sabato 28 marzo 2020

liturgia 29 marzo 2020

5a domenica di Quaresima   anno A

Colletta
Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso,
perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità,

che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.
Egli è Dio e vive e regna con te...
Oppure:

Eterno Padre, la tua gloria è l'uomo vivente;
tu che hai manifestato la tua compassione nel pianto
di Gesù per l'amico Lazzaro, guarda oggi l'afflizione della chiesa
che piange e prega per i suoi figli morti a causa del peccato,
e con la forza del tuo Spirito richiamali alla vita nuova.
Per il nostro Signore Gesù Cristo ....
Prima Lettura - Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete.

Dal libro del profeta EzechièleEz 37,12-14

Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.
Parola di Dio

Salmo Responsoriale - Dal Sal 129 (130)

R. Il Signore è bontà e misericordia.
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica. R.
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?

Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore. R.
Io spero, Signore.
Spera l'anima mia,
attendo la sua parola.
L'anima mia è rivolta al Signore

più che le sentinelle all'aurora. R.
Più che le sentinelle l'aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. R.

Seconda Lettura
Lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 8,8-11
Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Parola di Dio

Vangelo - Io sono la risurrezione e la vita
Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 11,1-45

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Parola del Signore.

Sulle offerte

Esaudisci, Signore, le nostre preghiere:
tu che ci hai illuminati con gli insegnamenti della fede,
trasformaci con la potenza di questo sacrificio.
Per Cristo nostro Signore.
Antifona alla comunione
Chiunque vive e crede in me,
non morirà in eterno, dice il Signore. (Gv 11,26)

Dopo la comunione

Dio onnipotente, concedi a noi tuoi fedeli
di essere sempre inseriti come membra vive nel Cristo,
poiché abbiamo comunicato al suo corpo e al suo sangue.
Per Cristo nostro Signore.

 IMMAGINE DA COLORARE...( PER I PICCOLI...)


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Commento di don Bruno Maggioni

Il lungo racconto della risurrezione di Lazzaro è scritto indubbiamente con molta arte. Molti gli aspetti che si potrebbero sottolineare. Ritengo però che il punto nodale sia la sovrapposizione di due vicende: Lazzaro abbandonato alla morte e Gesù abbandonato alla Croce. Il racconto inizia con un appello delle sorelle: «Signore, colui che tu ami è malato». Ma per accogliere questo appello, Gesù deve ritornare in Giudea mettendo a repentaglio la propria vita. È questa la coincidenza che Giovanni sfrutta per sovrapporre le due vicende. Ambedue sono per l'uomo uno scandalo. Gesù ama Lazzaro (questo motivo è ripetutamente sottolineato) e tuttavia lo lascia morire: perché? Ognuno comprende che si tratta del mistero dell'esistenza dell'uomo: una promessa di vita che poi pare smentita, una promessa di Dio che poi sembra contraddirsi. Un mistero inquietante, che in nessun modo va attenuato. Anche Gesù ha pianto di fronte alla morte dell'amico, come ha provato smarrimento di fronte all'imminenza della Croce. La morte, come la Croce, continua a rimanere qualcosa di incomprensibile: sei di fronte al Dio che dice di amarti e tuttavia sembra abbandonarti. Gesù piange, dimostrando in tal modo di amare Lazzaro profondamente. Ma ecco la domanda: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva far sì che questi non morisse?». È la domanda dei presenti ed è anche la nostra domanda.
Ma la stessa domanda, oserei dire ingigantita, si propone anche per la Croce di Gesù. Se Gesù è Figlio di Dio, amato da Dio, perché è abbandonato alla Croce? Se Dio è con lui, non dovrebbe accadere diversamente?
E così il mistero dell'esistenza dell'uomo, amato da Dio e tuttavia abbandonato alla morte, si rispecchia e si ingigantisce nel mistero della Croce di Gesù. Ma anche si risolve. Perché c'è vedere e vedere, e della Croce, come dell'esistenza dell'uomo, sono possibili due letture. C'è lo sguardo privo di fede di chi si arresta allo scandalo, e vede nella morte dell'uomo come nella Croce di Cristo il segno del fallimento. E c'è lo sguardo che si apre alla fede e supera lo scandalo, e vede che nella Croce di Gesù splende la risurrezione, come nella morte dell'uomo. E questo è davvero per i cristiani un punto fermo: se si vuol trovare nella storia e nella vita un senso, occorre saper vedere nella Croce di Cristo la gloria di Dio. Non è possibile diversamente. Con questo preciso richiamo al mistero dell'esistenza dell'uomo - che nel mistero della Croce di Cristo si rispecchia, si ingigantisce e si risolve - possiamo concludere anche la nostra lettura. Giovanni ha saputo trasformare l'episodio di Lazzaro in un discorso altamente teologico, e proprio per questo anche esistenziale, rivolto a ogni uomo che ha il coraggio di porsi l'interrogativo sull'esistenza. 








