sabato 30 luglio 2022

18a domenica del tempo ordinario 

Dal libro del Qoèlet - Qo 1,2; 2,21-23
 
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e un grande male.
Infatti, quale profitto viene all’uomo da tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni del suo cuore, con cui si affanna sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e fastidi penosi; neppure di notte il suo cuore riposa. Anche questo è vanità!

 

Salmo Responsoriale Dal Sal 89 (90)

R. Signore, sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione.

Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: «Ritornate, figli dell’uomo».
Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte. R.
 
Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca. R.
 
Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.
Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi! R.
 
Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda. R.
 

 Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési - Col 3,1-5.9-11
 
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

Dal Vangelo secondo Luca - Lc 12,13-21
 
In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

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omelia: Vangelo: la vera ricchezza della vita e non la vita dalla ricchezza!

 

 

Luca, l’ evangelista della povertà e della radicalità evangelica, ci ha conservato questo piccolo gioiello di teologia e di psicologia. 

In apertura troviamo la richiesta fatta a Gesù di intervenire per risolvere problemi di eredità: lo potremmo definire una scena di bega familiare (V. 13). Si tratta di  uno che si sente defraudato di quanto gli spetta da parte del fratello… Gesù si era guadagnato stima e considerazione agli occhi della gente che si rivolgeva a lui per  essere difesa nei suoi diritti. 

Ma Gesù si rifiuta di entrare in queste questioni e mostra con il suo rifiuto la diversità della sua missione, rispetto alla comune aspettativa della gente. La sua missione ha carattere spirituale e non temporale. Gesù sfrutta piuttosto l’ opportunità di questo dialogo… e così ammonisce a guardarsi dalla cupidigia che potremmo intendere come la ricerca avida del denaro. Quanto sia negativa questa ricerca, è messo in luce dal  testo di 1a Tm 6,10: «L’ attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori». Poiché il denaro non conduce alla vita, anzi, come qui nella parabola, produce una situazione di rottura o almeno contraria alla vita per l’ ostilità creatasi tra i due fratelli. Quante questioni, anche oggi, per problemi di eredità! Ne sanno qualcosa, in particolare gli avvocati!

Più denaro non equivale a più vita: non esiste rapporto diretto tra benessere materiale e una vita buona e soddisfacente! Ma non tutti la pensano così. Allora con una grande finezza narrativa e psicologica, Luca riporta la parabola di Gesù. Viene messo inscena un uomo che fa della ricchezza l’ ideale di vita; egli è l’esempio di tutti coloro che ritengono il denaro fonte di sicurezza e di tranquillità, La situazione di partenza mostra l’occasione favorevole di un abbondante raccolto. Il ricco non riesce più a stivarlo nei suoi magazzini. Si potrebbero allargare quelli esistenti o costruirne degli altri: no, egli vuole abbattere prima di costruire: Tutto di nuovo come se la vita fosse completamente nelle sue mani e come se l’ interesse materiale fosse sufficiente a soddisfare tutte le esigenze dell’uomo. «Anima mia hai a disposizione molti beni per molti anni». La sua spensieratezza lo illude di una falsa gioia!  Il ricco si rivolge a se stesso con un tono di autocompiacimento. La sua visuale è limitata,  perché si riduce al riposarsi, mangiare, bere e divertirsi: tutto qui! (Non è anche il progetto di tante persone anche oggi?) Bruscamente interviene Dio stesso a frantumare sogni come bolle di sapone: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita» Il ricco  è stupido perché non vive, ma vegeta. L’uomo ricco aveva commesso almeno due grossolani errori: non ha pensato per nulla agli altri… Tutto è centrato su se stesso: io, io, io…i miei raccolti», i miei magazzini», ecc.); Poi  aveva agito da padrone assoluto, come se tutto fosse dipeso da lui… (v. Qoelet nella prima lettura). La frase finale parla a tutti noi, al di là del caso concreto.). 

 

“Anche se uno è nelll’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Perdono tempo e rischiano grosso tutti coloro che non tengono in debito conto un amoroso rapporto con Dio, fissati solo sulle preoccupazioni materiali…Le ricchezze non sono demonizzate, perché possono svolgere una funzione benefica: quella della condivisione e della solidarietà…Maria“ ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i sazi di ricchezza..”

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preghiera sul Vangelo


Tu ci metti in guardia, Gesù, da ogni cupidigia che si impossessa

di noi, delle nostre energie, del nostro tempo e ci rende incapaci di cogliere

il valore effettivo di ogni cosa.

Catturati da quello che luccica, dal successo, dal potere, dal sapere,

perdiamo di vista l'obiettivo, l'approdo che dà senso alla nostra esistenza.

Tu ci ricordi, Gesù, che corriamo il rischio

di sciupare la nostra vita solo perché ci siamo illusi

sul valore di tante realtà, che invece vengono meno

e non ci possono assicurare una vita riuscita, quella che resiste

anche quando veniamo abbandonati alla nostra fragilità,

anche quando i nostri supposti tesori sì sono rivelati di vile metallo.

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Intenzioni per la preghiera dei fedeli

 

Ti preghiamo, ascoltaci!

— Signore, ricordati della tua Chiesa, la cui vita è nascosta con Cristo in te. Rendila comunità di uomini nuovi, che si rinnovano ad immagine del loro Creatore... 

— Signore, ricordati delle società fondate sul benessere, sul consumo e sul tornaconto. Rendile coscienti della vanità di tali conquiste quando non rendono migliore il cuore dell’uomo e non promuovono la verità e la giustizia...

— Signore, ricordati delle società che vivono il dramma della fame, della miseria, dello sfruttamento, dell’indebitamento estero, delle malattie, della fuga dalla patria in cerca di un destino migliore. 

Fa’ che ad ogni persona e ad ogni popolo sia garantita la dignità, siano tutelati i diritti, siano offerte possibilità di sviluppo umano... 

