sabato 27 giugno 2020

28 giugno 2020

13a domenica del tempo ordinario

Prima lettura (2Re 4,8-11.14-16a)
Dal secondo libro dei Re

Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c’era un’illustre donna, che lo trattenne a mangiare. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei. 
Ella disse al marito: «Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi. Facciamo una piccola stanza superiore, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere; così, venendo da noi, vi si potrà ritirare». 
Un giorno che passò di lì, si ritirò nella stanza superiore e si coricò. Eliseo [disse a Giezi, suo servo]: «Che cosa si può fare per lei?». Giezi disse: «Purtroppo lei non ha un figlio e suo marito è vecchio». Eliseo disse: «Chiamala!». La chiamò; ella si fermò sulla porta. Allora disse: «L’anno prossimo, in questa stessa stagione, tu stringerai un figlio fra le tue braccia».

Salmo responsoriale (Sal 88)
Canterò per sempre l’amore del Signore.
Canterò in eterno l’amore del Signore,
di generazione in generazione
farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel cielo rendi stabile la tua fedeltà».

Beato il popolo che ti sa acclamare:
camminerà, Signore, alla luce del tuo volto;
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
si esalta nella tua giustizia.

Perché tu sei lo splendore della sua forza 
e con il tuo favore innalzi la nostra fronte.
Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d’Israele.

Seconda lettura (Rm 6,3-4.8-11)
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? 
Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. 
Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

Vangelo (Mt 10,37-42)
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
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omelia 13a A  2020

I primi versetti del vangelo di oggi appaiono, ad una prima lettura superficiale, difficili da comprendere e possono creare anche un istintivo disagio, perché presentano parole dure da parte del Signore. 
E’ l’ultima parte del discorso di Gesù sulla missione e riguarda, prima di tutto, la relazione del discepolo (cioè di ciascuno di noi…)con la sua persona e, di conseguenza, quella del discepolo stesso con la famiglia di appartenenza. 
Il Signore usa espressioni molto forti: “Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me…”. Attenzione…
Non vuol dire che Gesù metta in conflitto/contrasto la relazione con Lui e quella calda e affettiva con la propria famiglia… come se Gesù (nato in una famiglia, Lui che ha gustato e accolto l’amore nella sua famiglia), avesse dei ripensamenti e dei sospetti per l’affetto dato e ricevuto... (qualche epis. del Vangelo, comunque, ci mostra che Gesù da dato sempre il primato al Padre suo, anche quando questa scelta poteva recare, di fatto tristezza e sconcerto da parte di Maria e di Giuseppe…Gesù 12enne, al Tempio… “Non sapevate…”).
Gesù ci avverte che la dedizione, la scelta e l’amore  per Lui, hanno un valore assoluto…Nessuna persona può essere messa alla pari con Lui… 
Alcuni santi hanno dato prova di questo amore, superiore a tutto, vincendo contrasti e ostacoli…(v. S.Francesco…o altri che, avendo trovato nella loro loro famiglia un ostacolo forte per seguire la loro vocazione nella fede, non hanno avuto dubbi.. e hanno scelto il Signore… Anche oggi.. in termini molto meno vistosi, questo può succedere…).
Queste prime parole del Vangelo ci mettono in crisi, ci avvertono della nostre incertezze, della fatica a mettere Il Signore davanti a tutto, ci stimolano anche a fare ancora una decisa scelta di fede per il Signore...a portare la croce.
Che vuol dire la croce? Non si tratta di subire passivamente e con rassegnazione i fatti dolorosi che ci capitano… la croce è vivere la fedeltà alla persona di Gesù proprio quando questa è difficile e ci verrebbe la voglia di andare per una strada diversa da quella percorsa da Gesù… La via della Croce è un modo nuovo di vedere le cose e di agire, di valutare e di scegliere: la via della Croce è la via del dono di sé, della solidarietà, della rinuncia a fare della propria persona il centro attorno a cui tutto deve ruotare.