28 marzo 2020


sabato 21 marzo 2020

22 marzo


4a domenica di Quaresima anno A

Colletta

O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la nostra redenzione,
concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Oppure: 
O Dio, Padre della luce, tu vedi le profondità del nostro cuore: non permettere che ci domini il potere delle tenebre, ma apri i nostri cuori con la grazia del tuo Spirito,
perchè vediamo colui che hai mandato sa illuminare il mondo,e crediamo in lui solo, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore.Egli è Dio, e vive ....

Prima LetturaDavide è consacrato con l'unzione re d'Israele.

Dal primo libro di Samuele - 1Sam 16,1b.4.6-7.10-13

In quei giorni, il Signore disse a Samuele: «Riempi d'olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re». Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato. Quando fu entrato, egli vide Eliàb e disse: «Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!». Il Signore replicò a Samuele: «Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l'ho scartato, perché non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore». Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: «Il Signore non ha scelto nessuno di questi». Samuele chiese a Iesse: «Sono qui tutti i giovani?». Rispose Iesse: «Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge». Samuele disse a Iesse: «Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui». Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse ilSignore: «Àlzati e ungilo: è lui!». Samuele prese il corno dell'olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi.
Parola di Dio

Salmo Responsoriale Dal Sal 22 (23)
R. Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia. R. 

Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. R.

Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca.R.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signoreper lunghi giorni. R.

Seconda Lettura Risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli EfesìniEf 5,8-14


Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».

Parola di Dio

Vangelo - Andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 9,1-41 (forma breve 9,1.6-9.13-17.34-38


In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo»
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e làvati!. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane». 
Parola del Signore.

Sulle offerte
Ti offriamo con gioia, Signore, questi doni per il sacrificio: aiutaci a celebrarlo con fede sincera
e a offrirlo degnamente per la salvezza del mondo. Per Cristo nostro Signore.

Dopo la comunione
O Dio, che illumini ogni uomo che viene in questo mondo, fa' risplendere su di noi la luce del tuo volto, perché i nostri pensieri siano sempre conformi alla tua sapienzae possiamo amarti con cuore sincero.Per Cristo nostro Signore.

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parrocchia Beato Andrea da Peschiera 
GESU’ E IL CIECO NATO (4° incontro di catechesi)

«Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te».  Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. 

Gv 9,35b-38 

Gesù si rivela come luce e acceca – cioè mette in crisi – chi pensa di vedere. È a partire da qui che i contrasti cominciano a diventare forti soprattutto con le autorità del tempo, a rischio della sua vita. Per di più, tali contrasti iniziano a coinvolgere anche il testimone – in questo caso, colui che prima era cieco e ora ci vede. Tuttavia, al crescere delle ostilità nei confronti di colui che inizialmente era cieco e poi ci vede corrisponde il crescere della fede di quest’ultimo, in un contesto in cui Gesù, luce del mondo, pur prendendo l’iniziativa, non fa mai il passo al posto suo. 

Introduzione all’incontro 

«... non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,14b-15).

Ci sono situazioni in cui la fede è messa in crisi. Ci sono percorsi difficili in cui la fede è chiamata a mettersi a confronto anche con chi non la pensa come me…,una sfida. Ma non sono percorsi inutili. 
Come reagisco ai (pre-)giudizi e ai luoghi comuni che mettono in crisi la mia fede? 

L’articolazione del testo di Gv 9,1-41 

Il cieco nato: la fede come cammino di maturazione 

Prendiamo in esame i due momenti in cui l’uomo è presente sulla scena con Gesù (9,6-7 e 9,35-38), per mostrare come la fede è un cammino in cui si matura se ci si lascia guidare e illuminare dal Signore. 

Giovanni 9,6-7.35-41

 Detto questo, (Gesù) sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco  e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 
Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?».  Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 
Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: ‘‘Noi vediamo’’, il vostro peccato rimane». 

Gesù illumina materialmente il cieco (vv. 6-7) 

Nel Vangelo di Giovanni, Gesù passa all’azione e diventa realmente la luce per il cieco dalla nascita. 
Con il v. 6 infatti il ritmo del racconto si fa sempre più serrato: il cieco-nato non chiede nulla a Gesù e non replica nulla al suo comando. Mostra un’obbedienza silenziosa che è solo il primo passo del suo affascinante e progressivo cammino di fede. 
Insolito è il modo di compiere il miracolo da parte di Gesù. Egli ricorre allo sputo e alla saliva (che erano materie con una riconosciuta funzione di guarigione, ma anche dal sapore simbolico: ciò che fa Gesù richiama la creazione dell’uomo in Gen 2,7). Inoltre  questa azione era vietata in giorno di sabato (era un “lavoro!” e perciò alla base dell’accusa di peccato mossa a Gesù) 
 Poi Gesù invia il cieco a lavarsi alla piscina di Siloe: che vuol dire?
 il Maestro non vuole far tutto senza la collaborazione del cieco, e inviandolo alla piscina di Siloe, ne riconosce la dignità di persona. Poi si spiega il significato della parola aramaica Siloe, «che significa inviato». Si vuol dire che il il cieco-nato  è stato inviato da Gesù ma che Gesù è il vero inviato dal Padre. 

