venire meno e l’iniziativa proposta dall’Apostolo perse di slancio. È questo il motivo che spinge Paolo a scrivere in maniera appassionata rilanciando la colletta, «perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi» (2 Cor 8,11).

Penso in questo momento alla disponibilità che, negli ultimi anni, ha mosso intere popolazioni ad aprire le porte per accogliere milioni di profughi delle guerre in Medio Oriente, in Africa centrale e ora in Ucraina. Le famiglie hanno spalancato le loro case per fare spazio ad altre famiglie, e le comunità hanno accolto con generosità tante donne e bambini per offrire loro la dovuta dignità. Tuttavia, più si protrae il conflitto, più si aggravano le sue conseguenze. I popoli che accolgono fanno sempre più fatica a dare continuità al soccorso; le famiglie e le comunità iniziano a sentire il peso di una situazione che va oltre l’emergenza. È questo il momento di non cedere e di rinnovare la motivazione iniziale. Ciò che abbiamo iniziato ha bisogno di essere portato a compimento con la stessa responsabilità.


5. La solidarietà, in effetti, è proprio questo: condividere il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra. Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà. D’altronde, bisogna considerare che ci sono Paesi dove, in questi decenni, si è attuata una crescita di benessere significativo per tante famiglie, che hanno raggiunto uno stato di vita sicuro. Si tratta di un frutto positivo dell’iniziativa privata e di leggi che hanno sostenuto la crescita economica congiunta a un concreto incentivo alle politiche familiari e alla responsabilità sociale. Il patrimonio di sicurezza e stabilità raggiunto possa ora essere condiviso con quanti sono stati costretti a lasciare le loro case e il loro Paese per salvarsi e sopravvivere. Come membri della società civile, manteniamo vivo il richiamo ai valori di libertà, responsabilità, fratellanza e solidarietà. E come cristiani, ritroviamo sempre nella carità, nella fede e nella speranza il fondamento del nostro essere e del nostro agire.

6. È interessante osservare che l’Apostolo non vuole obbligare i cristiani costringendoli a un’opera di carità. Scrive infatti: «Non dico questo per darvi un comando» (2 Cor 8,8); piuttosto, egli intende «mettere alla prova la sincerità» del loro amore nell’attenzione e premura verso i poveri (cfr ibid.). A fondamento della richiesta di Paolo sta certamente la necessità di aiuto concreto, tuttavia la sua intenzione va oltre. Egli invita a realizzare la colletta perché sia segno dell’amore così come è stato testimoniato da Gesù stesso. Insomma, la generosità nei confronti dei poveri trova la sua motivazione più forte nella scelta del Figlio di Dio che ha voluto farsi povero Lui stesso.

L’Apostolo, infatti, non teme di affermare che questa scelta di Cristo, questa sua “spogliazione”, è una «grazia», anzi, «la grazia del Signore nostro Gesù Cristo» (2 Cor 8,9), e solo accogliendola noi possiamo dare espressione concreta e coerente alla nostra fede. L’insegnamento di tutto il Nuovo Testamento ha una sua unità intorno a questo tema, che trova riscontro anche nelle parole dell’apostolo Giacomo: «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc1,22-25).

7. Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno. A volte, invece, può subentrare una forma di rilassatezza, che porta ad assumere comportamenti non coerenti, quale è l’indifferenza nei confronti dei poveri. Succede inoltre che alcuni cristiani, per un eccessivo attaccamento al denaro, restino impantanati nel cattivo uso dei beni e del patrimonio. Sono situazioni che manifestano una fede debole e una speranza fiacca e miope.

Sappiamo che il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare.

Non si tratta, quindi, di avere verso i poveri un comportamento assistenzialistico, come spesso accade; è necessario invece impegnarsi perché nessuno manchi del necessario. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto. Pertanto, «nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai poveri perché le sue scelte di vita comportano di prestare più attenzione ad altre incombenze. Questa è una scusa frequente negli ambienti accademici, imprenditoriali o professionali, e persino ecclesiali. […] Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 201). È urgente trovare nuove strade che possano andare oltre l’impostazione di quelle politiche sociali «concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che unisca i popoli» (Enc. Fratelli tutti, 169). Bisogna tendere invece ad assumere l’atteggiamento dell’Apostolo che poteva scrivere ai Corinzi: «Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza» (2 Cor 8,13).         

