sabato 28 novembre 2020

Introduzione al tempo di avvento




Riflessioni di don Vincenzo Bonato, monaco di Camaldoli

venerdì 27 novembre 2020

 29 novembre 2020

1a domenica di Avvento anno B

la "corona di Avvento"


PRIMA LETTURA       


Dal libro del profeta Isaia         Is 63,16b-17.19b; 64,2-7

 

Tu, Signore, sei nostro padre,

da sempre ti chiami nostro redentore.
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e
lasci indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?
Ritorna per amore dei tuoi servi,
per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te sussulterebbero i monti.
Quando tu compivi cose terribili
che non attendevamo,
tu scendesti  e davanti a te sussultarono i monti.
Mai si udì parlare da tempi lontani, orecchio non ha sentito,
occhio  non ha visto che un Dio, fuori di te,
abbia fatto tanto per chi confida in lui.
Tu vai incontro
a quelli che praticano con gioia la giustizia
e si ricordano delle tue vie.
Ecco, tu sei adirato
perché abbiamo peccato contro di te
da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Siamo divenuti tutti come una cosa impura,
e come panno immondo
sono  tutti i nostri atti di giustizia;
tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità
ci hanno portato via come il vento.
Nessuno invocava il tuo nome,
nessuno si risvegliava per stringersi a te;
perché tu avevi nascosto  da noi il tuo volto,
ci avevi messo in balìa della nostra iniquità.
Ma, Signore, tu sei nostro padre;
noi siamo argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi siamo opera delle tue mani.
Parola di Dio.


SALMO RESPONSORIALE    dal Sal 79 (80) 

R. Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

Tu, pastore d’Israele, ascolta,
seduto sui cherubini, risplendi.
Risveglia la tua potenza
e vieni a salvarci.

Dio degli eserciti, ritorna!
Guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

Sia la tua mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai più ci allontaneremo,
facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

 

SECONDA LETTURA           

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi       1 Cor 1,3-9

 

Fratelli, grazia a voi e pace da Dio  Padre nostro  e dal Signore Gesù Cristo!
Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza.
La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente  che non  manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino  alla fine, irreprensibili  nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno  di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

 

VANGELO     


Dal vangelo secondo Marco                      Mc 13,33-37

 

In quel tempo,  Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate,  perché non  sapete  quando  è il momento. È come un uomo,  che è partito dopo  aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno  il suo compito, e ha ordinato  al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello  che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

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Anno B - 1a Domenica di Avvento- omelia 


Iniziamo con fiducia questo nuovo tempo di Avvento. E’  come una porta che si apre, un orizzonte che si allarga, un sentiero nuovo che ci porta ancora verso l’incontro rinnovato con il Signore Salvatore… “Se tu squarciassi i cieli e scendessi! E’ il grido di un popolo (Isaia) che sente il bisogno di una presenza desiderata, ma non sempre cercata con fedeltà e costanza.. C’ è la coscienza di  sentirsi deboli: “Tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te..”

Però, alla fine, c’è la convinzione forte che Dio è Padre…Colui che si piega sulle

situazioni negative del suo popolo per dargli un volto nuovo, quello dei figli:

“Noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani”. Anche noi vogliamo farci plasmare, farci lavorare dalle mani di quel Dio che ci può rendere ancora sua immagine, fedele al suo disegno! 

Che atteggiamento vivere per permettere al Signore di renderci sua immagine! 

 “Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!». Le letture proposte nelle domeniche di Avvento ci danno moltissimi suggerimenti su come riconoscere la venuta del Signore, su come accoglierla… Certo, Dio, in Gesù è già venuto fra noi, ma la sua presenza è come nascosta nelle pieghe della storia, nei fatti di ogni giorno, quelli che ci riguardano da vicino…E’ una venuta attuale e continua: Noi non attendiamo il prossimo Natale solo come memoria storica di un fatto del passato che ci dà un po’ di commozione del momento. Vogliamo che il Natale ci risvegli ad una vita nella quale il Signore viene oggi per noi, e ci chiede di essere per lui casa ospitale, presenza che forse ci scomoda e ci chiede di fargli realmente posto nella nostra vita.

In questo tempo difficile di pandemia che ci preoccupa, si prevede e si raccomanda un Natale sobrio: pochi inviti, niente cenoni allargati, né feste di piazza. 

Il governo ha raccomandato di fare attenzione alla Messa di mezzanotte.. che potrebbe creare (si dice) assembramento o simili.. Ma è stato giustamente risposto da alcuni vescovi che la Messa della notte non darà alcun problema, perché la si potrà celebrare in ore serali! Una domanda ci viene.

Ma che cos’è questa sobrietà? Solo restrizioni sopportate e dovute alla necessità? Non potrebbe diventare, nella prospettiva cristiana,  la scelta di ciò che è essenziale, la riscoperta di valori che richiamano la semplicità, una vicinanza solidale, il rifiuto di banalità mondane, di una superficilità diffusa, di atteggiamenti arroganti, di comportamenti rischiosi per chi è prigioniero di vizi e di dipendenze pericolose?

Bisogna riscoprire la virtù della temperanza!

 

“Non dormite! E’ come quel sonno leggero per cui ci si risveglia ad ogni minimo rumore, Nella nostra esperienza (dice un autore…) può essere paragonato al sonno di una mamma, pronta a risvegliarsi al minimo rumore che segnali un bisogno del suo bambino, del neonato.

Gesù chiede ai discepoli loro di avere un cuore sveglio, di non lasciarci  prendere da quel sonno che è la svogliatezza, la pigrizia, l’attenzione solo alle cose banali che contano poco, ma che per tanti sembrano essere importanti! 