Gesù illumina spiritualmente il cieco (vv. 35-38) 

Va notato che l’assenza dalla scena di Gesù nei vv. 8-34 permette al cieco guarito di affrontare liberamente il dibattito e gli interrogatori a cui è sottoposto, Inoltreviene evidenziato il forte contrasto dei due schieramenti nei confronti di Gesù: la fede del cieco guarito  eil fronte compatto dei contrari (farisei-Giudei).
Proprio nel momento in cui il cieco “viene cacciato fuori” dalle autorità religiose del Tempio, ricompare Gesù, il cui ruolo ora risulterà decisivo. L’azione di Gesù infatti, è riassunta nella parola «trovatolo:  significa “trovare-accogliere” il cieco (in netto contrasto con la chiusura dei Giudei), ma  anche “trovare la pecora perduta” da parte del Buon Pastore per condurla ad approfondire la fede.
Al v. 35 Gesù infatti domanda al miracolato di chiarire  la sua fede nel Figlio dell’uomo. La narrazione, ora, si apre finalmente a un dialogo schietto. Il cieco sanato non ha timore di riconoscere la propria ignoranza, ma anche di mettersi in ricerca per rinnovare la propria disponibilità a credere («e chi è, Signore, perché io creda il lui?...»).
In questo dialogo si mette in luce il desiderio libero di ricerca della verità da parte del cieco, ormai pienamente vedente. Rispetto alle molte domande tranello degli interrogatori precedenti, Gesù vuol quasi mostrare che il cammino per riconoscere Gesù come Figlio dell’uomo non è scontato, ma è frutto di una ricerca prolungata e paziente. 
Stupisce poi il modo di rispondere di Gesù al v. 37: «Lo hai anche visto, e colui che parla con te è lui!». Più che un vedere fisico Gesù sta già indicando al suo interlocutore un altro piano di conoscenza quello interiore, con uno sguardo più profondo... L’esito finale pone ancora una volta la fede in Cristo come punto d’arrivo di un cammino complesso e non privo di difficoltà. Il cieco ora davvero vedente dice a parole e con un gesto al v. 38 la propria fede: «ed egli disse: “Credo, Signore!”. E lo adorò/ si prostrò»).
La conclusione della vicenda (vv.39-41) 
In realtà, le parole di Gesù al v. 39 e poi il dialogo finale dei vv. 40-41, se da un lato servono per rileggere l’esperienza appena raccontata nel capitolo con il duplice risvolto possibile (positivo per il cieco guarito, negativo per i farisei-Giudei), dall’altro risuonano come una chiamata urgente per tutti i presenti, siano essi «i farisei che sono con luii lettori del Vangelo di ogni tempo.
nfatti, la domanda «forse anche noi siamo ciechi?»si presenta come una domanda seria per quelli che ascoltano… il lettore è invitato a domandarsi se ciò non valga anche per se stesso. Questo testo evangelico ci testimonia che proprio nel momento di crisi, di esclusione, di solitudine e di sconforto, il Signore Gesù si manifesta e illumina spiritualmente la vita di colui che è in crisi. 
Lo abbiamo sperimentato anche noi? 

Preghiera finale 

Signore, Tu sei la mia luce; senza di Te cammino nelle tenebre, senza di Te non posso neppure fare un passo, senza di Te non so dove vado: sono un cieco che pretende di guidareun altro cieco.
Se Tu mi apri gli occhi, Signore,io vedrò la tua Luce,i miei piedi cammineranno nella via della vita. Signore, se Tu mi illuminerai io potrò illuminare: Tu fai di noi luce nel mondo. 

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da VERONA FEDELE - 22 marzo 2020- sul CORONAVIRUS

Un nemico minuscolo e ancora piuttosto sconosciuto, ma capacedi cambiare radicalmente le nostrevite, lasciandociimpotenti e smarriti. Siamo giusta-mente preoccupatiper quello che nonpossiamo più faree per un isolamento forzato a cui noneravamo abituati. 
Avvertiamo anche tutta la nostrafragilità che, d’improvviso, condividiamo con ogni altro essere umano,senza più distinzioni. Probabilmente,impariamo anchead apprezzare meglio tante esperienze abituali che da un momento all’altro ci vengono a mancare. Come cristiani, soffriamo soprattutto per non poter celebrare insieme l’Eucaristia e al- tri sacramenti. Certo, le chiese rimangono aperte e ciascuno può continuare a pregare per conto proprio, come raccomanda anche il Vangelo (“quando preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo...”, Matteo 6,6), ma sentiamo che non ci basta. Perché la Messa non è anzitutto un precetto da assolvere e nemmeno soltanto un rito che ci identifica; è l’espressione più autentica del nostro essere comunità, corpo di Cristo. 
“Senza la domenica non possiamo vivere”,dichiarava con coraggio un gruppo di cristiani perseguitati dei primi secoli. Quel tempo, fortunatamente, è passato, ma il fatto di non poter partecipare alla Messa può aiutarci a non dimenticare che per molti cristiani, come ci ha ricordato anche il recente Sinodo per l’Amazzonia, si tratta di una condizione ordinaria. 
Questo virus, che ci impone di tenere una di- stanza di sicurezza da coloro che incontriamo, ci ha inaspettatamente avvicinato a molte donne e uomini che, quando va bene, riescono a celebrare l’Eucaristia una o due volte all’anno. Ebbene: questa situazione li rende meno cristiani di noi? E noi, in questi giorni difficili, lo siamo meno di prima? Basterà quindi riprendere a celebrare regolarmente la Messa per tornare ad essere cristiani veri? O non possiamo, anche in questa “prova”, continuare ad essere donne e uomini “eucaristici”, cioè pie- ni di gratitudine e ancora capaci di comunione? Non è forse questo il senso più autentico di quel “fate questo in memoria di me”? Ricordare il Signore, in fondo, non consiste proprio nel poterlo celebrare ogni giorno anzitutto con la nostra vita (si legga Romani 12)? 
Questo, nessun virus e nessuna norma potranno mai impedircelo. 