8. C’è un paradosso che oggi come nel passato è difficile da accettare, perché si scontra con la logica umana: c’è una povertà che rende ricchi. Richiamando la “grazia” di Gesù Cristo, Paolo vuole confermare quello che Lui stesso ha predicato, cioè che la vera ricchezza non consiste nell’accumulare «tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano» (Mt 6,19), ma piuttosto nell’amore vicendevole che ci fa portare i pesi gli uni degli altri così che nessuno sia abbandonato o escluso. L’esperienza di debolezza e del limite che abbiamo vissuto in questi ultimi anni, e ora la tragedia di una guerra con ripercussioni globali, devono insegnare qualcosa di decisivo: non siamo al mondo per sopravvivere, ma perché a tutti sia consentita una vita degna e felice. Il messaggio di Gesù ci mostra la via e ci fa scoprire che c’è una povertà che umilia e uccide, e c’è un’altra povertà, la sua, che libera e rende sereni.

La povertà che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento.

La povertà che libera, al contrario, è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità.

Un padre e dottore della Chiesa, San Giovanni Crisostomo, nei cui scritti si incontrano forti denunce contro il comportamento dei cristiani verso i più poveri, scriveva: «Se non puoi credere che la povertà ti faccia diventare ricco, pensa al Signore tuo e smetti di dubitare di questo. Se egli non fosse stato povero, tu non saresti ricco; questo è straordinario, che dalla povertà derivò abbondante ricchezza. Paolo intende qui con “ricchezze” la conoscenza della pietà, la purificazione dai peccati, la giustizia, la santificazione e altre mille cose buone che ci sono state date ora e sempre. Tutto ciò lo abbiamo grazie alla povertà» (Omelie sulla II Lettera ai Corinzi, 17,1).

9. Il testo dell’Apostolo a cui si riferisce questa VI Giornata Mondiale dei Poveri presenta il grande paradosso della vita di fede: la povertà di Cristo ci rende ricchi. Se Paolo ha potuto dare questo insegnamento – e la Chiesa diffonderlo e testimoniarlo nei secoli – è perché Dio, nel suo Figlio Gesù, ha scelto e percorso questa strada. Se Lui si è fatto povero per noi, allora la nostra stessa vita viene illuminata e trasformata, e acquista un valore che il mondo non conosce e non può dare. La ricchezza di Gesù è il suo amore, che non si chiude a nessuno e a tutti va incontro, soprattutto a quanti sono emarginati e privi del necessario. Per amore ha spogliato sé stesso e ha assunto la condizione umana. Per amore si è fatto servo obbediente, fino a morire e a morire in croce (cfr Fil 2,6-8). Per amore si è fatto «pane di vita» (Gv 6,35), perché nessuno manchi del necessario e possa trovare il cibo che nutre per la vita eterna. Anche ai nostri giorni sembra difficile, come lo fu allora per i discepoli del Signore, accettare questo insegnamento (cfr Gv 6,60); ma la parola di Gesù è netta. Se vogliamo che la vita vinca sulla morte e la dignità sia riscattata dall’ingiustizia, la strada è la sua: è seguire la povertà di Gesù Cristo, condividendo la vita per amore, spezzando il pane della propria esistenza con i fratelli e le sorelle, a partire dagli ultimi, da quanti mancano del necessario, perché sia fatta uguaglianza, i poveri siano liberati dalla miseria e i ricchi dalla vanità, entrambe senza speranza.