Come si possa vincere questo sonno è già chiarito nella parte della parabola che parla dei servi e del del portinaio; essere fedeli ogni giorno al compito ricevuto dal Signore, attendere con cura all’opera che il Signore ha affidato a ciascuno!


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Avvisi

Oggi 1a domenica di Avvento

 

Iniziamo a vivere la liturgia domenicale (e feriale), accogliendo le indicazioni del nuovo Messale per una partecipazione più attenta, consapevole e spiritualmente più ricca. 

E’ tempo di grazia, nell’attesa che rinnovi, nel Natale, la presenza del Signore che viene ogni giorno per noi.

Come vivere il tempo di Avvento?

 

Impegno nella preghiera

 

Sono disponibili alcuni libretti di preghiera, preparati dalla nostra diocesi. 


Impegno nella carità


In Avvento, fino all’8 dicembre compreso, viene proposta ancora

l’iniziativa “LA CESTA DELLA CARITA”. La domenica, chi lo desidera, 

può mettervi gli alimenti non deperibili che verranno dati alle persone bisognose, in particolare della nostra parrocchia e a quelle dell’emporio di Lugagnano-Sona- Sommacampagna.

E’ sempre richiesta e gradita la consegna di medicinali non scaduti.

 

Programma  catechesi adulti

 

Non potendo fare la catechesi nelle famiglie, intendiamo utilizzare i social: esattamente Don Vincenzo, monaco di Camaldoli, ci offrirà, in particolare ogni settimana, uno spunto di riflessione sul Vangelo della domenica con dei video sul blog della parrocchia.

E' possibile anche su facebook inserendo il nome “Vincenzo Bonato” e sarà possibile ascoltare e meditare la sua riflessione. E’ una modalità nuova, che potrà esserci utile e può costituire una felice sorpresa! 

 

Inoltre sul blog della parrocchia 

(v. beatoandrea.blogspot.com oppure blog beato andrea) sarà proposto il Vangelo feriale con un breve commento del parroco.

 

Sempre sul blog della parrocchia, ogni domenica saranno offerte ai ragazzi alcune proposte interessanti, suggerite dalla diocesi. (Scorri più avanti su questa stessa pagina...) E’ un invito forte  a tenersi in contatto con le catechiste(i) e vivere, come è possibile in questo periodo, il tempo dell’Avvento con grande disponibilità. 

 

preghiera sul Vangelo…

 

 

Tu continui ad operare in mezzo a noi,

 ma noi siamo viaggiatori distratti che si lasciano attrarre da particolari inconsistenti e ignorano i segni vivi della tua presenza, della tua bontà, della tua misericordia. Per questo ci scrolli e ci dici: «Fate attenzione. . .»

Tu ci chiedi di rispondere alle mille situazioni in cui veniamo sollecitati ,

a renderti testimonianza con gesti e con parole, con scelte spesso difficili e impegnative, con l’annuncio coraggioso. Ma noi, siamo come assopiti. Per questo ci dici con forza:

«Vegliate. . .». Sì, o Signore, questo non è decisamente il momento di tirare i remi in barca,  di riposare sugli allori e vivere nella pigrizia…

Tu ritornerai un giorno nella gloria e quello sarà il momento decisivo per ognuno di noi e per tutta l’umanità.

Tu continui a visitarci ogni giorno… e noi non possiamo passarti accanto senza neppure accorgercene. Ne va della riuscita della nostra vita, della felicità non di un momento, ma eterna!


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proposte catechistiche per ragazzi (e)

AVVENTO 2020 


1 DOMENICA “Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà” (Mc 13, 35) 

                                    Video Vangelo



PER I GENITORI 


Così è nella nostra vita di fede. Inizia l’Avvento, un tempo di attesa e preparazione ad accogliere Gesù, il Dio anche se Bambino capace di dare sprint alle nostre vite! Il Vangelo di questa domenica ci invita a essere vigili e attenti per non correre il rischio di farci trovare addormentati al suo arrivo. Stando all’immagine usata di Gesù, se quell’uomo lascia la propria casa, e non solo la carriola o una bicicletta ai suoi servi, è perché ha fiducia in loro, si allontana tranquillo perché ciò che ha di più prezioso è in mani sicure.
Alleniamoci dunque a regalarci fiducia gli uni agli altri, perché noi stessi per primi l’abbiamo ricevuta. 


PRIMA PAROLA DELL’AVVENTO è VEGLIARE, cioè stare attenti ed essere coinvolti in prima persona. 


• PER AIUTARE I BAMBINI A COGLIERE QUESTO MESSAGGIO SI PUO’ LEGGERE INSIEME     QUESTA STORIA E RIFLETTERE INSIEME  SUL CONTENUTO 


Luigi frequenta la quinta elementare, gioca a calcio da quando aveva 6 anni, il suo calciatore preferito è Javier Zanetti, vorrebbe tanto diventare come lui!