Don Luca Merlo, docente Studio teologico S.Zeno -Verona 


sabato 14 marzo 2020

15 marzo 2020

IMPORTANTE! - 14 marzo 2020

Cari amici

 il vicario generale mi prega di girarvi la sua lunga mail...ma io ve la riassumo nei punti principali: si richiama che i motivi permessi per uscire di casa sono tre: lavoro, sussistenza, salute.Perciò i motivi religiosi non rientrano in questi. Perciò le chiese restino chiuse nei giorni feriali e in quelli festivi siano pure aperte qualche tempo, 

Però si richiama che il motivo di uscire di casa per andare in chiesa non è tra quelli sopra elencati. le chiese siano chiuse tutte alle 18,00. 
I volontari non possono avvalersi di autocertificazione per lavori in chiesa e parrocchia. i presbiteri invece possono avvalersi ad esempio per il caso di un ammalato grave, ma deve essere verificabile dalla pubblica forza dell'ordine. Chiudere cortili e parchi gioco, campetti e simili. evitare di dare appuntamenti alle persone , ad es. ai fidanzati per documenti matrimoniali od altro.

 E’  rinviata la data di presentazione del bilancio parrocchiale (oppure  in via mail). Una particolare attenzione a sacerdoti soli che chiedessero di essere temporaneamente ospitati in canonica: se possibile sarebbe un gesto di grande fraternità sacerdotale....ulteriori note o disposizioni sono sempre possibili. Stiamo  in compagnia di Gesù stanco presso il pozzo di Giacobbe. 

Ciao a tutti. don Roberto, vicario lago veronese e Caprino- parroco di Sandrà

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Le mie impressioni…come parroco 

Le indicazioni possono prestarsi  a qualche interpretazione diversa. Spiego in che senso.Sarà necessario presentare l’autocertificazione per recarsi in chiesa, dato che questa possibilità non rientra nelle tre sopra elencate? 
Non ve lo so dire… Chiedete informazioni…
Mi sembra che anche l’uscita a piedi o in bici deve essere accompagnata con l’autocertificazione… 
Comunque io ho deciso che la chiesa in questa domenica (e spero anche nelle altre…) rimane aperta dalle ore 8.00 alle 11.00.
Non ci sarà, comunque, nessuna celebrazione e nemmeno la possibilità di ricevere la Comunione.
Cercate di capire le ragioni di questa scelta… Siamo in un periodo di GRAVE  EMERGENZA PER LA SALUTE PUBBLICA
Non interpretate, per favore, le rigide e doverose indicazioni delle autorità preposte come una limitazione alla libertà religiosa!
Favoriamo la preghiera personale e un’attenzione particolare alla Parola di Dio. 
E ricordiamo al Signore tutti gli operatori sanitari, tutti i defunti per questo contagio e tutti quelli che non possono seguire le indicazioni “IO RESTO A CASA”, perché la casa non ce l’hanno!

LITURGIA DELLA 3a DOMENICA DI QUARESIMA ANNO 

Quando manifesterò in voi la mia santità,
vi raccoglierò da tutta la terra;
vi aspergerò con acqua pura
e sarete purificati da tutte le vostre sozzure
e io vi darò uno spirito nuovo, dice il Signore. (Ez 36,23-26)

Colletta

Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno,
la preghiera e le opere di carità fraterna;
guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e,poiché ci opprime il peso delle nostre colpe,ci sollevi la tua misericordia.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

Oppure:

O Dio, sorgente della vita, tu offri all'umanitàriarsa dalla sete l'acqua viva della grazia
che scaturisce dalla roccia, Cristo salvatore;concedi al tuo popolo il dono dello Spirito,
perchè sappia professare con forza la sua fede, e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo ....

Prima Lettura
Dacci acqua da bere.Dal libro dell'ÈsodoEs 17,3-7

In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d'Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va'! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d'Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale- Dal Sal 94

R. Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.

Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. R.

Entrate: prostràti, adoriamo,in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,il gregge che egli conduce. R.

Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere». R.

