domenica 31 ottobre 2021

 1° novembre: SOLENNITA ' DI TUTTI I SANTI 

Vangelo

Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,1-12a
 
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

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omelia - Tutti i santi (2021) 

Con grande gioia celebriamo la solennità di Tutti i Santi. In questa festa ricordiamo non soltanto i santi canonizzati, che sono già menzionati nel calendario, ma anche tutti gli altri santi di cui non si fa memoria. Sono innumerevoli, una moltitudine immensa, dice il libro dell’ Apocalisse. Tanti cristiani e tante cristiane che sono stati fedeli alla grazia del loro battesimo, hanno seguito Cristo con amore e ora si trovano con lui nella gloria e nella gioia del cielo.

La liturgia di oggi ci invita alla riconoscenza, alla festa e al ringraziamento.

— Siamo anche noi la ‘folla’ alla quale Gesù rivolge il suo annuncio di felicità, in cui tante volte risuona la parola ‘Beati!’ (vangelo).

— Siamo noi i «figli di Dio», destinatari dell’amore del Padre. La nostra dignità un giorno apparirà in tutto il suo splendore (seconda lettura). 

Quello di oggi è un messaggio forte, che domanda di essere inteso e accolto. 

 

In ognuna delle Beatitudini del vangelo noi oggi possiamo riconoscere i volti di uomini e donne che sono stati o sono ancora nostri compagni di viaggio. In ognuna delle categorie che Gesù ci presenta, noi possiamo riconoscere i tratti di qualcuno che ha avuto un cuore di povero, che ha praticato la mitezza e la misericordia, che ha avuto uno sguardo puro e limpido, che ha sofferto e lottato perla giustizia e la liberazione degli oppressi. A pensarci bene l’esistenza di queste persone, spesso molto semplice e modesta, ha lasciato un segno, un segno che rimane. Molto più di quanto abbiano fatto tanti personaggi alla ribalta, vissuti costantemente sotto i riflettori.

 

Santità … è sviluppo del nostro essere figli amati. che rispondono con l’amore riconoscente al dono riveduto e lo fanno fruttificare…

«Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!». Cioè: Comprendete il dono dell’essere figli, rendetevi conto sempre di più, assimilate in voi il dono ricevuto, non datelo per scontato!

 

a. La festa di  oggi mette l’accento  sulla santità quotidiana, vissuta nello scorrere dei giorni. Non solo la santità eroica che pone sugli altari figure forti e ammirevoli  di cristiani, esempio di una vita riuscita secondo Dio. Oggi ci viene proposta soprattutto la santità feriale, intessuta a doppio filo con le vicende di una famiglia, di una cerchia di amici e conoscenti, di una comunità cristiana. Senza fare chiasso, nei momenti più diversi, spesso nelle prove che riserva la vita, essi hanno fatto giungere qualcosa di prezioso: un gesto o una parola, destinati a rasserenare, a consolare, a convincere, a placare, a sostenere. Si è trattato di una vera e propria iniezione di fiducia, di speranza, offerta con la sincerità di coloro che diventano testimoni , ma rimangono discreti e, in ogni caso, non umiliano mai, non mettono mai a disagio.

 

b. Come un po’ di luce che riesce a rischiarare la notte più buia, come un pizzico di lievito capace di far fermentare una grande massa di pasta, i santi sono riusciti a liberarci dalla nostra mediocrità, dall’astio o al desiderio di vendetta, dalla tentazione di ferire qualcuno per farlo star male. Ci hanno vaccinato dall’orgoglio e dalla gelosia e hanno destato in noi i sentimenti e le forze migliori. È questa santità che oggi celebriamo con gratitudine perché in essa vediamo la presenza dello Spirito. 

 

Offro la testimonianza del giudice Livatino, ucciso dalla mafia ad Agrigento nel 1990 e di cui è stato aperto il processo di betificazione il 21 settembre di quest’anno 2021. 

In una conferenza parla della sua professione con queste parole:  

















“Proprio nello scegliere per decidere, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell'amore verso la persona giudicata…

Sia il giudice credente che il non credente devono, nel momento del decidere, dimettere ogni vanità e soprattutto ogni superbia; devono avvertire tutto il peso del potere affidato alle loro mani, peso tanto più grande perché il potere è esercitato in libertà ed autonomia. E tale compito sarà tanto più lieve quanto più il magistrato avvertirà con umiltà le proprie debolezze, quanto più si ripresenterà ogni volta alla società, disposto a comprendere l'uomo che ha di fronte e a giudicarlo senza atteggiamento da superuomo, ma anzi con costruttiva contrizione.

