domenica 27 marzo 2022


 


 


 

sabato 26 marzo 2022

 27 marzo 2022: 4a di Quaresima

Prima Lettura - Dal libro di Giosuè - Gs 5,9a.10-12
 
In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico.
Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno.
E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 33 (34)

 

R. Gustate e vedete com'è buono il Signore.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino. R.
 
Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato. R.
 
Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce. R.
 

Seconda Lettura di  S. Paolo apostolo ai Corìnzi - 2 Cor 5,17-21
 
Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.
Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca - Lc 15,1-3.11-32


In quel tempo, si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

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Omelia 2022

 

E’ una parabola  molto conosciuta… chiediamo al Signore che ci venga il desiderio di capirla ancora più a fondo…per i tanti significati che contiene!

La parabola del padre e dei suoi due figli… o la parabola del padre misericordioso.

“Si avvicinavano a Gesù tutti  i pubblicani e i peccatori… ma i farisei e gli scribi mormoravano”.

Gesù sta a pranzo con questi lontani e con  tutti quelli  che sperano nella misericordia divina. E giustifica la sua condotta di fronte alla ‘mormorazione’ …dei suoi critici con parabole. 

Il suo comportamento è quello stesso di Dio. Il figlio minore si allontana senza il minimo di un dialogo con il padre: la richiesta anticipata dell’eredità, la consegna da parte del padre senza dire una parola, la raccolta dei beni, la partenza per una regione lontana. Il ‘padre’ è nominato solo per questioni di eredità, solo in termini economici: «Dammi la parte del patrimonio che mi spetta di diritto». Anche nel figlio maggiore è presente lo stesso pensiero, legato ai soldi... Perché il padre non parla? La parabola non fa trasparire i suoi sentimenti, ma questo non significa che sia indifferente: è un dolore muto. Adesso ogni parola sarebbe inutile, sarebbe incompresa.  

Del resto il padre non costringe, non minaccia: è in questione il rispetto della libertà del figlio, anche quella di poter sbagliare. Non si può restare in casa per forza! 

 

L’ allontanamento del figlio va verso un’ umiliazione sempre più pesante  e l’abbruttimento della persona: separazione dalla casa e dal suo popolo, dispersione dei beni raccolti, carestia e fame che lo riducono a cercare come cibo le carrube. È ridotto a vivere con i porci - animali impuri per gli ebrei - fino a nutrirsi dello stesso cibo. Ecco un primo messaggio: separato da Dio per un rifiuto colpevole, l’uomo rovina se stesso, perde la sua dignità, non è più in grado di capire la sua vita, la sua e quella degli altri. 

 

Il figlio prodigo arriva  al culmine della umiliazione per iniziare il suo ritorno. 

Questo ritorno avviene in due momenti: uno interiore e uno fisico. Anzitutto il figlio minore ‘ritorna in sé’, ripensando al padre che aveva nel frattempo dimenticato. Noi speriamo, pensando all’oggi, che tutti quelli che si sono allontanati, che vivono una crisi di fede per tanti motivi, che non credono che Dio sia necessario, sentano la nostalgia della casa paterna.Possano intuire il calore di una casa nella quale poter godere ancora dell’abbraccio del padre. 

 

Il figlio, nel preparare un discorso da dire al padre, non pensa di essere accolto ancora come figlio,  ma ragiona ancora in termini commerciali: avere la retribuzione per un lavoro, ritrovare un po’ di cibo per sopravvivere. Questo pensiero, tuttavia, gli dà la forza di mettersi in moto verso il proprio padre.

L’incontro con il padre, però, presenta una novità e una sorpresa incredibile: la gratuità che ricrea l’uomo e la relazione. Nonostante la libertà lasciata al figlio, il padre non ha mai smesso di attenderlo. Anzitutto compie gesti di accoglienza e ospitalità. Il figlio se ne era andato lontano, il padre lo vede e riconosce quando è ‘ancora lontano’; il figlio aveva abbandonato la casa, il padre gli corre incontro, lo abbraccia e lo bacia; il figlio aveva sperperato i beni, il padre fa festa. E’ il padre a prendere l’iniziativa. Ma c’è di più: mentre il figlio pensava, al massimo, di poter essere considerato un ‘salariato’, il padre lo riveste con dei segni che ne ristabiliscono la dignità di ‘figlio’. Gli dona infatti il vestito ‘primo’, cioè della precedente condizione,  l’anello al dito segno di autorità, i calzari ai piedi caratteristici della sua libertà. E vi aggiunge la gioia e la festa. “Mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”

Il  perdono crea una cosa nuova: è la ‘nuova creazione’ che Paolo annuncia nella seconda lettura. Così, perdonare e non computare i peccati trovano piena espressione nel ricreare; il banchetto celebra la festa e la gioia per la nuova creazione, la ritrovata relazione tra padre e figlio, fondata sulla festa e la gratuità. Come Dio nel profeta Osea ricrea la sposa adultera e infedele, così Dio continua a ricreare i peccatori ‘convertiti’. Ecco che si realizza la nuova alleanza (cfr. Ez 36, 26-27).

