Via Mantova, 44- 37019 Peschiera (d.G.). Tel. 045.75. 51.400 parroco: don Attilio Bonato (ottobre 2009).
sabato 31 dicembre 2016
anno 2017
1° gennaio 2017: MARIA SS. MADRE DI DIO
AVVISI
Il
giorno di Natale il “gruppo della
carità” ha messo a disposizione un
segno augurale del Natale per i poveri. Un grazie sentito per la raccolta che è
stata di 1.211 €uro. (Lo scorso anno
è stata di € 945)
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Domenica
1° gennaio é la 50a a giornata
mondiale della pace che ha come tema:La nonviolenza: stile di una politica per la pace
Dal 2 al 4 gennaio gli adolescenti della vicaria partecipano
ad un campo scuola a Prun di Negrar. Sono presenti numerosi ado
della nostra parrocchia.
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Venerdì 6 gennaio è la Solennità dell’Epifania. Le Messe hanno il solito orario festivo, compresa la Messa
della vigilia, alle ore 18.00.…………………………………………………………
Preghiera
del 1° gennaio
Che cosa fare per non lasciarsi
sopraffare da quello che ci troveremo davanti in questo nuovo anno appena
cominciato? Inutile mettersi a fare previsioni, dal momento che ci è
sconosciuto
anche quello che si trova appena dietro
l’ angolo… Il vangelo di quest'oggi, Gesù, ci suggerisce di lasciarci condurre,
come i pastori, senza indugio, dalla Parola che ci raggiungerà.
E di farla correre tra gli uomini,
uscendo da un colpevole silenzio,
da una timidità che blocca la forza
dirompente della Parola.
Sì, perché quando questa viene intesa
ed accolta, desta lo stupore e la gratitudine.
Sarà questa Parola ricevuta e donata ad accompagnarci nei frangenti più
diversi che la vita ci riserverà e a suggerirci la strada da seguire dietro a
te, Gesù, su un percorso che è sempre di morte e di risurrezione.
In questa carovana di giorni da poco
iniziata, Maria, la madre tua, ci sarà di esempio. Come lei impediremo che la
Parola si perda fra le mille parole che si affollano dentro di noi e attorno a
noi.
Libereremo il cuore perché essa trovi
una terra buona, in cui mettere radice e portare un frutto abbondante di gioia,
di misericordia, di pace.
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Preghiera dell’ Epifania
Coloro che ti desiderano, Gesù, per
quanto siano lontani finiscono sempre col trovarti. È la storia dei Magi, avvolta
volutamente nel mistero.
Ed è l’avventura compiuta ancora oggi da
tanti uomini e donne, di qualsiasi età, che si portano dentro le grandi domande
e accettano di formularle talora a voce alta, quasi con impertinenza, perché
cercano una risposta.
Basta una stella, un segno che appare nella volta del cielo o per le strade della
terra oppure nella storia, talora dolorosa, degli
uomini, basta un indizio, una traccia, un riverbero della tua luce e sgorga dal profondo del cuore un
interrogativo che li tiene desti
e li spinge a lasciare tante cose -
abitudini, affetti, occupazioni -
per mettersi alla ricerca di
te. vogliono vedere il tuo volto, hanno bisogno di una luce che li strappi per
sempre dalle tenebre che li avvolgono.Il loro viaggio, se passa attraverso la tua parola, giunge sicuramente al traguardo perché tu li stai attendendo.
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FRANCESCO PER LA CELEBRAZIONE DELLA 50° GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
1° GENNAIO 2017
La nonviolenza: stile di una politica per la pace
1. All’inizio di questo nuovo anno porgo i miei sinceri auguri di pace
ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo, nonché ai
responsabili delle comunità religiose e delle varie espressioni della società
civile. Auguro pace ad ogni uomo, donna, bambino e bambina e prego affinché
l’immagine e la somiglianza di Dio in ogni persona ci consentano di riconoscerci
a vicenda come doni sacri dotati di una dignità immensa. Soprattutto nelle
situazioni di conflitto, rispettiamo questa «dignità più profonda»] e
facciamo della nonviolenza attiva il nostro stile di vita.