Ed ancora una volta sarà la legge dell'amore, la forza vivificatrice della fede a risolvere il problema radicalmente. Ricordiamo le parole del Cristo all'adultera: "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra"; con esse egli ha additato la ragione profonda della difficoltà: il peccato è ombra e per giudicare occorre la luce e nessun uomo è luce assoluta

 

Papa Francesco in “Gaudete et exultate”: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità “della porta accanto”, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, “la classe media della santità”

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TUTTI I SANTI 

Preghiera dei fedeli 

 

Tu affiderai il tuo Regno ai poveri in spirito. Dona alla Chiesa di vivere secondo il Vangelo e di lasciarsi ammaestrare da coloro che lo mettono in pratica ogni giorno con semplicità. Preghiamo...

 

Tu darai la terra promessa ai miti. Libera coloro che portano qualche responsabilità dall'orgoglio che divide, dall'intolleranza e dalla violenza che umiliano. Preghiamo...

 

Tu sazierai le attese di coloro che hanno fame e sete della giustizia. Sostieni tutti quelli che soffrono a causa della loro fede, per il loro impegno civile, per le loro convinzioni. Ravviva la loro forza d'animo, tieni desta la speranza. Preghiamo...

 

Tu mostrerai il tuo volto ai puri di cuore. Suscita educatori che ci facciano avvertire la bellezza di una vita limpida e buona, di una lealtà a tutta prova, fatta di comprensione e di dialogo. Preghiamo...

 

Tu chiamerai tuoi figli quanti operano per la pace. Sostieni gli sforzi degli uomìni e delle donne di buona volontà che percorrono la strada difficile della riconciliazione. Rendici difensori attenti della dignità di ogni persona. Preghiamo...



sabato 30 ottobre 2021

31 ottobre 2021 

31a domenica del tempo ordinario

Prima Lettura. Dal libro del Deuteronòmio - Dt 6,2-6
 
Mosè parlò al popolo dicendo:
«Temi il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni.
Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto.
Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore».

 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 17 (18)

R. Ti amo, Signore, mia forza.

 

Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore. R.
Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici. R.
Viva il Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato. R.

 

Seconda Lettura

Dalla lettera lettera agli Ebrei - Eb 7,23-28
 
Fratelli, [nella prima alleanza] in gran numero sono diventati sacerdoti, perché la morte impediva loro di durare a lungo. Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.
Questo era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso.
La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso perfetto per sempre.

Vangelo - Dal Vangelo secondo Marco - Mc 12,28b-34
 
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

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omelia 31a  B

 

La domanda dello scriba, esperto della legge e bene intenzionato verso il maestro Gesù è molto seria ed era presente, certamente, nelle discussioni che al tempo di Gesù facevano i maestri della legge: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Gli esperti della legge di Mosé avevano aggiunto ai dieci comandamenti  molte regole di vita che contavano, addirittura,  613 precetti, dei quali 248 positivi (“Si deve fare così e così…) e il resto negativi (Non è lecito fare questo o quest’altro..). Si sentiva, perciò, il bisogno di trovare un centro morale, una principio che facesse una sintesi e potesse dare un orientamento sicuro in tutte queste regole…  

Gesù risponde citando due testi biblici: un passo del Deuteronomio («Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua forza»), e un passo del Levitico («Amerai il tuo prossimo come te stesso»). 

Gesù, soprattutto,  invita a non perdersi nel labirinto dei precetti: la volontà di Dio è semplice e chiara: amare Dio e gli uomini. È giusto che la legge si occupi dei molti e svariati casi della vita, per obbedire a Dio. Ma  non bisogna perdere di vista il centro, che è come una calamita che attira attorno a sé tutti i comandamenti. Questo centro è l'amore. I vari comandamenti si spiegano perché sono espressione dell’amore…

Doroteo di Gaza (sec. IV)

Immaginate che il mondo sia un cerchio, che al centro sia Dio, e che i raggi siano le differenti maniere di vivere degli uomini. Quando coloro che, desiderando avvicinarsi a Dio, camminano verso il centro del cerchio, essi si avvicinano anche gli uni agli altri oltre che verso Dio. Più si avvicinano a Dio, più si avvicinano gli uni agli altri. E più si avvicinano gli uni agli altri, più si avvicinano a Dio.

“Ascolta, Israele!”. E’ l’invito forte nella prima letture di oggi. Come a dire: prima di agire e di fare quello che pensi giusto, metti al primo posto l’ascolto di Dio. Da’ spazio e importanza a Lui e allora capirai quello che devi fare , perché lui te l’ha insegnato!

 

Gesù risponde allo scriba che il primo dei comandamenti non è uno solo, ma due, come due facce della stessa realtà. 

Bisogna essere capaci di mantenere uniti i due amori - l'amore a Dio e l'amore al prossimo: questa è la maturità della fede!