—Signore, ricordati di noi, condizionati dal fascino dalla ricchezza e dal successo, scambiati come fonte di felicità. Aiutaci a non essere servi delle cose, ma a servircene nella libertà e nell’amore…

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Dalla novella “La roba” di Giovanni Verga

GIOVANNI  VERGA

Il viandante che andava lungo il Biviere di Lentini, steso là come un pezzo di mare morto, e le stoppie riarse della Piana di Catania, e gli aranci sempre verdi di Francofonte, e i sugheri grigi di Resecone, e i pascoli deserti di Passaneto e di Passanitello, se domandava, per ingannare la noia della lunga strada polverosa, sotto il cielo fosco dal caldo, nell'ora in cui i campanelli della lettiga suonano tristamente nell'immensa campagna, e i muli lasciano ciondolare il capo e la coda, e il lettighiere canta la sua canzone malinconica per non lasciarsi vincere dal sonno della malaria: - Qui di chi è? - sentiva rispondersi: - Di Mazzarò -. E passando vicino a una fattoria grande quanto un paese, coi magazzini che sembrano chiese, e le galline a stormi accoccolate all'ombra del pozzo, e le donne che si mettevano la mano sugli occhi per vedere chi passava: - E qui? - Di Mazzarò -. E cammina e cammina, mentre la malaria vi pesava sugli occhi, e vi scuoteva all'improvviso l'abbaiare di un cane, passando per una vigna che non finiva più, e si allargava sul colle e sul piano, immobile, come gli pesasse addosso la polvere, e il guardiano sdraiato bocconi sullo schioppo, accanto al vallone, levava il capo sonnacchioso, e apriva un occhio per vedere chi fosse: - Di Mazzarò -. Poi veniva un uliveto folto come un bosco, dove l'erba non spuntava mai, e la raccolta durava fino a marzo.[...]


Commento

Mazzaro, essere umano venuto al mondo senza nulla, ne` denaro ne` beni ne` famiglia (si esclude la madre), raccolto "per carita nudo e crudo" nei suoi campi dal barone, comprende ben presto che, per esistere come uomo e non essere considerato alla stregua di una bestia presa a calci, deve possedere qualcosa, ma questo qualcosa diventa tanto, un accumolo infinito di "roba" (che, nel pensar concreto di Mazzaro`, s`identifica con la terra, con la proprieta fondiaria), di cui non si serve, però, per vivere meglio o per essere riverito ed invidiato, ma per se stessa; l`accumulazione e`, infatti, fine a se stessa. E, alla fine della sua vita, Mazzaro` vorrebbe scioccamente portare tutto con se perchè i beni sono parte del suo essere, della sua avarizia.


Renato Guttuso: "Contadini al lavoro"

Ecco la frase finale della novella… 

 

 

… Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: — Roba mia, vientene con me

 

sabato 23 luglio 2022

 24 luglio 2022: 17a domenica del tempo ordinario

Dal libro della Gènesi - Gen 18,20-32

 

In quei giorni, disse il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».
Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore.
Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo».
Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque».
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 137 (138)

 

R. Nel giorno in cui ti ho invocato mi hai risposto.

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo. R.
 
Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza. R.
 
Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Se cammino in mezzo al pericolo, tu mi ridoni vita;
contro la collera dei miei avversari stendi la tua mano. R.
 
La tua destra mi salva.
Il Signore farà tutto per me.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani. R.
 

Seconda Lettura

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési - Col 2,12-14

Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce.

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca - Lc 11,1-13

 

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
"Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione"».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

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omelia 17a C 

 

Il brano del Vangelo tratta della preghiera… 

Tre parti: la preghiera di Gesù (vv. 1-4), la parabola dell’amico insistente (vv. 5-8) e infine la sua applicazione (vv. 9-13).  

Anche in questo camminare Gesù si fermava, sostava e pregava: i discepoli lo vedevano impegnato in questa azione fatta certamente in un modo che li colpiva e li interrogava. Proprio alla fine di una di queste soste in preghiera, un discepolo gli chiede di insegnare a tutti come pregare, sull’esempio di ciò che aveva fatto Giovanni il Battista con quanti lo seguivano.  E' l'esempio di Gesù che fa nascere nei discepoli il desiderio di pregare (11,1-13). Facendo scaturire la preghiera del discepolo dall'esempio di Gesù, Luca vuole ricordarci che la nostra preghiera deve assomigliare alla sua.

Anche noi, come quel discepolo, desideriamo interrogare Gesù: “Insegnaci a pregare! ne abbiamo bisogno.. a volte la preghiera ci riesce difficile…Ci stanchiamo…o siamo spesso distratti….Non sappiamo che cosa dire… Ci bastano le formule di preghiera imparate a memoria?

Tutti proiettati sulle attività, la preghiera ci sembra un tempo poco utile, sottratto alle tante cose da fare che sembrano più importanti… Qualche volte, per grazia di Dio, abbiamo anche gustato un preghiera autentica…

Gesù ci consegna una preghiera breve, essenziale, il Padre nostro che nella versione di Luca è più breve rispetto a quella che di solito usiamo… 

L'invocazione «Padre» è sempre sulle labbra di Gesù: esprime il suo essere Figlio. 

Il cristiano è invitato a pregare facendo sua  la parola stessa di Gesù, sentendosi cioè figlio amato in unione a Cristo. Sta in questo rapporto l'originalità cristiana della preghiera. Ci possono essere tante strade per invocare Dio, secondo la sensibilità e la storia di ciascuno… ma nella preghiera autentica e vera non deve mai mancare la coscienza di essere e di sentirci figli, a imitazione di Gesù stesso!

Nella prima parte del Padre nostro noi siamo chiamati a fare nostri i pensieri e i desideri di Dio stesso: «Sia santificato il tuo nome», «venga il tuo Regno».

Nella seconda parte chiediamo ciò che è utile e necessario per la nostra vita:

«Dacci oggi il nostro pane quotidiano», poi il perdono dei peccati e la richiesta di non soccombere alle tentazioni, (“non abbandonarci alla tentazione”) e la liberazione dal male. 