Seconda Lettura L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito 
che ci è stato dato.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 5,1-2.5-8
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l'accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

Parola di Dio

Acclamazione al Vangelo
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo;
dammi dell'acqua viva perchè io non abbia più sete. (Cfr. Gv 4,42.15) Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Vangelo - Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 4,5-42

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Parola del Signore. Forma breve: Gv 4, 5-15.19b-26.39a.40-42 Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
Parola del Signore

Sulle offerte

Per questo sacrificio di riconciliazione perdona,o Padre, i nostri debiti e donaci la forza
di perdonare ai nostri fratelli. Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

Chi beve dell'acqua che io gli darò, dice il Signore,
avrà in sé una sorgente che zampilla fino alla vita eterna. (Gv 4,13-14)

Dopo la comunione

O Dio, che ci nutri in questa vita con il pane del cielo, pegno della tua gloria,
fa' che manifestiamo nelle nostre opere la realtà presente nel sacramento che celebriamo.

Per Cristo nostro Signore.

Commento di don Bruno Maggioni(dalla catechesi quaresimale “in programma”)

Gesù assetato : preghiera


Anche tu, come tutti i viandanti provasti la sete, quell’arsura che divora tutto il nostro essere e ci fa desiderare un sorso d’acqua che rinfresca la gola e porta un po’ di benessere alle nostre labbra riarse. E così ti sedesti accanto al pozzo di Sicar, che secondo la tradizione risaliva al patriarca Giacobbe. Dovevi aver tanta sete, Gesù, se osasti chiedere da bere a una donna sconosciuta, che per di più era una Samaritana,  una donna stanca di dover venire  pozzo per provvederealle necessità della sua famiglia. Tu eri assetato e chiedevi acqua, ma eri pronto a offrirle quello che lei neppure immaginava: una sorgente di vita che continua a zampillare per sempre, una gioia e una pace che non sarebbero mai venute meno.
Il testo (v. dalla liturgia)

Commento
L’episodio della Samaritana comprende essenzialmente due dialoghi, inquadrati da alcuni versetti narrativi che si sviluppano secondo uno schema già noto: l'alternanza delle rivelazioni di Gesù e dell’ incomprensione dell'uomo di fronte al mistero di Dio. 
I personaggi principali sono Gesù e la donna.Si aggiungono a Gesù come personaggi di secondo piano.

«Dammi da bere»(4,7):
 il dialogo si apre con questa domanda di Gesù: il protagonista è Lui, non la donna.Uno dei modi più diretti e profondi per esprimere la propria accogliente  simpatia verso una persona è di chiedere un favore. Così fa Gesù. Eppure si tratta di una donna che egli avrebbe dovuto evitare per diversi motivi: perché Samaritana (i Giudei – annota l'evangelista – non mantengono buoni rapporti con i Samaritani); perché,come si vedrà, convive con un uomo che non è suo marito; e perché donna semplicemente, dato che era ritenuto sconveniente che un maestro si fermasse a parlare con una donna.
Gesù rompe gli schemi e dialoga con la donna come fosse una discepola. E la simpatia di Gesù dispone la donna all'ascolto. 

L'acqua viva
Alla domanda della donna che desidera sapere come mai lui, un giudeo, chieda da bere a una donna di Samaria (4,9), Gesù sembra non rispondere.In realtà Gesù risponde, anche se non direttamente, attirando l'attenzione della donna sul dono di Dio («Se tu conoscessi il dono di Dio»sulla sua identità(«Chi è Colui che ti dice: dammi da bere».) 

Gesù si fa bisognoso come gli altri uomini per avere la possibilità di incontrarli nei loro stessi bisogni e dare loro l'acqua che disseta. È la meraviglia di un Dio che chiede per dare. E’ la meraviglia dell'accoglienza dell'uomo da parte di Dio.
Purtroppo non sempre l'uomo avverte che anche nei suoi bisogni più immediati e terreni possano nascondersi bisogni più alti.. È la parola di Gesù che svela all'uomo la profondità dei suoi bisogni. Gesù è venuto per chiarire l'uomo a se stesso.

La seconda domandadella donna riguarda più direttamente l'identità di Gesù: «Sei forse più grande del nostro padre Giacobbe?» (4,12). 
Gesù rispondeL'acqua che egli dona è «una fontana zampillante generatrice di vita eterna». L' acqua di Gesù non sottrae l'uomo alle sue fatiche di ogni giorno. L'acqua di Gesù non cambia le cose, ma fa molto di più: rinnova l'uomo.

«Signore, dammi di quest'acqua, così non avrò più sete e non verrò più qui ad attingere» (4,15). La donna non riesce a guardare oltre le sue feriali necessità. Tuttavia comincia a farsi strada il desiderio: «Dammi quest'acqua». Avviene un'inversione di ruoli: all'inizio era Gesù che chiedeva da bere, ora è la donna che lo chiede. Chiedere è il modo corretto di stare davanti al Signore. I doni di Dio sono gratuiti, ma vanno anche domandati e desiderati. Dio li distribuisce a piene mani, ma non li svende.