C'è chi per amare Dio si disinteressa degli uomini e dei loro problemi  e vive la fede pensando solo s se stesso con una separazione dal mondo, con un senso di distacco… E c'è chi per lottare a fianco degli uomini si dimentica di Dio, come se Dio non fosse coinvolto nella nostra storia e vivesse lontano da noi, Lui che si è fatto uno di noi e ha preso su di sé le nostre debolezze e miserie… 

Se dici di amare Dio e trascuri il prossimo, se non reagisci di fronte alle ingiustizie e non ti impegni per una società più giusta, non conosci chi è Dio. E se dici di amare il prossimo e di essere al suo servizio, ma poi rifiuti di amare l'unico Signore, allora  puoi cadere facilmente in potere degli idoli.. e mentre pensi di amare il prossimo ti accorgi che lo puoi strumentalizzare per i tuoi scopi e rischi di pensare solo a te stesso. Soprattutto non chiedi il dono e la risorsa per imparare da Dio come si ama veramente. Lui è la fonte di ogni amore perché Dio è amore, ci insegna ad amare e ci dona la forza di farlo, anche dentro i nostri limiti e le nostre povertà. 

 

Senza dire - e questo è, in un certo senso, ancora più grave - che proprio mentre vuoi aiutare l'uomo ad essere più uomo, rischi di dimenticare il suo bisogno più profondo, che è - appunto - la ricerca di Dio.

Come discepoli del Vangelo impariamo ad amare ogni giorno, in una società che ha una grande fame di comprensione e di accoglienza, in questo tempo ancora di incertezza e di fatica. Non cerchiamo momenti speciali o straordinari. Viviamo le nostre giornate, esercitiamo l’arte di amare nelle semplici occasioni che la vita ci offre! 

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Traduzione dal latino

Dove regna carità ed amore, qui è Dio.
Ci ha raccolti in una cosa sola l´amore di Cristo:
esultiamone, e nel suo amore rallegriamoci!
Nel timore di lui, amiamo il Dio vivente,
ed amiamoci di cuore, sinceramente!
Dove regna...
Quando tutti insieme ci raduniamo,
che la dubbiezza non ci divida, questo temiamo;
smetta la malvagità del cuore, sia fine all´odio,
ed in mezzo a noi solo rimanga il Cristo, Dio.
Dove regna...
Che tutti insieme, fra i beati, possiamo contemplare
nella gloria il tuo volto, o Cristo Dio!
Ciò significa la gioia smisurata e la dolcezza,
per i secoli dei secoli, senza fine! Amen

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31 ottobre  2021 – 31a domenica del tempo ordinario

Avvisi

 

Domenica 31 ottobre non si celebra la Messa anticipata della sera. (vigilia di Tutti i santi.)

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Lunedì 1° novembre, SOLENNITA’ di TUTTI I SANTI, le S.Messe hanno il solito orario festivo.

Nel pomeriggio, alle ore 15.00, al Cimitero celebrazione di preghiera per i defunti. (Non c’è il rosario nel Santuario del Frassino)

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Martedì 2 novembre, Commemorazione dei fedeli defunti.

Unica S. Messa alle ore 8.00

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Preghiera (sul Vangelo della domenica)

 

Gesù, tu riconduci ogni cosa alla sua sorgente, a ciò che è essenziale, a quello che conta veramente nella nostra esistenza. SÌ, è una questione di amore: non di regole a cui sottomettersi, non di pratiche da compiere, non di preghiere da recitare. Se non c'è l'amore, tutto questo perde ogni significato. È una questione di amore: non di calcoli più o meno esatti, non di prescrizioni da osservare, non di codici da far rispettare. Se non c’è amore tutto rimane irrimediabilmente prigioniero di strettoie e di passaggi obbligati che adorano di vecchio e di stantio. Tu ci chiedi di amare, amare prima di tutto e a modo tuo, senza mettere limiti.

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sabato 23 ottobre 2021

 24 ottobre 2021 - Liturgia 24a B

Dal libro del profeta Geremìa - Ger 31,7-9
 
Così dice il Signore:
«Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
"Il Signore ha salvato il suo popolo,
il resto d'Israele".
Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione
e li raduno dalle estremità della terra;
fra loro sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente:
ritorneranno qui in gran folla.
Erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li ricondurrò a fiumi ricchi d'acqua
per una strada dritta in cui non inciamperanno,
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito».

 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 125 (126)

 

R. Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia. R.
 
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia. R.
 
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia. R.
 
Nell'andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. R.

Dalla lettera agli Ebrei - Eb 5,1-6

 
Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.
Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo:
«Tu sei sacerdote per sempre, secondo l'ordine di Melchìsedek».

Dal Vangelo secondo Marco - Mc 10,46-52
 
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va', la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
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omelia  30a B 

 

E' questo l'ultimo miracolo del Vangelo di Marco e già questo lo rende importante. Il primo miracolo fu la liberazione di un indemoniato nella sinagoga di Cafarnao (1,22-26), l'ultimo la guarigione di un cieco all'uscita di Gerico. 