Vediamo ora la parabola e la sua applicazione. Vuole presentare la preghiera di domanda come preghiera insistente, assidua, che non viene meno. È una parabola: Chi tra voi, se ha un amico e va a casa sua a mezzanotte e gli dice: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, lo sente rispondere dall’interno: “Non procurarmi molestie! La porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me! Non posso alzarmi per darteli”? Vi dico: anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua insistenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono”.

Parabola semplice….  Gesù, poi, commenta:

non abbiate paura di chiedere a Dio che è Padre, chiedete con semplicità, sicuri di essere esauditi da chi vi ama, e chiedete senza stancarvi mai. Si tratta di cercare con la convinzione della necessità della ricerca, con la convinzione che c’è qualcosa che vale la pena di essere cercato, e poi si giungerà a trovare. Si tratta anche di bussare a una porta: se si bussa, è perché c’è speranza che qualcuno dal di dentro apra e ci accolga, ma a volte occorre bussare ripetutamente…

 

… Perché Dio ha bisogno di essere più volte supplicato, perché vuole essere cercato, perché vuole che bussiamo ancora e ancora? Ne ha così bisogno? No, siamo noi che abbiamo bisogno di chiedere, perché siamo dei mendicanti; siamo noi che dobbiamo rinnovare la nostra ricerca di ciò che è veramente necessario; siamo noi che dobbiamo desiderare che ci sia aperta una porta, in modo da poter incontrare chi ci accoglie. Dio non ha bisogno della nostra insistente preghiera, ma siamo noi ad averne bisogno, per aumentare il nostro desiderio e la nostra attesa di fronte a colui che ci é Padre.

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Intenzioni per la preghiera dei fedeli:

 

Ascoltaci, o Padre! 

Padre, sei immenso e più grande di ogni cosa. La tua bontà ispiri ogni credente. La tua misericordia diventi la meta e la vocazione della chiesa. Preghiamo.

 


Padre, in comunione con Cristo, tuo Figlio, alla mensa eucaristica, nell'ascolto della sua Parola, sappiamo incontrare  la tua misericordia. Preghiamo.

 


Padre, sappiamo di poterti adare ogni nostra necessità. Non farci mancare i doni, anche materiali, che ci sono necessari per la vita. Preghiamo.

 


Padre, abbiamo bisogno del tuo perdono, per seminare riconciliazione e pace nelle nostre parole e nei nostri gesti. La nostra convivenza sociale e civile sia improntata all'accoglienza. Preghiamo.

 


Padre, la tua fedeltà resiste alla nostra ingratitudine. Sostienici nell'ora della prova, concedi iI tuo conforto e la tua forza a chi sore, suggerisci parole di consolazione a chi accompagna i malati, aiuta tutti a non soccombere alla tentazione del male. Preghiamo.

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sabato 16 luglio 2022

 17 luglio: 16a domenica del tempo ordinario C

Prima Lettura - Dal libro della Gènesi - Gn 18,1-10

 

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 14 (15)

 

R. Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua. R.
 
Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore. R.
 
Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre. R.

 

Seconda Lettura -Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
Col 1,24-28


Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.
A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca - Lc 10,38-42


In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

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omelia 16a C -2022

 

Questo breve episodio del Vangelo di Luca (10,38-42) può essere osservato da varie angolature, tutte interessanti. Intanto notiamo lo stile di Gesù che accoglie volentieri l’ospitalità e si intrattiene nella casa di Betania, come faceva, probabilmente spesso quando andava a Gerusalemme. 

Marta assume nei confronti dell'ospite un ruolo tipicamente femminile: tutta affaccendata prepara la tavola. Maria, al contrario, si intrattiene con l'ospite, assumendo un ruolo che la mentalità del tempo riservava agli uomini: un fatto insolito che neppure Marta condivide. Maria si siede ai piedi del Maestro e ascolta la Parola: è la tipica figura del discepolo. E questa è una novità. I rabbini infatti non usavano accettare le donne al proprio seguito, e divenire discepolo era riservato agli uomini. Per Gesù non è così. Anche le donne sono chiamate all'ascolto e al discepolato. Gesù valorizza le donne, alcune delle quali seguivano Lui e i suoi discepoli in alcuni momenti particolari…

Vediamo meglio il comportamento delle due sorelle. Maria si mette seduta e ascolta… La prima caratteristica dell’ospitalità vera è dare spazio alla persona, non mettere in primo piano se stessi, non pensare alle cose da fare, essere pienamente disponibili all’ascolto…Dare un po' di tempo e un po' di cuore; è dall'ascolto che comincia la relazione. 

Nella giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Papa Francesco dice:

Solo facendo attenzione a chi ascoltiamo, a cosa ascoltiamo, a come ascoltiamo, possiamo crescere nell’arte di comunicare, il cui centro non è una teoria o una tecnica, ma la «capacità del cuore che rende possibile la prossimità» 

Tutti abbiamo le orecchie, ma tante volte anche chi ha un udito perfetto non riesce ad ascoltare l’altro. C’è infatti una sordità interiore, peggiore di quella fisica. L’ascolto, infatti, non riguarda solo il senso dell’udito, ma tutta la persona. La vera sede dell’ascolto è il cuore. Il re Salomone, pur giovanissimo, si dimostrò saggio perché domandò al Signore di concedergli «un cuore che ascolta» ( 1 Re 3,9). E Sant’Agostino invitava ad ascoltare con il cuore, ad accogliere le parole non esteriormente nelle orecchie, ma spiritualmente nei cuori: «Non abbiate il cuore nelle orecchie, ma le orecchie nel cuore». 

Le parole con le quali Gesù risponde a Marta ricordano che il servizio non deve assillare al punto da far dimenticare l'ascolto: «Marta, Marta, ti preoccupi e ti agiti per troppe cose...».Ci sono due atteggiamenti che devono far parte della vita di qualsiasi discepolo: l'ascolto e il servizio. Dare un po' di tempo e un po' di cuore; è dall'ascolto che comincia la relazione.