All’inizio non è stato facile, è sempre stato un bambino minuto, rispetto i suoi compagni non aveva molta forza, per questo durante le partite ha passato molto tempo seduto in panchina. Nonostante ciò non si è mai arreso, anche dalla panchina incitava i suoi compagni, si sentiva pienamente parte della squadra, durante gli allenamenti non si tirava mai indietro, seguiva sempre i consigli del mister. Questo ha fatto sì che, col tempo, stesse sempre meno in panchina e di più in campo, fino a diventare il difensore titolare della sua squadra. Oggi è il grande giorno, la sua pazienza e la sua costanza l’hanno premiato: scenderà in campo indossando la fascia di capitano 


• OPPURE
VEDERE QUESTO CORTOMETRAGGIO E SEMPRE RIFLETTERE INSIEME SUL CONTENUTO 

https://www.youtube.com/watch?v=07d2dXHYb94

PER PREGARE INSIEME 


Caro Gesù, desideriamo con tutto il cuore che tu sia il nostro Coach. Insegnaci a non perdere di vista gli obiettivi che danno alle nostre vite un senso profondo, l’amore per Te e per i nostri fratelli. Con te al nostro fianco possiamo fare grandi cose. Aiutaci a non perderci di coraggio di fronte alle delusioni

e a ricordare che sono le scelte più difficili a portare i risultati migliori. AMEN 

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2 DOMENICA DI AVVENTO 

Preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” 

(Mc 1, 3) 


PER I GENITORI 


Giovanni Battista, nel deserto, invita i suoi fratelli a cambiare vita, a non smettere di cercare la strada giusta che conduceal Signore. Oggi come allora chiede anche a noi di impegnarci a dare il meglio di noi stessi per essere pronti ad incontrare il Signore. È sempre sorprendente questa pagina di Vangelo che ci avvicina al Natale, perché ci ricorda che la via “è del Signore” e che i sentieri sono “i suoi”, cioè li conosce molto meglio di noi e li ha già percorsi in lungo e il largo chissà quante altre volte per raggiungerci! Cerchiamo quindi di cambiare gli atteggiamenti mossi dall'egoismo e dalla pigrizia favorendo invece quelli spinti dalla generosità e dalla buona volontà come ha fatto Gesù, che è campione di bontà. 


SECONDA PAROLA DELL’AVVENTO è PREPARARE


• LEGGIAMO INSIEME IL VANGELO DI MARCO


Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. 

Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
 Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 

Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 

Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo». 


Video Vangelo in cartoni animati (https://www.youtube.com/watch?v=6uGToVLTYnM) 


PREPARIAMO ASSIEME ai bambini dei dolcetti da consumare in famiglia. 

Durante la preparazione degli ingredienti, mettiamo sempre l’accento sul fatto che stiamo preparando qualcosa insieme per gli altri, che ogni singolo passaggio è importante perché la ricetta venga al meglio. Inoltre è importante e necessario che ognuno venga coinvolto nella preparazione affinché i biscotti vengano buoni. 


UNA RICETTA (potete usare quella che volete) : Ingredienti per 30 biscotti circa da 6 cm di diametro: 250 gr di farina, 100 gru zucchero, 100gr. di burro, 1 uovo, 1 cucchiaino di lievito in polvere per dolci, scorza di limone. 


magari come questi!

Mettere la farina nella ciotola, aggiungere l’uovo, lo zucchero, il burro tagliato a pezzetti e il lievito. Poi aggiungere il limone grattugiato. Impastare il tutto e amalgamare gli ingredienti fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. Dare la forma di un panetto, avvolgere nella pellicola e riporlo in frigo per 20-30 minuti. Prendere il panetto dal frigo, stendere la pasta frolla e con degli stampini preparare i biscotti, cuociono in forno statuto preriscaldato a 180° per 15-20 minuti a seconda dello spessore. 


PER PREGARE INSIEME DICIAMO IL PADRE NOSTRO 


Per il materiale che è stato usato ringraziamo Uff.C atechistico diVerona e Fossano 

 

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Per la 1a settimana (riflessione sul Vangelo delle  Messe feriali)

30 novembre S.Andrea

Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 4,18-22


In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. 
Parola del Signore

Gesù cammina sulle strade degli uomini, visita i luoghi normali della vita e della fatica quotidiana… Lui è il cercatore per eccellenza e vede subito due fratelli.  E’ venuto per entrare nella storia concreta degli uomini. E incrocia le loro vite. Lo sguardo di Gesù è  penetrante ed è già l’inizio del dialogo e di una relazione imprevista. Simone e Andrea stanno facendo il loro faticoso lavoro di pescatori. Una parola improvvisa e forte li scuote: “Venite dietro a me”.  Così inizia la loro avventura di futuri discepoli. Non si tratta di seguire una teoria filosofica, o delle idee per quanto interessanti. No. La proposta è quella di stare con Lui per andare dietro a Lui. Condividere la vita, scoprire questa persona ed entrare nel segreto di una proposta che si impara vivendo. La pronta risposta può essere anche la nostra oggi, come discepoli. Che cosa possiamo imparare da te, Gesù, che cosa ci offri di interessante che possa dare alla nostra esistenza un senso pieno e duraturo? Aiutaci a fidarci ancora di te per seguirti senza timore. Ne vale la pena!

 

1° dicembre - Dal Vangelo secondo Luca- Lc 10,21-24
 

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».


Poche volte il Vangelo mette sulla bocca e nel cuore di Gesù le parole precise della sua preghiera che caratterizzava tutta  la sua vita. E questa è una delle più significative. “Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo..”. La gioia di Gesù trova la sua sorgente nel dialogo incessante con il Padre suo che  nutre la sua vita quotidiana ed é come il cibo che lo alimenta: “Mio cibo è fare la volontà del Padre mio…”. E’ La gioia di sentirsi in piena sintonia con Colui che lo ha mandato. E sgorga, allora, la lode riconoscente, ispirata dall’azione dello Spirito Santo che è, in Gesù, come una voce e una forza interiore. Qual è il motivo della lode? E’ il fatto che le sue parole e la sua stessa persona fanno breccia nel cuore dei piccoli e dei semplici, cioè di coloro che si fidano di lui, che non hanno pregiudizi, non vantano privilegi e  atteggiamenti di superbia ma si mostrano e disponibili. Così dovremmo essere anche noi, discepoli di oggi. Creare in noi uno spazio di semplicità e di accoglienza che ci permetta di vivere  la beatitudine di Gesù: la scoperta di una vera fortuna, come quella di un tesoro: “«Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete…”. Certo non vediamo più il Signore con gli occhi del corpo, ma lo scopriamo presente oggi in tutte le forme che egli ha pensato per noi, soprattutto nella sua parola e nei suoi sacramenti…

 

2 dicembre - Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 15, 29-37
 
In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò.
Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d'Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.