Questi  due miracoli (e tanti altri) presentano la vittoria di Cristo sulle forze ostili che degradano la persona e la sua dignità… Gesù é venuto per incontrare la storia degli uomini, dare loro speranza, iniziare un nuovo cammino di vita!

 

L'episodio del cieco Bartimeo è un racconto molto vivace…

Subito la situazione misera del cieco Bartimeo: seduto lungo la strada e quindi ai margini della vita, nella solitudine e nella condizione di mendicante, di chi è costretto a dipendere dalla carità degli altri per sopravvivere.

Il suo grido in mezzo alla folla è coraggioso e tenace. Gesù è chiamato Figlio di Davide, aspettato come il re Messia che risponde alle  grandi speranze di tutto un popolo, secondo la promessa di Isaia: Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione e li raduno dalle estremità della terra; fra loro sono il cieco e lo zoppo, la donna incinta e la partoriente…”. Il cieco chiama Gesù per nome: è un appello di grande confidenza, quasi la premesa di un incontro tanto sperato e atteso.

Atra protagonista è la folla attorno a Gesù. La gente si mostra indifferente, prova fastidio e rimprovera il povero cieco. Non intende incoraggiare e sostenere, e non prova simpatia, né vicinanza alla miseria  di quell’uomo. 

Può succedere anche a noi, quando non siamo attenti al grido e alle richieste anche non gridate ma appena sussurrate di chi domanda aiuto, comprensione e attenzione e rischiamo l’indifferenza, trovando tante scuse per giustificare la nostra pigrizia! Ma il cieco non cede e non si scoraggia… e grida più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. E’ l’ esempio di una preghiera perseverante, insistente come di chi che non perde la fiducia, non si fa condizionare dal clima pesante che gli sta attorno, da una folla estranea al suo dolore!  

A questo punto interviene Gesù che vuole un incontro personale con lui. E’ la sua sensibilità per ogni persona dimenticata e trascurata, una costante dell’ agire di Gesù. “Chiamatelo!”. Ma Gesù non chiama personalmente il cieco: vuole che la folla abbandoni il suo disinteresse, senta e accolga  il grido di questa persona e lo faccia suo.  

Così il Signore ci corregge quando noi siamo di ostacolo per qualcuno all’incontro con lui. Lo possiamo essere perché siamo disinteressati, quando diamo cattivo esempio,o quando non ci prendiamo a cuore il disagio spirituale e materiale di qualcuno… Gesù vuole rompere i muri di incomprensione che ci dividono gli uni dagli altri. Se non fosse intervenuto, la folla non si sarebbe rivolta al cieco dicendogli: “Coraggio, alzati, ti chiama!” Forse quell’incontro sarebbe stato più difficile e, comunque solo un gesto di Gesù senza la partecipazione corale al suo intervento da parte della gente. 

Gesù chiede al cieco che cosa vuole e alla risposta ovvia: «Rabbunì, che io veda di nuovo!».  Ecco il riconoscimento della fede di quell’uomo: “Va', la tua fede ti ha salvato!”. La fede come atto di fiducia e di affidamento, come gesto di abbandono e di speranza.A questo punto una bella sorpresa nel finale: “E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”. Il cieco emarginato, ai bordi della strada e mendicante, ora diventa discepolo. Segue Gesù perché ha compreso la sua bontà e la guarigione da parte di Gesù lo muove, lo libera dal suo disagio e diventa una scelta piena di valore che trasforma la sua vita. Così dovrebbe essere anche per noi. Gesù ci ha guariti dalle nostre cecità, ci ha liberati dal potere delle tenebre, ci ha reso figli della luce. Vogliamo camminare alla luce del vangelo: la tua parola, Signore , è luce alla mia strada.

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Preghiera (sul Vangelo della domenica)

 

Ha gridato, Bartimeo, con tutta la sua voce.

Ha continuato a farlo anche quando volevano ridurlo al silenzio.

Ti ha gridato la sua fede, ha invocato la tua misericordia,

ti ha chiesto di fermarti, di strapparlo alla sua condizione

di cieco, di mendicante.

Perché, Gesù, non ho anch'io il coraggio di gridarti il mio desiderio di essere  guarito, sanato, di poter finalmente

vedere la luce?

Donami, dunque, lo stesso coraggio di Bartimeo,

donami la sua ostinazione nel chiederti di intervenire,

ma anche la determinazione con cui abbandona ogni cosa

per balzare e venire da te.

 

Donami la sua fiducia, che non si arrende al primo ostacolo,

donami la sua franchezza nel domandarti di essere

tolto al dominio delle tenebre e consegnato di nuovo alla luce.