Marta è tanto affaccendata per servire l'ospite. Gesù non disprezza la sua  premura, ma la richiama alla cosa più importante! Invece di ascoltare Gesù, Marta arriva a rimproverarlo perchè  la sorella non l’aiuta. Marta è «affannata» e «agitata». Affannarsi e agitarsi non è l'atteggiamento dei discepoli. La ragione di tanta agitazione sono le troppe cose che ci disorientano. La prima cosa necessaria, dunque è l’ascolto che poi matura nella preghiera e nell’invocazione, che è la risposta alla parola che il Signore ci dona.


Oggi, in particolare, viviamo in una società che è tutta orientato al fare, al realizzare, al produrre. L’ascolto che domanda il silenzio e la calma, non fanno parte della nostra cultura: sembra tempo perso! Quante volte dedichiamo un tempo al silenzio, sia pure breve, nella lettura e meditazione della parola del Vangelo per assimilarla, capirla e poi viverla? 

Un ultimo aspetto. L’ascolto del Signore, alla maniera di Maria, ci aiuta a far sì che il nostro servizio sia vero, fondato su motivazioni serie, non cada nel voler essere protagonisti e nel mettere in luce noi stessi…

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16a domenica del tempo ordinario

 

Rendici attenti alla tua parola! 

 

Signore, rendi la tua Chiesa una casa ospitale per tutti, affinché ogni persona senta di essere accolta ed amata e sperimenti ne||’amore fraterno la tua tenerezza di Padre.

Preghiamo

 

Signore, apri i nostri cuori all’ascolto del tuo Figlio Gesù Cristo, affinché la sua Parola divenga ogni giorno, per tutti i credenti, via, verità e vita. Preghiamo

 

Signore, rendici lieti nelle sofferenze che sopportiamo per il Vangelo,

perché anche in noi si completi ciò che manca ai patimenti di Cristo per il bene della Chiesa e la crescita dell’umanità. Preghiamo

 

Signore, aiutaci a dare il primo posto nella nostra vita all’ascolto di te. Fa’ che la parola del Vangelo sia presente nella nostra mente e nel nostro cuore. Allora potremo impegnarci nel servire gli altri in modo autentico e non viziato da interessi personali. Preghiamo

 


sabato 9 luglio 2022

 10 luglio 2022

Prima Lettura - Dal libro del Deuteronòmio - Dt 30,10-14

 

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica».
 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 18 (19)

R. I precetti del Signore fanno gioire il cuore.

La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice. R.
 
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi. R.
 
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti. R.
 
Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante. R.
 

Seconda Lettura - Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
Col 1,15-20


Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.

 

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca - Lc 10,25-37

il buon samaritano di Van Gogh

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

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omelia


La famosa parabola dl Buon Samaritano ci interroga sempre, con il suo richiamo fortissimo e sempre attuale. Uno scriba interroga Gesù, per metterlo in difficoltà, su una questione molto importante: come possedere la vita eterna. Gesù lo rinvia al comandamento dell'amore di Dio e dell'amore del prossimo. Ma lo scriba non è soddisfatto e aggiunge: «Chi è il mio prossimo?». Su questo punto c’erano diverse teorie e opinioni, al tempo di Gesù tra i vari rabbini e maestri della legge… Gesù non da’ una definizione astratta di  prossimo, ma 

risponde, con una parabola che allarga la domanda e persino la rovescia.

Il prossimo è uno sconosciuto ferito lungo la strada. Non è detto chi sia: un ebreo, un pagano, un credente? Nulla è detto, e c’è un motivo. Il prossimo è chiunque si trova nel  bisogno: prossimo è il bisognoso  col quale ti imbatti, che  puoi incontrare, a volte senza prevederlo….non importa chi sia.

Ecco sulla scena dell’aggressione alcuni personaggi. (Da “Fratelli tutti”)

La parabola ci fa fissare chiaramente lo sguardo su quelli che passano a distanza. E’ una pericolosa indifferenza: andare oltre senza fermarsi é  segno di una triste distrazione che arriva fino al disprezzo… E’ il  non curarsi, disinteressarsi degli altri, chiamarsi fuori o dire ‘non tocca a me, io non c’entro’! E questi  personaggi sono un sacerdote e un  levita, fanno parte del mondo religioso!  Per non contaminarsi con un ferito, secondo le regole religiose di quel tempo e poter fare ancora il culto nel tempio, disprezzano quel disgraziato e dimenticano che egli  è  immagine viva del  Dio misericordioso e pietoso.

Una pericolosa frattura tra l’amore di Dio e del prossimo!

Il Papa in Fratelli tutti”, fa degli esempi precisi di una indifferenza che vediamo anche oggi e dice: 

Aggrediscono una persona per la strada, e molti scappano come se non avessero visto nulla. Spesso ci sono persone che investono qualcuno con la loro automobile e fuggono. Pensano solo a non avere problemi, non importa se un essere umano muore per colpa loro. Questi però sono segni di uno stile di vita generalizzato, che si manifesta in vari modi, forse più sottili. Inoltre, poiché tutti siamo molto concentrati sulle nostre necessità, vedere qualcuno che soffre ci dà fastidio, ci disturba, perché non vogliamo perdere tempo per colpa dei problemi altrui. Questi sono sintomi di una società malata, perché mira a costruirsi voltando le spalle al dolore”.

 

Come figura positiva che si ferma accanto al ferito Gesù non sceglie un fariseo osservante, né un sacerdote, né un levita. Sceglie un samaritano, disprezzato dagli ebrei, considerato un miscredente. La lezione di Gesù è chiara: il bene puoi trovarlo anche là dove meno te l'aspetti. I bene si trova ovunque, è senza frontiere. 

Il samaritano si accorge del ferito, ha compassione, un sentimento umano che dovrebbe essere dentro il cuore di ogni uomo. I suoi gesti sono descritti uno a uno, quasi al rallentatore. Il samaritano non si è chiesto chi fosse il ferito: il suo aiuto è disinteressato, generoso e concreto. Ecco che cosa significa amare il prossimo.

“..vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui.”