10. Il 15 maggio scorso ho canonizzato Fratel Charles de Foucauld, un uomo che, nato ricco, rinunciò a tutto per seguire Gesù e diventare con Lui povero e fratello di tutti. La sua vita eremitica, prima a Nazaret e poi nel deserto sahariano, fatta di silenzio, preghiera e condivisione, è una testimonianza esemplare di povertà cristiana. Ci farà bene meditare su queste sue parole: «Non disprezziamo i poveri, i piccoli, gli operai; non solo essi sono i nostri fratelli in Dio, ma sono anche quelli che nel modo più perfetto imitano Gesù nella sua vita esteriore. Essi ci rappresentano perfettamente Gesù, l’Operaio di Nazaret. Sono primogeniti tra gli eletti, i primi chiamati alla culla del Salvatore. Furono la compagnia abituale di Gesù, dalla sua nascita alla sua morte […]. Onoriamoli, onoriamo in essi le immagini di Gesù e dei suoi santi genitori […]. Prendiamo per noi [la condizione] che egli ha preso per sé […]. Non cessiamo mai di essere in tutto poveri, fratelli dei poveri, compagni dei poveri, siamo i più poveri dei poveri come Gesù, e come lui amiamo i poveri e circondiamoci di loro» ( Commenti al Vangelo di Luca, Meditazione 263). [1] Per Fratel Charles queste non furono solo parole, ma stile concreto di vita, che lo portò a condividere con Gesù il dono della vita stessa.

Questa VI Giornata Mondiale dei Poveri diventi un’opportunità di grazia, per fare un esame di coscienza personale e comunitario e domandarci se la povertà di Gesù Cristo è la nostra fedele compagna di vita.

 

Roma, San Giovanni in Laterano, 13 giugno 2022, Memoria di Sant’Antonio di Padova.
 

FRANCESCO


sabato 5 novembre 2022

I cittadini in campo

 

L’impegno delle reti associative cristiane

 «Insieme a papa Francesco, per la pace» 

 

La Lettera dei Presidenti dei movimenti cattolici ed ecumenici, scritta in vista della manifestazione per la pace del 5 novembre

 

A pochi giorni dalla grande manifestazione per la pace del 5 novembre a Roma e uniti a Papa Francesco, offriamo questo contributo di riflessione al dibattito e al confronto in corso sul drammatico problema della guerra e sulla necessità di avviare concreti percorsi di pace.

Dal 24 febbraio 2022 la Russia di Putin con l’invasione dell’Ucraina ha portato la guerra nel cuore dell’Europa. Una guerra che comporta in prevalenza vittime civili, tra cui in maggioranza donne, bambini e anziani, a causa di bombardamenti su abitazioni, scuole, ospedali, centri culturali, chiese, convogli umanitari. Questa guerra si pone accanto alle tante altre sparse per il mondo, per lo più guerre dimenticate perché lontane da noi. Da quando è apparso sulla terra l’uomo ha cominciato a combattere contro i propri simili: Caino ha ucciso Abele. E poi tutta una sequela di guerre: di conquista e di indipendenza, guerre rivoluzionarie e guerre controrivoluzionarie, guerre sante e guerre di religione, guerre difensive e guerre offensive, crociate… fino alle due guerre mondiali. Con la creazione delle Nazioni Unite si pensava che la guerra fosse ormai un’opzione non più prevista, una metodologia barbara, dunque superata, per la soluzione dei conflitti. E invece no. Eccoci ancora con il dramma della guerra vicino a noi.

Don Primo Mazzolari, dopo l’esperienza drammatica di due guerre mondiali, era giunto alla conclusione, in “Tu non uccidere”, che la guerra è sempre un fratricidio, un oltraggio a Dio e all’uomo, e di conseguenza, tutte le guerre, anche quelle rivoluzionarie, difensive ecc., sono da rifiutare senza mezzi termini. È quanto aveva scritto ai governanti dei Paesi belligeranti anche Papa Benedetto XV nel pieno della prima guerra mondiale, indicandola come «una follia, un’inutile strage». 

E come non ricordare Paolo VI all’Onu nel 1965 con il suo grido rivolto ai potenti del mondo: «Mai più la guerra, mai più la guerra, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con le armi in pugno»?

Un grido, questo, ripetuto da Giovanni Paolo II nel tentativo di scongiurare la guerra in Iraq e l’invasione del Kuwait e da Benedetto XVI ad Assisi accanto ai leader religiosi mondiali.