 

Il figlio maggiore — rappresentato da farisei e scribi - non riconosce il fratello (dice: «questo tuo figlio»), Sullo sfondo… il mondo ebraico che non vedeva bene i pagani far parte della stessa comunità, con gli stessi diritti. Così il fratello maggiore rinfaccia al padre: «Ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando». 

Un figlio che compie sempre il suo dovere, ma non ha il coraggio di chiedere al padre di far festa, mostra di avere di lui una falsa immagine, manca di confidenza. Certamente manca una comunicazione serena e rivela ancora, come nel caso del figlio/fratello minore, un rapporto commerciale (i beni), anziché personale e filiale.

Non sappiamo se il figlio maggiore abbia accettato o no di entrare. La parabola resta aperta. Ma le argomentazioni del padre aprono il significato a una considerazione. Tutto è tuo! Ma

questo tuo fratello... Ciò che conta è il senso della fraternità che porta al senso della festa e della gioia; è riconoscere l’amore del padre per tutti, giusti e ingiusti. 

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4a QUARESIMA – anno C
 

Intenzioni per la preghiera dei fedeli

Mostraci la tua misericordia!

 

 

 

 

 

Padre, guarda l'umanità gravata da problemi di sussistenza e impegnata in un esodo ben più massiccio di quello vissuto dal tuo popolo. Attraverso le autorità preposte e la sensibilità dei cristiani, dona la possibilità di un lavoro e di una condizione di vita dignitosa. Ti preghiamo.

 

 

Padre, a noi peccatori hai affidato il ministero della riconciliazione. Rendi la Chiesa ministra della tua misericordia, impegnata a riconciliare e a promuovere ciò che unisce. 

Ti preghiamo.

 

 

Padre, il tuo amore ci accompagna e ci segue anche quando ci allontaniamo dalla tua casa. Metti una salutare inquietudine e una profonda nostalgia in tutti coloro che si sono allontanati da te, affinché nella Pasqua possano gustare la gioia del tuo abbraccio. 

Ti preghiamo.

 

 

 

Padre, allontana da noi la tentazione di essere fratelli maggiori che giudicano i fratelli minori. Aiutaci a togliere prima la trave dal nostro occhio e poi la pagliuzza dall'occhio del fratello. Insegnaci l'umiltà, la mansuetudine e la gioia dell'accoglienza. Ti preghiamo.

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ATTO DI CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA 

O Maria, Madre di Dio e Madre nostra, noi, in quest’ora di tribolazione, ricorriamo a te. Tu sei Madre, ci ami e ci conosci: niente ti è nascosto di quanto abbiamo a cuore. Madre di misericordia, tante volte abbiamo sperimentato la tua provvidente tenerezza, la tua presenza che riporta la pace, perché tu sempre ci guidi a Gesù, Principe della pace. 

Ma noi abbiamo smarrito la via della pace. Abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali. Abbiamo disatteso gli impegni presi come Comunità delle Nazioni e stiamo tradendo i sogni di pace dei popoli e le speranze dei giovani. Ci siamo ammalati di avidità, ci siamo rinchiusi in interessi nazionalisti, ci siamo lasciati inaridire dall’indifferenza e paralizzare dall’egoismo. Abbiamo preferito ignorare Dio, convivere con le nostre falsità, alimentare l’aggressività, sopprimere vite e accumulare armi, dimenticandoci che siamo custodi del nostro prossimo e della stessa casa comune. Abbiamo dilaniato con la guerra il giardino della Terra, abbiamo ferito con il peccato il cuore del Padre nostro, che ci vuole fratelli e sorelle. Siamo diventati indifferenti a tutti e a tutto, fuorché a noi stessi. E con vergogna diciamo: perdonaci, Signore! 

Nella miseria del peccato, nelle nostre fatiche e fragilità, nel mistero d’iniquità del male e della guerra, tu, Madre santa, ci ricordi che Dio non ci abbandona, ma continua a guardarci con amore, desideroso di perdonarci e rialzarci. È Lui che ci ha donato te e ha posto nel tuo Cuore immacolato un rifugio per la Chiesa e per l’umanità. Per bontà divina sei con noi e anche nei tornanti più angusti della storia ci conduci con tenerezza. 