Alla conclusione Gesù pone direttamente allo scriba una domanda  che lo spiazza  e invita tutti noi a riflettere: «Chi di questi tre ti sembra essersi fatto prossimo a colui che è incappato nei briganti?».Non: chi è il tuo prossimo ma: come tu puoi e devi diventare prossimo degli altri! Il prossimo è colui nel quale ti imbatti, per caso. Il problema è un altro: chiederti se tu hai dentro di te la prossimità verso i bisogni degli altri, Lo scriba ( e con lui tutti noi…) si vede invitato a convertire se stesso.

Una domanda aperta: quali sono oggi le situazioni nelle quali siamo chiamati a diventare prossimo degli altri? 

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domenica 15a   del tempo ordinario

 

  Rendici segni del tuo amore, Signore!


 Per la Chiesa di Cristo: accogliendo con docile ascolto il    Vangelo della carità lo sappia     consegnare agli uomini con un annuncio sostenuto dall’amore e dal servizio; preghiamo.

 

Per tutti i cristiani: vedano nella     parabola del buon samaritano I ’invito a riconoscere nel dono    di sé al prossimo il significato vero della scelta cristiana; preghiamo.


Per quanti sono nella sofferenza, nella solitudine, per chi si sente escluso o dimenticato: la sensibilità dei cristiani contribuisca a sollevare ogni prostrazione ridando fiducia nella vita; preghiamo.


Per questa nostra comunità: l’Eucaristia che è segno vero dell’amore di Dio, ci spinga a condividere le gioie e le sofferenze dei fratelli per rendere credibile il Vangelo del Signore; preghiamo.

 

Lunedì 11 inizia il Grest. Sia vissuto come un momento forte  di crescita umana e spirituale per i ragazzi e i loro animatori, preghiamo.

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Da “Fratelli tutti” di PAPA FRANCESCO

CAPITOLO SECONDO

 

UN ESTRANEO SULLA STRADA

56. Tutto ciò che ho menzionato nel capitolo precedente è più di un’asettica descrizione della realtà, poiché «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».[53] Nell’intento di cercare una luce in mezzo a ciò che stiamo vivendo, e prima di impostare alcune linee di azione, intendo dedicare un capitolo a una parabola narrata da Gesù duemila anni fa. Infatti, benché questa Lettera sia rivolta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose, la parabola si esprime in modo tale che chiunque di noi può lasciarsene interpellare.

«In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”.  Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: ‘Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno’. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”» (Lc 10,25-37).

Lo sfondo

 

57. Questa parabola raccoglie uno sfondo di secoli. Poco dopo la narrazione della creazione del mondo e dell’essere umano, la Bibbia presenta la sfida delle relazioni tra di noi. Caino elimina suo fratello Abele, e risuona la domanda di Dio: «Dov’è Abele, tuo fratello?» (Gen 4,9). La risposta è la stessa che spesso diamo noi: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (ibid.). Con la sua domanda, Dio mette in discussione ogni tipo di determinismo o fatalismo che pretenda di giustificare l’indifferenza come unica risposta possibile. Ci abilita, al contrario, a creare una cultura diversa, che ci orienti a superare le inimicizie e a prenderci cura gli uni degli altri.

 

58. Il libro di Giobbe ricorre al fatto di avere un medesimo Creatore come base per sostenere alcuni diritti comuni: «Chi ha fatto me nel ventre materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso a formarci nel grembo?» (31,15). Molti secoli dopo, Sant’Ireneo si esprimerà in modo diverso con l’immagine della melodia: «Dunque chi ama la verità non deve lasciarsi trasportare dalla differenza di ciascun suono né immaginare che uno sia l’artefice e il creatore di questo suono e un altro l’artefice e il creatore dell’altro […], ma deve pensare che lo ha fatto uno solo».[54]

 

59. Nelle tradizioni ebraiche, l’imperativo di amare l’altro e prendersene cura sembrava limitarsi alle relazioni tra i membri di una medesima nazione. L’antico precetto «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18) si intendeva ordinariamente riferito ai connazionali. Tuttavia, specialmente nel giudaismo sviluppatosi fuori dalla terra d’Israele, i confini si andarono ampliando. Comparve l’invito a non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te (cfr Tb 4,15). Il saggio Hillel (I sec. a.C.) diceva al riguardo: «Questo è la Legge e i Profeti. Tutto il resto è commento».[55] Il desiderio di imitare gli atteggiamenti divini condusse a superare quella tendenza a limitarsi ai più vicini: «La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente» (Sir 18,13).

 

60. Nel Nuovo Testamento, il precetto di Hillel ha trovato espressione positiva: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti» (Mt 7,12). Tale appello è universale, tende ad abbracciare tutti, solo per la loro condizione umana, perché l’Altissimo, il Padre celeste «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45). E di conseguenza si esige: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).

 

61. C’è una motivazione per allargare il cuore in modo che non escluda lo straniero, e la si può trovare già nei testi più antichi della Bibbia. È dovuta al costante ricordo del popolo ebraico di aver vissuto come straniero in Egitto:

«Non molesterai il forestiero né l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 22,20).

«Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Es 23,9).

«Quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato tra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto» (Lv 19,33-34).

«Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare. Sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Ricordati che sei stato schiavo nella terra d’Egitto» (Dt 24,21-22).

Nel Nuovo Testamento risuona con forza l’appello all’amore fraterno:

«Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Gal 5,14).

«Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione d’inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre» (1 Gv2,10-11).

«Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1 Gv 3,14).

«Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20).