Ora, di fronte al drammatico conflitto in corso in Ucraina, è papa Francesco a ricordarci costantemente che la guerra è «una follia, un orrore, un sacrilegio, una logica perversa»: «Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate il fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni» (Angelus di domenica 3 ottobre 2022).

Come realtà del mondo cattolico italiano e dei movimenti ecumenici e nonviolenti a base spirituale, vogliamo unire la nostra voce a quella di Papa Francesco per chiedere un impegno più determinato nella ricerca della pace.

 

Affidarsi esclusivamente alla logica delle armi rappresenta il fallimento della politica. Il nostro Paese deve da protagonista far valere le ragioni della pace in sede di Unione Europea, di Nazioni Unite e in sede Nato. Il dialogo, il confronto, la diplomazia sono le strade da percorrere con determinazione.

Servono urgentemente concrete scelte e forti gesti di pace. 

Di fronte all’evocazione del possibile utilizzo di ordigni atomici, e dunque di fronte al terribile rischio dello scatenarsi di un conflitto mondiale, un gesto dirompente di pace sarebbe certamente la scelta da parte del nostro Paese di ratificare il “Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”, armi di distruzione di massa, dunque eticamente inaccettabili. 

L’abbiamo già chiesto ad alta voce in 44 presidenti nazionali di realtà del mondo cattolico e come movimenti ecumenici e nonviolenti a base spirituale, con la sottoscrizione, nella primavera del 2021, del documento “L’Italia ratifichi il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”, e poi con un secondo documento del gennaio 2022. L’hanno chiesto centinaia di Sindaci di ogni colore politico. L’hanno chiesto in un loro documento i vescovi italiani. L’hanno chiesto associazioni e movimenti della società civile. Rinnoviamo ora questa richiesta al nuovo Governo e al nuovo Parlamento affinché pongano urgentemente all’ordine del giorno la ratifica del “Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari”, a indicare che il nostro Paese non vuole più armi nucleari sul proprio territorio e che sollecita anche i propri alleati a percorrere questa strada di pace. Purtroppo, anche dopo tante guerre, noi non abbiamo ancora imparato la lezione e continuiamo ogni volta ad armarci, a fare affari con la vendita di armi e a prepararci alla guerra.

Forse sarebbe opportuno con determinazione e coraggio percorrere altre strade. Forse sarebbe opportuno riempire di precise scelte e contenuti quella che Giorgio La Pira chiamava «l’utopia della pace ». Prima che sia troppo tardi.

 

«La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo e di impostare le relazioni internazionali» (papa Francesco, 24 marzo 2022).

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Cara amica e caro amico, 

sono contento che ti metti in marcia per la pace. Qualunque sia la tua età e condizione, permettimi di darti del “tu”. Le guerre iniziano sempre perché non si riesce più a parlarsi in modo amichevole tra le persone, come accadde ai fratelli di Giuseppe che provavano invidia verso uno di loro, Giuseppe, invece di gustare la gioia di averlo come fratello. Così Caino vide nel fratello Abele solo un nemico.

Ti do del “tu” perché da fratelli siamo spaventati da un mondo sempre più violento e guerriero. Per questo non possiamo rimanere fermi. Alcuni diranno che manifestare è inutile, che ci sono problemi più grandi e spiegheranno che c’è sempre qualcosa di più decisivo da fare. Desidero dirti, chiunque tu sia – perché la pace è di tutti e ha bisogno di tutti – che invece è importante che tutti vedano quanto è grande la nostra voglia di pace. Poi ognuno farà i conti con se stesso. Noi non vogliamo la violenza e la guerra. E ricorda che manifesti anche per i tanti che non possono farlo. Pensa: ancora nel mondo ci sono posti in cui parlare di pace è reato e se si manifesta si viene arrestati! Grida la pace anche per loro!

Quanti muoiono drammaticamente a causa della guerra. I morti non sono statistiche, ma persone. Non vogliamo abituarci alla guerra e a vedere immagini strazianti. E poi quanta violenza resta invisibile nelle tante guerre davvero dimenticate. Ecco, per questo chiediamo con tutta la forza di cui siamo capaci: “Aiuto! Stanno male! Stanno morendo! Facciamo qualcosa! Non c’è tempo da perdere perché il tempo significa altre morti!” Il dolore diventa un grido di pace.