Ricorriamo dunque a te, bussiamo alla porta del tuo Cuore noi, i tuoi cari figli che in ogni tempo non ti stanchi di visitare e invitare alla conversione. In quest’ora buia vieni a soccorrerci e consolarci. Ripeti a ciascuno di noi: “Non sono forse qui io, che sono tua Madre?” Tu sai come sciogliere i grovigli del nostro cuore e i nodi del nostro tempo. Riponiamo la nostra fiducia in te. Siamo certi che tu, specialmente nel momento della prova, non disprezzi le nostre suppliche e vieni in nostro aiuto. 

Così hai fatto a Cana di Galilea, quando hai affrettato l’ora dell’intervento di Gesù e hai introdotto il suo primo segno nel mondo. Quando la festa si era tramutata in tristezza gli hai detto: «Non hanno vino» (Gv 2,3). Ripetilo ancora a Dio, o Madre, perché oggi abbiamo esaurito il vino della speranza, si è dileguata la gioia, si è annacquata la fraternità. Abbiamo smarrito l’umanità, abbiamo sciupato la pace. Siamo diventati capaci di ogni violenza e distruzione. Abbiamo urgente bisogno del tuo intervento materno. 

Accogli dunque, o Madre, questa nostra supplica.
Tu, stella del mare, non lasciarci naufragare nella tempesta della guerra. Tu, arca della nuova alleanza, ispira progetti e vie di riconciliazione. Tu, “terra del Cielo”, riporta la concordia di Dio nel mondo.
Estingui l’odio, placa la vendetta, insegnaci il perdono.
Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare. Regina del Rosario, ridesta in noi il bisogno di pregare e di amare. Regina della famiglia umana, mostra ai popoli la via della fraternità. Regina della pace, ottieni al mondo la pace. 

Il tuo pianto, o Madre, smuova i nostri cuori induriti. Le lacrime che per noi hai versato facciano rifiorire questa valle che il nostro odio ha prosciugato. E mentre il rumore delle armi non tace, la tua preghiera ci disponga alla pace. Le tue mani materne accarezzino quanti soffrono e fuggono sotto il peso delle bombe. Il tuo abbraccio materno consoli quanti sono costretti a lasciare le loro case e il loro Paese. Il tuo Cuore addolorato ci muova a compassione e ci sospinga ad aprire le porte e a prenderci cura dell’umanità ferita e scartata. 

Santa Madre di Dio, mentre stavi sotto la croce, Gesù, vedendo il discepolo accanto a te, ti ha detto: «Ecco tuo figlio» (Gv 19,26): così ti ha affidato ciascuno di noi. Poi al discepolo, a ognuno di noi, ha detto: «Ecco tua madre» (v. 27). Madre, desideriamo adesso accoglierti nella nostra vita e nella nostra storia. In quest’ora l’umanità, sfinita e stravolta, sta sotto la croce con te. E ha bisogno di affidarsi a te, di consacrarsi a Cristo attraverso di te. Il popolo ucraino e il popolo russo, che ti venerano con amore, ricorrono a te, mentre il tuo Cuore palpita per loro e per tutti i popoli falcidiati dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia e dalla miseria. 

Noi, dunque, Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina. Accogli questo nostro atto che compiamo con fiducia e amore, fa’ che cessi la guerra, provvedi al mondo la pace. Il sì scaturito dal tuo Cuore aprì le porte della storia al Principe della pace; confidiamo che ancora, per mezzo del tuo Cuore, la pace verrà. A te dunque consacriamo l’avvenire dell’intera famiglia umana, le necessità e le attese dei popoli, le angosce e le speranze del mondo. 

Attraverso di te si riversi sulla Terra la divina Misericordia e il dolce battito della pace torni a scandire le nostre giornate. Donna del sì, su cui è disceso lo Spirito Santo, riporta tra noi l’armonia di Dio. Disseta l’aridità del nostro cuore, tu che “sei di speranza fontana vivace”. Hai tessuto l’umanità a Gesù, fa’ di noi degli artigiani di comunione. Hai camminato sullenostre strade, guidaci sui sentieri della pace. Amen 


 

 

 

 


mercoledì 23 marzo 2022

3 incontro quaresima

domenica 20 marzo 2022


 

sabato 19 marzo 2022

 20 marzo 2022

3a domenica di Quaresima C 

Prima Lettura -Dal libro dell'Èsodo - Es 3,1-8a.13-15
 

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.
L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.
Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele».
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?».
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».

 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 102 (103)

 

R. Il Signore ha pietà del suo popolo.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici. R.
 
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia. R.
 
Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.
Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele. R.
 
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono. R.
 

- Dalla 1a lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi - 1Cor 10,1-6.10-12


Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto.
Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.
Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi. Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.
  

Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca - Lc 13,1-9


In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

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omelia 


Questa pagina contiene due messaggi: il primo sulla conversione, il secondo sulla misericordia di Dio.Gli ascoltatori di Gesù sono stati raggiunti da una notizia di cronaca, relativa a una strage avvenuta in Galilea: mentre venivano offerti sacrifici per chiedere a Dio aiuto e protezione, la polizia del governatore Pilato aveva compiuto un eccidio, mescolando il sangue delle vittime offerte con quello degli offerenti. I presenti vogliono che Gesù si esprima sull’oppressivo e persecutorio dominio romano, sulla situazione di quei galilei forse rivoluzionari, sulla colpa che ha causato quel massacro…

Ma Gesù, che dà un giudizio negativo sui dominatori di questo mondo – i quali opprimono, dominano e si fanno chiamare benefattori (cf. Lc 22,25 e par.) –, risponde coinvolgendo l’uditorio solo su un altro piano, quello della causa del male sofferto. Dice infatti: “Credete che quei galilei fossero più peccatori di tutti i galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. 

 Questa frase non deve essere sentita come una minaccia,  ma come un avvertimento serio.

Fare in modo che ascolta questi fatti, non si consideri un semplice spettatore su quanto è accaduto e si ponga delle domande….

È come se dicesse: “Voi pensate che il peccato commesso dall’uomo scateni automaticamente il castigo da parte di Dio, ma non è così. In tal modo date a Dio un volto perverso!”. 

È così, pensiamoci bene; quando ci arriva una malattia, quando ci capita un fatto doloroso, subito ci poniamo la domanda: “Ma cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”. 

Gesù vuole distruggere questa immagine del Dio che castiga, tanto cara agli uomini religiosi di ogni tempo, in Israele come nella chiesa. Per farlo, menziona lui stesso un altro fatto di cronaca, accompagnandolo con il medesimo commento: “Quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Siloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. 

 

Gesù ci insegna ad avere uno sguardo diverso sulla vita: ogni vita è precaria, è segnata dalla violenza, dal male, dalla morte. Dietro a questi eventi non bisogna vedere Dio come castigatore e giudice, perché Dio potrà eventualmente fare questo solo nel giudizio finale, quando saremo passati attraverso la morte. 

Quelle uccisioni e quelle morti sono comunque un segno di ciò che attende chi non si converte, perché chi continua a fare il male cammina su una strada di morte e, di conseguenza, si procura da solo il male…che incontrerà già qui sulla terra e poi nel giudizio ultimo di Dio. Per questo Gesù ha predicato: “Convertitevi e credete nel Vangelo”. 

Gesù è un profeta e, come tale, sa che gli umani sono peccatori, commettono il male; per questo chiede loro di aderire alla buona notizia del Vangelo e di accogliere la misericordia di Dio che va loro incontro, offrendo il perdono.

 

Gesù racconta loro una bellissima parabola. Un uomo ha piantato con fatica un fico nella propria vigna e con tanta fiducia ogni estate viene e cercare i suoi frutti ma non ne trova, perché quell’albero pare sterile. Spinto da quella delusione ripetutasi per ben tre anni, pensa dunque di tagliare il fico, per piantarne un altro. 

Chiama allora il contadino che sta nella vigna e gli esprime la sua frustrazione, intimandogli di tagliare l’albero: perché deve sfruttare inutilmente il terreno e rubare il nutrimento ad altre piante? Tutti noi comprendiamo questa decisione del padrone della vigna, ispirata dal nostro concetto di giustizia retributiva e meritocratica: non si paga chi non dà frutto, mentre gli altri si pagano proporzionalmente al frutto che ciascuno dà!

 

Ma il contadino, che lavora quella terra, ama ciò che ha piantato, sarchiato, innaffiato e concimato. Il vignaiolo, si sa, ama la vigna come una sposa; per questo osa intercedere presso il padrone: “Signore lascia il fico per un altro anno, perché io possa ancora sarchiarlo e concimarlo, con una cura più attenta e delicata. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, tu lo taglierai!”. Straordinario l’amore del vignaiolo per il fico: ha pazienza, sa aspettare, gli dedica il suo tempo e il suo lavoro. 