 

62. Anche questa proposta di amore poteva essere fraintesa. Non per nulla, davanti alla tentazione delle prime comunità cristiane di formare gruppi chiusi e isolati, San Paolo esortava i suoi discepoli ad avere carità tra di loro «e verso tutti» (1 Ts 3,12); e nella comunità di Giovanni si chiedeva che fossero accolti bene i «fratelli, benché stranieri» (3 Gv 5). Tale contesto aiuta a comprendere il valore della parabola del buon samaritano: all’amore non importa se il fratello ferito viene da qui o da là. Perché è l’«amore che rompe le catene che ci isolano e ci separano, gettando ponti; amore che ci permette di costruire una grande famiglia in cui tutti possiamo sentirci a casa […]. Amore che sa di compassione e di dignità».[56]

L’abbandonato

 

63. Gesù racconta che c’era un uomo ferito, a terra lungo la strada, che era stato assalito. Passarono diverse persone accanto a lui ma se ne andarono, non si fermarono. Erano persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune. Non sono state capaci di perdere alcuni minuti per assistere il ferito o almeno per cercare aiuto. Uno si è fermato, gli ha donato vicinanza, lo ha curato con le sue stesse mani, ha pagato di tasca propria e si è occupato di lui. Soprattutto gli ha dato una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: gli ha dato il proprio tempo. Sicuramente egli aveva i suoi programmi per usare quella giornata secondo i suoi bisogni, impegni o desideri. Ma è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel ferito, e senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo.

 

64. Con chi ti identifichi? Questa domanda è dura, diretta e decisiva. A quale di loro assomigli? Dobbiamo riconoscere la tentazione che ci circonda di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli. Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente.

 

65. Aggrediscono una persona per la strada, e molti scappano come se non avessero visto nulla. Spesso ci sono persone che investono qualcuno con la loro automobile e fuggono. Pensano solo a non avere problemi, non importa se un essere umano muore per colpa loro. Questi però sono segni di uno stile di vita generalizzato, che si manifesta in vari modi, forse più sottili. Inoltre, poiché tutti siamo molto concentrati sulle nostre necessità, vedere qualcuno che soffre ci dà fastidio, ci disturba, perché non vogliamo perdere tempo per colpa dei problemi altrui. Questi sono sintomi di una società malata, perché mira a costruirsi voltando le spalle al dolore.

 

66. Meglio non cadere in questa miseria. Guardiamo il modello del buon samaritano. È un testo che ci invita a far risorgere la nostra vocazione di cittadini del nostro Paese e del mondo intero, costruttori di un nuovo legame sociale. È un richiamo sempre nuovo, benché sia scritto come legge fondamentale del nostro essere: che la società si incammini verso il perseguimento del bene comune e, a partire da questa finalità, ricostruisca sempre nuovamente il suo ordine politico e sociale, il suo tessuto di relazioni, il suo progetto umano. Coi suoi gesti il buon samaritano ha mostrato che «l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro».[57]

 

67. Questa parabola è un’icona illuminante, capace di mettere in evidenza l’opzione di fondo che abbiamo bisogno di compiere per ricostruire questo mondo che ci dà pena. Davanti a tanto dolore, a tante ferite, l’unica via di uscita è essere come il buon samaritano. Ogni altra scelta conduce o dalla parte dei briganti oppure da quella di coloro che passano accanto senza avere compassione del dolore dell’uomo ferito lungo la strada. La parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune. Nello stesso tempo, la parabola ci mette in guardia da certi atteggiamenti di persone che guardano solo a sé stesse e non si fanno carico delle esigenze ineludibili della realtà umana.

 

68. Il racconto, diciamolo chiaramente, non fa passare un insegnamento di ideali astratti, né si circoscrive alla funzionalità di una morale etico-sociale. Ci rivela una caratteristica essenziale dell’essere umano, tante volte dimenticata: siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile; non possiamo lasciare che qualcuno rimanga “ai margini della vita”. Questo ci deve indignare, fino a farci scendere dalla nostra serenità per sconvolgerci con la sofferenza umana. Questo è dignità.

 

Una storia che si ripete

69. La narrazione è semplice e lineare, ma contiene tutta la dinamica della lotta interiore che avviene nell’elaborazione della nostra identità, in ogni esistenza proiettata sulla via per realizzare la fraternità umana. Una volta incamminati, ci scontriamo, immancabilmente, con l’uomo ferito. Oggi, e sempre di più, ci sono persone ferite. L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. Ogni giorno ci troviamo davanti alla scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza. E se estendiamo lo sguardo alla totalità della nostra storia e al mondo nel suo insieme, tutti siamo o siamo stati come questi personaggi: tutti abbiamo qualcosa dell’uomo ferito, qualcosa dei briganti, qualcosa di quelli che passano a distanza e qualcosa del buon samaritano.

 

70. È interessante come le differenze tra i personaggi del racconto risultino completamente trasformate nel confronto con la dolorosa manifestazione dell’uomo caduto, umiliato. Non c’è più distinzione tra abitante della Giudea e abitante della Samaria, non c’è sacerdote né commerciante; semplicemente ci sono due tipi di persone: quelle che si fanno carico del dolore e quelle che passano a distanza; quelle che si chinano riconoscendo l’uomo caduto e quelle che distolgono lo sguardo e affrettano il passo. In effetti, le nostre molteplici maschere, le nostre etichette e i nostri travestimenti cadono: è l’ora della verità. Ci chineremo per toccare e curare le ferite degli altri? Ci chineremo per caricarci sulle spalle gli uni gli altri? Questa è la sfida attuale, di cui non dobbiamo avere paura. Nei momenti di crisi la scelta diventa incalzante: potremmo dire che, in questo momento, chiunque non è brigante e chiunque non passa a distanza, o è ferito o sta portando sulle sue spalle qualche ferito.

 

71. La storia del buon samaritano si ripete: risulta sempre più evidente che l’incuranza sociale e politica fa di molti luoghi del mondo delle strade desolate, dove le dispute interne e internazionali e i saccheggi di opportunità lasciano tanti emarginati a terra sul bordo della strada. Nella sua parabola, Gesù non presenta vie alternative, come ad esempio: che cosa sarebbe stato di quell’uomo gravemente ferito o di colui che lo ha aiutato se l’ira o la sete di vendetta avessero trovato spazio nei loro cuori? Egli ha fiducia nella parte migliore dello spirito umano e con la parabola la incoraggia affinché aderisca all’amore, recuperi il sofferente e costruisca una società degna di questo nome.