Vedo che sei un profeta
Gesù decide di tentare una strada che entri nella vita personale della donna (4,16-19). Il botta e risposta qui si fa più incalzante. «Va' a chiamare tuo marito», le dice improvvisamente Gesù. E la donna: «Non ho marito». E ancora Gesù: «Hai detto bene, infatti ne hai avuto cinque e quello che hai non è tuo marito».
«Signore, vedo che sei un profeta», conclude la donna. 
Vedo: il verbo vedere non significa un qualsiasi vedere, ma un vedere che si sofferma con attenzione, sorpreso e stupito. 

Il luogo della vera adorazione 


Paolo Veronese
 Il luogo dell'adorazione non è né Gerusalemme, né il monte Garizim dei Samaritani, sul quale c’era il loro santuario, opposto ai giudei. 
Come intendere l’adorazione  «in Spirito e Verità»?”.
Il culto nello Spirito non è il culto interiore, spirituale, individuale, in contrapposizione al culto esteriore pubblico. Lo Spirito è la forza attiva (ma perché non chiamarla amore?) che solleva l'uomo dalla sua impotenza, collocandolo nell'unico luogo in cui veramente si incontra il Padre.
E questo luogo è la Verità. La verità è per Giovanni il disegno salvifico di Dio che si è svelato (è divenuto) nella Parola fatta carne. Lo spazio in cui adorare Dio è, dunque, Gesù. Lui è il tempio: non è soltanto la strada che conduce al Padre, ma più profondamente il luogo, l'unico luogo, in cui il Padre si mostra a noi: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (14,9).

Sono io
Ora la donna manifesta la sua speranza nel Messia che deve venire (4,25). 
Gesù risponde alla donna correggendo ancora una volta la sua attesa: il Messia non è un personaggio sconosciuto ma lui stesso. «Sono io, che ti parlo» (4,26): con questa affermazione Gesù conclude il suo dialogo con la donna. 

Dimenticò la brocca
La brocca dimenticata (4,28) assume il significato di un gesto di abbandono di preoccupazioni terrene non essenziali, in vista di nuove, più proprie della fede. A muovere la donna è ormai l'acqua viva della fede che ha dentro. La brocca abbandonata dice che la Samaritana ormai conta unicamente sulla promessa di Gesù. 
Con l' Io sono”la rivelazione di Gesù si è conclusa, ma si è aperto lo spazio per la fede della donna che si fa contagiosa e missionaria, come quella dei primi discepoli. 
Fatta la sua testimonianza e posta la domanda, la donna si tira da parte, come il Battista. Così la donna di Samaria diventa la figura della comunità missionaria, chiamata a mostrarsi per lasciar trasparire Gesù … Il fatto che Gesù abbia incontrato la donna nella sua particolare condizione (donna, samaritana e convivente) è il segno che il cammino della fede non è precluso a nessuno: la salvezza non è solo per i Giudei.
È l'incontro personale con Gesù il vero fondamento della fede: «Non è più per la tua parola che crediamo», dicono i compaesani alla donna (4,42). E aggiungono: «Noi stessi abbiamo udito e sappiamo che è il Salvatore del mondo». 

Che cosa cerchi?
Nella storia della donna che corre in città e dei suoi concittadini che vengono da Gesù, l'evangelista ha inserito, a modo di parentesi, un dialogo fra Gesù e i discepoli (4,3138). 
Gesù invita i discepoli ad alzare gli occhi e a osservare i campi che già biondeggiano per la messe (4,35). La messe è pronta, e di questo la conversione dei Samaritani è la prova. L'attesa è compiuta e la missione è urgente perché il grano è già maturo. Con questo Gesù ricorda ai discepoli e alla sua Chiesa che la missione deve avvenire in un clima di umiltà. 

Uno sguardo all'indietro
È come quando si visita una cattedrale: dapprima, sull'entrata, il visitatore intelligente indugia per una prima e ancora sommaria contemplazione della vastità degli spazi; poi, con più calma, inizia il viaggio lungo le navate, soffermandosi su tutti i particolari; infine, prima di uscire, si concede un altro sguardo complessivo.
Ciò che maggiormente colpisce nel dialogo che abbiamo preso in esame è che Gesù stesso suscita e guida il cammino della donna, dall'inizio alla fine. Egli è l'oggetto della ricerca e nel contempo colui che la suscita e la guida.
Il cammino della donna è un itinerario che gradualmente, scopre chi è Gesù: unGiudeodiverso, forse più grande del patriarca Giacobbe, un profetail Messia, il Salvatore del mondo. .
Il cammino della donna può certamente essere visto come un'immagine del cammino dell'uomo verso Dio. Gesù guida la ricerca, la disincaglia dalle chiusure che via via incontra e la libera dalle alternative che l'uomo riterrebbe inevitabili. La ricerca termina in Cristo, rivelatore e salvatore, ma l'accoglienza del dono di Cristo è uno spazio aperto sulla vera adorazione del Padre. Le attese religiose sono tutte superate e concentrate in Cristo. 