Sul monte Gesù accoglie la folla, attratta da lui. Ma è soprattutto un’ umanità sofferente che si presenta con piena fiducia a Colui che “si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori (Isaia 53,4). Qui appare l’autenticità di Gesù vero uomo. Gesù partecipa al dolore concreto che segna la carne di tanta gente. Lui stesso proverà nella sua carne che cosa significhi il dolore anche fisico, segno di una solidarietà che si spingerà fino all’estremo dell’amore. Dio non vuole e non ratifica la sofferenza, anche se essa è parte integrante e non eliminabile della vita stessa.

Gesù risana e fa nascere la lode al “Dio d’Israele”. E poi la compassione. Si tratta di un sentimento profondo, non di una commozione passeggera. E’ vera empatia che vuol dire sentire nell’intimo la sofferenza di coloro che sono nella prova per provvedere con un gesto concreto alle loro necessità.  Per questo Gesù moltiplica i pani e i pesci. Poca cosa che sembra sproporzionata rispetto al bisogno. Ma tu, Signore, ti servi di quel poco che ti possiamo mostrare nella nostra povertà, perchè possa diventare dono esuberante e disponibile per tutti. Le nostre mani diventano, in questo modo, il segno della tua provvidenza!

3 dicembre - Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 7,21.24-27
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Il brano è la conclusione del discorso della montagna E una sola e l’idea fondamentale che vuole esprimere: per non essere stolti ma saggi. Non è sufficiente credere che Gesù è il Signore, ma è necessario compiere la volontà del Padre, cioè mettere in pratica la sua legge, che è la legge dell’amore concreto.

La nostra fede si fonda sull’ascolto della parola di Dio. Però la fedeltà ad essa vuole che  questa parola trasformi la nostra vita e si  tramonti in azione concreta, per non restare lettera morta. Dio è la roccia, cioè il fondamento su cui noi dobbiamo costruire. Senza il fondamento (vita interiore alimentata dalla parola di Dio) non si può costruire, come del resto, una vita dei preghiera separata dalla pratica effettiva della virtù é sterile. Insegnaci, Signore, ad essere casa costruita sula roccia, capaci di dare corpo alla tua parola perché essa plasmi la nostra vita.

 

 

4 dicembre - Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 9,27-31

 
In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!».
Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».
Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi.
Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.

Nella guarigione dei due ciechi Gesù appare come colui che illumina la vita. Con il miracolo risponde alla fede riposta in lui: i cechi, infatti, lo invocano come Messia, Figlio di Davide. 

I loro occhi erano spenti, ma la loro anima era già sulle soglie della luce. Gesù li mette alla prova per verificare la prontezza della loro fede e della loro fiducia il lui. 

Gesù tocca gli occhi, le membra malate. Come dice la preghiera di un prefazio: “Ancora oggi, come buon samaritano, viene incontro ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito…”. Ci riconosciamo anche noi nella persona dei due ciechi. Per essere guariti, dobbiamo sapere che abbiamo bisogno del Signore che passa accanto a noi e ascolta la nostra domanda per essere risanati. Il Signore attende che gli apriamo almeno uno spiraglio, che facciamo posto alla sua misteriosa presenza. 

Abbiamo ricevuto, Signore, la luce della fede nel battesimo. Fa’ che viviamo sempre come figli della luce!

 

5 dicembre - Dal Vangelo secondo Matteo - Mt 9,35 - 10,1.6-8

 

In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d'Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

L’azione di Gesù è duplice: insegna nelle sinagoghe con la sua parola autorevole, annunciando  la buona notizia del regno di Dio. Aveva iniziato così la sua azione pubblica:

“Convertitevi perché il regno di Dio è vicino”. Nello stesso tempo Gesù si china con premura sulle persone piagate e malate: guarisce ogni malattia e ogni infermità. La compassione di Gesù diventa azione concreta di misericordia e realizza il regno annunciato. In questo modo Gesù si mostra come l’autentico pastore che raduna il suo gregge stanco e sfinito. Compie il desiderio di tutto un popolo e della speranza di Israele: “il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ristora l’anima mia.”

I 12 discepoli sono chiamati a prolungare la sua opera, ad essere segno della sua misericordia che arriva fino all’oggi della storia travagliata di tutti i tempi.

Signore, vogliamo che sia sempre presente sulle nostre labbra la tua preghiera: “Pregate il padrone della messe, perché mandi operai nella tua messe”. Anche noi vogliamo essere tuoi operai generosi nella tua vigna.


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giovedì 19 novembre 2020

 sulla lettera di mons. Derio, vescovo di Pinerolo

Sulla lettera di mons. Derio

 

Alcune semplici riflessioni…

 

Il vescovo con una lettera alla sua diocesi, ha preso la decisione di sospendere la celebrazione eucaristica per due domeniche e ha motivato questa scelta “per contribuire al bene comune, cioè il contenimento del disagio..”. Si può capire questa scelta anche sulla base della sua esperienza personale che ha segnato la sua vita (come quella di tanti altri..): il drammatico ricovero in ospedale, con il pericolo di morte e la felice conclusione con la  guarigione!

Il vescovo è preoccupato per la diffusione del contagio e la decisione presa è comprensibile, anche con una valenza ecumenica, in accordo con la Comunità Valdese.

