mercoledì 30 dicembre 2015

Gregorian chant - Te Deum




..alla comclusione dell'anno civile, secondo la
 grande tradizione di fede, ascoltiamo e preghiamo il TE DEUM, 
canto di ringraziamento al Signore per i suoi benefici..

Noi ti lodiamo, Dio *
ti proclamiamo  Signore.
O eterno Padre, *
tutta la terra ti adora. 

A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *
il Signore Dio dell'universo.
 
I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;
 
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico figlio, *
e lo Spirito Santo Paraclito.
 
O Cristo, re della gloria, *
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *
per la salvezza dell'uomo.
 
Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
 
Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria *
nell'assemblea dei santi.
 
Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.
 
Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.
 
Pietà di noi, Signore, *

pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, * 

non saremo confusi in eterno. 
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Parrocchia Beato Andrea da Peschiera

Solennità di Maria SS. Madre di Dio

 Preghiera dei fedeli

Donaci, Signore, la tua pace!


Signore, in questa giornata mondiale della pace, ti affidiamo tutti i popoli della terra. Possono veder crescere la giustizia e la pace. Sostieni coloro che lottano contro la miseria e la fame e quanti sono disposti a condividere i beni di cui dispongono. Preghiamo

Signore, ti preghiamo per le comunità cristiane. Rendile segno di speranza per tutti coloro che desiderano incontrare te  e vivere da  fratelli. Trovino sempre  una parola  che li apra alla fede e a gesti di solidarietà.  Preghiamo

Signore ti supplichiamo per gli uomini dalle donne che sono segnati dalla fatica e dalla delusione  e per tutti quelli che non sperano più in una esistenza migliore. Desta in loro uno slancio nuovo.  Preghiamo.

Signore, ti affidiamo il nuovo anno, per l’intercessione di Maria, tua Madre. Rendici sempre attenti alla tua parola, perché la meditiamo nel cuore e la mettiamo in pratica, come lei ha fatto. Preghiamo
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
49a  GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

1° GENNAIO 2016

Vinci l’indifferenza e conquista la pace


1. Dio non è indifferente! A Dio importa dell’umanità, Dio non l’abbandona! All’inizio del nuovo anno, vorrei accompagnare con questo mio profondo convincimento gli auguri di abbondanti benedizioni e di pace, nel segno della speranza, per il futuro di ogni uomo e ogni donna, di ogni famiglia, popolo e nazione del mondo, come pure dei Capi di Stato e di Governo e dei Responsabili delle religioni. Non perdiamo, infatti, la speranza che il 2016 ci veda tutti fermamente e fiduciosamente impegnati, a diversi livelli, a realizzare la giustizia e operare per la pace. Sì, quest’ultima è dono di Dio e opera degli uomini. La pace è dono di Dio, ma affidato a tutti gli uomini e a tutte le donne, che sono chiamati a realizzarlo.