Promette al padrone di prendersi particolare cura di quell’albero infelice; in ogni caso, lui non lo taglierà, ma lo lascerà tagliare al padrone, se vorrà…

Questo vignaiolo è Gesù, venuto nella vigna (cf. Lc 20,13 e par.) di Israele vangata, liberata dai sassi, piantata da Dio come vite eccellente: “e Dio aspettò che producesse uva” (Is  5,2)… Sì, è venuto il Figlio di Dio nella vigna, si è fatto vignaiolo tra gli altri vignaioli, ha amato veramente la vigna e se n’è preso cura…

 “Lasciala, lasciala ancora, attendi i suoi frutti; io, intanto, me ne assumo la cura, che è responsabilità!”. Così la vigna-Israele e la vigna-chiesa sono conservate anche quando non danno i frutti sperati da Dio, perché Gesù il Messia è il vignaiolo in mezzo a loro (cf. Gv 15,1-8), è il loro sposo (cf. Lc 5,34-35 e par.).

Giovanni il Battista aveva predicato: “Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco” (Lc  3,9; Mt 3,10). Ciò avverrà nel giudizio, ma ora, nel frattempo, Gesù dice a Dio: “Abbi pazienza, abbi misericordia, aspetta ancora a sradicare il fico. Io lavorerò e farò tutto il possibile perché esso porti frutto”. La constatazione che il tempo si prolunga potrebbe far  pensare che il giudizio di Dio sia abolito. In realtà – afferma Luca – questo tempo che si prolunga è un segno di misericordia, ma il giudizio non viene cancellato…. Il tempo si prolunga per permetterci di approfittarne, non per giustificare il rimando o l'indifferenza. E comunque la pazienza di Dio ha un limite. è il limite della nostra vita… Finchè viviamo, c’è tempo… E si richiede impegno e vigilanza.

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Preghiera per la pace del vescovo di Napoli mons. Battaglia

 «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di noi peccatori! Signore Gesù, nato sotto le bombe di Kiev, abbi pietà di noi! Signore Gesù, morto in braccio alla mamma in un bunker di Kharkiv, abbi pietà di noi! Signore Gesù, mandato ventenne al fronte, abbi pietà di noi! Signore Gesù, che vedi ancora le mani armate all’ombra della tua croce, abbi pietà di noi! », si legge nel testo, affidato dal pontefice ai fedeli di tutto il mondo. «Perdonaci Signore, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi. Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte. Perdonaci, Signore, se continuiamo ad uccidere nostro fratello, se continuiamo come Caino a togliere le pietre dal nostro campo per uccidere Abele. Perdonaci, se continuiamo a giustificare con la nostra fatica la crudeltà, se con il nostro dolore legittimiamo l’efferatezza dei nostri gesti. Perdonaci la guerra, Signore – è l’invocazione finale -. Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, ti imploriamo! Ferma la mano di Caino! Illumina la nostra coscienza, non sia fatta la nostra volontà, non abbandonarci al nostro agire! Fermaci, Signore, fermaci! E quando avrai fermato la mano di Caino, abbi cura anche di lui. È nostro fratello. O Signore, poni un freno alla violenza! Fermaci, Signore!».

3a domenica di Quaresima - Ascolta, Padre, la nostra preghiera !

La Chiesa riscopra la sua solidarietà con tutta la famiglia umana. 

Sia nel mondo segno della pazienza che è frutto della speranza 

e della fede nel Signore che cammina con noi. Preghiamo.


Tutti i cristiani si sentano chiamati dalle vicende della storia che chiedono un impegno responsabile. Vincano l'indifferenza e la pigrizia, perché anche i terreni più sterili portino frutto. Preghiamo.


Per tutte le persone che sperimentano situazioni di aridità e sterilità nelle relazioni, nel lavoro, e in varie attività. Sappiano confidare nella vicinanza del Signore misericordioso. Preghiamo.

Per tutti coloro che si stanno preparando quest'anno a ricevere il sacramento del Battesimo, della Cresima, de|l’ Eucaristia o del Matrimonio. Sappiano vivere con impegno il tempo della preparazione a questi grandi doni del Signore. Preghiamo.

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Ogni anno durante la Quaresima siamo invitati ad una celebrazione che si qualifica come preludio tanto del Venerdì Santo, quanto della Pasqua.

È la Giornata dei Missionari Martiri, giorno di preghiera e di digiuno, come la Celebratio Passionis Domini, in cui viviamo e metabolizziamo la morte, il sacrificio, la crudeltà e la sofferenza che attanagliano questo mondo e la sua gente. Ma anche giorno di festa, di resurrezione, di assunzione della consapevolezza che l’epilogo della vita umana non è che una fase transitoria.

Missio Giovani, erede del Movimento Giovanile Missionario (MGM), che propose, per la prima volta nel 1991, la celebrazione della Giornata alle Chiese in Italia, si fa promotrice di una imperdibile occasione di ascolto verso le donne e gli uomini che spendono la propria vita per la causa del Vangelo; orecchie e cuori aperti alla voce soffocata dei popoli oppressi che i missionari incontrano ogni giorno sulle strade del mondo.

La scelta della data non è affatto casuale; il 24 marzo del 1980, infatti, mons. Oscar Romero veniva assassinato a San Salvador da militari suoi connazionali, fedeli al regime. La ragione del martirio del Santo de America era proprio la vicinanza agli ultimi, ai salvadoregni schiacciati da un sistema di protezione delle élites a guida del Paese, che operava soprusi sul popolo contadino e operaio. Durante la celebrazione della messa, dopo aver denunciato l’impiego di bambini nella mappatura dei campi minati, mentre elevava l’ostia della consacrazione, un colpo di fucile lo raggiunse alla vena giugulare. Il sicario, mandato dai leader politici al potere, aveva colpito la voce di chi, in quegli anni bui di El Salvador, non aveva voce.
La risposta del popolo fu immediata, chiara e coesa su due fronti: innalzare agli onori dell’altare
 El Santo, seppur solo figuratamente (Papa Francesco lo proclamerà ufficialmente santo nel 2018), e nutrire la speranza di un Paese migliore con la sua memoria.
L’invito, pronunciato dall’arcivescovo, il giorno precedente al martirio, nei confronti dell’esercito e della polizia, riecheggiava tra la folla e giunge fino a noi, oggi, come monito di liberazione:
 “Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”.


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giovedì 17 marzo 2022


 


 

domenica 13 marzo 2022

 


sabato 12 marzo 2022

13 marzo 2022 

2a domenica di Quaresima C 


Prima Lettura

Dal libro della Gènesi - Gen 15,5-12.17-18
 
In quei giorni, Dio condusse fuori Abram e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia.
E gli disse: «Io sono il Signore, che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei per darti in possesso questa terra». Rispose: «Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?». Gli disse: «Prendimi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un ariete di tre anni, una tortora e un colombo».
Andò a prendere tutti questi animali, li divise in due e collocò ogni metà di fronte all’altra; non divise però gli uccelli. Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Abram li scacciò.

Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Abram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono.
Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse quest’alleanza con Abram:
«Alla tua discendenza
io do questa terra,
dal fiume d’Egitto
al grande fiume, il fiume Eufrate»
.

Salmo Responsoriale - Dal Sal 26 (27)


R. Il Signore è mia luce e mia salvezza.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura? R.
 
Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il mio cuore ripete il tuo invito:
«Cercate il mio volto!».
Il tuo volto, Signore, io cerco. R.
 
Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza. R.
 
Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore. R.

 

Seconda Lettura - Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési - Fil 3,17-4,1
 
Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l’esempio che avete in noi. Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra.
La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.
Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!


Vangelo - Dal Vangelo secondo Luca - Lc 9,28b-36
 
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».cAppena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

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Omelia 2a Quaresima C

Dal deserto al Tabor; dalla domenica della tentazione e della prova, alla domenica della luce che illumina Gesù e che abita anche in noi. 

Gesù sale sul monte per pregare. Il monte è  come un indice puntato verso il cielo, verso il mistero di Dio e la sua salvezza. Il monte  ci ricorda che la vita è un salire silenzioso e costante verso la luce e verso un orizzonte più grande, quello che il Signore ci fa vedere. Continua, quindi il colloquio di Gesù con il Padre suo: una scelta che attraversa tutta la vita del Signore, Ed è nella preghiera che il suo volto viene trasfigurato. La preghiera va vedere il  volto interiore di Gesù, dove appare il suo essere Figlio, nella relazione di obbedienza vissuta per amore. 

 

Il Vangelo è ricco di simboli: la nube, la voce, e la presenza di Mosè e di Elia. Sullo sfondo c’é la grande manifestazione del monte Sinai, il dono della legge. Ma ora c’è molto di più, un salto di qualità. Ora Gesù è il nuovo Mosè e il profeta definitivo. Gesù dona la legge nuova della carità, scritta nei nostri cuori con il sigillo dello Spirito Santo.