Tuttavia, il contenimento del contagio si può e si deve realizzare soprattutto facendo attenzione scrupolosa a tutte quelle regole che continuamente vengono ricordate e che nell’ambiente chiesa devono essere mantenute, per salvaguardare la propria salute e quella degli altri!

Mons. Derio ha lanciato un messaggio di estrema prudenza e un avvertimento.

Ma questa “prudenza” aveva bisogno necessariamente della chiusura della chiesa? Non poteva arrivare soprattutto con l’osservanza delle regole già ricordate?

 

E’ evidente che la sospensione della Messa per un breve periodo non è un attentato all’integrità della fede! Che può essere mantenuta e fatta crescere anche attraverso le altre forme e possibilità che il vescovo stesso ha ricordato…

MI auguro che le persone più “deboli” nella fede non concludano che la Messa non è così necessaria e che sia un opzional, a discrezione della singola persona! 

 

Il tempo del corona virus ha visto una evidente diminuzione della partecipazione all’Eucarestia… Si può capire: la paura del contagio, una sorta di prudenza estrema che mette le persone in ansia e le condiziona fortemente. 

Ci auguriamo che, nonostante questo condizionamento, si riscoprano  la preghiera personale e familiare, si maturi una relazione in famiglia più matura e responsabile, si facciano emergere occasioni di vicinanza nel quartiere e anche di sostegno economico, se fosse necessario! 

E venga presto il momento nel quale partecipare all’Eucarestia ersprime un’esigenza matura, vissuta con serenità e senza i limiti attuali…

 

don Attilio

 

PS: Una domanda. Mons. Derio ha condiviso la sua scelta con i vescovi del Piemonte, le cui diocesi si trovano, come la sua, in “zona rossa”? 




sabato 14 novembre 2020

 15 novembre 2020

Prima lettura (Pr 31,10-13.19-20.30-31)

Dal libro dei Proverbi

Una donna forte chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani. 
Stende la sua mano alla conocchia
e le sue dita tengono il fuso.
Apre le sue palme al misero,
stende la mano al povero.
Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città.

 

Salmo responsoriale (Sal 127)

Beato chi teme il Signore.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.  

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.  

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!

 

Seconda lettura (1Ts 5,1-6)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. 
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. 
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.

 

Vangelo (Mt 25,14-30)

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni.  A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque.  Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.  Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.  Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”.  “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”.  Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

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omelia

 

Ritorna il grande tema della vigilanza (v. vangelo delle 10 vergini). Ma che vuol dire? La parabola dei talenti spiega che vigilare significa, in concreto, passare dalle parole ai fatti… la vigilanza deve entrare nelle nostre preoccupazioni e impegni  di ogni giorno. E’ la “fedeltà nelle piccole cose”. La parabola si serve di parole che vengono dall’ economia bancaria…(verso la quale siamo, e spesso a ragione, un po’ sospettosi…): ‘talenti’, ‘banchieri’, ‘interessi’, guadagnare’ (vv. 16.17.20.22), ‘denaro’ (vv. 18.27), ‘fare i conti’(v.19). 

Talenti…parola  entrata nel nostro vocabolario…”persona di grande talento..

cioè di grandi capacità… persona talentuosa… quell’artista, quello sportivo ecc…

...Ma i  «talenti» (contrariamente a quanto spesso si dice) non sono, prima di tutto, le doti o le capacità (intelligenza o altro) che Dio ha dato a ciascuno. Sono piuttosto le responsabilità, i compiti, gli impegni che siamo chiamati ad assumere…  Difatti la parabola racconta che “il padrone diede i talenti secondo le capacità o responsabilità di ciascuno”. 

La lezione della parabola si capisce  dialogo che il padrone intrattiene,con ciascuno dei servi. I primi due vengono lodati: «Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto».

I primi due servitori hanno semplicemente la funzione di mettere in risalto, per contrasto, il comportamento del terzo che, a differenza dei primi due, nasconde il tesoro in una buca. 

È importante il dialogo fra il servo malvagio e il padrone. E’ soprattutto dall’esempio negativo che ci viene data la lezione della parabola.  

 

Il terzo servo dichiara: “Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo». 

Il servo ha un’ sua idea precisa del padrone, e cioè quella di un uomo duro, che miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso: un’idea non vera, costruita nella sua mente. In una simile concezione di Dio, c’è posto soltanto per la paura e l’ osservanza esteriore della legge. C’è, sotto, una falsa idea di Dio! Se una persona agisce per paura verso Dio o per mancanza di fiducia in Lui,  fa’ il minimo richiesto, tanta da cavarsela… Se, invece, è l’amore responsabile che muove, questa persona si impegna a dare il meglio di sé, agisce per gratuità, non c’è calcolo, una misura minima o debole; dà il massimo delle sue risorse, perché l’amore spinge a donare senza misura… 

Nell’ esperienza dell’amore concreto, ad es. in famiglia…tra i coniugi, dovrebbe funzionare la stessa logica: “Ti voglio bene perché, pur con tutti i miei limiti, dò tutto me stesso o me stessa e non fino ad un certo punto…Mi impegno ad essere generoso (a) senza calcoli… 

 

Tornando alla parabola… questo servo non ha mai accettato il dono che gli è stato fatto, non ha mai riconosciuto la generosità del suo padrone e così, non ha agito per essere riconoscente…al dono si risponde. Il padrone non ritira neppure i propri beni che aveva affidato, si accontenta che gli mostrino il frutto del loro impiego, come prova del loro impegno! Il padrone non è affatto interessato a un proprio guadagno e ai propri beni, ma a rendere partecipi i servi della sua gioia e della sua ricchezza: “Ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». 

