giovedì 31 dicembre 2020

 31 dicembre 2020  e 1° gennaio 2021

MARIA SS. MADRE DI DIO

Prima lettura (Nm 6, 22-27)

Dal libro del Numeri

 

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:

Ti benedica il Signore e ti custodisca.

Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia.

Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».

 

Salmo responsoriale (Sal 66)

Dio abbia pietà di noi e ci benedica.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.  

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.

 

Seconda lettura (Gal 4,4-7)

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Galati

Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: «Abbà! Padre!». Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.

 

Vangelo (Lc 2,16-21)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.


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Messa 31 dicembre 2020 e 1° gennaio 2021

omelia


Raccogliamo alcune riflessioni sul senso e il valore di questa celebrazione al termine dell’ anno... (e all’inizio del nuovo anno…) Un primo aspetto. Vorremmo dare pieno valore alla celebrazione dell’Eucaristia che significa proprio rendimento di grazie. 

Stiamo vivendo il tempo difficile della pandemia…e ci vien da dire: “Perché ringraziare il Signore? Non ci serve piuttosto chiedere-domandare di essere liberati da questo problema? Non sarebbe più necessario invocare l’aiuto del Signore, anche nella nostra fatica di credere e di avere ancor fiducia in Lui?  E fare alcune domande:” Signore, dove sei? Mostraci il tuo volto di misericordia! Tutto giusto.. Eppure, a ben pensarci, sempre possiamo trovare motivi per dire grazie… 

Per esempio… aver recuperato atteggiamenti di vicinanza in un ascolto più attento, nuove possibilità di incontro nonostante tutto, spazi di vita familiare più intensi e veri, momenti di silenzio non come vuoto ma come capacità di leggere meglio dentro di noi la nostra vita, gesti di aiuto nella carità… Ciascuno di noi potrebbe aggiungere aspetti personali, magari anche poco vistosi, ma autentici!

Tante volte non ci pensiamo, non ci facciamo caso, li diamo per scontati…

 

Probabilmente ci è stato insegnato a dire “grazie” ogni volta in che qualcuno fa qualcosa per noi, ma la gratitudine è più di questo.  È un atteggiamento del cuore, che Dio desidera realizzare in noi. Ce lo ricorda l’apostolo Paolo in una esortazione  che dice: “In ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio per voi”. (1aTess 5,18). Ogni esperienza può trasformarsi in grazie, può contenere occasioni per far maturare la riconoscenza…

Essere riconoscenti non è sempre facile… come quando si insegna ad un bambino a ringraziare, la parolina “grazie” a volte viene fuori con difficoltà.., Ma per un bambino può essere la prima scuola per uscire da sé, dai suoi piccoli interessi che tendono a chiuderlo nel suo piccolo mondo… E questo vale, fatte le proporzioni, anche per gli adulti…

  La parola di S. Paolo (“rendete grazie”) è un forte invito, quasi un comandamento che il Signore ci dà per il nostro bene. È il modo che egli ha scelto per modellare i nostri pensieri. Ringraziare Dio per quello che ci dà, ci rende più consapevoli dei doni ricevuti, distoglie l’attenzione da noi stessi e  ci fa più sensibili verso gli altri. Il grazie non può basarsi solo sulle nostre  emozioni, ma sulla certezza che Dio è il primo Donatore nei nostri confronti, é presente per darci il meglio di se stesso…  

 

E così impariamo a glorificare Dio sempre, come nelle prime parole del canto del Te Deum: “Noi ti lodiamo, o Dio, ti proclamiamo Signore..”

In un salmo è scritto: “Chi mi offre come sacrificio il ringraziamento, mi rende lode”.

Il sacrificio di cui si parla non è l’ offerta di qualcosa di materiale, ma l’apertura del cuore verso Colui che è il Datore di ogni bene.  

In un altro salmo si dice anche che il ringraziamento deve essere espresso in modo continuo, quasi un movimento costante dell’anima:

“È bello celebrare il Signore e cantare le tue lodi o Altissimo, proclamare al mattino la tua bontà e la tua fedeltà ogni notte” (s. 92).

Sono tanti i modi in cui possiamo farlo. Può essere utile fare memoria, ogni giorno, di alcuni motivi specifici per ringraziare evitando così di pregare in modo generico o abitudinario.. 