La pace mette in movimento. È un cammino. « E, per giunta, cammino in salita», sottolineava don Tonino Bello, che aggiungeva: «Occorre una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno.

Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo». Le strade della pace esistono davvero, perché il mondo non può vivere senza pace. Adesso sono nascoste, ma ci sono. Non aspettiamo una tragedia peggiore. Cerchiamo di percorrerle noi per primi, perché altri abbiamo il coraggio di farlo. Facciamo capire da che parte vogliamo stare e dove bisogna andare. E questo è importante perché nessuno dica che lo sapevamo, ma non abbiamo detto o fatto niente.

Non sei un ingenuo. Non è realista chi scrolla le spalle e dice che tanto è tutto inutile. Noi vogliamo dire che la pace è possibile, indispensabile, perché è come l’aria per respirare. E in questi mesi ne manca tanta. È proprio vero che uccidere un uomo significa uccidere un mondo intero. E allora quanti mondi dobbiamo vedere uccisi per fermarci?

«Quante volte devono volare le palle di cannone prima che siano bandite per sempre? ». «Quante orecchie deve avere un uomo prima che possa sentire la gente piangere?». «Quante morti ci vorranno finché non lo saprà che troppe persone sono morte? ». «Quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare? ». Io, te e tanti non vogliamo lutti peggiori, forse definitivi per il mondo, prima di fermare queste guerre, quella dell’Ucraina e tutti gli altri pezzi dell’unica guerra mondiale. Le morti sono già troppe per non capire! E se continua, non sarà sempre peggio? Chi lotta per la pace è realista, anzi è il vero realista perché sa che non c’è futuro se non insieme. 

È la lezione che abbiamo imparato dalla pandemia. Non vogliamo dimenticarla. L’unica strada è quella di riscoprirci “Fratelli tutti”. Fai bene a non portare nessuna bandiera, solo te stesso: la pace raccoglie e accende tutti i colori. Chiedere pace non significa dimenticare che c’è un aggressore e un aggredito e quindi riconoscere una responsabilità precisa. Papa Francesco con tanta insistenza ha chiesto di fermare la guerra. 

Poco tempo fa ha detto: «Chiediamo al Presidente della Federazione Russa, di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte e chiediamo al Presidente dell’Ucraina perché sia aperto a serie proposte di pace ». Chiedi quindi la pace e con essa la giustizia. L’umanità ed il pianeta devono liberarsi dalla guerra. Chiediamo al Segretario Generale delle Nazioni Unite di convocare urgentemente una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare tutti gli Stati ad eliminare le armi nucleari, ridurre la spesa militare in favore di investimenti che combattano le povertà. 

E chiediamo all’Italia di ratificare il Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari non solo per impedire la logica del riarmo, ma perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta. Dio, il cui nome è sempre quello della pace, liberi i cuori dall’odio e ispiri scelte di pace, soprattutto in chi ha la responsabilità di quanto sta accadendo. Nulla è perduto con la pace. L’uomo di pace è sempre benedetto e diventa una benedizione per gli altri. Ti abbraccio fraternamente.

Cardinale arcivescovo di Bologna e presidente della Cei 

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6 novembre 2022 

32a domenica del tempo ordinario

 

Prima Lettura - Dal secondo libro dei Maccabèi - 2 Mac 7,1-2.9-14
 
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite.
Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri».
[E il secondo,] giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».
Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, dicendo dignitosamente: «Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo». Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: «È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita».
 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 16 (17)

 

R. Ci sazieremo, Signore, contemplando il tuo volto.

Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno. R.
 
Tieni saldi i miei passi sulle tue vie
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio;
tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole, R.
 
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
all’ombra delle tue ali nascondimi,
io nella giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua immagine. R.
 