La reazione, del terzo servo  è la stessa degli scribi, dei farisei, degli zelanti e scrupolosi osservanti della legge. Tutti costoro non comprendono la condotta di Dio, che si manifesta nel comportamento di Gesù. La ritengono ingiusta. Gesù invece si muove nella prospettiva dell’amore, che è senza calcoli, ma anche senza paura. È  un rapporto di amore, da questo nascono coraggio, generosità e libertà.

 

Attendere il padrone: significa assumere il rischio della propria responsabilità. A coloro che si muovono nell’ amore e si assumono il rischio delle decisioni, si aprono prospettive sempre nuove. Cioè: una persona gode, si sente soddisfatta, quando sa di aver superato la tentazione della pigrizia  Chi invece resta passivo e pauroso, diviene sterile; si trova da se stesso nelle tenebre, in una vita senza colore, grigia e impoverita! 

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15 novembre  2020 – 33a domenica del tempo ordinario

 

Avvisi

 

Nella Giornata diocesana per il Seminario abbiamo dato € 500

Nella giornata missionaria… € 350

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Oggi è la IVa Giornata mondiale del povero, voluta da Papa Francesco. Sul tavolo degli avvisi ci sono alcune copie del messaggio del Papa in questa occasione.

Come parrocchia intendiamo dare un segno concreto in questa direzione. Nelle prossime due domeniche di novembre sarà messa a disposizione in chiesa la CESTA DELLA CARITA’

Si raccolgono  generi alimentari non deperibili per la parrocchia e che consegneremo anche, in buona parte, all’EMPORIO DELLA CARITA’ delle parrocchie di Sona, Lugagnano e Sommacampagna (con le quali siamo già in contatto),

 

Inoltre è sempre possibile consegnare in chiesa i medicinali non scaduti (e occhiali ) che daremo all’Ospedale di Negrar, precisamente all’UMMI. (Unione medico missionaria italiana)

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Per iniziativa di alcune persone abbiamo aiutato anche i detenuti del carcere di Montorio (Verona)

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L’ UNITA’ PASTORALE  DEL LAGO SUD

PROPONE

 

UNA INIZIATIVA DI PREGHIERA 

NELLA CHIESA DI LAZISE

 

Domenica 15 novembre

ore 16.00-18.00

 

chi intende partecipare si trovi davanti alla chiesa alle 15,40

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Preghiera (sul Vangelo della domenica)

 

Il Padre tuo, Gesù, non è un Dio sospettoso o peggio, un padrone sfruttatore. Ci affida i suoi tesori, i suoi doni di grazia  con abbondanza, senza misurare: un talento è, da solo, una grande somma. Dunque ha fiducia in noi, nonostante tutto, tanto da mettere nelle nostre mani qualcosa che vale veramente. Ma che cosa fare? Che atteggiamento adottare?

Un regalo di questo genere comporta anche una grande responsabilità.

Non è la paura, tuttavia, la scelta giusta: nascondere sottoterra un bene significa sottrarlo ai suoi naturali destinatari. Tu, Gesù, a questo punto ci ricordi chela scelta migliore non è cercare la sicurezza e la tranquillità ad ogni costo, ma rispondere alla fiducia. E dunque accettare il rischio, pur di far fruttare quello che si è ricevuto.

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO IV GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Domenica XXXIII del Tempo Ordinario
15 novembre 2020

 

“Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32)

 

“Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32). La sapienza antica ha posto queste parole come un codice sacro da seguire nella vita. Esse risuonano oggi con tutta la loro carica di significato per aiutare anche noi a concentrare lo sguardo sull’essenziale e superare le barriere dell’indifferenza. La povertà assume sempre volti diversi, che richiedono attenzione ad ogni condizione particolare: in ognuna di queste possiamo incontrare il Signore Gesù, che ha rivelato di essere presente nei suoi fratelli più deboli (cfr Mt 25,40).

1. Prendiamo tra le mani il Siracide, uno dei libri dell’Antico Testamento. Qui troviamo le parole di un maestro di saggezza vissuto circa duecento anni prima di Cristo. Egli andava in cerca della sapienza che rende gli uomini migliori e capaci di scrutare a fondo le vicende della vita. Lo faceva in un momento di dura prova per il popolo d’Israele, un tempo di dolore, lutto e miseria a causa del dominio di potenze straniere. Essendo un uomo di grande fede, radicato nelle tradizioni dei padri, il suo primo pensiero fu di rivolgersi a Dio per chiedere a Lui il dono della sapienza. E il Signore non gli fece mancare il suo aiuto. 

Fin dalle prime pagine del libro, il Siracide espone i suoi consigli su molte concrete situazioni di vita, e la povertà è una di queste. Egli insiste sul fatto che nel disagio bisogna avere fiducia in Dio: «Non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni. Accetta quanto ti capita e sii paziente nelle vicende dolorose, perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore. Nelle malattie e nella povertà confida in lui. Affidati a lui ed egli ti aiuterà, raddrizza le tue vie e spera in lui. Voi che temete il Signore, aspettate la sua misericordia e non deviate, per non cadere» (2,2-7).

2. Pagina dopo pagina, scopriamo un prezioso compendio di suggerimenti sul modo di agire alla luce di un’intima relazione con Dio, creatore e amante del creato, giusto e provvidente verso tutti i suoi figli. Il costante riferimento a Dio, tuttavia, non distoglie dal guardare all’uomo concreto, al contrario, le due cose sono strettamente connesse.