E donami anche la gioia di poter seguirti, senza incertezze

sulla strada che porta a Gerusalemme.


***                    ***                    ***                    ***                    ***                    ***


Oggi é la GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2021

«Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20)

Cari fratelli e sorelle,

quando sperimentiamo la forza dell’amore di Dio, quando riconosciamo la sua presenza di Padre nella nostra vita personale e comunitaria, non possiamo fare a meno di annunciare e condividere ciò che abbiamo visto e ascoltato. La relazione di Gesù con i suoi discepoli, la sua umanità che ci si rivela nel mistero dell’Incarnazione, nel suo Vangelo e nella sua Pasqua ci mostrano fino a che punto Dio ama la nostra umanità e fa proprie le nostre gioie e le nostre sofferenze, i nostri desideri e le nostre angosce (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22). Tutto in Cristo ci ricorda che il mondo in cui viviamo e il suo bisogno di redenzione non gli sono estranei e ci chiama anche a sentirci parte attiva di questa missione: «Andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli» (Mt 22,9). Nessuno è estraneo, nessuno può sentirsi estraneo o lontano rispetto a questo amore di compassione.

L’esperienza degli Apostoli

La storia dell’evangelizzazione comincia con una ricerca appassionata del Signore che chiama e vuole stabilire con ogni persona, lì dove si trova, un dialogo di amicizia (cfr Gv 15,12-17). Gli Apostoli sono i primi a riferirci questo, ricordando perfino il giorno e l’ora in cui lo incontrarono: «Erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,39). L’amicizia con il Signore, vederlo curare i malati, mangiare con i peccatori, nutrire gli affamati, avvicinarsi agli esclusi, toccare gli impuri, identificarsi con i bisognosi, invitare alle beatitudini, insegnare in maniera nuova e piena di autorità, lascia un’impronta indelebile, capace di suscitare stupore e una gioia espansiva e gratuita che non si può contenere. Come diceva il profeta Geremia, questa esperienza è il fuoco ardente della sua presenza attiva nel nostro cuore che ci spinge alla missione, benché a volte comporti sacrifici e incomprensioni (cfr 20,7-9). L’amore è sempre in movimento e ci pone in movimento per condividere l’annuncio più bello e fonte di speranza: «Abbiamo trovato il Messia» (Gv 1,41).

Con Gesù abbiamo visto, ascoltato e toccato che le cose possono essere diverse. Lui ha inaugurato, già oggi, i tempi futuri ricordandoci una caratteristica essenziale del nostro essere umani, tante volte dimenticata: «siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore» (Enc. Fratelli tutti, 68). Tempi nuovi che suscitano una fede in grado di dare impulso a iniziative e plasmare comunità, a partire da uomini e donne che imparano a farsi carico della fragilità propria e degli altri, promuovendo la fraternità e l’amicizia sociale (cfr ibid., 67). La comunità ecclesiale mostra la sua bellezza ogni volta che ricorda con gratitudine che il Signore ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,19). La «predilezione amorosa del Signore ci sorprende, e lo stupore, per sua natura, non può essere posseduto né imposto da noi. […] Solo così può fiorire il miracolo della gratuità, del dono gratuito di sé. Anche il fervore missionario non si può mai ottenere in conseguenza di un ragionamento o un calcolo. Il mettersi “in stato di missione” è un riflesso della gratitudine» (Messaggio alle Pontificie Opere Missionarie, 21 maggio 2020).

Tuttavia, i tempi non erano facili; i primi cristiani incominciarono la loro vita di fede in un ambiente ostile e arduo. Storie di emarginazione e di prigionia si intrecciavano con resistenze interne ed esterne, che sembravano contraddire e perfino negare ciò che avevano visto e ascoltato; ma questo, anziché essere una difficoltà o un ostacolo che li avrebbe potuti portare a ripiegarsi o chiudersi in sé stessi, li spinse a trasformare ogni inconveniente, contrarietà e difficoltà in opportunità per la missione. I limiti e gli impedimenti diventarono anch’essi luogo privilegiato per ungere tutto e tutti con lo Spirito del Signore. Niente e nessuno poteva rimanere estraneo all’annuncio liberatore.

Abbiamo la testimonianza viva di tutto questo negli Atti degli Apostoli, libro che i discepoli missionari tengono sempre a portata di mano. È il libro che narra come il profumo del Vangelo si diffuse al suo passaggio suscitando la gioia che solo lo Spirito ci può donare. Il libro degli Atti degli Apostoli ci insegna a vivere le prove stringendoci a Cristo, per maturare la «convinzione che Dio può agire in qualsiasi circostanza, anche in mezzo ad apparenti fallimenti» e la certezza che «chi si offre e si dona a Dio per amore, sicuramente sarà fecondo (cfr Gv 15,5)» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 279).