 

I personaggi

72. La parabola comincia con i briganti. Il punto di partenza che Gesù sceglie è un’aggressione già consumata. Non fa sì che ci fermiamo a lamentarci del fatto, non dirige il nostro sguardo verso i briganti. Li conosciamo. Abbiamo visto avanzare nel mondo le dense ombre dell’abbandono, della violenza utilizzata per meschini interessi di potere, accumulazione e divisione. La domanda potrebbe essere: lasceremo la persona ferita a terra per correre ciascuno a ripararsi dalla violenza o a inseguire i banditi? Sarà quel ferito la giustificazione delle nostre divisioni inconciliabili, delle nostre indifferenze crudeli, dei nostri scontri intestini?

 

73. Poi la parabola ci fa fissare chiaramente lo sguardo su quelli che passano a distanza. Questa pericolosa indifferenza di andare oltre senza fermarsi, innocente o meno, frutto del disprezzo o di una triste distrazione, fa dei personaggi del sacerdote e del levita un non meno triste riflesso di quella distanza che isola dalla realtà. Ci sono tanti modi di passare a distanza, complementari tra loro. Uno è ripiegarsi su di sé, disinteressarsi degli altri, essere indifferenti. Un altro sarebbe guardare solamente al di fuori. Riguardo a quest’ultimo modo di passare a distanza, in alcuni Paesi, o in certi settori di essi, c’è un disprezzo dei poveri e della loro cultura, e un vivere con lo sguardo rivolto al di fuori, come se un progetto di Paese importato tentasse di occupare il loro posto. Così si può giustificare l’indifferenza di alcuni, perché quelli che potrebbero toccare il loro cuore con le loro richieste semplicemente non esistono. Sono fuori dal loro orizzonte di interessi.

 

74. In quelli che passano a distanza c’è un particolare che non possiamo ignorare: erano persone religiose. Di più, si dedicavano a dare culto a Dio: un sacerdote e un levita. Questo è degno di speciale nota: indica che il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace. Una persona di fede può non essere fedele a tutto ciò la fede stessa esige, e tuttavia può sentirsi vicina a Dio e ritenersi più degna degli altri. Ci sono invece dei modi di vivere la fede che favoriscono l’apertura del cuore ai fratelli, e quella sarà la garanzia di un’autentica apertura a Dio. San Giovanni Crisostomo giunse ad esprimere con grande chiarezza tale sfida che si presenta ai cristiani: «Volete onorare veramente il corpo di Cristo? Non disprezzatelo quando è nudo. Non onoratelo nel tempio con paramenti di seta, mentre fuori lo lasciate a patire il freddo e la nudità».[58] Il paradosso è che, a volte, coloro che dicono di non credere possono vivere la volontà di Dio meglio dei credenti.

 

75. I “briganti della strada” hanno di solito come segreti alleati quelli che “passano per la strada guardando dall’altra parte”. Si chiude il cerchio tra quelli che usano e ingannano la società per prosciugarla e quelli che pensano di mantenere la purezza nella loro funzione critica, ma nello stesso tempo vivono di quel sistema e delle sue risorse. C’è una triste ipocrisia là dove l’impunità del delitto, dell’uso delle istituzioni per interessi personali o corporativi, e altri mali che non riusciamo a eliminare, si uniscono a un permanente squalificare tutto, al costante seminare sospetti propagando la diffidenza e la perplessità. All’inganno del “tutto va male” corrisponde un “nessuno può aggiustare le cose”, “che posso fare io?”. In tal modo, si alimenta il disincanto e la mancanza di speranza, e ciò non incoraggia uno spirito di solidarietà e di generosità. Far sprofondare un popolo nello scoraggiamento è la chiusura di un perfetto circolo vizioso: così opera la dittatura invisibile dei veri interessi occulti, che si sono impadroniti delle risorse e della capacità di avere opinioni e di pensare.

 

76. Guardiamo infine all’uomo ferito. A volte ci sentiamo come lui, gravemente feriti e a terra sul bordo della strada. Ci sentiamo anche abbandonati dalle nostre istituzioni sguarnite e carenti, o rivolte al servizio degli interessi di pochi, all’esterno e all’interno. Infatti, «nella società globalizzata, esiste una maniera elegante di guardare dall’altra parte che si pratica abitualmente: sotto il rivestimento del politicamente corretto o delle mode ideologiche, si guarda alla persona che soffre senza toccarla, la si mostra in televisione in diretta, si adotta anche un discorso all’apparenza tollerante e pieno di eufemismi».[59]

Ricominciare

 

77. Ogni giorno ci viene offerta una nuova opportunità, una nuova tappa. Non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite. Oggi siamo di fronte alla grande occasione  di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti. Come il viandante occasionale della nostra storia, ci vuole solo il desiderio gratuito, puro e semplice di essere popolo, di essere costanti e instancabili nell’impegno di includere, di integrare, di risollevare chi è caduto; anche se tante volte ci troviamo immersi e condannati a ripetere la logica dei violenti, di quanti nutrono ambizioni solo per sé stessi e diffondono la confusione e la menzogna. Che altri continuino a pensare alla politica o all’economia per i loro giochi di potere. Alimentiamo ciò che è buono e mettiamoci al servizio del bene.

 

78. È possibile cominciare dal basso e caso per caso, lottare per ciò che è più concreto e locale, fino all’ultimo angolo della patria e del mondo, con la stessa cura che il viandante di Samaria ebbe per ogni piaga dell’uomo ferito. Cerchiamo gli altri e facciamoci carico della realtà che ci spetta, senza temere il dolore o l’impotenza, perché lì c’è tutto il bene che Dio ha seminato nel cuore dell’essere umano. Le difficoltà che sembrano enormi sono l’opportunità per crescere, e non la scusa per la tristezza inerte che favorisce la sottomissione. Però non facciamolo da soli, individualmente. Il samaritano cercò un affittacamere che potesse prendersi cura di quell’uomo, come noi siamo chiamati a invitare e incontrarci in un “noi” che sia più forte della somma di piccole individualità; ricordiamoci che «il tutto è più delle parti, ed è anche più della loro semplice somma».[60]   Rinunciamo alla meschinità e al risentimento dei particolarismi sterili, delle contrapposizioni senza fine. Smettiamo di nascondere il dolore delle perdite e facciamoci carico dei nostri delitti, della nostra ignavia e delle nostre menzogne. La riconciliazione riparatrice ci farà risorgere e farà perdere la paura  a noi stessi e agli altri. 

