venerdì 10 aprile 2020

11 aprile -Sabato Santo

Nel SABATO SANTO celebriamo  la discesa agli inferi. Che cos’è?

Come Gesù nella sua predicazione terrena era guidato dallo Spirito (Luca, 4,1.14), ricevuto nel battesimo, così ora dopo la sua morte raggiunge tutti coloro che gli era stato impossibile incontrare come uomo. Le parole che vengono riportate anche nel credo apostolico («discese agli inferi») stanno ad indicare che la missione di Gesù non può essere limitata soltanto agli anni dell’esistenza terrena, quando Egli era sottoposto ai limiti spazio temporali della sua vicenda storica. Gesù è andato ad annunciare la salvezza anche al mondo dei morti, agli spiriti inferiori, agli spiriti in carcere, ai trapassati di tutte le epoche. Colui che dimorava per tre giorni nel cuore della terra andò agli inferi per rendere impotente il diavolo. Gesù ha raggiunto quelli che stavano nelle zone più oscure, che erano senza speranza. In tal modo Gesù ha raggiunto tutte le generazioni precedenti.
(don Francesco Carensi da "Toscana oggi"
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Da una riflessione di don Gaetano Brambilla, TEOLOGO salesiano (sintesi)

Esaminiamo con cura gli elementi fondamentali della scena.

La discesa agli inferi 
(Duccio di Boninsegna-Siena)


Gesù Cristo, “fulgida apparizione dalla Veste‘ irradiata d’oro” (E. Carli), è il punto focale della scena. La sua figura, collocata sullo sfondo roccioso al punto di convergenza dell’arco nero dell’ingresso agli inferi e dell’ arco nero della grotta infernale, poggia i piedi sul “gradino oscuro” del demonio ormai vinto. “Va a cercare il primo uomo come la pecora smarrita: si rivolge verso Adamo prigioniero e verso Eva anche lei prigioniera per liberarli dai loro dolori” (Epifànio di Salamina). 

Gesù è presentato come il Figlio di Dio, il Kyrios, “il principe della vita(At 3,15). Lo indicano chiaramente gli abiti che indossa: la tunica di) rosso-porpora e il manto blu-cielo arricchiti di lineamenti d’oro sono — nella tradizione iconografica orientale — gli abiti preziosi dell’Imperatore vittorioso. Lo indica la grande aureola che gli circonda il capo, nella quale è incisa la croce: il Signore vivente è Colui che è stato crocifisso (vedi At 2,23-24). Lo indica il singolare scettro regale cui si appoggia con la mano sinistra: un legno culminante in una croce vuota (“Non è qui, è risuscitato”: vedi Lc 24,6), in un vessillo di vittoria spiegato nel vento (“Io ho vinto il mondo”: vedi Gv 16,33) e ancora in una piccola croce. E’ il Re che ha vinto “l’ultimo nostro nemico” “posto sotto i suoi piedi” (vedi 1Cor 15,26) come un mostro oscuro e deforme. “La morte è - Veramente - stata ingoiata dalla vittoria. Dov’è, o morte la tua vittoria?  a noi la vittoria per mezzo del signore nostro Gesù Cristo” (vedi 1Cor 15,55-56)     Il volto e la capigliatura, le mani e i piedi del Risorto non recano alcun segno delle violenze e delle sofferenze subite: è il nuovo Adamo nello splendore della risurrezione. 
Ai suoi piedicome nemico ormai definitivamente sconfitto il demonio.
E’ il Dio della pace che ha messo satana sotto i suoi piedi nel gesto profetico della completa e definitiva vittoria dei credenti sul demonio (vedi Rm. 16,20).    
Sul nemico sconfitto il Signore vittorioso cammina: si fa incontro ad Adamo, all’uomo e lo prende per mano. Nel suo solenne e lieve camminare, nel suo affettuoso e forte prendere per mano il primo uomo leggiamo la valenza salvifica, misericordiosa, della sua morte e della sua risurrezione: per noi, per la nostra, salvezza il Figlio di Dio si è fatto uomo, è stato crocifisso, è risorto. 
Adamo è in ginocchio, accanto a lui Eva
Sono i progenitori, sono l’icona dell’umanità: sono ciascuno di noi, creature di Dio e bisognosi di salvezza. In ginocchio: nell’atteggiamento di chi riconosce la grandezza divina del Salvatore. 
Il gesto dolce e forte di Gesù Risorto, il suo prendere per mano Adamo per rialzarlo, riassume e compendia i gesti misericordiosi e potenti (i miracoli) operati nella sua vita terrena: davvero Egli “ha preso per mano” l’uomo bisognoso di salvezza e lo ha fatto rialzare, (letteralmente: risorgere): come la suocera ammalata di Pietro (Mc 1,31), la bambina morta (Mc 5,41), il cieco di Betsaida (Mc 8,23), il fanciullo indemoniato (Mc i 9,27). 