 

Un altro spunto di riflessione ci viene dalla presenza di Maria che celebriamo come Madre di Dio in questa Solennità…

Il Vangelo di questa festa è una parte del Vangelo del Natale. E questo è già significativo. Il bambino e la madre non sono separabili. Nel Vangelo di oggi la Madre 

è ricordata con discrezione, come sempre. La Madre è all'ombra del Figlio. 

 

Nel brano evangelico di oggi che parla anzitutto di Gesù, la Madre è ricordata tre volte: i pastori trovarono il bambino e la madre; passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, fu dato al bambino il nome «Gesù», «come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre»; Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

La parola custodire non dice semplicemente il ricordare, ma sottolinea la cura e l'attenzione, come quando si ha fra le mani una cosa preziosa. L'ascolto interiore di Maria è prolungato, non di un solo momento. E la parola «meditandole» dice poi che il custodire di Maria non è un conservare passivo, inerte, bensì un custodire attivo e vivo, che collega e confronta una cosa con l'altra. Maria cerca di comprendere la logica profonda, la direzione e la verità di tutti gli avvenimenti che stava vivendo: in essi lei  vede il passaggio di Dio. che possono sembrare slegate o addirittura in contrasto fra loro.

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 Uno spunto interessante all'inizio del nuovo anno...


“SOLO PER OGGI”, noto anche come “Il Decalogo della Quotidianità“, è un brano scritto da Papa  S. Giovanni XXIII, al secolo Angelo Roncalli, che ci fa capire come a ciascun giorno basta il proprio affanno, vivere giorno per giorno ci permette di ridimensionare le cose e vederle sotto un’altra prospettiva.

1)   Solo per oggi, cercherò di vivere alla giornata (in senso positivo), senza voler risolvere il problema della mia vita tutto in una volta.

2)   Solo per oggi, avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà; non alzerò la voce; sarò cortese nei modi; non criticherò nessuno; non pretenderò di migliorare o disciplinare nessuno tranne me stesso

3)   Solo per oggi, sarò felice nella certezza che sono stato creato per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.

4)   Solo per oggi, mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze  si adattino tutte ai miei desideri         

5)  Solo per oggi, dedicherò dieci minuti del mio tempo a qualche lettura buona,  ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così la buona lettura    è necessaria alla vita dell’anima.

6)   Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno

7)   Solo per oggi, farò almeno una cosa che non avrei gusto di fare, e se mi sentirò offeso nei miei sentimenti, farò in modo che nessuno se ne accorga.

8)   Solo per oggi, mi farò un programma: forse non lo seguirò a puntino, ma lo farò.  E mi guarderò da due malanni: la fretta e l’indecisione.

9)   Solo per oggi, crederò fermamente, nonostante le apparenze, che la buona 

  provvidenza di Dio si occupa di me come di nessun altro esistente al mondo.

10)  Solo per oggi, non avrò timori. In modo particolare non   

       avrò paura di godere di 

ciò che è bello e di credere alla bontà. Posso ben fare, per dodici ore, ciò che  mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo fare per tutta la vita.

 

 

mercoledì 30 dicembre 2020


 30 dicembre 2020

IL NOSTRO AIUTO ALL’EMPORIO….

 

Desidero informarvi sulla destinazione del nostro aiuto in generi alimentari durante il tempo di Avvento 2020. I generi alimentari raccolti sono stati consegnati all’Emporio di Sona-Lugagnano-Somacampagna, gestito con criteri molto precisi dalla Caritas locale! 

giovedì 24 dicembre 2020

                        Festa della S.Famiglia 


Prima lettura (Gen 15,1-6; 21,1-3)

Dal libro della Genesi

In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle»; e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.

Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.

 

Salmo responsoriale (Sal 104)

Il Signore è fedele al suo patto.

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.

Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto. 

Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.

 

Seconda lettura (Eb 11,8.11-12.17-19)

Dalla lettera agli Ebrei

 

Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.

Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.

Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: Mediante Isacco avrai una tua discendenza. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

Dal Vangelo secondo Luca

 

 

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

 

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

preparata da te davanti a tutti i popoli:

luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

 

ll padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.  Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

Mantegna: Presentazione al Tempio (Berlino)

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. ll bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

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omelia

don Vincenzo
Senza  la testimonianza del Creato, non potremmo venire a sapere che esiste Dio. San Paolo dice che attraverso le meraviglie dell'universo possiamo conoscere  le qualità invisibili Dio. Noi possiamo aggiungere anche quest'altra osservazione: senza l'esperienza dell'amore della famiglia, non potremmo neanche sapere  che cosa è l'amore e quindi non potremo neanche capire che Dio è amore. Che cosa sia amore, lo capiamo soltanto attraverso l'amore che i coniugi vivono tra di loro e anche attraverso l'amore che i genitori provano verso i loro figli. Per questo anche la Bibbia quando parla dell'amore di Dio verso gli uomini, adopera la metafora del matrimonio e afferma  che Dio ama il suo popolo come uno sposo ama la sua sposa. Il matrimonio possiede questo valore di Rivelazione: rivela al mondo il bene più importante che è quello dell'amore. Questo vale sempre, anche se gli uomini vivono questo bene  in maniera inadeguata e nella fragilità. 

Del resto anche gli astri che rivelano le qualità invisibili di Dio, non sono affatto perfetti. Gli antichi credevano che la luna fosse perfetta, ma poi Galileo col suo cannocchiale vide che era piena di buche. Ciononostante la luna, con le sue buche e i suoi acciacchi continua a testimoniare nel suo silenzio le qualità invisibili di Dio. Allo stesso modo lo fa qualsiasi famiglia.

 La prima lettura  ci fa capire che famiglia è una creazione di Dio e un dono primario che egli concede agli uomini. Infatti Dio unisce Abramo con la moglie Sara e concede loro, in modo miracoloso, il figlio Isacco. In questo testo è importante rilevare il sentimento religioso di Abramo.  Egli è capace di avere fiducia in Dio anche quando dal punto di vista umano sembra impossibile poter ancora confidare in lui. 

Questo sentimento è quello che Dio apprezza di più negli uomini ed  è l'unico  che possiamo avere sempre  e che ci può salvare in qualsiasi circostanza della vita. Infatti non possiamo essere sempre innocenti né possiamo essere sempre pieni di meriti.  Anzi forse non lo siamo mai ma possiamo, per grazia di Dio, rimanere persone di fiducia e di speranza. E questa è la porta che teniamo aperta per poter far entrare il Signore nella nostra esistenza.  Infatti il dono più grande che Dio ci può fare e quello di accompagnarci nella nostra esistenza ed Egli ci accompagna attraverso il dono di Gesù. Il vecchio Simeone ed Anna ricevono  la grazia di capire l'importanza di Gesù e di accoglierlo nella loro vita. Di Simeone non sappiamo niente. Sembra una persona sola e anziana. Vive quindi una grande povertà ma proprio a questo povero Dio affida  la sua  più grande ricchezza. Anna invece è una vedova e quindi  ha sofferto la distruzione del suo affetto, la frammentazione della sua famiglia. Vivendo questa povertà ha recuperato però la ricchezza più grande, quella della comunione con Dio che forse durante la sua vita felice aveva trascurato.  Adesso vive sempre  con il Signore e  per il Signore e diventa la rappresentante di tutto il popolo di Israele. E lei ad accogliere il Messia a nome di tutti. Allora questi testi ci insegnano a capire la grande ricchezza della famiglia ma anche a capire che la ricchezza della famiglia sta nella comunione con Dio. Rimane la vera ricchezza di ogni uomo.


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NATALE DEL SIGNORE

Natale del Signore

Vangelo Messa della notte- Luca 2, 1-14 


In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.  Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria.  Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.  Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide.  Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.  Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.  Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.  Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:  oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

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Messa della notte - omelia

 

Siamo qui… per un richiamo che sentiamo forte e suggestivo… anche nei tempi difficili che stiamo vivendo… Il Natale porti un messaggio di speranza a tutti, soprattutto a chi è segnato dalla solitudine, da delusioni personali o familiari, da problemi economici o altro…! Tutto questo può nascere anche la solidarietà…v. le tante forme di volontariato che sono cresciute 

nche in questo periodo!

Ma non vogliamo ridurre il Natale  semplicemente ad festa dei buoni sentimenti, una festa dove la presenza del Bambino Gesù svanisce quasi subito, in un’atmosfera che svapora come una bolla di sapone… che non cambia la vita e lascia tutto come prima! 

Comunque benvenuti a tutti, anche a chi si trova crisi di fede, a chi si domanda che senso ha credere e ha ancora tanti dubbi! Il Signore accoglie tutti e provoca anche un ripensamento della propria vita!