Preghiera finale CANTO BRASILIANO 

Dio solo può dare la fede,tu, però, puoi dare la tua testimonianza. 
Dio solo può dare la speranza,tu, però, puoi infondere fiducia nei tuoi fratelli. Dio solo può dare l’amore,tu, però, puoi insegnare all’altro ad amare. Dio solo può dare la pace,tu, però, puoi seminare l’unione. 
Dio solo può dare la forza,tu, però, puoi dare sostegno a uno scoraggiato. Dio solo è la via,tu, però, puoi indicarla agli altri. 
Dio solo è la luce,tu, però, puoi farla brillare agli occhi di tutti. 
Dio solo è la vita,tu, però, puoi far rinascere negli altri il desiderio di vivere. Dio solo può fare ciò che appare impossibile, tu, però, potrai fare il possibile. Dio solo basta a se stesso,egli, però, preferisce contare su di te. 

Preghiera cristiana,in tempi di Coronavirus

Signore d’infinita misericordia, custode degli uomini, compagno dei sofferenti e conforto degli infermi, nell’incertezza di questo tempo, pieno di oscurità, noi ti preghiamo: rivelaci il senso ed il segno del nostro tempo, perché alla tua luce vediamo la luce. Tu, che ogni cosa hai creato con ordine, misura e bellezza ispiraci il sapiente timore per l’opera delle tue mani; e quando le nostre opere violentano la tua, e suscita in noi il ritorno a Te con la penitenza.

Signore d’infinita misericordia, Padre degli uomini, fratello dei sofferenti e amico degli infermi; nell’insicurezza di questo tempo, pieno di paura, noi ti supplichiamo: non abbandonarci nella tentazione. Tu che ti innalzi vittorioso sopra ogni morte e turbamento, mentre ogni sicurezza si sbriciola, rendi ferma la fede, e mentre l’ ansia ci arresta e il sospetto ci intimorisce, rimangano luminose Speranza e Carità.

Signore d’infinita misericordia, amante degli uomini, volto dei sofferenti e sostegno degli infermi; in questo ed in ogni tempo noi ti invochiamo:
rendi i cristiani audaci nell'amore, oltre ogni gretta chiusura del cuore. Tu, Provvidenza amabile che reggi con sapienza l’universo, raccogli la preghiera della Chiesa: istruisci i governanti, illumina i ricercatori, custodisci gli operatori sanitari, preserva i sani, soccorri i contagiati, liberaci da ogni male.
A Te, Signore d’infinita misericordia, Trinità d’amore e compassione, da tutta la terra sia gloria e onore, nei secoli dei secoli. Amen.

da Verona fedele 15 marzo 2020
Stiamo sperimentando tutti una situazione inedita, che tocca
anche la nostra vita liturgica. Di fronte alla necessità di evitare assembramenti, nelle zone a rischio, anche i vescovi hanno confermato la sospensione delle Messe e di altre forme di assemblea liturgica, nei termini che conosciamo. 
Non è in gioco la prudenza e la saggezza con cui si è voluto condividere con tutta la popolazione una con- dizione provvisoria di “riduzione della socialità”. Anzi, mi piace pensarla non come una forma di paura che ci fa ritirare nel privato, ma come un gesto di attenzione con cui vogliamo proteggere soprattutto chi è più debole. Ciononostante, rimane il disorientamento che questo provoca per le nostre convinzioni e abitudini di fede, cui appartiene anche la partecipazione alle liturgie. Diverse persone provano questo disagio e credo che questo debba indurci a riflettere 
Che cosa ci manca? È una domanda che dobbiamo porci con onestà. Le risposte possono essere molte. Non credo che ci accontenteremmo di dire che viene meno la possibilità di assolvere al precetto festivo di partecipare all’ Eucarestia. Da esso, peraltro, siamo stati dispensati. Ma come hanno scritto i vescovi in un documento del 1984, “dal precetto si può anche evadere, dal bisogno no”. 
Che cosa, dunque, ci manca? Ci manca for- se la possibilità di pregare? Ma la preghiera possiamo farla sempre, in vari modi; anche le chiese restano aperte per questo. Forse – dovremmo dire – ci è difficile prendere l’iniziativa di pregare o non sappiamo come vive- re un momento di preghiera nel contesto fa-miliare. 
Ci manca allora lapossibilità di ricevereil sacramento eucaristico e di incontrare ilSignore? Ma il Signore non ci sottrae mai la sua presenza, tanto meno in momenti di difficoltà; con il suo Spirito ci accompagna in ogni istante. Inoltre si potrebbe anche chiedere di ricevere la Comunione; ma sarebbe un errore ridurre la Messa a “ricevere la Comunione”. 
Dobbiamo ammettere che ci manca qualcosa che davamo per scontato: il momento e il luogo di una comunità che si raduna, una comunità che si riconosce in gesti e atteggiamenti condivisi, una comunità che loda e invoca il suo Signore. Resta sempre vero: uno dei modi più concreti e potenti con cui la comunità si forma, prende coscienza di sé ed esprime la sua fede, è dato dal radunarsi insieme per stare di fronte a Dio, ascoltare la sua Parola e fare memoria del sacrificio di Cristo, dono del Padre a noi. 
I riti che accompagnano i nostri momenti di vita danno significato a ciò che viviamo: non poter celebrare le esequie, ad esempio, se non con pochi gesti, ci fa sentire doppiamente la mancanza e l’incompiutezza del nostro “saluto orante” ai defunti. 
A pensarci bene, c’è qualcosa di sorprendente: ma- gari le celebrazioni potevano prima apparirci tristi e noiose; ma ora ci mancano e ci accorgiamo quale for- za avevano sotto la superficie. Esse strutturano il nostro vivere e ci aiutano a riconoscerlo come un vive- re “cristiano”, più di quello che sembra, alimentando rapporti fraterni e facendoci riconoscere il primato di Dio. Certo, potrebbe essere che non sentiamo troppo questa mancanza; ma allora significa che, oltre al problema del virus, c’è un altro problema per la nostra vi- ta ecclesiale. Cerchiamo di vivere questo tempo non smarrendo i desideri e i gesti fondamentali della fe- de, ma riscoprendo ciò che può tenerci uniti e rivolti al Signore. 
La domenica, giorno del Signore e della Chiesa, rimane l’antidoto più forte contro questa possibile “dimenticanza”: possiamo sempre viverla, magari in modi diversi, ma con lo stesso desiderio di fraternità e con la stessa certezza della vicinanza di Dio. 