Adamo e i padrI

Alle spalle di Adamo ed Eva, in seconda fila, tre figuremolto anziane, caratterizzate da una barba fluente e capelli lunghi: forse i tre padri del popolo di Israele: i patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe.


Sulla destrain primo piano una figura avvolta nel manto purpureo dei re, con il capo
cinto da una corona, alza la mano destra in segno di ammirato saluto mentre con la sinistra stringe un libro (forse il libro dei Salmi, di cui nella tradizione biblica era ritenuto autore): è il re Davide,
 antenato e figura del Messia venturo. Il suo discendente — secondo la promessa profetica — avrebbe regnato per sempre e avrebbe donato pace e salvezza definitiva al popolo di Dio (vedi 2 Sam 7,16 e Le 1, 32-33). Del Salvatore il grande re aveva parlato nelle sue preghiere poetiche (salmi).  
Ancora altre figure, giovani e anziani,re e profeti di Israele: in tutto — e forse non a caso — 12 persone: a nella Bibbia il numero della totalità. Rappresentano il “popolo che dimorava in terra e in ombra di morte” (vedi Is. 8,23-“9,1): è l’antico popolo del Signore, è  tutta l’ umanità negli inferi.. 
L’antico popolo di Dio, l’umanità passata non sono scomparsi nel nulla, inghiottiti dalla morte: è l’umanità creata da Dio in Cristo, da Lui amata e redenta in Cristo, che
nell’incontro con Lui compie il suo destino. “Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe” si rivela nella Pasqua di Cristo “il Dio dei viventi” (vedi Mc   12,27): che compie nella
risurrezione il destino buono che ha sognato da sempre in Cristo per tutta l’umanità.

“Svegliati, tu che dormi”:

Il senso di questo incontro misterioso fra Gesù Cristo e l ’umanità è rivelato in maniera singolare da una antica omeliache la chiesa romana legge nella Liturgia delle ore al mattino del sabato santo. Nel testo attribuito a Epifanio di Salamina è trascritto come in un e piccolo dramma il messaggio del disegno di Duccio. 

“Gesù Cristo va a cercare Adamo, primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte. Il Figlio di Dio va a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entra da loro portando le armi vittoriose della croce. Prende per mano Adamo, lo scuote dicendo: “Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà. Nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! a coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno.
Risorgi? dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi sono diventato libero tra i morti. 
Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati.
Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all'albero. Alzati, allontaniamoci da qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Io, che sono la vita, ti comunico quello che sono: il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. E’ preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli!.

“Discese agli inferi”

Così recita l’antico simbolo apostolico, risalente alla chiesa di Roma nel III secolo. Così recita il simbolo niceno-costantinopolitano, che la Chiesa d’occidente proclama ogni domenica nella celebrazione eucaristica. 
A partire dalle testimonianze bibliche, possiamo intendere questo articolo del Credo
come parola buona, come Vangelo: risposta sorprendente e graziosa al nostro domandare un destino buono, che il silenzio della morte non vanifichi.
“Morendo ha distrutto la morte” — recita la preghiera eucaristica seconda. Gesù Cristo, il Fglio di Dio fatto uomo, ha ridonato futuro ‘e bellezza al nostro destino nel mistero della sua Pasqua. Con ciò però l’inferno è vinto, o- per essere più esatti - la morte, che prima era davvero l’inferno, ora non lo è più. Anzi né inferno né morte sono più gli stessi di prima, perché in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi abita l’amore”. E il destino di tutti gli uomini, accomunati dalla dissoluzione della polvere, in Lui diventa destino buono e divino. 
 La storia dell’umanità non è più via di solitudine e di fallimento, poiché le porte degli Inferi sono state sfondate. Così credono i cristiani quando professano la discesa di Cristo agli inferi. Con un linguaggio simbolico e, profondamente vero affermano che là dove l’umanità. sembrava terminare il suo cammino, nel fallimento totale, là è stata raggiunta dal Figlio di Dio e riportata al progetto delle origini: al mistero della “predestinazione in Cristo”  (vedi Ef. 1,3-6).
Così i cristiani hanno celebrato nell’arte, soprattutto nelle Chiese d’Oriente: raffigurando il Figlio di Dio, che nel silenzio del sabato santo scende nella dimora dei morti, sconfigge il potere di satana e conduce a libertà l’umanità vissuta prima di Lui.