Custodire le ragioni della speranza

2. Le guerre e le azioni terroristiche, con le loro tragiche conseguenze, i sequestri di persona, le persecuzioni per motivi etnici o religiosi, le prevaricazioni, hanno segnato dall’inizio alla fine lo scorso anno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”. Ma alcuni avvenimenti degli anni passati e dell’anno appena trascorso mi invitano, nella prospettiva del nuovo anno, a rinnovare l’esortazione a non perdere la speranza nella capacità dell’uomo, con la grazia di Dio, di superare il male e a non abbandonarsi alla rassegnazione e all’indifferenza. Gli avvenimenti a cui mi riferisco rappresentano la capacità dell’umanità di operare nella solidarietà, al di là degli interessi individualistici, dell’apatia e dell’indifferenza rispetto alle situazioni critiche.
Tra questi vorrei ricordare lo sforzo fatto per favorire l’incontro dei leader mondiali, nell’ambito della COP 21, al fine di cercare nuove vie per affrontare i cambiamenti climatici e salvaguardare il benessere della Terra, la nostra casa comune. E questo rinvia a due precedenti eventi di livello globale: il Summit di Addis Abeba per raccogliere fondi per lo sviluppo sostenibile del mondo; e l’adozione, da parte delle Nazioni Unite,dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, finalizzata ad assicurare un’esistenza più dignitosa a tutti, soprattutto alle popolazioni povere del pianeta, entro quell’anno.
Il 2015 è stato un anno speciale per la Chiesa, anche perché ha segnato il 50° anniversario della pubblicazione di due documenti del Concilio Vaticano II che esprimono in maniera molto eloquente il senso di solidarietà della Chiesa con il mondo. Papa Giovanni XXIII, all’inizio del Concilio, volle spalancare le finestre della Chiesa affinché tra essa e il mondo fosse più aperta la comunicazione. I due documenti, Nostra aetate e Gaudium et spes, sono espressioni emblematiche della nuova relazione di dialogo, solidarietà e accompagnamento che la Chiesa intendeva introdurre all’interno dell’umanità. Nella Dichiarazione Nostra aetate la Chiesa è stata chiamata ad aprirsi al dialogo con le espressioni religiose non cristiane. Nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, dal momento che «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo» [1], la Chiesa desiderava instaurare un dialogo con la famiglia umana circa i problemi del mondo, come segno di solidarietà e di rispettoso affetto [2].
In questa medesima prospettiva, con il Giubileo della Misericordia voglio invitare la Chiesa a pregare e lavorare perché ogni cristiano possa maturare un cuore umile e compassionevole, capace di annunciare e testimoniare la misericordia, di «perdonare e di donare», di aprirsi «a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica», senza cadere «nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge» [3].
Ci sono molteplici ragioni per credere nella capacità dell’umanità di agire insieme in solidarietà, nel riconoscimento della propria interconnessione e interdipendenza, avendo a cuore i membri più fragili e la salvaguardia del bene comune. Questo atteggiamento di corresponsabilità solidale è alla radice della vocazione fondamentale alla fratellanza e alla vita comune. La dignità e le relazioni interpersonali ci costituiscono in quanto esseri umani, voluti da Dio a sua immagine e somiglianza. Come creature dotate di inalienabile dignità noi esistiamo in relazione con i nostri fratelli e sorelle, nei confronti dei quali abbiamo una responsabilità e con i quali agiamo in solidarietà. Al di fuori di questa relazione, ci si troverebbe ad essere meno umani. E’ proprio per questo che l’indifferenza costituisce una minaccia per la famiglia umana. Mentre ci incamminiamo verso un nuovo anno, vorrei invitare tutti a riconoscere questo fatto, per vincere l’indifferenza e conquistare la pace.
Alcune forme di indifferenza
3. Certo è che l’atteggiamento dell’indifferente, di chi chiude il cuore per non prendere in considerazione gli altri, di chi chiude gli occhi per non vedere ciò che lo circonda o si scansa per non essere toccato dai problemi altrui, caratterizza una tipologia umana piuttosto diffusa e presente in ogni epoca della storia. Tuttavia, ai nostri giorni esso ha superato decisamente l’ambito individuale per assumere una dimensione globale e produrre il fenomeno della “globalizzazione dell’indifferenza”.
La prima forma di indifferenza nella società umana è quella verso Dio, dalla quale scaturisce anche l’indifferenza verso il prossimo e verso il creato. È questo uno dei gravi effetti di un umanesimo falso e del materialismo pratico, combinati con un pensiero relativistico e nichilistico. L’uomo pensa di essere l’autore di sé stesso, della propria vita e della società; egli si sente autosufficiente e mira non solo a sostituirsi a Dio, ma a farne completamente a meno; di conseguenza, pensa di non dovere niente a nessuno, eccetto che a sé stesso, e pretende di avere solo diritti [4]. Contro questa autocomprensione erronea della persona, Benedetto XVI ricordava che né l’uomo né il suo sviluppo sono capaci di darsi da sé il proprio significato ultimo [5]; e prima di lui Paolo VI aveva affermato che «non vi è umanesimo vero se non aperto verso l’Assoluto, nel riconoscimento di una vocazione, che offre l’idea vera della vita umana» [6].
L’indifferenza nei confronti del prossimo assume diversi volti. C’è chi è ben informato, ascolta la radio, legge i giornali o assiste a programmi televisivi, ma lo fa in maniera tiepida, quasi in una condizione di assuefazione: queste persone conoscono vagamente i drammi che affliggono l’umanità ma non si sentono coinvolte, non vivono la compassione. Questo è l’atteggiamento di chi sa, ma tiene lo sguardo, il pensiero e l’azione rivolti a sé stesso. Purtroppo dobbiamo constatare che l’aumento delle informazioni, proprio del nostro tempo, non significa di per sé aumento di attenzione ai problemi, se non è accompagnato da un’apertura delle coscienze in senso solidale [7]. Anzi, esso può comportare una certa saturazione che anestetizza e, in qualche misura, relativizza la gravità dei problemi. «Alcuni semplicemente si compiacciono incolpando i poveri e i paesi poveri dei propri mali, con indebite generalizzazioni, e pretendono di trovare la soluzione in una “educazione” che li tranquillizzi e li trasformi in esseri addomesticati e inoffensivi. Questo diventa ancora più irritante se gli esclusi vedono crescere questo cancro sociale che è la corruzione profondamente radicata in molti Paesi – nei governi, nell’imprenditoria e nelle istituzioni – qualunque sia l’ideologia politica dei governanti» [8].
