Via Mantova, 44- 37019 Peschiera (d.G.). Tel. 045.75. 51.400 parroco: don Attilio Bonato (ottobre 2009).
lunedì 31 dicembre 2018
1° gennaio
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA
CELEBRAZIONE DELLA 52a GIORNATA
MONDIALE DELLA PACE - 1° GENNAIO 2019 -
La buona politica è al servizio della pace
1. “Pace a questa casa!”
Inviando in missione i suoi
discepoli, Gesù dice loro: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a
questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di
lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10,5-6).
Offrire la pace è al cuore della
missione dei discepoli di Cristo. E questa offerta è rivolta a tutti coloro,
uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della
storia umana.[1] La “casa” di cui parla Gesù è ogni
famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e
nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né
discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha
posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.
Sia questo dunque anche il mio
augurio all’inizio del nuovo anno: “Pace a questa casa!”.
2. La sfida della buona politica
La pace è simile alla speranza di
cui parla il poeta Charles Péguy;[2] è come un fiore fragile che cerca di
sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del
potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo
fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da
coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana,
può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di
distruzione.
«Se uno vuol essere il primo – dice
Gesù – sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9,35). Come sottolineava
Papa San Paolo VI: «Prendere sul serio la politica
nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa
affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta
e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare
insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità».[3]
In effetti, la funzione e la
responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che
ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi
abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se
attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità
delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di
carità.
2. Carità e virtù umane per una politica al servizio dei diritti umani e
della pace
Papa Benedetto XVI ricordava che «ogni cristiano è
chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue
possibilità d’incidenza nella polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno
per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto
secolare e politico. […] L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e
sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale
città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana».[4] È un programma nel quale si possono
ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa
che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando
quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia,
l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà.
A questo proposito meritano di
essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale
vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, che è stato un
fedele testimone del Vangelo:
Beato il politico che ha un’alta
consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo.
Beato il politico la cui persona
rispecchia la credibilità.
Beato il politico che lavora per il
bene comune e non per il proprio interesse.
Beato il politico che si mantiene
fedelmente coerente.
Beato il politico che realizza
l’unità.
Beato il politico che è impegnato
nella realizzazione di un cambiamento radicale.
Beato il politico che sa ascoltare.
Beato il politico che non ha paura.[5]
Ogni rinnovo delle funzioni
elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica costituisce
un’occasione per tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia
e il diritto. Ne siamo certi: la buona politica è al servizio della pace; essa
rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri
reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un
legame di fiducia e di riconoscenza.
3. I vizi della politica
Accanto alle virtù, purtroppo, anche
nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale sia a
storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della
vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così
come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si
dedicano. Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia,
sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la
corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni
pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il
non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la
giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della
“ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il
razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato
delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di
coloro che sono stati costretti all’esilio.
4. La buona politica promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia
nell’altro
Quando l’esercizio del potere
politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui
privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla
sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza
possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando, invece, la
politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e
delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze
e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi fido di te e
credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La
politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei carismi e
delle capacità di ogni persona. «Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è
stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida
(cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al
cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di
dialogo».[6]
Ognuno può apportare la propria pietra
alla costruzione della casa comune. La vita politica autentica, che si fonda
sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione
che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che
può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e
spirituali. Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni
umane sono complesse. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di
sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di
perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico,
attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione
quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi
più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che
possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene
e la felicità della famiglia umana.
6. No alla guerra e alla strategia
della paura
Cento anni dopo la fine della Prima
Guerra Mondiale, mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti
e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile
insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo
equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire
ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale
riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la
proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla
ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più
vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una
terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare
i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. Va invece
ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua
storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato
e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate.
Il nostro pensiero va, inoltre, in
modo particolare ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a
tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano
protetti. Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o
dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato
o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per
difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il
futuro dell’umanità.
5. Un grande progetto di pace
Celebriamo in questi giorni il
settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo,
adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito
l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro
diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi
doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti
come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri
umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli».[7]
La pace, in effetti, è frutto di un
grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e
sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di
essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e
dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa
pace interiore e comunitaria:
- la pace con sé stessi, rifiutando
l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di
Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di
dolcezza agli altri”;
- la pace con l’altro: il familiare,
l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e
ascoltando il messaggio che porta con sé;
- la pace con il creato, riscoprendo
la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno
di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.
La politica della pace, che ben
conosce le fragilità umane e se ne fa carico, può sempre attingere dallo
spirito del Magnificat che Maria, Madre di Cristo Salvatore e Regina della
Pace, canta a nome di tutti gli uomini: «Di generazione in generazione la sua
misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai
troni, ha innalzato gli umili; […] ricordandosi della sua misericordia, come
aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc
1,50-55).
Dal Vaticano, 8 dicembre 2018
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