Poi le vesti candide e il volto splendente, ci dicono che Gesù, incamminato verso la Croce, è in realtà il Signore. Fin d’ora ci viene detto che il cammino verso la croce, la passione e la morte non è per Gesù un fallimento e una vita sprecata. Nella croce c’è già il germe cioè l’inizio della vita nuova del Signore Risorto, la vittoria sul peccato e sulla morte. Croce e resurrezione sono inseparabili. Lo dice molto bene il dipinto del Beato Angelico che presenta il Signore trasfigurato  con le braccia aperte a forma di croce: per dire che il Signore che appare ai discepoli è lo stesso che aprirà le braccia sulla croce del Calvario, come segno di un’accoglienza senza limiti!

Un messaggio anche per noi.  Se mettiamo nella nostra vita parole e gesti che dicono dono, sacrificio come segno di un amore disinteressato, disponibilità generosa e vittoria sui tanti egoismi… allora andiamo verso la luce, siamo trasformati anche noi nella vita nuova come è stato per Gesù.

La via del cristiano è come quella del Maestro, ugualmente incamminata verso la Croce e verso la risurrezione. E anche per il discepolo la risurrezione non è soltanto al  futuro, ma è già una realtà presente e anticipata. La comunione con Dio è già presente nella nostra vita. S.Paolo ci ha ricordato la nostra trasfigurazione futura, quello che il Signore prepara per noi : “La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso”

Nel viaggio della fede non mancano momento chiari, momenti gioiosi all'interno della fatica dell'esistenza cristiana. Occorre saperli scorgere e saperli leggere. Sono preziosi e ci aiutano a camminare con fiducia!

Pietro, nel suo carattere immediato e generoso, desiderava che quella gioiosa esperienza, la luce sul  monte,  dovesse durare ancora per tanto tempo: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Il testo precisa: «Egli non sapeva quel che diceva».

Si era dimenticato che Gesù stava per scendere da quel monte, per fare la strada verso il Calvario, verso una vita offerta e donata.

Che cosa è importante per noi, come per i discepoli di allora?

E’  la parola che accompagna la visione: “Ascoltatelo! Scompaiono dalla scena Mosé ed Elia e resta solo Gesù. Solo a Lui bisogna guardare, è Lui l’unico punto di riferimento del nostro cammino spirituale, solo Lui ci basta! 

Nel tempo di Quaresima facciamo esercizio costante di questo ascolto. La sua parola deve risuonare chiara per venire allo scoperto tra le tante voci e i tanti messaggi. 

Ci chiediamo: Qual è il messaggio che il Signore mi sta offrendo? Lo conosco e mi interessa? Sono capace di leggerlo in mezzo alle tante voci e, spesso, al chiasso di parole gridate e vuote di valore? Mi prendo del tempo perchè il Vangelo non sia un libro chiuso e trascurato?

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2a Quaresima C

Intenzioni per la preghiera dei fedeli: 


Illumina il nostro cammino, Signore!

 

Sostieni  le comunità cristiane: in una società  frenetica e frettolosa

abbiano cura del loro rapporto con Dio e trovino il tempo per ascoltare Ia tua Parola. Ti preghiamo.

Incoraggia gli uomini e Ie donne che portano responsabilità importanti: compiano scelte coraggiose, per il bene di tutti. Ti preghiamo.

Sostieni i catechisti e gli animatori, che accompagnano i ragazzi e i giovani nella crescita della fede: mostrino loro il tuo volto autentico. 

Ti preghiamo.

Conforta i malati, gli emarginati e tutti quelli che si sentono abbandonati a se stessi: trovino fratelli e sorelle, pieni di compassione e di delicatezza. Ti preghiamo.

Nel dramma della guerra in Ucraina,  aiutaci, Signore, a non perdere la speranza. Fa’ che i responsabili di questa tragedia cerchino anche il minimo spiraglio di pace, in un accordo che eviti morti, lutti e devastazioni. Rendici sensibili al dramma dei profughi e dei rifugiati. Preghiamo.

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AVVISI 13 MARZO 2022 - 2A QUARESIMA

 

1- Alla Messa delle ore 11.00 sono presenti i ragazzi di 4a elementare con le loro famiglie. 

Dopo la Messa, in chiesa, la PRIMA CONFESSIONE 

(del 2° GRUPPO)

 

2- Nel pomeriggio, alle ore 14.30, incontro di 

CATECHISMO PER I RAGAZZI DI 5A ELEMENTARE. 

Celebrazione della S. Messa.