Questo è il Messaggio per la 50ª Giornata Mondiale della Pace. Nel
primo, il beato Papa Paolo VI si
rivolse a tutti i popoli, non solo ai cattolici, con parole inequivocabili: «E’
finalmente emerso chiarissimo che la pace è l’unica e vera linea dell’umano
progresso (non le tensioni di ambiziosi nazionalismi, non le conquiste
violente, non le repressioni apportatrici di falso ordine civile)». Metteva in
guardia dal «pericolo di credere che le controversie internazionali non siano
risolvibili per le vie della ragione, cioè delle trattative fondate sul
diritto, la giustizia, l’equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e
micidiali». Al contrario, citando la Pacem
in terris del suo predecessore san Giovanni XXIII,
esaltava «il senso e l’amore della pace fondata sulla verità, sulla giustizia,
sulla libertà, sull’amore». Colpisce l’attualità di queste parole, che oggi non
sono meno importanti e pressanti di cinquant’anni fa.
In questa occasione desidero soffermarmi sulla nonviolenza come stile di
una politica di pace e chiedo a Dio di aiutare tutti noi ad attingere alla
nonviolenza nelle profondità dei nostri sentimenti e valori personali. Che
siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni
gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli
internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le
vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di processi
nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a
quello dell’ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile
caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre
azioni, della politica in tutte le sue forme.
Un mondo frantumato
2. Il secolo scorso è stato devastato da due guerre mondiali micidiali,
ha conosciuto la minaccia della guerra nucleare e un gran numero di altri
conflitti, mentre oggi purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale
a pezzi. Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di
quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che
caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più
assuefatti ad essa.
In ogni caso, questa violenza che si esercita “a pezzi”, in modi e a
livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre
in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati
imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la
devastazione dell’ambiente. A che scopo? La violenza permette di raggiungere
obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene non è forse di scatenare
rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi
“signori della guerra”?
La violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere
alla violenza con la violenza conduce, nella migliore delle ipotesi, a
migrazioni forzate e a immani sofferenze, poiché grandi quantità di risorse
sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane dei
giovani, delle famiglie in difficoltà, degli anziani, dei malati, della grande
maggioranza degli abitanti del mondo. Nel peggiore dei casi, può portare alla
morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti.
La Buona Notizia
3. Anche Gesù visse in tempi di violenza. Egli insegnò che il vero campo
di battaglia, in cui si affrontano la violenza e la pace, è il cuore umano:
«Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni
cattive» (Mc 7,21). Ma il messaggio di Cristo, di fronte a questa realtà, offre
la risposta radicalmente positiva: Egli predicò instancabilmente l’amore
incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli ad
amare i nemici (cfr Mt 5,44) e a porgere l’altra guancia (cfr Mt 5,39). Quando
impedì a coloro che accusavano l’adultera di lapidarla (cfr Gv 8,1-11) e
quando, la notte prima di morire, disse a Pietro di rimettere la spada nel
fodero (cfr Mt 26,52), Gesù tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso
fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e
distrutto l’inimicizia (cfr Ef 2,14-16). Perciò, chi accoglie la Buona Notizia
di Gesù, sa riconoscere la violenza che porta in sé e si lascia guarire dalla
misericordia di Dio, diventando così a sua volta strumento di riconciliazione,
secondo l’esortazione di san Francesco d’Assisi: «La pace che annunziate con la
bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori».
Essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua
proposta di nonviolenza. Essa – come ha affermato il mio predecessore Benedetto
XVI – «è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è
troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa
situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo
“di più” viene da Dio». Ed egli aggiungeva con grande forza: «La
nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo
di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di
Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole
armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della
“rivoluzione cristiana”». Giustamente il vangelo dell’amate i vostri nemici
(cfr Lc 6,27) viene considerato «la magna charta della nonviolenza
cristiana»: esso non consiste «nell’arrendersi al male […] ma nel rispondere al
male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena
dell’ingiustizia».