 

Ha letto l’intervista su un quotidiano ad un pensatore-filosofo laico:…: ”Io che non sono credente mi interrogo: c'è un fatto (la nascita di Gesù) che ha dato un contributo straordinario alla nostra storia, alla nostra civiltà, alla nostra sensibilità.

Che cosa è per lei il cristianesimo?

«Il cristianesimo è una parte fondamentale del mio percorso, della mia vicenda, è qualcosa con cui mi confronto tutti i giorni».

Dio che si fa uomo. Capisce? …Dio che viene sulla terra attraverso Cristo.

 

Allora facciamo memoria di quel fatto sconvolgente…Tutti possiamo  essere toccati dal Natale… lasciamoci prendere e rianimare… e percorriamo il Vangelo…

 

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento…

 

La famiglia di Gesù deve obbedire ai sovrani terreni e sottostare ai loro decreti …Gesù non distrugge gli ordinamenti del mondo ma annuncia una verità mai sentita prima. Il regno di Dio  si fa strada anche in mezzo agli intrighi, alle ambizioni dei potenti.. per offrire un’altra logica: quella di  rinunciare a dominare sugli altri ma a servirli, quella del perdono e della riconciliazione..

 

Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme….

 

La storia di Dio si inserisce nelle vicende di questo mondo…quasi di nascosto… I due sposi incontrano la fatica di tutte le altre famiglie. Sperimentano i disagi che i potenti creano ai poveri. Le persone scelte da Dio  non hanno una strada spianata... Dio crea opere grandi nelle normalità, in persone semplici. I disagi della vita non sono solo disgrazie…possono portare il credente a sperimentare l'aiuto e la vicinanza di Dio. 

 

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. 

 

Luca descrive la scena con estrema sobrietà… Giuseppe e Maria non possono stare in un alloggio destinato ai viandanti e cercano un riparo di fortuna. Non c’era posto per loro perché non c'era materialmente o perché furono considerati sgraditi? Al di là dei particolari, il Vangelo mostra la povertà reale di Gesù, che viene così unito ai poveri del tempo e di ogni tempo. «Da ricco che era si fece povero per noi, per arricchirci mediante la sua povertà». Gesù si identifica con i poveri. Diventa uno di loro perché li onoriamo. 


C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 

 

I pastori erano persone disprezzate perché facevano un mestiere che li isolava dagli altri; li rendeva uomini piuttosto grezzi, non erano stinchi di santi; esposti a contrarre impurità. 

Gli uomini peggiori riceveranno da Gesù l'annuncio di essere amati da Dio perché ricevono il suo perdono e la possibilità di cambiare vita. 

 

Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia…

 

Il Vangelo è gioia e non timore. La fede diventa matura, quando l'annuncio ricevuto suscita gioia. Il cristiano é pervaso da un senso di leggerezza e di fiducia. Ogni volta che accettiamo una parola del Vangelo, sperimentiamo consolazione e gioia. I pastori diventano subito annunciatori: Chi fa una vera esperienza di Dio ha sempre qualcosa di importante da annunciare. Cristo è dichiarato Salvatore, Messia e Signore. Sono tutti titoli che già annunciano  il Signore Risorto. Il Natale preannuncia già la Pasqua! 

 

E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

 

Ogni incontro con Dio culmina nella lode.  Anche noi, in questo Natale,  impariamo a ringraziare, presi dallo stupore e dalla gioia. La pace annunciata è in primo luogo pace con Dio. Ma questa pace si allarga e diventa annuncio e proposta di riconciliazione con il nostro prossimo.

 

Natale: festa della fede (Papa Francesco alla Curia r. per gli auguri di Natale)

 

“Una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede sulla quale dobbiamo interrogarci; una fede che non ci anima è una fede che deve essere animata; una fede che non ci sconvolge è una fede che deve essere sconvolta. In realtà, una fede soltanto intellettuale o tiepida è solo una proposta di fede, che potrebbe realizzarsi quando arriverà a coinvolgere il cuore, l’anima, lo spirito e tutto il nostro essere, quando si permette a Dio di nascere e rinascere nella mangiatoia del cuore, quando permettiamo alla stella di Betlemme di guidarci verso il luogo dove giace il Figlio di Dio, non tra i re e il lusso, ma tra i poveri e gli umili”

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Messa dell'aurora

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 2,15-20


Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.