In altri casi, l’indifferenza si manifesta come mancanza di attenzione verso la realtà circostante, specialmente quella più lontana. Alcune persone preferiscono non cercare, non informarsi e vivono il loro benessere e la loro comodità sorde al grido di dolore dell’umanità sofferente. Quasi senza accorgercene, siamo diventati incapaci di provare compassione per gli altri, per i loro drammi, non ci interessa curarci di loro, come se ciò che accade ad essi fosse una responsabilità estranea a noi, che non ci compete [9]. «Quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… Allora il nostro cuore cade nell’indifferenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene» [10].
Vivendo in una casa comune, non possiamo non interrogarci sul suo stato di salute, come ho cercato di fare nella Laudato si’. L’inquinamento delle acque e dell’aria, lo sfruttamento indiscriminato delle foreste, la distruzione dell’ambiente, sono sovente frutto dell’indifferenza dell’uomo verso gli altri, perché tutto è in relazione. Come anche il comportamento dell’uomo con gli animali influisce sulle sue relazioni con gli altri [11], per non parlare di chi si permette di fare altrove quello che non osa fare in casa propria[12].
In questi ed in altri casi, l’indifferenza provoca soprattutto chiusura e disimpegno, e così finisce per contribuire all’assenza di pace con Dio, con il prossimo e con il creato.
La pace minacciata dall’indifferenza globalizzata
4. L’indifferenza verso Dio supera la sfera intima e spirituale della singola persona ed investe la sfera pubblica e sociale. Come affermava Benedetto XVI, «esiste un’intima connessione tra la glorificazione di Dio e la pace degli uomini sulla terra» [13]. Infatti, «senza un’apertura trascendente, l’uomo cade facile preda del relativismo e gli riesce poi difficile agire secondo giustizia e impegnarsi per la pace» [14]. L’oblio e la negazione di Dio, che inducono l’uomo a non riconoscere più alcuna norma al di sopra di sé e a prendere come norma soltanto sé stesso, hanno prodotto crudeltà e violenza senza misura [15].
A livello individuale e comunitario l’indifferenza verso il prossimo, figlia di quella verso Dio, assume l’aspetto dell’inerzia e del disimpegno, che alimentano il perdurare di situazioni di ingiustizia e grave squilibrio sociale, le quali, a loro volta, possono condurre a conflitti o, in ogni caso, generare un clima di insoddisfazione che rischia di sfociare, presto o tardi, in violenze e insicurezza.
In questo senso l’indifferenza, e il disimpegno che ne consegue, costituiscono una grave mancanza al dovere che ogni persona ha di contribuire, nella misura delle sue capacità e del ruolo che riveste nella società, al bene comune, in particolare alla pace, che è uno dei beni più preziosi dell’umanità [16].
Quando poi investe il livello istituzionale, l’indifferenza nei confronti dell’altro, della sua dignità, dei suoi diritti fondamentali e della sua libertà, unita a una cultura improntata al profitto e all’edonismo, favorisce e talvolta giustifica azioni e politiche che finiscono per costituire minacce alla pace. Tale atteggiamento di indifferenza può anche giungere a giustificare alcune politiche economiche deplorevoli, foriere di ingiustizie, divisioni e violenze, in vista del conseguimento del proprio benessere o di quello della nazione. Non di rado, infatti, i progetti economici e politici degli uomini hanno come fine la conquista o il mantenimento del potere e delle ricchezze, anche a costo di calpestare i diritti e le esigenze fondamentali degli altri. Quando le popolazioni vedono negati i propri diritti elementari, quali il cibo, l’acqua, l’assistenza sanitaria o il lavoro, esse sono tentate di procurarseli con la forza [17].
Inoltre, l’indifferenza nei confronti dell’ambiente naturale, favorendo la deforestazione, l’inquinamento e le catastrofi naturali che sradicano intere comunità dal loro ambiente di vita, costringendole alla precarietà e all’insicurezza, crea nuove povertà, nuove situazioni di ingiustizia dalle conseguenze spesso nefaste in termini di sicurezza e di pace sociale. Quante guerre sono state condotte e quante ancora saranno combattute a causa della mancanza di risorse o per rispondere all’insaziabile richiesta di risorse naturali [18]
Dall’indifferenza alla misericordia: la conversione del cuore
5. Quando, un anno fa, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace “Non più schiavi, ma fratelli”, evocavo la prima icona biblica della fraternità umana, quella di Caino e Abele (cfr Gen 4,1-16), era per attirare l’attenzione su come è stata tradita questa prima fraternità. Caino e Abele sono fratelli. Provengono entrambi dallo stesso grembo, sono uguali in dignità e creati ad immagine e somiglianza di Dio; ma la loro fraternità creaturale si rompe. «Non soltanto Caino non sopporta suo fratello Abele, ma lo uccide per invidia» [19]. Il fratricidio allora diventa la forma del tradimento, e il rifiuto da parte di Caino della fraternità di Abele è la prima rottura nelle relazioni familiari di fraternità, solidarietà e rispetto reciproco.
Dio interviene, allora, per chiamare l’uomo alla responsabilità nei confronti del suo simile, proprio come fece quando Adamo ed Eva, i primi genitori, ruppero la comunione con il Creatore. «Allora il Signore disse a Caino: “Dov’è Abele, tuo fratello?”. Egli rispose: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?”. Riprese: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!”» (Gen 4,9-10).
Caino dice di non sapere che cosa sia accaduto a suo fratello, dice di non essere il suo guardiano. Non si sente responsabile della sua vita, della sua sorte. Non si sente coinvolto. È indifferente verso suo fratello, nonostante essi siano legati dall’origine comune. Che tristezza! Che dramma fraterno, familiare, umano! Questa è la prima manifestazione dell’indifferenza tra fratelli. Dio, invece, non è indifferente: il sangue di Abele ha grande valore ai suoi occhi e chiede a Caino di renderne conto. Dio, dunque, si rivela, fin dagli inizi dell’umanità come Colui che si interessa alla sorte dell’uomo. Quando più tardi i figli di Israele si trovano nella schiavitù in Egitto, Dio interviene nuovamente. Dice a Mosè: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco, infatti, le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele» (Es 3,7-8). È importante notare i verbi che descrivono l’intervento di Dio: Egli osserva, ode, conosce, scende, libera. Dio non è indifferente. È attento e opera.