Un secondo aspetto della pagina di oggi… L’accoglienza verso gli inviati da Gesù che si estende poi ad una cerchia sempre più larga di persone…
È come accogliere Gesù stesso. Di più: è come accogliere il Padre. 
Accoglienza e ospitalità:sono le due parole e i due atteggiamenti che segnano la nostra vita di discepoli…Proviamo a vedere come si può esprime l’accoglienza e quali sono i segnali la mettono in evidenza…Ad esempio nella comunità cristiana e nei gruppi che la compongono…
Stima e apprezzamento:vuol dire libertà da pregiudizi, da pensieri negativi che giudicano e stroncano, ricerca di tutto ciò che è positivo anche in dosi piccole nella vita degli altri. Significa godere delle qualità altrui, senza sentirle come un attentato o una diminuzione alle nostre capacità. Significa superare gli ostacoli della gelosia e del risentimento e fare strada comune mettendo insieme risorse e possibilità che aiutano a maturare insieme intenzioni e progetti…Vuol dire anche non sentirsi sopra gli altri e quindi saper chiedere scusa, riconoscendo i propri errori…
L’accoglienza si esprime anche in gesti piccoli, non clamorosi, che sembrerebbero di scarsi valore… ma sono grandi perchè nascono dalla sensibilità di un cuore, educato dalla carità: “dare un bicchiere d’acqua fresca…”. (v. l’episodio di Eliseo)
E c’è un’accoglienza verso chi, in tanti modi, si trova in necessità…nei confronti dei poveri,  degli stranieri, dei bisognosi di ogni genere… E qui si apre una pagina impegnativa che richiama tutta la grande tradizione di fede riassunta nelle opere di misericordia corporale…
Il tema dell'accoglienza dei piccoli è per l'evangelista un tema di primaria importanza tanto da farne la chiave della grande parabola del giudizio (25,31-46). 
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AVVISI 

Lunedì 29 giugno - è la Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. Chi può, cerchi di partecipare alla Messa delle ore 8.00
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Vogliamo ricordare con riconoscenza e viva partecipazione 
mons. SERGIO FASOL, morto domenica scorsa 21 giugno, parroco al B. Andrea dal 1977 al 1985. Martedì 23 giugno ho partecipato al suo funerale in Cattedrale, assieme ad una sessantina di sacerdoti.
In sua memoria è a vs. disposizione con un breve foglio-ricordo che vi invito a prendere all’ingresso della chiesa, vicino al fonte battesimale.
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La Chiesa cattolica ricorda la possibilità e l’impegno di destinare 
l’ 8 x 1000  nella dichiarazione dei redditi per la chiesa cattolica stessa…
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preghiera sul Vangelo 

La tua parola, o Signore, mi squarcia dentro come fa la scure nell’albero della foresta, Non mi lascia indifferente, ma mi coinvolge nell’intimo di me stesso;
È una parola tremendamente scomoda per me,
così abbarbicato a cattive  abitudini e ad egoismi che faccio fatica ad estirpare dal terreno della mia vita. 
Eppure io sento che, e se mi lascio penetrare dalla tua parola, se mi lascio da lei possedere  senza fare obiezioni, comincia per me un’avventura
faticosa, ma esaltantecome lo è una scalata alpina.
È come ritrovarsi nuovo, dalla testa ai piedi, 
con la capacità di guardare con gli occhi di un bambino,      
Chi accoglie voi, accoglie me...”
Pieno di stupore e di festa, la strada che mi si è aperta davanti
mi conduce verso un domani impegnativo ma carico di speranza, che mi libera 
dal grigiore della vita.
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In memoria Mons. SERGIO FASOL
(Esequie in Cattedrale il 23.06.2020)

            Se n'è andato all'alba del giorno del Signore, o meglio: il Signore l'ha chiamato nel suo giorno, il giorno della Risurrezione e d. Sergio ha risposto il suo “Eccomi”, l'ultimo di una lunga serie, seminati nell'arco della sua vita sacerdotale. Per quest'ultimo appuntamento si era lungamente preparato, consapevole che il tempo si era fatto breve e che l'incontro con il Signore era  vicino. Negli ultimi tempi, leggendo il responso medico con l'inesorabile sentenza, aveva manifestato la sua paura umanissima, ma subito dopo anche l'accettazione e l'abbandono nelle mani di Dio. Con la forza e lo spirito di fede che hanno contraddistinto tutta la sua vita, si è incamminato al suo Calvario per l'ultima offerta sacerdotale, quella della sua vita. Un'offerta resa ancor più pesante dal fatto che se n'è andato in solitudine, senza nessuno che fisicamente gli tenesse la mano e lo consegnasse nelle mani del Signore. Ma siamo certi che D. Sergio nella sua fede, sapeva che il Signore non abbandona nessuno dei suoi figli, e che “anche se dovessi attraversare la valle oscura della morte, non temo alcun male, perchè tu, Signore, sei con me” (Sal. 23) e “mi hai preso per la mano destra... e poi mi accoglierai nella gloria” (Sal 73,23). Così si è compiuta la sua Pasqua, il suo passaggio da questo mondo al Padre, dopo un cammino  contrassegnato dalla fede e dall'umile servizio alla chiesa. Si aprono per lui le porte del Regno: l'attesa è finita ed è l'incontro, è finita la sofferenza ed è la gioia, è finito il distacco ed è il ritorno a casa portato sulle spalle dal Buon Pastore, riferimento costante della sua vita sacerdotale.
            Qui, ora, ripercorriamo le tappe della vita di un prete esemplare, umile e buono, non tanto per esaltarlo (cosa che d.Sergio non vorrebbe mai!) quanto per accogliere il suo messaggio e la sua testimonianza di vita.