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George La Tour, L’adorazione dei pastori, 1644, Museo del Louvre, Parigi 


COMMENTO di don Antonio Scattolini

 

Un’opera «silenziosa», sicuramente. Una tavola che ci presenta al centro un neonato dormiente, con gli occhi chiusi, stretto nelle fasce, disteso su un giaciglio di paglia. Questo bambino raccoglie intorno a sé l’attenzione di cinque personaggi disposti a semicerchio come una corona immobile, silenziosa: un semicerchio che parte da Maria e arriva a Giuseppe e che trova il punto di maggiore profondità nel pastore centrale un poco più sfumato, in penombra, dipinto con colori bruni. 


Ma questo artista chi era? Si chiamava George La Tour. Nato nel 1593 nella Lorena, regione alla frontiera tra Francia, Germania e Paesi Bassi.

 Fu uno dei primi pittori francesi ad aderire al rinnovamento stilistico di Caravaggio. Ha il merito di avere accolto il realismo ed il tenebrismo caravaggesco adattandoli al proprio temperamento intimista. Le sue opere rivelano la capacità di concentrarsi sull’essenziale, lavorando specialmente sugli effetti di luce creati da una candela. Le sue opere sono sempre caratterizzate da intensità di espressione e da marcata attenzione al quotidiano. La sua è un’arte semplice e monumentale: la notte, il silenzio, l’immobilità sono le caratteristiche dei pittori dell’anima e La Tour seppe illustrare i testi degli autori spirituali del suo tempo con una pittura che diventa rivelazione-manifestazione


Il bambino. 


Al centro della tela troviamo un bambino che è presentato come una piccola mummia, ben fasciato e dormiente. Impersona l’incarnazione, presenza fragile di un mondo divino, luminoso, esposto alle frontiere dell’oscurità, del male, della morte. Il richiamo pasquale di questo bambino è evidente: lo vediamo infatti vinto dal sonno, immobile e paralizzato nelle bende. Sembra una pietà in miniatura, un anticipo del Cristo deposto nel sepolcro il sabato santo. Dio che dorme! Un Dio presente in modo così discreto che si abbandona nel sonno. L’ illuminazione soprannaturale, amplificata su fondi oscuri, ci rivela la sua divinità. Questo tema ci rimanda al capitolo primo del Vangelo di Giovanni, il Prologo, in cui la luce è un soggetto natalizio/pasquale. Normalissimo, dipendente delle cure di altri, che diventa la demolizione dell’idea-idolo di un «dio onnipotente di tipo pagano». È un bebé ordinario in mezzo a persone ordinarie, che non ci fa dono di sguardi dolci o sorrisi commoventi: assente... e tuttavia sacramento della presenza del «Dio con noi», l’Emmanuele

 

 

I pastori

«Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Luca 2,12). Intorno a questo bambino si raccoglie il gruppo silenzioso. Il tema principale dell’arte paleocristiana era quello dell’annuncio ai pastori, distinto dalla natività. La raffigurazione resta qui fedele al testo di Luca 2,16. 

Il gruppo qui è ben attualizzato: pochi dettagli, nessun movimento; una scena familiare, austera, senza folclore, di contadini semplici della Lorena del ’600, contemporanei dell’autore. Pastori semplici, ma con la loro dignità: qualche colletto di merletto, vestiti «della festa», pettinature curate, attenzioni speciali come la terrina con il coperchio (le dita della donna la sfiorano appena perché forse è troppo calda...). Anche alcuni tratti: il pastore al centro



in penombra, si tocca il cappello forse per toglierglielo in segno di rispetto. Ha interrotto il suo concerto col flauto.
 

 

L’altro pastore guarda assorto, silenzioso.Le sue mani non hanno lasciato lo strumento di lavoro, il bastone, ma il suo volto adesso è attratto da qualche cosa che va più in là: questo è un vedere interiore, un intuire qualche cosa,

 che ha bisogno di uno spazio interiore di accoglienza. 

Anche noi con queste persone, poco a poco, contemplando quest’opera, siamo condotti alla soglia del mistero. Si tratta di educare lo sguardo a d
iscernere nella modestia del quotidiano tutto lo splendore della presenza di Dio.

 

Maria. Sopra il bambino, figura dominante sulla sinistra, raccolta in preghiera, veglia Maria. È rivolta a suo figlio, ma guarda più avanti.