Allo stesso modo, nel suo Figlio Gesù, Dio è sceso fra gli uomini, si è incarnato e si è mostrato solidale con l’umanità, in ogni cosa, eccetto il peccato. Gesù si identificava con l’umanità: «il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29). Egli non si accontentava di insegnare alle folle, ma si preoccupava di loro, specialmente quando le vedeva affamate (cfr Mc 6,34-44) o disoccupate (cfr Mt 20,3). Il suo sguardo non era rivolto soltanto agli uomini, ma anche ai pesci del mare, agli uccelli del cielo, alle piante e agli alberi, piccoli e grandi; abbracciava l’intero creato. Egli vede, certamente, ma non si limita a questo, perché tocca le persone, parla con loro, agisce in loro favore e fa del bene a chi è nel bisogno. Non solo, ma si lascia commuovere e piange (cfr Gv 11,33-44). E agisce per porre fine alla sofferenza, alla tristezza, alla miseria e alla morte.
Gesù ci insegna ad essere misericordiosi come il Padre (cfr Lc 6,36). Nella parabola del buon samaritano (cfr Lc 10,29-37) denuncia l’omissione di aiuto dinanzi all’urgente necessità dei propri simili: «lo vide e passò oltre» (cfr Lc 10,31.32). Nello stesso tempo, mediante questo esempio, Egli invita i suoi uditori, e in particolare i suoi discepoli, ad imparare a fermarsi davanti alle sofferenze di questo mondo per alleviarle, alle ferite degli altri per curarle, con i mezzi di cui si dispone, a partire dal proprio tempo, malgrado le tante occupazioni. L’indifferenza, infatti, cerca spesso pretesti: nell’osservanza dei precetti rituali, nella quantità di cose che bisogna fare, negli antagonismi che ci tengono lontani gli uni dagli altri, nei pregiudizi di ogni genere che ci impediscono di farci prossimo.
La misericordia è il cuore di Dio. Perciò dev’essere anche il cuore di tutti coloro che si riconoscono membri dell’unica grande famiglia dei suoi figli; un cuore che batte forte dovunque la dignità umana – riflesso del volto di Dio nelle sue creature – sia in gioco. Gesù ci avverte: l’amore per gli altri – gli stranieri, i malati, i prigionieri, i senza fissa dimora, perfino i nemici – è l’unità di misura di Dio per giudicare le nostre azioni. Da ciò dipende il nostro destino eterno. Non c’è da stupirsi che l’apostolo Paolo inviti i cristiani di Roma a gioire con coloro che gioiscono e a piangere con coloro che piangono (cfr Rm 12,15), o che raccomandi a quelli di Corinto di organizzare collette in segno di solidarietà con i membri sofferenti della Chiesa (cfr 1 Cor 16,2-3). E san Giovanni scrive: «Se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui?» (1 Gv 3,17; cfr Gc 2,15-16).
Ecco perché «è determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre. La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia» [20].
Così, anche noi siamo chiamati a fare dell’amore, della compassione, della misericordia e della solidarietà un vero programma di vita, uno stile di comportamento nelle nostre relazioni gli uni con gli altri [21]. Ciò richiede la conversione del cuore: che cioè la grazia di Dio trasformi il nostro cuore di pietra in un cuore di carne (cfr Ez 36,26), capace di aprirsi agli altri con autentica solidarietà. Questa, infatti, è molto più che un «sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane» [22]. La solidarietà «è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» [23], perché la compassione scaturisce dalla fraternità.
Così compresa, la solidarietà costituisce l’atteggiamento morale e sociale che meglio risponde alla presa di coscienza delle piaghe del nostro tempo e dell’innegabile inter-dipendenza che sempre più esiste, specialmente in un mondo globalizzato, tra la vita del singolo e della sua comunità in un determinato luogo e quella di altri uomini e donne nel resto del mondo [24].
Promuovere una cultura di solidarietà e misericordia per vincere l’indifferenza
6. La solidarietà come virtù morale e atteggiamento sociale, frutto della conversione personale, esige un impegno da parte di una molteplicità di soggetti, che hanno responsabilità di carattere educativo e formativo.
Il mio primo pensiero va alle famiglie, chiamate ad una missione educativa primaria ed imprescindibile. Esse costituiscono il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro. Esse sono anche l’ambito privilegiato per la trasmissione della fede, cominciando da quei primi semplici gesti di devozione che le madri insegnano ai figli [25].
Per quanto riguarda gli educatori e i formatori che, nella scuola o nei diversi centri di aggregazione infantile e giovanile, hanno l’impegnativo compito di educare i bambini e i giovani, sono chiamati ad essere consapevoli che la loro responsabilità riguarda le dimensioni morale, spirituale e sociale della persona. I valori della libertà, del rispetto reciproco e della solidarietà possono essere trasmessi fin dalla più tenera età. Rivolgendosi ai responsabili delle istituzioni che hanno compiti educativi, Benedetto XVI affermava: «Ogni ambiente educativo possa essere luogo di apertura al trascendente e agli altri; luogo di dialogo, di coesione e di ascolto, in cui il giovane si senta valorizzato nelle proprie potenzialità e ricchezze interiori, e impari ad apprezzare i fratelli. Possa insegnare a gustare la gioia che scaturisce dal vivere giorno per giorno la carità e la compassione verso il prossimo e dal partecipare attivamente alla costruzione di una società più umana e fraterna» [26].
Anche gli operatori culturali e dei mezzi di comunicazione sociale hanno responsabilità nel campo dell’educazione e della formazione, specialmente nelle società contemporanee, in cui l’accesso a strumenti di informazione e di comunicazione è sempre più diffuso. E’ loro compito innanzitutto porsi al servizio della verità e non di interessi particolari. I mezzi di comunicazione, infatti, «non solo informano, ma anche formano lo spirito dei loro destinatari e quindi possono dare un apporto notevole all’educazione dei giovani. È importante tenere presente che il legame tra educazione e comunicazione è strettissimo: l’educazione avviene, infatti, per mezzo della comunicazione, che influisce, positivamente o negativamente, sulla formazione della persona» [27]. Gli operatori culturali e dei media dovrebbero anche vigilare affinché il modo in cui si ottengono e si diffondono le informazioni sia sempre giuridicamente e moralmente lecito.
La pace: frutto di una cultura di solidarietà, misericordia e compassione
7. Consapevoli della minaccia di una globalizzazione dell’indifferenza, non possiamo non riconoscere che, nello scenario sopra descritto, si inseriscono anche numerose iniziative ed azioni positive che testimoniano la compassione, la misericordia e la solidarietà di cui l’uomo è capace. Vorrei ricordare alcuni esempi di impegno lodevole, che dimostrano come ciascuno possa vincere l’indifferenza quando sceglie di non distogliere lo sguardo dal suo prossimo, e che costituiscono buone pratiche nel cammino verso una società più umana.
Ci sono tante organizzazioni non governative e gruppi caritativi, all’interno della Chiesa e fuori di essa, i cui membri, in occasione di epidemie, calamità o conflitti armati, affrontano fatiche e pericoli per curare i feriti e gli ammalati e per seppellire i defunti. Accanto ad essi, vorrei menzionare le persone e le associazioni che portano soccorso ai migranti che attraversano deserti e solcano mari alla ricerca di migliori condizioni di vita. Queste azioni sono opere di misericordia corporale e spirituale, sulle quali saremo giudicati al termine della nostra vita.
Il mio pensiero va anche ai giornalisti e fotografi che informano l’opinione pubblica sulle situazioni difficili che interpellano le coscienze, e a coloro che si impegnano per la difesa dei diritti umani, in particolare quelli delle minoranze etniche e religiose, dei popoli indigeni, delle donne e dei bambini, e di tutti coloro che vivono in condizioni di maggiore vulnerabilità. Tra loro ci sono anche tanti sacerdoti e missionari che, come buoni pastori, restano accanto ai loro fedeli e li sostengono nonostante i pericoli e i disagi, in particolare durante i conflitti armati.
Quante famiglie, poi, in mezzo a tante difficoltà lavorative e sociali, si impegnano concretamente per educare i loro figli “controcorrente”, a prezzo di tanti sacrifici, ai valori della solidarietà, della compassione e della fraternità! Quante famiglie aprono i loro cuori e le loro case a chi è nel bisogno, come ai rifugiati e ai migranti! Voglio ringraziare in modo particolare tutte le persone, le famiglie, le parrocchie, le comunità religiose, i monasteri e i santuari, che hanno risposto prontamente al mio appello ad accogliere una famiglia di rifugiati [28].
Infine, vorrei menzionare i giovani che si uniscono per realizzare progetti di solidarietà, e tutti coloro che aprono le loro mani per aiutare il prossimo bisognoso nelle proprie città, nel proprio Paese o in altre regioni del mondo. Voglio ringraziare e incoraggiare tutti coloro che si impegnano in azioni di questo genere, anche se non vengono pubblicizzate: la loro fame e sete di giustizia sarà saziata, la loro misericordia farà loro trovare misericordia e, in quanto operatori di pace, saranno chiamati figli di Dio (cfr Mt 5,6-9).
La pace nel segno del Giubileo della Misericordia
8. Nello spirito del Giubileo della Misericordia, ciascuno è chiamato a riconoscere come l’indifferenza si manifesta nella propria vita e ad adottare un impegno concreto per contribuire a migliorare la realtà in cui vive, a partire dalla propria famiglia, dal vicinato o dall’ambiente di lavoro.
Anche gli Stati sono chiamati a gesti concreti, ad atti di coraggio nei confronti delle persone più fragili delle loro società, come i prigionieri, i migranti, i disoccupati e i malati.
Per quanto concerne i detenuti, in molti casi appare urgente adottare misure concrete per migliorare le loro condizioni di vita nelle carceri, accordando un’attenzione speciale a coloro che sono privati della libertà in attesa di giudizio [29], avendo a mente la finalità rieducativa della sanzione penale e valutando la possibilità di inserire nelle legislazioni nazionali pene alternative alla detenzione carceraria. In questo contesto, desidero rinnovare l’appello alle autorità statali per l’abolizione della pena di morte, là dove essa è ancora in vigore, e a considerare la possibilità di un’amnistia.
Per quanto riguarda i migranti, vorrei rivolgere un invito a ripensare le legislazioni sulle migrazioni, affinché siano animate dalla volontà di accoglienza, nel rispetto dei reciproci doveri e responsabilità, e possano facilitare l’integrazione dei migranti. In questa prospettiva, un’attenzione speciale dovrebbe essere prestata alle condizioni di soggiorno dei migranti, ricordando che la clandestinità rischia di trascinarli verso la criminalità.
Desidero, inoltre, in quest’Anno giubilare, formulare un pressante appello ai responsabili degli Stati a compiere gesti concreti in favore dei nostri fratelli e sorelle che soffrono per la mancanza di lavoro, terra e tetto. Penso alla creazione di posti di lavoro dignitoso per contrastare la piaga sociale della disoccupazione, che investe un gran numero di famiglie e di giovani ed ha conseguenze gravissime sulla tenuta dell’intera società. La mancanza di lavoro intacca pesantemente il senso di dignità e di speranza, e può essere compensata solo parzialmente dai sussidi, pur necessari, destinati ai disoccupati e alle loro famiglie. Un’attenzione speciale dovrebbe essere dedicata alle donne – purtroppo ancora discriminate in campo lavorativo – e ad alcune categorie di lavoratori, le cui condizioni sono precarie o pericolose e le cui retribuzioni non sono adeguate all’importanza della loro missione sociale.
Infine, vorrei invitare a compiere azioni efficaci per migliorare le condizioni di vita dei malati, garantendo a tutti l’accesso alle cure mediche e ai farmaci indispensabili per la vita, compresa la possibilità di cure domiciliari.
Volgendo lo sguardo al di là dei propri confini, i responsabili degli Stati sono anche chiamati a rinnovare le loro relazioni con gli altri popoli, permettendo a tutti una effettiva partecipazione e inclusione alla vita della comunità internazionale, affinché si realizzi la fraternità anche all’interno della famiglia delle nazioni.
In questa prospettiva, desidero rivolgere un triplice appello ad astenersi dal trascinare gli altri popoli in conflitti o guerre che ne distruggono non solo le ricchezze materiali, culturali e sociali, ma anche – e per lungo tempo – l’integrità morale e spirituale; alla cancellazione o alla gestione sostenibile del debito internazionale degli Stati più poveri; all’adozione di politiche di cooperazione che, anziché piegarsi alla dittatura di alcune ideologie, siano rispettose dei valori delle popolazioni locali e che, in ogni caso, non siano lesive del diritto fondamentale ed inalienabile dei nascituri alla vita.
Affido queste riflessioni, insieme con i migliori auspici per il nuovo anno, all’intercessione di Maria Santissima, Madre premurosa per i bisogni dell’umanità, affinché ci ottenga dal suo Figlio Gesù, Principe della Pace, l’esaudimento delle nostre suppliche e la benedizione del nostro impegno quotidiano per un mondo fraterno e solidale.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2015
Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