            Nato a Sommacampagna da una famiglia di modeste condizioni economiche, ma ricca di fede e di valori umani, da giovanissimo entrò nell'Istituto fondato da S. Giovanni Calabria e vi rimase fino alle soglie della teologia. In quell'ambiente segnato fortemente dalla presenza di un Santo e dal messaggio della Provvidenza ha sicuramente assorbito una spiritualità impregnata di fiducia in Dio, di umiltà, di modestia e sobrietà, di attenzione ai piccoli e ai poveri. E in effetti di tutto questo si è fatto interprete nella sua vita. Entrò nel Seminario diocesano per gli studi teologici e gli ultimi anni di formazione, inserendosi senza difficoltà nel nostro gruppo, aperto ad assumere lo spirito del prete diocesano. Erano gli anni vivaci del Concilio Vaticano II,  ricchi di novità, di entusiasmo per una Chiesa che cercava di aggiornarsi e di camminare con i tempi nuovi. Questa ventata di novità, suscitata dal soffio dello Spirito, ha segnato in modo indelebile la nostra formazione e impresso nel nostro animo un'immagine di presbitero caratterizzata dall'ideale della “carità pastorale”, e cioè dalla vicinanza ai fratelli e dalla dedizione al Vangelo.

            Ordinato sacerdote il 27 giugno 1966 a Sommacampagna,  venne subito inviato come curato a S. Giorgio in Braida, ove rimase un solo anno fino alla morte del Parroco, poi a Pescantina, ove per 4 anni operò con l'entusiasmo degli anni giovanili. 
Subito dopo, giovane prete, avendo dato prova di maturità e saggezza, fu nominato Parroco a Pai e Cassone del Garda, poi a Peschiera nella nuova Parrocchia del Beato Andrea con tutti i problemi economici e pastorali connessi alla costruzione della chiesa e alla formazione della comunità cristiana, quindi, negli anni della maturità,  a S. Zeno di Desenzano (dal 1985 al 2000), ovunque facendosi apprezzare per bontà, equilibrio, umiltà e dedizione nell'impegno pastorale. 
Ha affrontato i problemi di varia natura, coinvolgendo i parrocchiani e facendo crescere lo spirito comunitario. Ultima tappa del suo servizio pastorale è stata la Parrocchia di S. Giuseppe f.m., nella periferia cittadina, incarico che accettò con fatica perché intimorito dalla vastità del campo di lavoro e dalle energie richieste in un ambiente vivace e impegnativo a fronte anche di una salute precaria. 
Avendo compreso il suo disagio, il Vescovo Padre Flavio lo sollevò nominandolo Canonico della Cattedrale, dove venne eletto Presidente del Capitolo dei Canonici e Cerimoniere Vescovile. Questo percorso di vita non è stato, come talvolta si usa dire, una bella carriera, parola che non apparteneva al vocabolario e allo spirito schivo di d. Sergio, che rifuggiva i primi piani e ogni tipo di arrivismo. Era uomo umile, consapevole dei suoi limiti (fin troppo, a volte!), generoso nel donarsi, sensibile e vicino ad ogni povertà del corpo e dello spirito.  
Prestava aiuto con discrezione e immediatezza. Non posso tralasciare di ricordare due situazioni significative: la vicinanza alla sorella Giannina, che l'aveva seguito ovunque nel suo ministero, e alla quale negli ultimi anni ha dedicato energie e attenzioni in maniera totale, in segno di affetto e di gratitudine; in secondo luogo la fraterna vicinanza all'amico Don Antonio (Parroco della Cattedrale fino al 2017) specialmente negli anni della fragilità e della malattia (So che, se potesse, verrebbe di persona a rendere testimonianza). 
Nei momenti di necessità era d. Sergio che correva a sostenerlo e a dargli conforto. Anche per questo gli siamo infinitamente grati.
            In conclusione, possiamo dire che d. Sergio è stato immagine viva del Buon Pastore e del Buon Samaritano, ricco di fede e di carità. Con lui se ne va un luminoso esempio di prete della chiesa di Verona. Ma nel dire queste parole di ricordo, sento in me il suo rimprovero fraterno perché so che avrebbe preferito il silenzio. Tuttavia non possiamo tacere, perché noi tutti abbiamo bisogno di testimoni e di interpreti silenziosi del vangelo. Perciò l'ora dell'addio diventa anche l'ora della gratitudine al Signore per averci fatto dono di don Sergio, fratello umile e generoso, che con la sua vita ci ha indicato la strada nel tempo dell'attesa. Dice S. Paolo nella Prima Lettera ai Corinti che noi, pellegrini nel tempo, vediamo le cose ultime come riflesse in uno specchio antico (1 Cor 13,12) e come attraverso un velo, in modo confuso; siamo in attesa che lo specchio si infranga e che il velo si strappi per poter contemplare per sempre il volto luminoso di Dio. 
            Ci aiuti in questa attesa la testimonianza di D. Sergio, che affidiamo riconoscenti alle mani forti e tenere del Buon Pastore perché lo renda partecipe della vita senza fine. 
            