Seconda Lettura - Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési
2 Ts 2,16-3,5

 
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio, Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene.
Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore corra e sia glorificata, come lo è anche tra voi, e veniamo liberati dagli uomini corrotti e malvagi. La fede infatti non è di tutti. Ma il Signore è fedele: egli vi confermerà e vi custodirà dal Maligno.
Riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore: che quanto noi vi ordiniamo già lo facciate e continuerete a farlo. Il Signore guidi i vostri cuori all’amore di Dio e alla pazienza di Cristo.

 

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca- Lc 20,27-38


In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: "Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello". C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».


Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: "Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe". Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

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omelia

 

Tutto comincia con una domanda dei sadducei che cercano di  mettere in imbarazzo Gesù (Lc 20,27-38). Sembra quasi una barzelletta…La donna che ha avuto sette mariti, uno dietro l’altro… nella vita futura di chi sarà moglie? Con questo esempio strano e assurdo, cercano di mettere in ridicolo l'idea della risurrezione, di considerarla una specie di superstizione popolare! 

Gesù risponde e  cita un passo del libro dell’Esodo che è un testo su Dio e sul rapporto che Dio ha avuto con i grandi patriarchi: Abramo. Isacco e Giacobbe. Gesù si rifà al centro della Scrittura e conduce il discorso alla radice, cioè sulla certezza del Dio vivente e sulla sua fedeltà. 

Ecco il pensiero di Gesù: se Dio ama l'uomo veramente, non può abbandonarlo in potere della morte. Se Dio ha stabilito una relazione di amore e di fedeltà con questi grandi personaggi, come si può pesare che tutto si interrompa con la morte? E questo non vale solo per loro, ma per tutti quelli che credono in Lui. 


Ma rispondendo ai sadducei, Gesù ne approfitta anche per correggere le idee di quei farisei, che concepivano la risurrezione in termini materiali, prestandosi in tal modo all'ironia e alle critiche di chi aveva dei dubbi sul mondo futuro…

Gesù afferma che la vita dei morti non è un ritorno al mondo di questa vita terrena. 

Anche noi facciamo fatica a immaginare come saremo… ed è comprensibile, perché non abbiamo nessuna esperienza del mondo di Dio e della vita futura. Possiamo avere anche delle idee un po’ ingenue e infantili… Ma c’è anche un problema più di fondo. 

Oggi, per la debolezza della loro fede, molti pensano che tutto sia finito con la morte e quindi non ci sia nessuna speranza di una vita dopo la morte. Che  questo mondo è il solo e l’ unico mondo che abbiamo e quindi…approfittiamo per godercelo senza farci tanti scrupoli morali o limiti, di nessun genere finché possiamo! 

 

Dobbiamo confermare la forza delle parole del Credo che professiamo ogni domenica: “Credo la vita eterna, credo la vita del mondo che verrà”.   

Sarà  una vita diversa, perché custodita dall’amore di Dio: verrebbe da somigliarla a quella degli angeli, dice Gesù (20,36). Ma quando Luca scriveva il suo Vangelo egli certamente pensava anche al mondo pagano del suo tempo, che non accettava la risurrezione del corpo: il corpo, si pensava, è la prigione dello spirito e la salvezza consiste, appunto, nel liberarsene. Di fronte a questa mentalità, che rischiava di tradire nel profondo l'insegnamento di Gesù, Gesù stesso  spiega che la risurrezione non significa in alcun modo un prolungamento dell'esistenza presente. La risurrezione non è la rianimazione di un cadavere. È un salto di qualità. Si tratta di un'esistenza nuova, di un altro mondo. E’ una nuova creazione che ci rende simili al Cristo.

Abbiamo bisogno di credere ancora ancora di più alle parole del Signore, Ci fidiamo di Lui e del suo amore più forte della morte. 

 

S.Paolo ai Corinti: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.  Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti”

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Intenzioni per la preghiera dei fedeli

 

Tu sei fonte di vita eterna !

 

Per la Chiesa di Cristo: la speranza della risurrezione che continuamente viene annunciata agli uomini, sia sorgente di impegno per creare un mondo più giusto e più fraterno; preghiamo. 