Apertura del Giubileo Straordinario della Misericordia
FRANCISCUS

 

 

sabato 26 dicembre 2015

AscoltarTi è una festa - Sacra Famiglia

Festa della S.Famiglia

27 dicembre 2015 – Festa della S.Famiglia - anno C

In questa domenica 27 dicembre, i ragazzi di 3a media iniziano un campo-scuola a Cisano di Bardolino.
Giovedì 31 dicembre, ultimo giorno dell’ano civile, alla Messa delle ore 18.00 con il canto del “TE DEUM”  
(Ti lodiamo, o Dio) ringrazieremo il Signore per averci accompagnato in questo anno 2015 e per tutti i suoi benefici.
Il 1° gennaio  la Messa delle ore 8.00 non sarà celebrata,
E’ anche la 49a a giornata mondiale della pace che ha come tema:
“Vinci l’indifferenza e conquista la pace”

preghiera sul Vangelo della S. Famiglia  
Non sei più un  bambino, Gesù, quando Maria e Giuseppe ti conducono con loro al tempio del Signore, a Gerusalemme.
Per il tuo popolo della legge sacra tu sei ormai maggiorenne,  responsabile delle due azioni davanti a Dio e agli uomini. Ed è per questo che non puoi ignorare la missione ricevuta dal Padre. Nella sua casa tu ti trovi perfettamente a tuo agio, per nulla imbarazzato dai maestri, esperti conoscitori della Bibbia. Tu li ascolti e li Interroghi, senza presunzione e senza timore.
Tu sei il portatore di un’ esperienza unica di Dio. perché sei il suo Figlio, l’amato. E quando vieni rimproverato per l’ansia e l’angoscia di cui sei stato causa, la tua risposta è sorprendente. Il legame con il Padre tuo, infatti, non è forse in cima ai tuoi pensieri, alle tue azioni, ai tuoi sentimenti?
In ogni caso tu accetti i tempi  diversi della tua vita di uomo:
 torni a Nazareth e ti sottometti all’autorità di Giuseppe e di Maria, impegnato a crescere in sapienza, età e grazia, per prepararti alla tua missione.
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 S.Famiglia  anno C- omelia
“Fa’ che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore…”