don Piergiorgio Rizzini,
Canonico e già parroco di S.Giorgio in Braida,
compagno di ordinazione di don Sergio
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sabato 13 giugno 2020

14 giugno 2020

SOLENNITA' DEL CORPO E DEL SANGUE  DEL SIGNORE


Prima lettura (Dt 8,2-3.14-16)
Dal libro del Deuteronòmio

Mosè parlò al popolo dicendo: 

«Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. 
Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».

Salmo responsoriale (Sal 147)
Loda il Signore, Gerusalemme.
Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.  

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce. 

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

Seconda lettura (1Cor 10,16-17)
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? 
Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.

Vangelo (Gv 6,51-58)
Dal Vangelo secondo Giovanni




In quel tempo, Gesù disse alla folla: 
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
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Corpus Domini - 2020- omelia

Nella festa del Corpo e del Sangue del Signore la liturgia propone un breve passo del Vangelo di Giovanni (6, 51-58), dal capitolo 6… nella sinagoga di Cafarnao…un ottimo esempio di predicazione sull’Eucaristia. 
Costruendo il suo discorso eucaristico, Giovanni non pensa soltanto all'Eucaristia-sacramento, ma all' intera esistenza di Gesù. 
L'Eucaristia inaugurata nell’Ultima Cena, è il riassunto di tutta la vita di Gesù…che è una continua Eucaristia, una continua offerta di sé per amore, che attraversa come un filo rosso tutta la sua esistenza. 
Le parole «carne», «sangue» indicano la presenza del Signore  in carne e ossa, il suo farsi uomo come noi, l'intera sua vita, la sua vicenda umana e divina, le sue mani di carpentiere, le sue lacrime, le sue passioni, i suoi incontri che portavano speranza e riconciliazione, il perdono dato.. la speranza ai più lontani… 
Gesù, pane disceso dal dal cielo ed è colui che si offre per la vita del mondo. 
E il discepolo, cioè il cristiano di ieri e di oggi, ciascuno di noi, è chiamato a nutrirsi di quel pane. In altre parole, è colui che sente il bisogno di nutrirsi di Gesù nel segno del pane vivo che ci viene dato nella Comunione eucaristica.
Si realizza, allora, un’unione spirituale nella fede con il Signore Risorto. 
Non c’è modo più alto per accogliere il Signore e stare uniti a Lui.
“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui…”.
Rimanere vuol dire godere di una presenza stabile, vivere una relazione che lascia il segno nella vita…accogliere Colui che diventa compagnia di ogni giorno…
Fare memoria di un dono antico e sempre nuovo, che è sempre disponibile..(v. memoria 1° lettura e memoriale…).

Ma come al tempo di Gesù, anche oggi ci sono obiezioni e difficoltà…
“I Giudei si misero a discutere aspramente…”Come è possibile questo?”

E’ un discorso duro e difficile per più motivi, tanto da indurre anche molti discepoli a tirarsi indietro. 
La prima ragione di questa durezza è che il pane che è Gesù, va oltre quello che le folle cercano, cioè oltre le proprie aspettative… E’ al di là  del pane materiale  e ai bisogni solo immediati. Dio va cercato non perchè soddisfa i propri bisogni, ma perchè è la vera ricchezza, il tesoro nascosto e scoperto che rappresenta la vera fortuna della vita…

La seconda ragioneè che la presenza di Dio e la ricchezza del suo dono sono nascoste sotto apparenze comuni e quotidiane: Gesù è il figlio di Giuseppe (e, nell'Eucaristia, si nasconde sotto le apparenze del pane e del vino). Come è possibile che Dio si manifesti in questo modo… forse troppo semplice? Ma Dio ci è venuto incontro così…Vogliamo insegnare a Dio la strada migliore per incontrarci o accogliamo la sua strada?
La terza ragione, infine, è la paura che il discepolo prova di fronte all'invito di «mangiare la sua carne e bere il suo sangue»…Non si tratta solo di mangiare di quel pane, compiere materialmente il gesto importante della comunione eucaristica…E poi? Tutto finito? Sarebbe troppo facile… Mangiando di quel pane, il cristiano è chiamato a far suo il progetto stesso di Gesù, a “mangiare” per così dire cioè ad assimilare i suoi pensieri, le sue parole, a fare della vita un dono… a scegliere i valori che il Signore ha scelto… Così diventa vero quel rimanere in lui, significato nel dono eucaristico…
Quindi «mangiare e bere» non soltanto significa accogliere la presenza di Gesù nel suo dono, ma mettersi in sintonia con il suo dono e prolungarlo nella propria vita. In altre parole vivere la vera sequela del Signore.
Ma una domanda aperta… E’ possibile fare  tutto questo senza il sostegno, la forza, 
l’aiuto di quel pane che è l’Eucaristia?
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13/14 giugno 2020- Solennità del CORPO E DEL SANGUE
DEL SIGNORE
Avvisi

Oggi Battesimo di Aiello Enea
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SOLENNITA’ DEL CORPO E DEL SANGUE DEL SIGNORE

preghiera sul Vangelo 

Sei tu, Gesù, il pane vivo: pane fragrante che reca il profumo di una comunione profonda ed indicibile
che ti unisce al Padre e allo Spirito Santo.
È mangiando di te che noi partecipiamo alla vita divina
e le nostre povere, limitate esistenze, ricevono un gusto di eternità. 
Sei tu, Gesù, il pane vivo: pane disceso dal cielo, dono di Dio ad un’ umanità affamata di amore e di misericordia,
umiliata nella sua dignità e grandezza, isterilita dall’egoismo e dalla durezza di cuore. 
È mangiando di te che noi veniamo risanati e diventiamo capaci di compassione e di perdono, di generosità e di fedeltà.
Sei tu, Gesù, il pane vivo: pane che trasmette la bellezza e la bontà dei tuoi gesti e delle tue parole.
Sì, perché tu ti sei fatto uomo per cambiare il nostro modo
di essere uomini e donne e per far nascere una terra nuova.
Sei tu, Gesù, il pane vivo: pane spezzato, esistenza donata
per fermare il potere del male e farci sperimentare una capacità inaudita di costruire la giustizia e la pace.

sabato 6 giugno 2020

7 giugno 2020



SS. TRINITA’

Prima lettura (Es 34,4-6.8-9)

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà». 

Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

Salmo responsoriale (Dn 3,52-56)

A te la lode e la gloria nei secoli.
Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri.

Benedetto il tuo nome glorioso e santo.
Benedetto sei tu nel tuo tempio santo, glorioso.
Benedetto sei tu sul trono del tuo regno.
Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi 
e siedi sui cherubini.
Benedetto sei tu nel firmamento del cielo.

Seconda lettura (2Cor 13,11-13)
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. 
Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano.
La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

Vangelo (Gv 3,16-18)
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: 
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
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SS.TRINITA’ - A  (libero sviluppo da Bruno Maggioni)