Così anche noi: nemmeno l’attuale momento storico è facile. La situazione della pandemia ha evidenziato e amplificato il dolore, la solitudine, la povertà e le ingiustizie di cui già tanti soffrivano e ha smascherato le nostre false sicurezze e le frammentazioni e polarizzazioni che silenziosamente ci lacerano. I più fragili e vulnerabili hanno sperimentato ancora di più la propria vulnerabilità e fragilità. Abbiamo vissuto lo scoraggiamento, il disincanto, la fatica; e perfino l’amarezza conformista, che toglie la speranza, ha potuto impossessarsi dei nostri sguardi. Noi, però, «non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù» (2 Cor 4,5). Per questo sentiamo risuonare nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie la Parola di vita che riecheggia nei nostri cuori e ci dice: «Non è qui, è risorto» (Lc 24,6); Parola di speranza che rompe ogni determinismo e, a coloro che si lasciano toccare, dona la libertà e l’audacia necessarie per alzarsi in piedi e cercare con creatività tutti i modi possibili di vivere la compassione, “sacramentale” della vicinanza di Dio a noi che non abbandona nessuno ai bordi della strada. In questo tempo di pandemia, davanti alla tentazione di mascherare e giustificare l’indifferenza e l’apatia in nome del sano distanziamento sociale, è urgente la missione della compassione capace di fare della necessaria distanza un luogo di incontro, di cura e di promozione. «Quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20), la misericordia che ci è stata usata, si trasforma nel punto di riferimento e di credibilità che ci permette di recuperare la passione condivisa per creare «una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni» (Enc. Fratelli tutti, 36). È la sua Parola che quotidianamente ci redime e ci salva dalle scuse che portano a chiuderci nel più vile degli scetticismi: “tanto è lo stesso, nulla cambierà”. E di fronte alla domanda: “a che scopo mi devo privare delle mie sicurezze, comodità e piaceri se non posso vedere nessun risultato importante?”, la risposta resta sempre la stessa: «Gesù Cristo ha trionfato sul peccato e sulla morte ed è ricolmo di potenza. Gesù Cristo vive veramente» (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 275) e vuole anche noi vivi, fraterni e capaci di ospitare e condividere questa speranza. Nel contesto attuale c’è bisogno urgente di missionari di speranza che, unti dal Signore, siano capaci di ricordare profeticamente che nessuno si salva da solo.

Come gli Apostoli e i primi cristiani, anche noi diciamo con tutte le nostre forze: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20). Tutto ciò che abbiamo ricevuto, tutto ciò che il Signore ci ha via via elargito, ce lo ha donato perché lo mettiamo in gioco e lo doniamo gratuitamente agli altri. Come gli Apostoli che hanno visto, ascoltato e toccato la salvezza di Gesù (cfr 1 Gv 1,1-4), così noi oggi possiamo toccare la carne sofferente e gloriosa di Cristo nella storia di ogni giorno e trovare il coraggio di condividere con tutti un destino di speranza, quella nota indubitabile che nasce dal saperci accompagnati dal Signore. Come cristiani non possiamo tenere il Signore per noi stessi: la missione evangelizzatrice della Chiesa esprime la sua valenza integrale e pubblica nella trasformazione del mondo e nella custodia del creato.

Un invito a ciascuno di noi

Il tema della Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno, «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,20), è un invito a ciascuno di noi a “farci carico” e a far conoscere ciò che portiamo nel cuore. Questa missione è ed è sempre stata l’identità della Chiesa: «essa esiste per evangelizzare» (S. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 14). La nostra vita di fede si indebolisce, perde profezia e capacità di stupore e gratitudine nell’isolamento personale o chiudendosi in piccoli gruppi; per sua stessa dinamica esige una crescente apertura capace di raggiungere e abbracciare tutti. I primi cristiani, lungi dal cedere alla tentazione di chiudersi in un’élite, furono attratti dal Signore e dalla vita nuova che Egli offriva ad andare tra le genti e testimoniare quello che avevano visto e ascoltato: il Regno di Dio è vicino. Lo fecero con la generosità, la gratitudine e la nobiltà proprie di coloro che seminano sapendo che altri mangeranno il frutto del loro impegno e del loro sacrificio. Perciò mi piace pensare che «anche i più deboli, limitati e feriti possono essere [missionari] a modo loro, perché bisogna sempre permettere che il bene venga comunicato, anche se coesiste con molte fragilità» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 239).

Nella Giornata Missionaria Mondiale, che si celebra ogni anno nella penultima domenica di ottobre, ricordiamo con gratitudine tutte le persone che, con la loro testimonianza di vita, ci aiutano a rinnovare il nostro impegno battesimale di essere apostoli generosi e gioiosi del Vangelo. Ricordiamo specialmente quanti sono stati capaci di mettersi in cammino, lasciare terra e famiglia affinché il Vangelo possa raggiungere senza indugi e senza paure gli angoli di popoli e città dove tante vite si trovano assetate di benedizione.