Il ritrovamento di Gesù fanciullo nel tempio potrebbe sembrare un semplice episodio di vita familiare. Ma prima di tutto è la testimonianza che la famiglia di Nazareth segue completamente la grande tradizione religiosa del suo popolo. Custodisce al suo interno la grande ricchezza di fede di cui si è imbevuta la vita del bambino e del ragazzo Gesù.
A questo punto ogni famiglia potrebbe chiedersi: in che modo noi custodiamo la nostra fede? Che clima di fede respirano i nostri bambini dentro la nostra famiglia? Qualche volta, in casa, vengono fuori parole di Vangelo?
La fede la teniamo per noi, nella nostra famiglia, come un bene privato, o sappiamo condividerla con la testimonianza, con l’accoglienza, con l’apertura agli altri?
Ben vengano le occasioni nelle quali genitori si confrontano sul vissuto della loro fede, si aiutano e ricevono preziosi suggerimenti anche da altre famiglie, per camminare insieme… Per i bambini che crescono, la fede non scende dall’alto come un miracolo, ma si riceve e si dona…
Tutti sappiamo che le famiglie, specialmente quelle giovani, sono spesso “di corsa”, molto affaccendate; ma qualche volta ci pensate che questa “corsa” può essere anche la corsa della fede? Un impegno per non perdere alcune occasioni preziose?
Durante il pellegrinaggio a Gerusalemme, Gesù fa così per dire, una sorpresa, un po’ amara per i suoi genitori, i quali, dopo tre giorni, lo trovano nel tempio in mezzo agli esperti della Bibbia, “mentre  li ascoltava e li interrogava”….. E Maria, la madre di Gesù, lo interroga con un tono quasi di rimprovero che manifesta la sua inquietudine.
“Figlio perché hai fatto questo? Tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo”.
Quante volte i genitori di fronte al figlio una figlia che cresce e richiede una certa libertà e autonomia, si pongono quasi la stessa domanda: perché hai fatto questo? Il figli potrebbero prendere decisioni inaspettate, senza preavviso, che possono mettere in crisi i genitori. Ogni figlio è un mistero sempre difficile da decifrare. E  questo fa parte della vita… anche la fede può subire contraccolpi ed entrare in crisi… non bisogna stupirsi più di tanto, ma non bisogna nemmeno restare indifferenti: “.. faccia quello che vuole, non vogliamo romperci la testa e creare continue tensioni o litigate…” Detta così sembra piuttosto una resa senza condizioni…  E’ più difficile, invece, accompagnare con pazienza lo sviluppo e la crescita dei figli, resistere anche di fronte ad eventuali provocazioni e dare un indirizzo di comportamento... I figli domandano di dialogare, sono assolutamente bisognosi di avere punti di riferimento sicuri che hanno diritto di trovare, prima di tutto, nei loro genitori, assieme a  stima e incoraggiamento. Non vanno lasciati a loro stessi: hanno bisogno anche di rimproveri e di interventi decisi, quando è necessario… ma nemmeno continuamente messi sotto pressione, con una eccessiva insistenza.  Come è difficile trovare questo equilibrio educativo! Spesso i risultati non arrivano…
A questo punto, dopo aver provato e riprovato quello che umanamente è possibile, senza crearsi crisi di coscienza o sensi di colpa, è necessario affidare i propri figli al mistero di Dio, sotto il suo sguardo…
Meditiamo ora la risposta di Gesù a sua madre: sono le prime parola che Gesù pronuncia nel Vangelo: “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”
A volte si pensa solo che con il suo gesto e le sue parole Gesù abbia inteso preparare il futuro distacco dalla famiglia e affermare la propria libertà e il primato della propria missione… questo è certamente vero, ma non è l’aspetto più importante. Dicendo «tuo padre», Maria pensava a Giuseppe. Dicendo «mio Padre», Gesù pensava a Dio. Il contrasto è significativo, quasi duro. Gesù afferma la sua origine dal Padre. E nella domanda rivolta ai genitori, Egli svela la sua obbedienza senza riserve al Padre. Gesù vuole essere dentro nella vita del Padre suo, dedicarsi totalmente a Lui: niente è più importante di questo.
Gesù sta orientando la sua esistenza nell’obbedienza amorosa verso il Padre suo.
Così nella famiglia che vive di fede, ci si sforza di orientare i figli verso l’obbedienza al Signore e alla sua volontà,  senza voler determinare il loro futuro.
«Ma essi non compresero» le parole di Gesù, annota l'evangelista. Ai genitori di Gesù non è risparmiata la fatica dell’educazione … Gesù andrà capito con pazienza, vivendo con Lui a Nazareth, nella normalità della vita quotidiana, nel lavoro di casa, nelle normali relazioni dentro un piccolo paese sperduto nel quale Dio prepara le future meraviglie  del suo amore.

giovedì 24 dicembre 2015

Buon Natale a tutti!

NATALE: MESSA DELLA NOTTE

Dal libro del profeta Isaìa

Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva,

la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Màdian.
Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.


Salmo responsoriale: Oggi è nato per noi il Salvatore

Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome.

Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
In mezzo alle genti narrate la sua gloria,
a tutti i popoli dite le sue meraviglie.

Gioiscano i cieli, esulti la terra,
risuoni il mare e quanto racchiude;
sia in festa la campagna e quanto contiene,
acclamino tutti gli alberi della foresta.

Davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli
Dalla lettera di san Paolo Apostolo a Tito

Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.

Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
 Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama»
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Omelia della Messa dell’aurora e del giorno



Benvenuti a tutti voi, anche quest’ anno per Il Natale, vissuto in questo giorno. Come sempre, è festa carica di aspettative… e anche noi ne abbiamo diverse…. Forse avete sostato come famiglia davanti al presepio che avete collaborato a fare assieme…e, magari, avete fatto anche una preghiera davanti a Gesù Bambino, come ci invita a fare, nella nostra chiesa, anche il presepio che stato preparato per noi, con passione, anche quest’anno…



Il Dio bambino che entra nella storia come ogni uomo, si mette alla pari degli ultimi, attende i pastori in una mangiatoia. Quando lo trovano, essi scoprono che Dio per primo li ha cercati, che il suo amore li aveva preceduti. La ricerca degli uomini  arriva al traguardo perché c’è qualcuno  che si è messo sui loro passi.

Noi siamo venuti qui come i pastori, cercando il Signore Gesù, ma è lui stesso che ci è venuto incontro per liberarci dal male, dalla tristezza, dal disorientamento e donarci la gioia.
Noi, il Natale, non solo lo viviamo esternamente – come tutti – ma vogliamo celebrarlo in quanto credenti. Ci ricordiamo che la notte del Natale ha allontanato le tenebre del mondo: “Su coloro che abitavano in terra tenebrosa, una luce rifulse..”La gloria del Signore avvolse di luce i pastori” e avvolge anche noi, se lo vogliamo , se non ci difendiamo da questo fulgore..” Che vuol dire? Anche per noi il Signore è luce?
Possiamo trovarci, purtroppo, nella tenebra quando camminiamo su strade contorte, quando vogliamo decidere da soli che cosa fare e non interroghiamo il Vangelo, non lasciamo che il Signore ci illumini, ci dia un orientamento… quando la sua voce è troppo debole per colpa nostra e  viene confusa con mille altre voci e viviamo condizionati da tanti compromessi… come se tutto fosse uguale, come se il Signore non avesse niente di interessante da dirci…
Ma per noi, questo Natale, è un appuntamento da non perdere e  una speranza da rinnovare… Quel bambino è nato per noi, è nato per me… la sua nascita può essere l’inizio della mia rinascita, di un risveglio della mia fede, di un movimento del cuore che mi orienta verso tutto ciò che è buono, che è vero, che è giusto, che è segno di bontà…
Gesù  è un bambino che non parla ancora e tuttavia proprio lui è la parola di Dio divenuta uomo.
Questo bambino è il Verbo che esiste da sempre accanto al Padre: prima ancora del big Ben egli era in principio presso Dio.
Questo bambino che piange, ha fame,  è  debole e bisognoso di tutto, è la parola che ha creato l’universo.
Questo bambino in cui la vita appare tutta la sua piccolezza, è la vita stessa di Dio nella sua pienezza e bellezza.
Questo bambino visibile nella penombra della stalla, è la luce del mondo.
“In Lui era la vita è la vita era la luce degli uomini”.
Questo bambino, che, come ogni neonato deve imparare tutto, è la sapienza di Dio che ha piantato la sua tenda in mezzo noi.
Questo bambino gloria del Padre  ma che i suoi non hanno riconosciuto, è  Colui che può fare di ciascuno di noi un figlio di Dio.
L’augurio più forte che possiamo farci per questo Natale può essere formulato come un’invocazione e una preghiera. “Rendici, Signore, tenaci e volonterosi costruttori di opere buone… del bene che edifica, della misericordia che accoglie, della giustizia che rispetta i diritti di tutti, della compassione che apre il cuore alle necessità degli altri. Vinci in noi la timidezza e la paura di essere cristiani. Rendici testimoni coraggiosi del dono che Tu ci hai fatto e hai rinnovato per noi  in questo Natale!” 





Gli auguri di Natale di Papa Francesco

Il Natale di solito è una festa rumorosa: ti farebbe bene un po’ di silenzio per ascoltare la voce dell’amore.
Natale  sei tu, quando decidi di nuovo, ogni giorno, di lasciare entrare in Dio nella tua anima.
L’albero di Natale sei tu, quando resisti vigoroso ai venti e alle difficoltà della vita.
La campana di Natale sei tu quando chiami gli altri e cerchi di unire.
Sei anche luce di Natale quanto illumini con la tua vita il cammino degli altri con la bontà, la pazienza, l’allegria e la generosità.
Gli angeli del Natale sei tu quando canti al mondo un messaggio di pace e di giustizia.
La stella cometa del Natale sei tu quando conduci qualcuno all’incontro con il Signore. Sei anche come i re magi quando dai il meglio di te stesso e lo fai senza misurare il tuo dono.
La musica di Natale sei tu quando conquisti l’armonia dentro di te.
Il regalo di Natale sei tu, quando sei un vero amico e il fratello di tutti gli esseri umani. Gli auguri di Natale sei tu, quando perdoni e ristabilisci la pace.
Il cenone di Natale sei tu, quando  sazi di pane e di speranza il povero che ti sta a fianco.
Sei tu la notte di Natale, quando umile e cosciente ricevi nel silenzio della notte il Salvatore del mondo, senza rumori: tu sei, in quel momento, sorriso di confidenza e di tenerezza, nella pace interiore.
Allora il Natale stabilisce il regno dentro di te. E tu puoi portare la bella notizia.