Più potente della violenza
4. La nonviolenza è talvolta intesa nel senso di resa, disimpegno e
passività, ma in realtà non è così. Quando Madre Teresa ricevette il premio Nobel
per la Pace nel 1979, dichiarò chiaramente il suo messaggio di nonviolenza
attiva: «Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di
distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli
altri […] E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo». Perché la
forza delle armi è ingannevole. «Mentre i trafficanti di armi fanno il loro
lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una
persona, un’altra, un’altra, un’altra, danno la vita»; per questi operatori di
pace, Madre Teresa è «un simbolo, un’icona dei nostri tempi». Nello scorso
mese di settembre ho avuto la grande gioia di proclamarla Santa. Ho elogiato la
sua disponibilità verso tutti attraverso «l’accoglienza e la difesa della vita
umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata. […] Si è chinata sulle
persone sfinite, lasciate morire ai margini delle strade, riconoscendo la
dignità che Dio aveva loro dato; ha fatto sentire la sua voce ai potenti della
terra, perché riconoscessero le loro colpe dinanzi ai crimini – dinanzi ai
crimini! – della povertà creata da loro stessi». In risposta, la sua missione –
e in questo rappresenta migliaia, anzi milioni di persone – è andare incontro
alle vittime con generosità e dedizione, toccando e fasciando ogni corpo
ferito, guarendo ogni vita spezzata.
La nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati
impressionanti. I successi ottenuti dal Mahatma Gandhi e Khan Abdul Ghaffar
Khan nella liberazione dell’India, e da Martin Luther King Jr contro la
discriminazione razziale non saranno mai dimenticati. Le donne, in particolare,
sono spesso leader di nonviolenza, come, ad esempio, Leymah Gbowee e migliaia
di donne liberiane, che hanno organizzato incontri di preghiera e protesta
nonviolenta (pray-ins) ottenendo negoziati di alto livello per la conclusione
della seconda guerra civile in Liberia.
Né possiamo dimenticare il decennio epocale conclusosi con la caduta dei
regimi comunisti in Europa. Le comunità cristiane hanno dato il loro contributo
con la preghiera insistente e l’azione coraggiosa. Speciale influenza hanno
esercitato il ministero e il magistero di san Giovanni
Paolo II. Riflettendo sugli avvenimenti del 1989 nell’Enciclica Centesimus
annus (1991), il mio predecessore evidenziava che un
cambiamento epocale nella vita dei popoli, delle nazioni e degli Stati si
realizza «mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verità
e della giustizia». Questo percorso di transizione politica verso la
pace è stato reso possibile in parte «dall’impegno non violento di uomini che,
mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza, hanno saputo
trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla
verità». E concludeva: «Che gli uomini imparino a lottare per la giustizia
senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne ed
alla guerra in quelle internazionali».
La Chiesa si è impegnata per l’attuazione di strategie nonviolente di
promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori più
violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura.
Questo impegno a favore delle vittime dell’ingiustizia e della violenza
non è un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma è proprio di molte
tradizioni religiose, per le quali «la compassione e la nonviolenza sono
essenziali e indicano la via della vita». Lo ribadisco con forza: «Nessuna
religione è terrorista». La violenza è una profanazione del nome di Dio.
Non stanchiamoci mai di ripeterlo: «Mai il nome di Dio può giustificare la
violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!».
La radice domestica di una politica nonviolenta
5. Se l’origine da cui scaturisce la violenza è il cuore degli uomini,
allora è fondamentale percorrere il sentiero della nonviolenza in primo luogo
all’interno della famiglia. È una componente di quella gioia dell’amore che ho
presentato nello scorso marzo nell’Esortazione apostolica Amoris
laetitia, a conclusione di due anni di riflessione da parte della
Chiesa sul matrimonio e la famiglia. La famiglia è l’indispensabile crogiolo
attraverso il quale coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparano a
comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e
dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la
forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la
misericordia e il perdono. Dall’interno della famiglia la gioia dell’amore
si propaga nel mondo e si irradia in tutta la società. D’altronde, un’etica di
fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli non può
basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura, ma sulla
responsabilità, sul rispetto e sul dialogo sincero. In questo senso, rivolgo un
appello in favore del disarmo, nonché della proibizione e dell’abolizione delle
armi nucleari: la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca
assicurata non possono fondare questo tipo di etica. Con uguale urgenza
supplico che si arrestino la violenza domestica e gli abusi su donne e bambini.
Il Giubileo della Misericordia, conclusosi nel novembre scorso, è stato
un invito a guardare nelle profondità del nostro cuore e a lasciarvi entrare la
misericordia di Dio. L’anno giubilare ci ha fatto prendere coscienza di quanto
numerosi e diversi siano le persone e i gruppi sociali che vengono trattati con
indifferenza, sono vittime di ingiustizia e subiscono violenza. Essi fanno
parte della nostra “famiglia”, sono nostri fratelli e sorelle. Per questo le
politiche di nonviolenza devono cominciare tra le mura di casa per poi
diffondersi all’intera famiglia umana. «L’esempio di santa Teresa di Gesù
Bambino ci invita alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere
l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto
che semini pace e amicizia. Una ecologia integrale è fatta anche di semplici
gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello
sfruttamento, dell’egoismo».
Il mio invito
6. La costruzione della pace mediante la nonviolenza attiva è elemento
necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l’uso
della forza attraverso le norme morali, mediante la sua partecipazione ai
lavori delle istituzioni internazionali e grazie al contributo competente di
tanti cristiani all’elaborazione della legislazione a tutti i livelli. Gesù
stesso ci offre un “manuale” di questa strategia di costruzione della pace nel
cosiddetto Discorso della montagna. Le otto Beatitudini (cfr Mt 5,3-10)
tracciano il profilo della persona che possiamo definire beata, buona e
autentica. Beati i miti – dice Gesù –, i misericordiosi, gli operatori di pace,
i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia.
Questo è anche un programma e una sfida per i leader politici e religiosi,
per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese
e dei media di tutto il mondo: applicare le Beatitudini nel modo in cui
esercitano le proprie responsabilità. Una sfida a costruire la società, la
comunità o l’impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di
pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone,
danneggiare l’ambiente e voler vincere ad ogni costo. Questo richiede la
disponibilità «di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un
anello di collegamento di un nuovo processo». Operare in questo modo
significa scegliere la solidarietà come stile per fare la storia e costruire
l’amicizia sociale. La nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero
l’unità è più potente e più feconda del conflitto. Tutto nel mondo è
intimamente connesso. Certo, può accadere che le differenze generino
attriti: affrontiamoli in maniera costruttiva e nonviolenta, così che «le
tensioni e gli opposti [possano] raggiungere una pluriforme unità che genera
nuova vita», conservando «le preziose potenzialità delle polarità in
contrasto».
Assicuro che la Chiesa Cattolica accompagnerà ogni tentativo di
costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa. Il 1°
gennaio 2017 vede la luce il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo
Umano Integrale, che aiuterà la Chiesa a promuovere in modo sempre più efficace
«i beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del
creato» e della sollecitudine verso i migranti, «i bisognosi, gli ammalati e
gli esclusi, gli emarginati e le vittime dei conflitti armati e delle
catastrofi naturali, i carcerati, i disoccupati e le vittime di qualunque forma
di schiavitù e di tortura».] Ogni azione in questa direzione, per quanto
modesta, contribuisce a costruire un mondo libero dalla violenza, primo passo
verso la giustizia e la pace.
In conclusione
7. Come da tradizione, firmo questo Messaggio l’8 dicembre, festa
dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Maria è la Regina della
Pace. Alla nascita di suo Figlio, gli angeli glorificavano Dio e auguravano
pace in terra agli uomini e donne di buona volontà (cfr Lc 2,14). Chiediamo
alla Vergine di farci da guida.
«Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno
con piccoli gesti e molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di
tanti tentativi per costruirla». Nel 2017, impegniamoci, con la preghiera e con
l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole
e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si
prendono cura della casa comune. «Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio
nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».
Dal Vaticano, 8 dicembre 2016
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