Don Luigi Girardi 
docente Studio teologico San Zeno e preside dell’Istituto di liturgia pastorale di Padova 

da Verona fedele 15 marz0 2020

I giorni difficili ci costringono entro limiti a cui non siamoabituati, che sono pe-santi non solo per ivincoli che pongono alla nostra libertà di movimento e diespressione, ma ancorpiù per le conseguenze che portano con sésotto il profilo dei normali progetti della vita (si pensi alla scuola), dell’economia,ecc. Così le ristrettezze presenti si caricanodella preoccupazioneper il “dopo”, per il come ci ritroveremo dopo a ripartire. E peròintelligenza e cuorepossono anche aiutarcia raccogliere dai giorni difficili qualche domanda buona proprioper il dopo: c’è qualcosa che ora stiamo apprendendo e che è bene mettere in serbo per il dopo. Vorrei provare a dirlo attraverso tre semplici quadri. 
La domenica senza assemblea eucaristica vede persone sostare in chiesa pochi minuti in solitudine o nella piccola dimensione familiare, leggere in proprio una delle pagine  bibliche che la liturgia propone, meditare qualche istante in silenzio, formulare sottovoce una preghiera. Tutto è fatto in proprio, come un atto semplicissimo e però del tutto personale, di propria iniziativa. Forse con qualche tratto di nostalgia per l’assemblea domenicale abituale e per tutto quel- lo che la sua assenza ci fa mancare. 
Non sarà che questo tratto personale si lascia scoprire come ciò che abbiamo troppo spesso omesso e che possiamo davvero portare con noi per il dopo, come necessario perché l’assemblea domenicale sia viva anche della nostra presenza, del nostro cuore, della nostra mente, che si dispone all’Eucaristia? 
La drastica limitazione degli spostamenti, le distanze da osservare, ci obbligano a spazi di solitudine che non fanno parte della nostra vita quotidiana. E tuttavia questo non ci dà soltanto il volto triste dell’isolamento, ma anche quello assorto e raccolto di chi ascolta dentro di sé l’eco dei legami che contano nel- la sua vita, le buone presenze che abitano il nostro mondo interiore. 
Ci sentiamo confortati dai molti che ci hanno voluto e ci vogliono bene, il cui modo di vivere è per noi motivo di gioia, di gusto della vita, di consolazione e speranza. I giorni della solitudine ci ricorda- no chi è che ci toglie dall’isolamento e ci mantiene nel cuore della vita, nel gusto di quel bene che la costruisce, con mitezza e con coraggio. Di questa interiorità abitata dalle presenze buone avremo bisogno nel “dopo”, per le generosità che ci rimetterà al passo con la vita. Ci è chiesto, con una ragione ben fondata, di rinunciare ai gesti del saluto e dell’affetto che ci sono abituali. Ci serve molta attenzione per questa necessaria precauzione, tanto contrasta con il nostro uso corrente, talora convenzionale. Dobbiamo apprendere a dir- ci affetto e partecipazione con lo sguardo, con le parole, facendo economia dei gesti. Forse la ricerca di dire con lo sguardo e la parola ci rimandano alla delicatezza dei gesti che hanno bisogno di autenticità, di verità nella vita di ciascuno. Comunichiamo felice- mente attraverso i gesti sapendo tuttavia che non comunichiamo gesti, che essi hanno bisogno di poter attingere nella autenticità del cuore e della vita, nella paziente fedeltà delle giornate. La rinuncia di adesso ci sarà buona per il “dopo” se ci richiama l’istanza di veracità che i gesti dell’incontro portano con sé. 
I giorni difficili portano con sé un sale che brucia; è saggio non eliminare dalla difficoltà il carattere di prova che essa contiene. Piccole esperienze che nascono in noi quasi spontanee possono segnalarci come raccogliere la sfida: vi è nascosto qualcosa di importante per adesso e per dopo.  

Mons. Giuseppe Laiti docente Studio teologico San Zeno