 

3- Alle ore 17.00 nel salone della parrocchia 

CELEBRAZIONE DEI VESPERI aperta  a  tutti.

La preghiera viene proposta nel salone per esigenze tecniche. Infatti dal salone è possibile che la stessa preghiera sia poi trasmessa on line sul blog della parrocchie, a partire dalle ore 18.00:  beatoandrea.blogspot.com


Una testimonianza. Nello Scavo da Avvenire 12 marzo 


LE TESTIMONIANZE DALLE CITTÀ UCRAINE ASSEDIATE

L’altra guerra silenziosa: «Ma io non sparerò a nessuno» 


Dove le macerie diventano trincea, al di qua del fiume Dnepr, quando il caseggiato rimasto uguale all’epoca sovietica annuncia l’ingresso nella città dei monasteri e dei santuari ortodossi, c’è chi le armi non le imbraccerà. «Lo so che la nostra è legittima difesa, e che se anche dovessi uccidere il nemico per difendere la mia famiglia, mi verrà perdonato. Ma io non prenderò il fucile».

L’ostinata nonviolenza di Yuri, tra le rovine della cintura esterna di una Kiev a cui l’armata russa ha mostrato cosa sarebbe capace di fare se entrasse tra le vie acciottolate del centro storico, non ha niente a che vedere con il pacifismo a oltranza. «Non ho nulla contro i pacifisti», dice mentre si prepara a un’altra notte nello scantinato che tutti chiamano bunker, più per tirare su il morale che per reale capacità di resistenza delle strutture portanti. «Solo che io non voglio sparare a nessuno, non voglio uccidere, ma non voglio neanche morire », aggiunge. Potrebbe però arrivare un momento in cui dovrai scegliere, gli facciamo notare: o la tua vita o quella di chi ti sta di fronte. 

«Può darsi che gli tirerò un sasso, oppure avrò così tan- ta paura da restare paralizzato aspettando che mi ammazzi», risponde. «Intanto – aggiunge – cerco di dare una mano ai ragazzi che vanno a lottare. Gli spiego che non sono obbligati a farlo, ma che se lo fanno devono farlo per amore della nostra libertà, non per odio». Il confine della paura è sottile e insidioso almeno quanto quello che separa un codardo da un cecchino. Difficile dire che entrambi siano nel giusto. Ma per le strade di Kiev, di Odessa, di Ulman e di ogni altra trincea osservata in queste settimane non abbiamo trovato disprezzo per chi la guerra non la vuol fare. Olga, ad esempio, sa che il marito è esentato dal combattimento. Lo ha scelto lui. Niente piombo. Ma non è che si senta così tranquilla. Lui è un volontario del soccorso civile, di quelli che dopo l’onda d’urto arriva con la station wagon comperata a rate e trasformata in auto di primo soccorso, per raccogliere chi ancora ha un cuore che batte, o per radunare i pezzi di chi è stato

 centrato dall’esplosione. Ci sono padri che vivono nascosti nei casolari più remoti. Tra balle di fieno e bestiame abbandonato. Non accendono neanche il fuoco, per non dare nell’occhio. Hanno accompagnato la famiglia al confine. La loro guerra l’hanno già vinta mettendo in salvo moglie, figli e i vecchi genitori. Hanno anche provato a corrompere i gendarmi, ma non c’è stato niente da fare. Gli uomini vengono ricacciati indietro, verso le prime linee, ma non tutti hanno negli occhi il fuoco dell’eroe in armi.

A usare le categorie delle cronache di guerra, si direbbe che sono renitenti

all’obbligo militare. «Io e Alessia non avevamo niente – racconta il ragazzo, sposo da tre settimane –. Ci siamo fidanzati e abbiamo trovato un lavoro, poi una casa e finalmente ci siamo sposati». Hanno provato ad attraversare insieme la frontiera verso Chisinau, in Moldavia. Ma la poliziotta ucraina lo ha bloccato: «Devi combattere per la patria!». Le lacrime di Alessia nessuno potrà mai descriverle. È rimasta anche lei, non ha voluto lasciarlo da solo. Lo implora di non unirsi alle milizie. «Allora combatteremo insieme», gli dice quasi minacciandolo. Ma lui non si perdonerebbe di averla trascinata davanti al nemico. Si sente un vigliacco, un traditore di Kiev. Poi saluta con una di quelle frasi che starebbero bene nei libri: «Non andrò a combattere, devo proteggere lei. L’Ucraina è la mia terra, Alessia è la mia patria». E di scrivere che è un disertore, proprio non riusciamo.