E’ di grande importanza per la nostra fede cristiana, la solennità di questa domenica della SS.Trinità! 
A volte si ha l'impressione che per molti cristiani questa Festa sia niente più di una verità da credere, un mistero del tutto incomprensibile. Quando si parla di mistero, si pensa di solito ad un mondo estraneo anche alla nostra vita, da accettare senza capirne il valore! 
In realtà è un mistero luminoso, cioè che fa luce su Dio (“Chi è veramente il nostro Dio?). 2 testi della Scrittura: “Dio abita in una luce inaccessibile” ma “veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo”. 
Di fronte alla rivelazione della Trinità ci è richiesto il silenzio di chi medita e riflette con calma, ma anche lo stupore e la gioia. 
Si tratta di una realtà infinitamente più grande di noi…Nello stesso tempo si tratta anche di una realtà che ci permette di entrare nella verità del nostro Dio. La nostra vita riceve luce, viene illuminata da quel Dio che ha deciso di manifestarsi, di farsi conoscere dalle sue creature…
Conoscendo il Padre, il Figlio e lo Spirito, noi intravediamo che Dio è nel suo intimo più profondo un dialogo di amore tra tre Persone.
(Una grande scuola di approfondimento spirituale, soprattutto nella preghiera, è l’attenzione al linguaggio di fede della liturgia, in particolare della Messa…)
(Nessun uomo l'avrebbe scoperto chi è veramente Dio, se Gesù non ce ne avesse parlato)
Nella sua natura più nascosta Dio è una realtà di comunione, quasi una famiglia. È questa l'originalità della concezione cristiana di Dio che risponde anche all’esigenza profonda della vita umana. 
Infatti l'uomo sente insopprimibile la nostalgia della comunità, della solidarietà e del dialogo; ne ha bisogno per vivere e per crescere, ne ha bisogno più dell'aria che respira. 
T
(Questo bisogno essenziale è emerso anche in questo tempo di pandemia… crisi nella relazioni visibili di affetti..)
Il Dio Trinità ci ricorda che questa nostra esigenza umana riflette la realtà stessa di Dio: Dio per primo è comunione perfetta, è legame infinito di amore… E noi, poiché siamo «immagine di Dio, coié di questo Dio», siamo fatti per incontrarci, per dialogare e amare, e Dio è, appunto – per quanto ci è dato capire – una comunità di amore. La vocazione alla comunità è la traccia della Trinità nell'uomo.
Nella festa della SS. Trinità l'evangelista Giovanni ci invita a vedere in Gesù, concretamente nel suo farsi uomo, nella sua vita e, soprattutto, nella sua Croce (questo è il senso pregnante dell'espressione «dare il Figlio») la sorprendente profondità dell'amore del Padre. Il verbo «dare» significa spesso in Giovanni «donare». Si noti la sottolineatura: «il Figlio unigenito». Il Padre ci ha fatto dono del suo Figlio amato. E si noti anche l'universalità della destinazione del dono: il mondo intero.
L'evangelista prosegue poi dicendoci che Dio ha mandato il Figlio per salvare il mondo, non per giudicarlo. Ma ciò non toglie che il dono del Padre può essere accolto o rifiutato. Nel giudizio Giovanni vede non tanto l'evento futuro, rimandato alla fine, quanto una realtà attuale, già presente e operante dentro la storia e l'uomo. E si direbbe che non sia tanto Dio a giudicare, quanto l'uomo stesso col proprio atteggiamento. Col suo rifiuto o con la sua accettazione dell'amore apparso in Gesù (credere significa, appunto, riconoscere e accogliere il dono di Dio nella propria vita), l'uomo si costruisce come luce o come tenebra.
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Avvisi

Domenica prossima 13 giugno 
SOLENNITA’ DEL CORPO E DEL SANGUE DEL SIGNORE
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Prepariamoci a vivere con intensità spirituale questa festa dell’Eucarestia.
Diventi sempre più segno e vigore per la nostra fede che sente il bisogno di
essere nutrita dal Pane della vita.

Preghiera sul Vangelo (SS. TRINITÀ)

C ’è un progetto d'amore, Gesù, che va ben oltre la nostra immaginazione ed i nostri più profondi desideri e tu ti sei fatto uomo per realizzarlo.
Attraverso di te il Padre vuole fare di noi, così diversi e talora così ostinatamente lontani, una sola famiglia, la famiglia dei suoi figli.
Ma sarà mai possibile invertire la direzione di una storia che è continuamente ferita, lacerata, umiliata da disegni di violenza e di barbarie? 
È solo nel tuo sangue, Gesù, che può essere costruita 
un’ alleanza, eterna ed universale, tra Dio e gli uomini, 
all’insegna della grazia e della misericordia. 
La tua vita offerta, donata, segna l'inizio di un’ epoca nuova: 
il tuo amore smisurato ci rivela il volto autentico del Padre  e l’ azione dello Spirito rende finalmente possibile ciò che a tutti sembrava inaudito ed insperato.
Ecco perché oggi noi celebriamo te, il Figlio, insieme con il Padre e lo Spirito Santo, una sorgente di comunione che trabocca e raggiunge e trasforma le nostre esistenze.