 

Per tutti i cristiani: sentendosi, in forza del Battesimo, figli della risurrezione, sappiano scegliere tutto ciò che favorisce la crescita della vita in ogni sua forma e in tutti i suoi aspetti; preghiamo. 

 

Per la nostra umanità: non scelga la morte, fabbricando armi, distruggendo la natura, seminando la violenza, ma scelga tutto ciò che favorisce il diffondersi della vita nella sua pienezza; preghiamo. 

 

Nella 72a GIORNA DEL RINGRAZIAMENTO.

Perché lo Spirito del Signore ci educhi al rendimento di grazie per i frutti della terra che sostentano la nostra vita, all'apprezzamento verso i lavoratori della terra, al rispetto e alla salvaguardia dell'ambiente e della natura da cui tutti traiamo nutrimento, preghiamo

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il Messaggio per la 72ª Giornata Nazionale del Ringraziamento del 6 novembre sul tema: “«Coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto» (Am 9,14). Custodia del creato, legalità, agromafie”.


L’agricoltura tra corruzione e cura

 

L’agricoltura è un’attività umana che assicura la produzione di beni primari ed è sorgente di grandi valori: la dignità e la creatività delle persone, la possibilità di una cooperazione fruttuosa, di una fraternità accogliente, il legame sociale che si crea tra i lavoratori. Apprezziamo oggi più che mai questa attività produttiva in un tempo segnato dalla guerra, perché la mancata produzione di grano affama i popoli e li tiene in scacco. Le scelte assurde di investire in armi anziché in agricoltura fanno tornare attuale il sogno di Isaia di trasformare le spade in aratri, le lance in falci (cf. Is 2,15).

Non poche volte all’interno dell’attività agricola si infiltra un agire che crea grandi squilibri economici, sociali e ambientali. È ormai ampiamente documentata in alcune regioni italiane l’attività fiorente delle agromafie, che fanno scivolare verso l’economia sommersa anche settori e soggetti tradizionalmente sani, coinvolgendoli in reti di relazioni corrotte. Il riciclaggio di denaro sporco o l’inquinamento dei terreni su cui si sversano sostanze nocive, il fenomeno delle «terre dei fuochi» che evidenziano i danni subiti dagli agricoltori e dall’ambiente, vittime di incendi provocati da mani criminali, sono esempi di degrado. Nelle imprese catturate da dinamiche ingiuste si rafforzano comportamenti che minacciano ad un tempo la qualità del cibo prodotto e i diritti dei lavoratori coinvolti nella produzione. Si tratta di strutture di peccato che si infiltrano nella filiera della produzione alimentare: si pensi alle forme di caporalato, che portano a sfruttamento e talvolta alla tratta, le cui vittime sono spesso persone vulnerabili, come i lavoratori e le lavoratrici immigrati o minorenni, costretti a condizioni di lavoro e di vita disumane e senza alcuna tutela. Parlare di «agromafia» significa anche parlare di pratiche di agricoltura insostenibili dal punto di vista ambientale e di sofisticazione alimentare che mina la tutela dei prodotti cosiddetti “dop”, così come uso di terreni agricoli per l’immagazzinamento di rifiuti tossici industriali o urbani.

 

«Coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto» (Am 9,14)

 

La terra è creata ed affidata all’umanità come un giardino: l’immagine biblica esprime la bellezza del creato e suggerisce il compito degli uomini di esserne i custodi e i coltivatori, con la responsabilità di trasmetterlo alle generazioni future (cf. Gen 2,15). L’alleanza di Dio con il suo popolo si manifesta nel dono di una terra «dove scorrono latte e miele» (cf Es 3,8), nei confronti della quale Israele conserva sempre la memoria che la prosperità viene dall’Altissimo, e a Lui ogni anno va presentata con gratitudine ogni primizia, condividendo la gioia per i beni ricevuti con chi non ha una sua proprietà, ossia con il levita e con il forestiero (cf. Dt 26,11). L’esperienza del peccato incrina la relazione all’interno dell’umanità e con la casa comune del creato: la Scrittura non manca di denunciare chi calpesta la dignità dell’altro, attraverso un uso ed un commercio iniquo di beni che sono invece destinati a tutti. In modo particolare è il profeta Amos che denuncia questa situazione: mercanti disonesti falsano le bilance e ingannano sulle unità di misura, per fare guadagni iniqui a svantaggio di chi lavora con onestà e dei poveri. Riescono persino a vendere lo scarto del grano! Il profeta si scaglia contro questa cultura di un profitto iniquo, che nega la dignità delle persone più umili, giungendo a «comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali» (Am 8,6).