Contemplare la loro testimonianza missionaria ci sprona ad essere coraggiosi e a pregare con insistenza «il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe» (Lc 10,2); infatti siamo consapevoli che la vocazione alla missione non è una cosa del passato o un ricordo romantico di altri tempi. Oggi, Gesù ha bisogno di cuori che siano capaci di vivere la vocazione come una vera storia d’amore, che li faccia andare alle periferie del mondo e diventare messaggeri e strumenti di compassione. Ed è una chiamata che Egli rivolge a tutti, seppure non nello stesso modo. Ricordiamo che ci sono periferie che si trovano vicino a noi, nel centro di una città, o nella propria famiglia. C’è anche un aspetto dell’apertura universale dell’amore che non è geografico bensì esistenziale. Sempre, ma specialmente in questi tempi di pandemia, è importante aumentare la capacità quotidiana di allargare la nostra cerchia, di arrivare a quelli che spontaneamente non li sentiremmo parte del “mio mondo di interessi”, benché siano vicino a noi (cfr Enc. Fratelli tutti, 97). Vivere la missione è avventurarsi a coltivare gli stessi sentimenti di Cristo Gesù e credere con Lui che chi mi sta accanto è pure mio fratello e mia sorella. Che il suo amore di compassione risvegli anche il nostro cuore e ci renda tutti discepoli missionari.

Maria, la prima discepola missionaria, faccia crescere in tutti i battezzati il desiderio di essere sale e luce nelle nostre terre (cfr Mt5,13-14).

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sabato 16 ottobre 2021

 17 ottobre 2021 -29a domenica  t.o.

 

Dal libro del profeta Isaìa -  Is  53,10-11
 
Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità.

 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 32 (33)

 

R. Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell'amore del Signore è piena la terra. R.
 
Ecco, l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.
 
L'anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. R.

 

Eb 4,14-16
 
Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede.
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.

Dal Vangelo secondo Marco - Mc 10,35-45


In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

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Omelia 29a B - 2021

 

Il brano evangelico di questa domenica (Mc 10,35-45) non fa un discorso nuovo. Riprende parole che Gesù ha già detto;«Chi vuole essere grande si faccia servo di tutti»: cfr. 9,35). Il Vangelo di oggi inizia con una richiesta  arrogante e fastidiosa da parte dei due fratelli Giacomo e Giovanni: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo..”, che è l’esatto contrario della richiesta di un vero discepolo che dovrebbe suonare così: ”Signore, noi vogliamo essere pronti a fare quello che tu ci domandi!”. Poi i due precisano: “Vogliamo sedere alla tua destra e alla tua sinistra”. Cioè: riservaci un posto di prestigio e di comando quando darai inizio al tuo regno! Nella loro testa il regno è quello del grande re Davide che Gesù dovrebbe rifondare! Qui e altrove si vede la pazienza di Gesù educatore che traccia le linee del suo progetto di vita, quello che riguarda lui, anzitutto e, di conseguenza, i suoi amici, ancora lontanissimi dalle sue prospettive! Gesù parla di un calice da bere e di un battesimo. Sono tutti riferimenti simbolici alla prova dolorosa alla quale Gesù va incontro, cioé la sua passione e la sua morte in croce.


Appare subito la mentalità mondana anche degli altri dieci che… “cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni”. Altro che armonia di gruppo! Ci sono pensieri di competizione tra loro, la paura di essere scavalcati e superati, la voglia di primeggiare! 

Gesù, ora, interviene: “li chiamò a sé…” . Si tratta di un invito per stare accanto a lui, nell’intimità e nella chiarezza di un programma molto diverso dal loro! Una nuova chiamata, quasi una ripresa, in breve, della prima e antica chiamata sul lago e in altre occasioni. Subito un paragone negativo: “Non esercitate la vostra autorità come fanno i principi del mondo” che dominano e opprimono. La storia politica al tempo di Gesù era la dimostrazione del potere oppressivo di Roma! Ma è anche la storia travagliata dei poteri che si sono succeduti lungo i secoli, come nelle tragedie terribili delle dittature del secolo scorso e non solo! Ora, nel regno di Gesù, c’è un vero rovesciamento della logica mondana. Il primo, cioè il più importante e il più grande presso Dio, colui che riceve la piena approvazione da parte sua, è colui che si mette a servire. E’ colui che non si impone, non coltiva manie di grandezza, ma trova la sua realizzazione nel servizio umile, per il bene degli altri. Non ricerca se stesso, il suo interesse, spesso a danno degli altri, ma il bene delle persone che ricevono la sua attenzione e la sua cura! Che rivoluzione culturale e pratica sarebbe questa, applicata alla vita politica e sociale di oggi!