Lo dimostra chiaramente il brano da cui è tratto il titolo di questo Messaggio (cfr 7,29-36). La preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili. Per celebrare un culto che sia gradito al Signore, è necessario riconoscere che ogni persona, anche quella più indigente e disprezzata, porta impressa in sé l’immagine di Dio. Da tale attenzione deriva il dono della benedizione divina, attirata dalla generosità praticata nei confronti del povero. Pertanto, il tempo da dedicare alla preghiera non può mai diventare un alibi per trascurare il prossimo in difficoltà. È vero il contrario: la benedizione del Signore scende su di noi e la preghiera raggiunge il suo scopo quando sono accompagnate dal servizio ai poveri.

3. Quanto è attuale questo antico insegnamento anche per noi! Infatti la Parola di Dio oltrepassa lo spazio, il tempo, le religioni e le culture. La generosità che sostiene il debole, consola l’afflitto, lenisce le sofferenze, restituisce dignità a chi ne è privato, è condizione di una vita pienamente umana. La scelta di dedicare attenzione ai poveri, ai loro tanti e diversi bisogni, non può essere condizionata dal tempo a disposizione o da interessi privati, né da progetti pastorali o sociali disincarnati. Non si può soffocare la forza della grazia di Dio per la tendenza narcisistica di mettere sempre sé stessi al primo posto.

Tenere lo sguardo rivolto al povero è difficile, ma quanto mai necessario per imprimere alla nostra vita personale e sociale la giusta direzione. Non si tratta di spendere tante parole, ma piuttosto di impegnare concretamente la vita, mossi dalla carità divina. Ogni anno, con la Giornata Mondiale dei Poveri, ritorno su questa realtà fondamentale per la vita della Chiesa, perché i poveri sono e saranno sempre con noi (cfr Gv 12,8) per aiutarci ad accogliere la compagnia di Cristo nell’esistenza quotidiana.

4. Sempre l’incontro con una persona in condizione di povertà ci provoca e ci interroga. Come possiamo contribuire ad eliminare o almeno alleviare la sua emarginazione e la sua sofferenza? Come possiamo aiutarla nella sua povertà spirituale? La comunità cristiana è chiamata a coinvolgersi in questa esperienza di condivisione, nella consapevolezza che non le è lecito delegarla ad altri. E per essere di sostegno ai poveri è fondamentale vivere la povertà evangelica in prima persona. Non possiamo sentirci “a posto” quando un membro della famiglia umana è relegato nelle retrovie e diventa un’ombra. Il grido silenzioso dei tanti poveri deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per dare loro voce, per difenderli e solidarizzare con essi davanti a tanta ipocrisia e tante promesse disattese, e per invitarli a partecipare alla vita della comunità.

È vero, la Chiesa non ha soluzioni complessive da proporre, ma offre, con la grazia di Cristo, la sua testimonianza e gesti di condivisione. Essa, inoltre, si sente in dovere di presentare le istanze di quanti non hanno il necessario per vivere. Ricordare a tutti il grande valore del bene comune è per il popolo cristiano un impegno di vita, che si attua nel tentativo di non dimenticare nessuno di coloro la cui umanità è violata nei bisogni fondamentali. 

5. Tendere la mano fa scoprire, prima di tutto a chi lo fa, che dentro di noi esiste la capacità di compiere gesti che danno senso alla vita. Quante mani tese si vedono ogni giorno! Purtroppo, accade sempre più spesso che la fretta trascina in un vortice di indifferenza, al punto che non si sa più riconoscere il tanto bene che quotidianamente viene compiuto nel silenzio e con grande generosità. Accade così che, solo quando succedono fatti che sconvolgono il corso della nostra vita, gli occhi diventano capaci di scorgere la bontà dei santi “della porta accanto”, «di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 7), ma di cui nessuno parla. Le cattive notizie abbondano sulle pagine dei giornali, nei siti internet e sugli schermi televisivi, tanto da far pensare che il male regni sovrano. Non è così. Certo, non mancano la cattiveria e la violenza, il sopruso e la corruzione, ma la vita è intessuta di atti di rispetto e di generosità che non solo compensano il male, ma spingono ad andare oltre e ad essere pieni di speranza.

6. Tendere la mano è un segno: un segno che richiama immediatamente alla prossimità, alla solidarietà, all’amore. In questi mesi, nei quali il mondo intero è stato come sopraffatto da un virus che ha portato dolore e morte, sconforto e smarrimento, quante mani tese abbiamo potuto vedere! La mano tesa del medico che si preoccupa di ogni paziente cercando di trovare il rimedio giusto. La mano tesa dell’infermiera e dell’infermiere che, ben oltre i loro orari di lavoro, rimangono ad accudire i malati. La mano tesa di chi lavora nell’amministrazione e procura i mezzi per salvare quante più vite possibile. La mano tesa del farmacista esposto a tante richieste in un rischioso contatto con la gente. La mano tesa del sacerdote che benedice con lo strazio nel cuore. La mano tesa del volontario che soccorre chi vive per strada e quanti, pur avendo un tetto, non hanno da mangiare. La mano tesa di uomini e donne che lavorano per offrire servizi essenziali e sicurezza. E altre mani tese potremmo ancora descrivere fino a comporre una litania di opere di bene. Tutte queste mani hanno sfidato il contagio e la paura pur di dare sostegno e consolazione.

7. Questa pandemia è giunta all’improvviso e ci ha colto impreparati, lasciando un grande senso di disorientamento e impotenza. La mano tesa verso il povero, tuttavia, non è giunta improvvisa. Essa, piuttosto, offre la testimonianza di come ci si prepara a riconoscere il povero per sostenerlo nel tempo della necessità. Non ci si improvvisa strumenti di misericordia. È necessario un allenamento quotidiano, che parte dalla consapevolezza di quanto noi per primi abbiamo bisogno di una mano tesa verso di noi.