Alle parole severe di denuncia si associano anche quelle che annunciano una rinnovata prosperità che scaturirà dalla fedeltà alla Parola di Dio: nei tempi messianici le relazioni sono improntate a giustizia ed equità, e l’umanità potrà godere dei frutti del suo lavoro. Lo stesso Amos assicura: «Pianteranno vigne e ne berranno vino, coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto» (Am 9,14). L’ingiustizia che ha devastato il lavoro dell’uomo e ne ha calpestato la dignità è destinata ad essere sconfitta: laddove si custodisce il legame con il Creatore, l’uomo mantiene viva la sua vocazione di custode del fratello e della casa comune.

La relazione tra cura del creato e giustizia è fondamentale, perché quando viene meno l’uomo violenta la natura e non promuove il lavoro del fratello. L’enciclica Laudato sì ha affermato: «Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà (…). Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (LS 139). Legalità e trasparenza sono determinanti per la salute, per la cura della terra, per la qualità della vita sociale: senza di esse non c’è amore per la creazione e tutela della dignità della persona, né amicizia sociale per gli uomini e le donne che la lavorano.

 

L’impegno di tutti

 

La Chiesa continua a denunciare le forme di corruzione mafiosa e di sfruttamento dei poveri e vuole mantenere le mani libere da legami con i poteri di agromafie invasive e distruttive. Purtroppo, le terre inquinate sono frutto anche di silenzi omertosi e di indifferenza.

La comunità cristiana invoca, inoltre, un impegno forte da parte delle autorità pubbliche: è necessaria un’azione continuativa di prevenzione delle infiltrazioni criminali e di contrasto ad esse. Al contempo, quanto farebbe bene all’economia il sostegno di soggetti che operano nella legalità. Essi testimoniano un’economia che valorizza le persone e custodisce l’ambiente. È il segno che la dottrina sociale della Chiesa si incarna nel concreto e promuove relazioni di fraternità tra le persone e di cura verso il creato. Ben venga ogni strumento normativo disponibile per strappare i lavoratori alla precarietà! Sosteniamo la responsabilità degli operatori del mondo agricolo e delle loro associazioni: sono reti di sostegno reciproco per far fronte alla pressione delle agromafie, specie in un tempo in cui le difficoltà legate alla pandemia le rendono più forti.

La Chiesa incoraggia e sostiene tutte le aziende agricole esemplari nella legalità. Una testimonianza così preziosa vale tantissimo: arricchisce il tessuto relazionale di un territorio e forma coscienze libere. Non ha prezzo un’economia che si alimenta di giustizia e trasparenza. Alle imprese che promuovono lavoro e ambiente va il nostro grazie perché mostrano che è possibile un modello di agricoltura sostenibile. Vediamo anche quante belle esperienze di cooperazione sono garanzia di inclusione sociale!

Assume, infine, sempre più rilevanza la responsabilità dei consumatori nel premiare con l’acquisto di prodotti di aziende agricole che operano rispettando la qualità sociale e ambientale del lavoro. «Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico» (CV 66, LS 206), afferma il magistero sociale della Chiesa. Occorre ricordare che abbiamo una responsabilità nello stile di vita che adottiamo anche quando compriamo i prodotti agricoli. Possiamo diventare protagonisti di un’economia giusta o rafforzare strutture di peccato. Davvero oggi il mondo agricolo vive una scelta tra «la vita e il bene, la morte e il male» (Dt 30, 15): ne va, oltre che dell’esistenza personale di uomini e donne, anche della vita sociale, economica ed ambientale del Paese. Un impegno per tutti.