Più di uno c’è riuscito.. Basti pensare a Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni ’60-70, dichiarato venerabile da Papa Francesco nel 2018! Ecco un suo pensiero:

Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa "brutta"! No: l'impegno politico, è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve poter convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera e meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità

Gli arrivismi e la ricerca di carriera e dei primi posti sono una tentazione frequente anche nella chiesa, nei preti e oltre! E certe prestazioni di servizio nella comunità, di vario genere, possono essere inquinate dalla voglia di essere i protagonisti unici, con il pensiero: “Io valgo di più e se non ci sono io, casca tutto!”. Essere a servizio non è un attentato alla tua dignità e alle tue capacità, se tu le eserciti facendo crescere le tue qualità, ma non per te, ma per gli altri!     Ma ora Gesù si propone come esempio.  “Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la sua vita in riscatto per tutti!”. Gesù serve, non una volta sola, ma sempre. Si offre per lavare i piedi ai discepoli prima di morire, e nel regno futuro, (quando saremo davanti a lui e al Padre suo), Gesù precisa: ”Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli…”. Il servizio di Gesù ci raggiungerà anche nella vita futura, alla tavola del regno. Gesù tiene sempre ai fianchi  il grembiule del servizio!

Noi speriamo di custodire, fino alla fine, la nostra vigilanza alla sua venuta! 

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Avvisi

……………………………………………………………………………

Domenica scorsa a Roma è stato aperto dal Papa il SINODO DELLA CHIESA UNIVERSALE. Nella nostra diocesi in questa domenica, si celebra l’apertura diocesana dello stesso Sinodo, con una Concelebrazione in Cattedrale alle ore 16.00. Io sarò presente come Coordinatore dell’Unità pastorale del Basso lago. L’invito è riservato ad altri sacerdoti e a collaboratori laici. Sarete informati in tempi brevi sul significato di questo Sinodo e i suoi riflessi sulla vita delle nostre parrocchie.

………………………………………………………………………

Inizia, per ora con alcuni gruppi, l’attività del catechismo. In questa domenica pomeriggio - alle ore 14,30- per i ragazzi(e) di 5a elementare. Domenica prossima, 24 ottobre, per la 4a elementare.

……………………………………………………………………………

Sabato prossimo 23: Gita a Ravenna


………………………………………………………………………

Domenica prossima 24 ottobre: GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

      

 

Preghiera sul Vangelo 

Se qualcuno ha deciso di rispondere alla tua chiamata, se qualcuno aspira ad essere il primo, tu gli fai una proposta decisamente strana: diventare servo dei 

suoi fratelli, non servirsi di loro per realizzare i suoi propositi, i suoi intendimenti, 

ma piuttosto impiegare le proprie energie, le proprie qualità per dare compimento 

ai loro desideri. Tu non hai considerato un privilegio il fatto di essere Figlio di Dio,

tu non hai richiesto il trattamento dovuto alla tua dignità, ma hai offerto tutto te stesso,  servo che soffre per salvare la moltitudine.

Avvisi

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Domenica scorsa a Roma è stato aperto dal Papa il SINODO DELLA CHIESA UNIVERSALE. Nella nostra diocesi in questa domenica, si celebra l’apertura diocesana dello stesso Sinodo, con una Concelebrazione in Cattedrale alle ore 16.00. Io sarò presente come Coordinatore dell’Unità pastorale del Basso lago. L’invito è riservato ad altri sacerdoti e a collaboratori laici. Sarete informati in tempi brevi sul significato di questo Sinodo e i suoi riflessi sulla vita delle nostre parrocchie.

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Inizia, per ora con alcuni gruppi, l’attività del catechismo. In questa domenica pomeriggio - alle ore 14,30- per i ragazzi(e) di 5a elementare. Domenica prossima, 24 ottobre, per la 4a elementare.

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Sabato prossimo 23: Gita a Ravenna

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Domenica 24 ottobre: GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

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Preghiera sul Vangelo

 

Se qualcuno ha deciso di rispondere alla tua chiamata, se qualcuno aspira ad essere il primo, tu gli fai una proposta decisamente strana: diventare servo dei 

suoi fratelli, non servirsi di loro per realizzare i suoi propositi, i suoi intendimenti, ma piuttosto impiegare le proprie energie, le proprie qualità per dare compimento ai loro desideri. Tu non hai considerato un privilegio il fatto di essere Figlio di Dio,

tu non hai richiesto il trattamento dovuto alla tua dignità, ma hai offerto tutto te stesso,  servo che soffre per salvare la moltitudine.

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documenti sul Sinodo

dal Vescovo di Verona