 

79. Il samaritano della strada se ne andò senza aspettare riconoscimenti o ringraziamenti. La dedizione al servizio era la grande soddisfazione davanti al suo Dio e alla sua vita, e per questo un dovere. Tutti abbiamo una responsabilità riguardo a quel ferito che è il popolo stesso e tutti i popoli della terra. Prendiamoci cura della fragilità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni bambino e di ogni anziano, con quell’atteggiamento solidale e attento, l’atteggiamento di prossimità del buon samaritano.

 

Il prossimo senza frontiere

80. Gesù propose questa parabola per rispondere a una domanda: chi è il mio prossimo? La parola “prossimo” nella società dell’epoca di Gesù indicava di solito chi è più vicino, prossimo. Si intendeva che l’aiuto doveva rivolgersi anzitutto a chi appartiene al proprio gruppo, alla propria razza. Un samaritano, per alcuni giudei di allora, era considerato una persona spregevole, impura, e pertanto non era compreso tra i vicini ai quali si doveva dare aiuto. Il giudeo Gesù rovescia completamente questa impostazione: non ci chiama a domandarci chi sono quelli vicini a noi, bensì a farci noi vicini, prossimi.

 

81. La proposta è quella di farsi presenti alla persona bisognosa di aiuto, senza guardare se fa parte della propria cerchia di appartenenza. In questo caso, il samaritano è stato colui che si è fatto prossimo del giudeo ferito. Per rendersi vicino e presente, ha attraversato tutte le barriere culturali e storiche. La conclusione di Gesù è una richiesta: «Va’ e anche tu fa’ così» (Lc 10,37). Vale a dire, ci interpella perché mettiamo da parte ogni differenza e, davanti alla sofferenza, ci facciamo vicini a chiunque. Dunque, non dico più che ho dei “prossimi” da aiutare, ma che mi sento chiamato a diventare io un prossimo degli altri.

 

82. Il problema è che, espressamente, Gesù mette in risalto che l’uomo ferito era un giudeo – abitante della Giudea – mentre colui che si fermò e lo aiutò era un samaritano – abitante della Samaria –. Questo particolare ha una grandissima importanza per riflettere su un amore che si apre a tutti. I samaritani abitavano una regione che era stata contaminata da riti pagani, e per i giudei ciò li rendeva impuri, detestabili, pericolosi. Difatti, un antico testo ebraico che menziona nazioni degne di disprezzo si riferisce a Samaria affermando per di più che «non è neppure un popolo» (Sir 50,25), e aggiunge che è «il popolo stolto che abita a Sichem» (v. 26).

 

83. Questo spiega perché una donna samaritana, quando Gesù le chiese da bere, rispose enfaticamente: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» (Gv 4,9). Quelli che cercavano accuse che potessero screditare Gesù, la cosa più offensiva che trovarono fu di dirgli «indemoniato» e «samaritano» (Gv 8,48). Pertanto, questo incontro misericordioso tra un samaritano e un giudeo è una potente provocazione, che smentisce ogni manipolazione ideologica, affinché allarghiamo la nostra cerchia, dando alla nostra capacità di amare una dimensione universale, in grado di superare tutti i pregiudizi, tutte le barriere storiche o culturali, tutti gli interessi meschini.

L’appello del forestiero

 

84. Infine, ricordo che in un altro passo del Vangelo Gesù dice: «Ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35). Gesù poteva dire queste parole perché aveva un cuore aperto che faceva propri i drammi degli altri. San Paolo esortava: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12,15). Quando il cuore assume tale atteggiamento, è capace di identificarsi con l’altro senza badare a dove è nato o da dove viene. Entrando in questa dinamica, in definitiva sperimenta che gli altri sono “sua stessa carne” (cfr Is 58,7).

85. Per i cristiani, le parole di Gesù hanno anche un’altra dimensione, trascendente. Implicano il riconoscere Cristo stesso in ogni fratello abbandonato o escluso (cfr Mt 25,40.45). In realtà, la fede colma di motivazioni inaudite il riconoscimento dell’altro, perché chi crede può arrivare a riconoscere che Dio ama ogni essere umano con un amore infinito e che «gli conferisce con ciò una dignità infinita».[61] A ciò si aggiunge che crediamo che Cristo ha versato il suo sangue per tutti e per ciascuno, e quindi nessuno resta fuori dal suo amore universale. E se andiamo alla fonte ultima, che è la vita intima di Dio, ci incontriamo con una comunità di tre Persone, origine e modello perfetto di ogni vita in comune. La teologia continua ad arricchirsi grazie alla riflessione su questa grande verità.

 

86. A volte mi rattrista il fatto che, pur dotata di tali motivazioni, la Chiesa ha avuto bisogno di tanto tempo per condannare con forza la schiavitù e diverse forme di violenza. Oggi, con lo sviluppo della spiritualità e della teologia, non abbiamo scuse. Tuttavia, ci sono ancora coloro che ritengono di sentirsi incoraggiati o almeno autorizzati dalla loro fede a sostenere varie forme di nazionalismo chiuso e violento, atteggiamenti xenofobi, disprezzo e persino maltrattamenti verso coloro che sono diversi. La fede, con l’umanesimo che ispira, deve mantenere vivo un senso critico davanti a queste tendenze e aiutare a reagire rapidamente quando cominciano a insinuarsi. Perciò è importante che la catechesi e la predicazione includano in modo più diretto e chiaro il senso sociale dell’esistenza, la dimensione fraterna della spiritualità, la convinzione sull’inalienabile dignità di ogni persona e le motivazioni per amare e accogliere tutti.