Questo momento che stiamo vivendo ha messo in crisi tante certezze. Ci sentiamo più poveri e più deboli perché abbiamo sperimentato il senso del limite e la restrizione della libertà. La perdita del lavoro, degli affetti più cari, come la mancanza delle consuete relazioni interpersonali hanno di colpo spalancato orizzonti che non eravamo più abituati a osservare. Le nostre ricchezze spirituali e materiali sono state messe in discussione e abbiamo scoperto di avere paura. Chiusi nel silenzio delle nostre case, abbiamo riscoperto quanto sia importante la semplicità e il tenere gli occhi fissi sull’essenziale. Abbiamo maturato l’esigenza di una nuova fraternità, capace di aiuto reciproco e di stima vicendevole. Questo è un tempo favorevole per «sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo […]. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà […]. Tale distruzione di ogni fondamento della vita sociale finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi, provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente» (Lett. enc. Laudato si’, 229). Insomma, le gravi crisi economiche, finanziarie e politiche non cesseranno fino a quando permetteremo che rimanga in letargo la responsabilità che ognuno deve sentire verso il prossimo ed ogni persona. 

8. “Tendi la mano al povero”, dunque, è un invito alla responsabilità come impegno diretto di chiunque si sente partecipe della stessa sorte. È un incitamento a farsi carico dei pesi dei più deboli, come ricorda San Paolo: «Mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. […] Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 5,13-14; 6,2). L’Apostolo insegna che la libertà che ci è stata donata con la morte e risurrezione di Gesù Cristo è per ciascuno di noi una responsabilità per mettersi al servizio degli altri, soprattutto dei più deboli. Non si tratta di un’esortazione facoltativa, ma di una condizione dell’autenticità della fede che professiamo. 

Il libro del Siracide ritorna in nostro aiuto: suggerisce azioni concrete per sostenere i più deboli e usa anche alcune immagini suggestive. Dapprima prende in considerazione la debolezza di quanti sono tristi: «Non evitare coloro che piangono» (7,34). Il periodo della pandemia ci ha costretti a un forzato isolamento, impedendoci perfino di poter consolare e stare vicino ad amici e conoscenti afflitti per la perdita dei loro cari. E ancora afferma l’autore sacro: «Non esitare a visitare un malato» (7,35). Abbiamo sperimentato l’impossibilità di stare accanto a chi soffre, e al tempo stesso abbiamo preso coscienza della fragilità della nostra esistenza. Insomma, la Parola di Dio non ci lascia mai tranquilli e continua a stimolarci al bene.

9. “Tendi la mano al povero” fa risaltare, per contrasto, l’atteggiamento di quanti tengono le mani in tasca e non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. L’indifferenza e il cinismo sono il loro cibo quotidiano. Che differenza rispetto alle mani generose che abbiamo descritto! Ci sono, infatti, mani tese per sfiorare velocemente la tastiera di un computer e spostare somme di denaro da una parte all’altra del mondo, decretando la ricchezza di ristrette oligarchie e la miseria di moltitudini o il fallimento di intere nazioni. Ci sono mani tese ad accumulare denaro  con la vendita di armi che altre mani, anche di bambini, useranno per seminare morte e povertà. Ci sono mani tese che nell’ombra scambiano dosi di morte per arricchirsi e vivere nel lusso e nella sregolatezza effimera. Ci sono mani tese che sottobanco scambiano favori illegali per un guadagno facile e corrotto. E ci sono anche mani tese che nel perbenismo ipocrita stabiliscono leggi che loro stessi non osservano. 

In questo panorama, «gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 54). Non potremo essere contenti fino a quando queste mani che seminano morte non saranno trasformate in strumenti di giustizia e di pace per il mondo intero.

10. «In tutte le tue azioni, ricordati della tua fine» (Sir 7,36). È l’espressione con cui il Siracide conclude questa sua riflessione. Il testo si presta a una duplice interpretazione. La prima fa emergere che abbiamo bisogno di tenere sempre presente la fine della nostra esistenza. Ricordarsi il destino comune può essere di aiuto per condurre una vita all’insegna dell’attenzione a chi è più povero e non ha avuto le stesse nostre possibilità. Esiste anche una seconda interpretazione, che evidenzia piuttosto il fine, lo scopo verso cui ognuno tende. È il fine della nostra vita che richiede un progetto da realizzare e un cammino da compiere senza stancarsi. Ebbene, il fine di ogni nostra azione non può essere altro che l’amore. È questo lo scopo verso cui siamo incamminati e nulla ci deve distogliere da esso. Questo amore è condivisione, dedizione e servizio, ma comincia dalla scoperta di essere noi per primi amati e risvegliati all’amore. Questo fine appare nel momento in cui il bambino si incontra con il sorriso della mamma e si sente amato per il fatto stesso di esistere. Anche un sorriso che condividiamo con il povero è sorgente di amore e permette di vivere nella gioia. La mano tesa, allora, possa sempre arricchirsi del sorriso di chi non fa pesare la propria presenza e l’aiuto che offre, ma gioisce solo di vivere lo stile dei discepoli di Cristo.

In questo cammino di incontro quotidiano con i poveri ci accompagna la Madre di Dio, che più di ogni altra è la Madre dei poveri. La Vergine Maria conosce da vicino le difficoltà e le sofferenze di quanti sono emarginati, perché lei stessa si è trovata a dare alla luce il Figlio di Dio in una stalla. Per la minaccia di Erode, con Giuseppe suo sposo e il piccolo Gesù è fuggita in un altro paese, e la condizione di profughi ha segnato per alcuni anni la santa Famiglia. Possa la preghiera alla Madre dei poveri accomunare questi suoi figli prediletti e quanti li servono nel nome di Cristo. E la preghiera trasformi la mano tesa in un abbraccio di condivisione e di fraternità ritrovata.