La Tour ci ripropone qui una «maestà» della tradizione medioevale, donna solenne, ieratica, senza aureola ma non senza gloria, come una Madre di Dio bizantina. Il rosso-arancione vivissimo del suo vestito la mette molto in evidenza. Come lei, anche noi siamo chiamati qui a confrontarci con l’incomprensibile: come lei, anche noi sappiamo adesso che la nostra vita sarà chiamata a giocarsi nella relazione con questo Figlio, uscito dal suo seno. Da Betlemme fin sotto la croce: «Anche a te una spada...».
 L’effetto dell’ombra è come quello di un’ala proiettata sul cuore di Maria. Mani celesti dunque. Eppure queste sono anche le mani umanissime di una madre che prega per il suo bambino, per affidarlo a Dio. Formidabile è la danza delle mani in questo quadro: c’è lavoro, nutrimento, festa, cura-protezione, preghiera. 

 

Giuseppe. 


Ancora, si incontra Giuseppe: si vede lo sviluppo della sua iconografia di anziano. Egli guarda verso il bambino e le sue mani sono impegnate con la luce: deve proteggerla come poi sarà chiamato a custodire e proteggere il bambino dal vento omicida di Erode. Molto bello il suo viso, il viso di un patriarca, di un uomo di Dio. Il particolare della sua candela accesa stretta nella mano sembra un’eco della liturgia della notte pasquale. 

Agnello. 

Infine, il dettaglio dell’agnello pasquale e delle spighe: è qui esplicita l’allusione alla dimensione sacrificale e salvifica del Bambino. Questo agnellino bellissimo è l’essere più vicino al Cristo: è l’agnello che riconosce il vero Agnello di Dio... colui che rende sempre attuale il suo farsi carne nel sacramento dell’Eucaristia, corpo di Cristo. Uno spunto davvero molto ricco di teologia


Sguardo conclusivo... Intorno al bambino prendiamo posto anche noi e completiamo il cerchio aperto da Maria, Giuseppe e i pastori. E restiamo in silenzio davanti a colui che l’evangelista chiama fin dalla mangiatoia «il Salvatore, il Cristo Signore». Impariamo dal Natale a vedere sul volto di questo Bambino la gloria del Risorto. Allora riconosciamo, commossi, che sotto le fasce, nascosta tra le bende, anche oggi, anche in noi, c’è la presenza di Dio. 

Colui che vediamo qui è già il Signore della Pasqua. Tutto non è ancora compiuto, ma se sappiamo davvero contemplare, percepiamo sotto le apparenze umili la bellezza divina che prefigura la nostra trasfigurazione definitiva all’immagine del Figlio.  

«Tutto è accaduto nel silenzio. Bisogna tacere e ritornare ai pittori del silenzio come George La Tour. E partire nell’oscurità, fiduciosi, perché la stella del mattino si è alzata anche nei nostri cuori». (O. Clement) 

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il Natale nella nostra chiesa...




scorcio del presepe.....

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testi di riflessione sul Natale

Lambert Nobel

 

Sono nato nudo, dice Dio,
Affinché tu sappia spogliarti di te stesso.

Sono nato povero,
Affinché tu possa considerarmi l’unica ricchezza.

Sono nato in una stalla,
Affinché tu impari a santificare ogni ambiente.

Sono nato debole, dice Dio,
Affinché tu non abbia mai paura di me.

Sono nato per amore,
Affinché tu non dubiti mai del mio amore.

Sono nato di notte,
Affinché tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà.

Sono nato persona, dice Dio,
Affinché tu non abbia mai a vergognarti di essere te stesso.

Sono nato uomo,
Affinché tu possa essere “dio”.

Sono nato perseguitato,
Affinché tu sappia accettare le difficoltà.

Sono nato nella semplicità,
Affinché tu smetta di essere complicato.

Sono nato nella tua vita, dice Dio,
Per portare tutti alla casa del Padre.

 

A mani vuote… (Silvano Fausti)

 

 

Ai tempi di Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori. C’era un pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla. Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta portando qualche dono, invitarono anche lui. Ma lui diceva: “Io non posso venire, sono a mani vuote, che posso fare?”.

Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero. Così arrivarono dov’era il bambino, con sua Madre e Giuseppe.

Maria aveva tra le braccia il bambino e sorrideva, vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana o qualche frutto.

Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di venire. Lui si fece avanti imbarazzato.

Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori, depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote…