sabato 26 giugno 2021

 27 giugno 2021- 13a domenica del tempo ordinario

Prima Lettura Dal libro della Sapienza
Sap 1, 13-15; 2,23-24
 

Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c'è veleno di morte,
né il regno dei morti è sulla terra.
La giustizia infatti è immortale.
Sì, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità,
lo ha fatto immagine della propria natura.
Ma per l'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

Salmo Responsoriale

Dal Sal 29 (30)

R. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

 

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. R.
 
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia. R.
 
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre. R.

 

Seconda Lettura

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi -2 Cor. 8, 7.9.13-15
 
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest'opera generosa.
Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

Vangelo - Dal Vangelo secondo Marco- Mc 5, 21-43
 
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: "Chi mi ha toccato?"». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male».


Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

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omelia


Il vangelo, secondo Marco di oggi ci presenta un Gesù Salvatore che vuole 

l’ umanità libera dal male, dalla malattia, dalla morte. 

Gesù compie, con grande semplicità, il miracolo, per manifestare la sua ribellione al male. ll miracolo è come il suo grido di rivolta contro tutto ciò che degrada la persona, in tutte le sue forme… 

Il primo personaggio del racconto è Giairo, capo della sinagoga, quindi persona autorevole e certamente molto conosciuta. “Gli si gettò ai piedi e lo supplicò “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva. Andò con lui”. Giairo è pieno di fiducia e di speranza… Giairo si spoglia del ruolo che riveste come capo di quella comunità  e si affida completamente a Gesù. E Gesù acconsente… Il cammino di Gesù è prova del suo farsi carico della sofferenza umana, di una partecipazione profonda. Il Signore  cammina sulle strade degli uomini, incrocia le loro esistenze, anche quella di una sola persona, mettendo in secondo piano la folla. “Mai egli si chiuse alle necessità e alle sofferenze degli uomini” (dalla preghiera eucaristica).

 

E qui una sorpresa… Una donna sofferente di perdite di sangue… Una malattia 

da 12 anni, peggiorata sempre di più. Malattia, secondo le prescrizioni di una legge religiosa severa e discriminatoria,  che la rendeva impura, segregata dagli altri, lasciata fuori anche dagli impegni pubblici della preghiera!  Incredibile, ci viene spontaneo pensare…

Il tocco furtivo del mantello da parte della donna potrebbe sembrare un gesto superstizioso e scaramantico e anche un gesto audace e pericoloso che poteva contaminare anche le persone che questa donna avesse toccato, compreso Gesù stesso! In realtà rivela un sentimento di grande speranza nei confronti di quel maestro…che stava passando. Lei ha intuito che non si trattava di un maestro qualsiasi, come tanti….

 

La fede è saltare oltre l’ostacolo, non farsi condizionare da gesti o parole che escludono, lasciare aperta la porta alla novità di un incontro intuito come l’occasione unica della vita! “Chi mi ha toccato?” Sembra una domanda banale e così, infatti, la interpretano i discepoli! Ma Gesù dà apposta pubblicità ad un miracolo così delicato. E’ libero dai tabù sessuali del puro e dell' impuro: come ha fatto per l’ indemoniato e per il lebbroso, riammette pubblicamente la donna nella società.  E solo Gesù è in grado di capire il valore di quel toccare! E’ un atto di affidamento a lui, una prova di fiducia senza limiti.  Gesù lo riconosce subito e a lei, impaurita e tremante, Gesù consegna un attestato di fede: “La tua fede ti ha salvato!”

Gesù si preoccupa di due aspetti: il primo è la salvezza, cioè  la liberazione dal male, dalla prigionia del peccato e, (in modo  inseparabile), il secondo è la guarigione dalla malattia fisica!

Gesù ora riprende il cammino verso la casa di Giairo: ”Continua ad aver fede!”, gli dice, nonostante le voci rasssegnate di una morte che sembrava, ormai, senza rimedio!

In casa, al trambusto della gente, contrasta  la calma di Gesù. con quella parola, oggetto di derisione: La bambina non è morta, ma dorme”. Subito il ritorno alla vita della bambina e poi il gesto di Gesù: “La sollevò prendendola per mano…”

In questa ragazzina si anticipa simbolicamente il rnistero della Pasqua  di Gesù e dei credenti, in cui la morte è solo un “sonno”, come dice ora il Cristo, in attesa dell’ incontro con la realtà eterna di Dio.  Non si muore mai del tutto: la morte, infatti, ci apre il passaggio alla vita eterna.

La morte, per chi crede,  diventa cioè un “passaggio”, assume così il carattere pasquale di una vittoria… La morte è la porta aperta su cieli nuovi e su mondi nuovi, che abbatte la fragile parete della realtà terrena e ci permette di gettarci nelle braccia del Padre

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Avvisi 

 

In questa domenica “GIORNATA per la CARITA’ DEL PAPA”


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Martedì 29 giugno (ore 8.00): Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo.

E’ un festa importante… Chi può, veda di partecipare!

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Ringrazio i ministri della comunione per il prezioso servizio che svolgono nella nostra parrocchia. In un incontro fatto con loro, si è   pensato pensato di far presente in parrocchia o presso gli  stessi ministri,  l’eventuale  richiesta di alcune famiglie, con la presenza di  anziani (e) in casa, che desiderano ricevere la S.Comunione. Ora Il problema della pandemia sembra meno grave e pesante!

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preghiera sul Vangelo 

 

Tu, Signore, ami la vita e non la morte, tu ingaggi una lotta senza quartiere contro la malattia e contro la morte, contro tutto quello che attenta alla nostra felicità, alla nostra salute, alla vitalità del corpo e alla serenità dell’anima. Tu provi compassione per le nostre fatiche e ti accosti con bontà per rialzarci e restituirci ad un’esistenza serena.

 


sabato 19 giugno 2021

 20 giugno 2021

12a domenica dsel tempo ordinario 

Prima lettura (Gb 38,1.8-11)

Dal libro di Giobbe

Il Signore prese a dire a Giobbe in mezzo all’uragano:  
«Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando usciva impetuoso dal seno materno,
quando io lo vestivo di nubi
e lo fasciavo di una nuvola oscura,
quando gli ho fissato un limite,
gli ho messo chiavistello e due porte
dicendo: “Fin qui giungerai e non oltre
e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde”?».

 

Salmo responsoriale (Sal 106)

Rendete grazie al Signore, il suo amore è per sempre.

Coloro che scendevano in mare sulle navi
e commerciavano sulle grandi acque,
videro le opere del Signore
e le sue meraviglie nel mare profondo.

Egli parlò e scatenò un vento burrascoso,
che fece alzare le onde:
salivano fino al cielo, scendevano negli abissi;
si sentivano venir meno nel pericolo.  

Nell’angustia gridarono al Signore,
ed egli li fece uscire dalle loro angosce.
La tempesta fu ridotta al silenzio,
tacquero le onde del mare.  

Al vedere la bonaccia essi gioirono,
ed egli li condusse al porto sospirato.
Ringrazino il Signore per il suo amore,
per le sue meraviglie a favore degli uomini. 

 

Seconda lettura (2Cor 5,14-17)

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, l’amore del Cristo ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. 
Cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così. Tanto che, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove.

 

Vangelo (Mc 4,35-41)

Dal Vangelo secondo Marco


In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. 
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». 

Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». 
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?»



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omelia  12a domenica anno B 

 

ll racconto della tempesta sedata propone un momento forte e di grande impatto nell’esperienza dei primi discepoli, ex-pescatori, sullo scenario del lago di Galilea. Lago, secondo diverse testimonianze, soggetto a frequenti tempeste. Ma nel racconto possiamo trovare anche elementi di istruzione e di catechesi che vanno oltre i protagonisti di allora e riguardano anche noi, discepoli di oggi!  La traversata sul lago è immagine del viaggio della nostra vita, non sempre liscio e tranquillo! E la barca rappresenta, in particolare, la comunità-chiesa che vive assieme a Gesù…   Il mare infuriato è una rappresentazione delle grandi tempeste della storia umana, che devastano la natura  e la vita fisica e spirituale delle persone. Sono i grandi mali,  i problemi personali che angosciano e i tragici fatti della vita…. Ne è un esempio la pandemia che ha scombussolato la nostra vita e quella di tanta gente! 

Ricorderete in molti quel piovoso 27 marzo 2020, in una p.zza S.Pietro vuota e Papa Francesco che ha proposto, in piena pandemia, un pensiero e una preghiera, carica di speranza, commentando proprio il  Vangelo della liturgia di oggi! (v, il testo in fondo alla pagina....)

Le grandi  onde minacciano di far naufragare la barca sulla quale, idealmente siano anche noi con Gesù!  Ma la sua presenza è tutta da  riscoprire! 

Gesù aveva detto: “Passiamo all’altra riva!”. Il viaggio di Gesù nasce dalla sua volontà di arrivare alla sponda orientale del lago, per entrare nel territorio pagano,nella zona dei Geraseni. Gente molto diversa dagli ebrei e disprezzata da loro. Gesù, quindi, si prepara ad incontrare persone “ad alto rischio”, ostili all’annuncio del Vangelo. E’ una specie di tempesta interiore... che Gesù affronta con coraggio!

 

Ma ora c’è la burrasca! I discepoli sulla barca, colti dal panico chiedono l’aiuto del Maestro. «Maestro, non ti importa che siamo perduti?». Dove sei?  Gesù sembra passivo ed estraneo: dorme sul cuscino a poppa, nella parte posteriore della barca… Il grido dei discepoli è quello di tanta gente che vede Dio quasi silenzioso e indifferente di fronte ai fatti che sconvolgono la vita, a problemi di vario genere… a tutte le insidie e ai fallimenti… una malattia,  un senso di solitudine… un momento di depressione… 

Ma Il sonno di Gesù non è disinteresse: esprime, piuttosto, tutta la sua completa fiducia nel Padre (Sal 4,6): In pace mi corico e mi addormento subito: tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare”.

“La mia anima è come un bambino svezzato in braccio a sua madre!”

Ma ora Gesù interviene e calma la tempesta. Il potere di Gesù è grande, efficace. Ai discepoli, invece, rivolge un rimprovero che è decisamente il più forte nei loro confronti. 

Gesù segnala la durezza di cuore, la sfiducia in lui. E la fede se n’è andata?

Avere fede vuol dire a vincere il dubbio, la paura, per non lasciarsi dominare dall’angoscia, dal fallimento, dinanzi a tutte le burrasche della vita…Quello che conta é non rassegnarsi e non mollare. Bisogna abbandonarsi a colui che sembra dormire, ma in realtà veglia,  come ci ricorda la preghiera di un salmo: 

Non si addormenterà, non prenderà sonno, il custode d’Israele. Il Signore è il tuo custode, il Signore è come ombra che ti copre, e sta alla tua destra”.

Alla fine resta sempre aperta anche per noi la domanda dei discepoli: 

”Chi è dunque costui?” Chi sei per me, Gesù? Presenza che mi rassicura o mi inquieta? Forse non ti conosciuto abbastanza! Aprimi gli occhi e il cuore perchè ti riconosca e ti segua senza paura! Facciamo entrare Gesù veramente nella storia della nostra vita.Permettiamogli di raggiungerci; lasciamoci afferrare da Lui. 

Cediamo a Lui il timone della nostra barca.

Lui c'è. Perennemente.  Il suo invito è sempre lo stesso: "Perché non avete fede? Io sono il Signore".

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20 GIUGNO  2021 – 12a domenica del tempo ordinario

 

Avvisi 

Giovedì 24 giugno: Festa della Natività di S.Giovanni Battista

 

preghiera sul Vangelo nella domenica  12a  

 

Quante volte, Gesù, ho reagito anch'io al modo degli apostoli!

Sì, in mezzo alla tempesta mi sono sentito abbandonato e  privo di ripari, senza sostegno. Mi è parso che tu dormissi, che non ti interessassi di me, che non ti stesse a cuore la mia sorte. 

Sono tante le burrasche che mi è capitato di attraversare.

Mi sono sentito sopraffatto dal vento dell’ostilità, dalle onde del rifiuto, o del dubbio e del sospetto.

Nella, a cui appartengo, mi sento talvolta sballottato tra gente che sembra avere la risposta ad ogni quesito, il metodo sicuro del successo, il carisma della popolarità, la certezza dell'efficacia.

E a me pare che il tuo Vangelo generi più interrogativi che sicurezze.

In ogni caso mi inviti ad essere sempre controcorrente e critico verso un ambiente che non è sempre disponibile al tuo Vangelo. E questo, senza mancare di rispetto verso nessuno!

Ma tu mi dici: “Coraggio. Non avere paura, io sono con te”


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 MEDITAZIONE DEL SANTO PADRE - 27 marzo 2020

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.

È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati. 

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli. 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”. 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).

 



sabato 12 giugno 2021

 13 giugno 2021

Liturgia 11a domenica del tempo ordinario

 

Dal libro del profeta Ezechièle

Così dice il Signore Dio: 
«Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro,
dalle punte dei suoi rami lo coglierò 
e lo pianterò sopra un monte alto, imponente;
lo pianterò sul monte alto d’Israele.
Metterà rami e farà frutti
e diventerà un cedro magnifico.
Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno,
ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno tutti gli alberi della foresta
che io sono il Signore,
che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso,
faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco.
Io, il Signore, ho parlato e lo farò».

 

Salmo responsoriale (Sal 91)

È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.  

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.  

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità.

 

Seconda lettura (2Cor 5,6-10)

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. 
Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. 
Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

 

Vangelo (Mc 4,26-34)


Dal Vangelo secondo Marco


In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

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Omelia 11a Domenica B

 Iniziamo dalla lettura di Paolo che esprime i suoi sentimenti più intimi…

Dopo un tempo di  persecuzione, Paolo è stanco di combattere e sogna il riposo definitivo; sarebbe più semplice morire, soprattutto quando si ha la certezza che morire significa essere per sempre con quel Gesù che ha orientato tutta la vita dell’apostolo!  Paolo capisce, però, che Cristo lo chiama a vivere ed a continuare l’impegno missionaria perché non si può arrivare, dinanzi a Lui, a mani vuote. E quindi accetta la fatica di annunciare ancora il Signore Gesù…è questa la sua passione apostolica… Un po’ di questa passione la chiediamo anche per noi oggi, anche noi responsabili dell’ annuncio cristiano…

 

Il più piccolo di tutti semi diviene più grande di tutti gli ortaggi 

 

Con queste due parabole Gesù vuol dare una risposta alle idee e correggere le aspettative messianiche degli ebrei del suo tempo. 

Ai cristiani di Roma, scossi dalla persecuzione e dispersi nell’immenso impero, Marco ricorda queste  parabole perché ritrovino la fiducia. 

C’erano i farisei, i quali pensavano che si potesse affrettare l’avvento del Regno con la penitenza, con i digiuni, con l’osservanza scrupolosa, della legge e delle tradizioni; c’erano gli zeloti che cercavano di impiantare il Regno ricorrendo alla violenza e alla resistenza armata contro i conquistatori romani..

Gesù, probabilmente, parla anche della sua esperienza di profeta… Il seme nel terreno è tutto il suo lavoro faticoso che annuncia il regno cioè l’azione misericordiosa di Dio che agisce attraverso di Lui. Dopo un primo momento di entusiasmo da parte della gente, segue un crescente abbandono, una sfiducia verso Gesù e la sua parola…l’esperienza, quasi, di un fallimento, per cui le folle diventano un piccolo gregge al quale Gesù si rivolge e che coltiva con grande speranza.

Ma la parola di Dio cresce invisibile nel grembo della terra e la sua forza è immensa, anche quando si ha l’impressione che non succeda nulla e che questo seme sia scomparso per sempre!

Il contadino ha gettato il seme e se ne è andato a riposare, eppure quel seme è carico di energia e continua da solo il suo percorso sotto terra. C’è, quindi, un movimento interno, una forza presente nel seme stesso. Il contadino non fa nulla, se non seminare e prepararsi al raccolto.  Ecco il messaggio: il Regno è, innanzitutto, dono di Dio, non è prodotto nostro, frutto della sola nostra iniziativa.  Il compito dell’uomo deve essere di accoglienza, di grande fiducia nell’azione di Dio,  di lode e di ringraziamento. 

Paolo dirà ai cristiani di Corinto, “Io ho piantato, Apollo (un suo collaboratore..) ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere” (1 Cor 3,6). 

La pazienza del contadino che semina e poi serenamente e a lungo attende che il seme dia frutto ci dà l’immagine della fede che sa accettare anche gli apparenti fallimenti, ricordando la parola del Signore: “C’é chi semina e  altri  mietono”.

 

E’ criticata da Gesù la pretesa di far leva  solo sull’organizzazione, sulle opere, sulle istituzioni e sui programmi invece che sull’ascolto della parola di Dio, sul confronto con il vangelo, sulla fiducia in Dio, sull’ umiltà e sulla preghiera. 

Il tempo del seme è quindi un tempo lungo e segreto che va un po’ contro la pretesa umana di vedere e conoscere in fretta. Non è il segno dell’assenza di Dio, ma del suo modo diverso di parlare. Quindi, attesa fiduciosa. Il seme nella terra lavora sempre e fruttifica sotto l’azione miracolosa di Dio: prodigiosa, continua, nascosta ed efficace!

Tutto questo non significa che dobbiamo essere passivi e pigri, quasi lasciando a Dio tutto il lavoro! E’ chiaro che dobbiamo fare la nostra parte fino in fondo, affiancare il lavoro di Dio ! Ma nella coscienza che è Lui il protagonista e noi siamo collaboratori umili, nella fiducia che Lui prepara un futuro carico di frutti… Al cristiano deve interessare seminare, non sempre raccogliere. 


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preghiera nella domenica  11°  sul Vangelo 

 

Lo confesso, Gesù, anch’io sono colpito dall’esibizione della forza, del potere, che evidenziano il plauso, il successo acquisito da una persona. E questo mi pare talmente bello da farmi ritenere che sia questo il percorso che ci condurrà al regno di Dio. 

No, il disegno di Dio seguirà uno strano percorso. Non avrà bisogno di un solido dispiegamento di mezzi, non farà ricorso alle maniere forti. Si affermerà a partire da inizi modesti, nella mitezza e nella semplicità che accettano anche la croce, la sofferenza ingiusta a cui si va incontro pur di rimanere fedeli a Dio. E, paradossalmente, dal sangue dei martiri fiorirà una nuova primavera, attraverso la testimonianza di gente debole ed inerme, che non conta agli occhi del mondo.




 

 

sabato 5 giugno 2021

 6 GIUGNO 2021

CORPUS DOMINI – B


Prima Lettura - Dal libro dell'Esodo- Es 24,3-8

 

In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!».
Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore. Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà sull'altare. Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

 

Salmo Responsoriale - Dal Sal 115 (116)

 

R. Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.

 

Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. R.

 

Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene. R.

 

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo. R.

 

Seconda Lettura - .Dalla lettera agli Ebrei - Eb 9,11-15

Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d'uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo - il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?
Per questo egli è mediatore di un'alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che era stata promessa.

Vangelo - Dal Vangelo secondo Marco - Mc 14,12-16.22-26


 

Il primo giorno degli àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?". Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

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Omelia 2021

 

Spesso, quando  celebro la Messa, ho bisogno di fare un atto di fede! (e ne abbiamo bisogno tutti…),  con alcune domande che mi vengono in mente e che potrebbero essere le vostre…

Sto facendo un atto ripetitivo, il solito? Con quale stato d’animo celebro e partecipo all’Eucarestia? Come superare l’impressione che sia solo un fatto formale e comandato che io eseguo, come mi viene richiesto? Sono proprio convinto che l’Eucarestia sia il passaggio nella mia esistenza e nella comunità cristiana del Signore Risorto che visita la mia e la nostra vita, che ci dona di nuovo se stesso nel segno del pane vivo, disceso dal cielo? E di questo pane io devo nutrirmi? Posso fare a meno dell’Eucarestia… e decido io quale strada prendere per incontrare il Signore, se ancora resta in me questo desiderio?

La mia risposta, (e anche la vostra, credo..) è un nuovo coraggio per  un’adesione e spero anche convinta (e mai scontata) a questo  dono del Signore.  E’ il massimo dei doni che Lui vuole ancora offrirci.


Prima di tutto il VangeloRitorna alla nostra memoria gesto di Gesù in quel Giovedì santo. Gesù celebra la festa della Pasqua, secondo il rito ebraico ma introduce una novità assoluta, non prevista.  

Il suo gesto sul pane e sul vino, le parole di commento, tutto indica la vita di Gesù come una vita donata. Il gesto eucaristico esprime la tensione interiore che ha guidato la sua esistenza fin dall'inizio. Gesù si è offerto, nell’amore, in un clima di tradimento (Giuda) e di abbandono (il rinnegamento di Pietro e l'abbandono dei discepoli). Ora questo pane  è la vita stessa di Gesù donata a me, a noi,  in questo momento. Mangiando di questo pane, io accolgo Gesù in me, mangio e cioè faccio miei i suoi pensieri, il suo stile di vita, la sua volontà di donarsi, il suo perdono e quello dato agli altri, l’impegno di vivere nella famiglia e nella comunità il mio compito di servizio.  E l’ Eucarestia mi impegna! “S.Paolo: “Poiché mangiamo lo stesso pane, formiamo tutti lo stesso corpo, la chiesa”. La chiesa si costruisce e si forma con l’ Eucarestia… non viene da un accordo di persone, da un progetto condiviso ma creato solo da noi, dalla sola nostra buona volontà…


Nel documento “Il sacramento della carità” (testo proposto dopo il Sinodo dei vescovi sull’Eucarestia- 2007) si dice: “Il Signore Gesù, Pane di vita eterna, ci sprona e ci rende attenti alle situazioni di indigenza in cui versa ancora gran parte dell'umanità: sono situazioni la cui causa implica spesso una chiara ed inquietante responsabilità degli uomini. Infatti, « sulla base di dati statistici disponibili si può affermare che meno della metà delle immense somme globalmente destinate agli armamenti sarebbe più che sufficiente per togliere stabilmente dall'indigenza lo sterminato esercito dei poveri. La coscienza umana ne è interpellata. Alle popolazioni che vivono sotto la soglia della povertà, più a causa di situazioni dipendenti dai rapporti internazionali politici, commerciali e culturali, che non a motivo di circostanze incontrollabili, il nostro comune impegno nella verità può e deve dare nuova speranza ».

 

Quindi fare la comunione non è un pio atto religioso di devozione  che si consuma in quel momento e basta! E’, invece,  un gesto di grande impegno e responsabilità, perché le mie scelte siano vissute nella fedeltà al Vangelo… Dovremmo poter dire anche noi, come il popolo del Signore davanti a Mosè, nella Prima alleanza dei dieci comandamenti:  «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
E senza la Messa, l’obbedienza alla Parola di Dio diventerebbe più difficile e più complicata…sarei come abbandonato a me stesso, contando solo sulle mie forze, pensando di arrangiarmi da solo. Per questo il pane eucaristico, nella tradizione della chiesa, è chiamato, il pane dei forti o il pane del cammino! 

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Dal blog: “La parola cresceva”

 

Un affresco famoso dell’ultima cena si ritrova nella Cappella degli Scrovegni a Padova, cappella fatta costruire da Enrico Scrovegni, figlio di quel Rinaldo che Dante colloca nel girone infernale degli usurai. A scopo di ‘salvarsi l’anima’ e di non esporsi a quel destino che Dante aveva indicato per il padre, Enrico chiamò i più grandi artisti di quell’inizio del secolo XIV, Giotto per la pittura e Giovanni Pisano per la scultura, ad adornare una cappella che aveva fatto erigere.

 

Giotto affresca l’ultima cena in una posizione particolare nel quadro del programma iconografico che struttura la cappella. La colloca infatti nel primo riquadro in basso sulla parete destra, in una posizione vicina all’altare dove veniva celebrata la Messa. Ma era anche una posizione particolare perché si apriva allo sguardo di chi entrava passando per la piccola porta di accesso situata sulla parete sinistra proprio di fronte.

Gesù e i dodici sono presentati raccolti all’interno di un ambiente incorniciato da una architettura che fa intravedere l’esterno, il cielo blu e attraverso le finestre fa giungere un chiarore che pervade tuta la stanza del cenacolo. Ancora il momento della cena fissato nell’immagine è quello in cui Gesù dice “colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradità” (Mt 26,23; Mc 14,17-20). Giuda è rappresentato di spalle vestito di giallo mentre Giovanni è reclinato sul petto di Gesù con gli occhi chiusi.


Accanto a Giovanni c’è Pietro, poi un discepolo con il manto azzurro e accanto a lui un altro discepolo con la barba, forse Giacomo il minore, ‘il fratello di Gesù’, raffigurato come a lui somigliante nel profilo del volto.

Giuda nel ciclo giottesco ha un ruolo non indifferente e viene raffigurato con il mantello color giallo che lo caratterizza nel segno del colore dell’inganno e del tradimento. L’importanza dei colori e il loro simbolismo è un elemento di grande importanza in tutta l’arte medioevale. Anche in altri riquadri come ad esempio al momento dell’incontro con i sacerdoti e nella notte all’orto degli ulivi nel gesto del bacio Giuda è riconoscibile per il mantello giallo (mantello del medesimo colore è indossato da Pietro al momento della lavanda dei piedi, forse un indicazione del suo tradimento che si attua come rinnegamento di Gesù al momento della passione). Giuda e Pietro accostati e posti in parallelo, a sottolineare che non c’è capacità umana di salvezza ma la salvezza può provenire solamente dall’accoglienza del dono gratuito di misericordia di Gesù stesso.

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6 GIUGNO  2021  Solennità del CORPO E 

DEL SANGUE DEL SIGNORE

 

 

 

AVVISI

Un grazie sentito da parte dei volontari del carcere di Montorio per l’offerta a favore dei carcerati della scorsa  domenica: importo di € 570, 00

 

 

Al Frassino, dopo la Messa delle ore 16.00 di domenica 6 giugno, si terrà la processione con il SS. nel piazzale della chiesa. Vi invito a partecipare a questo momento di preghiera…

 

  VENERDI 11 GIUGNO  è la SOLENNITA’ del SACRATISSIMO CUORE DI GESU’. 

(Messa ore 8.00) 

 

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Mercoledì 9 giugno alle 20.30 in salone: incontro con tutte le catechiste (i) per un bilancio annuale della catechesi e prospettive future. 

 

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  preghiera nel  “Corpus Domini”  

 

Di domenica in domenica, Gesù, tu ci chiami alla tua mensa. 

Ci doni la tua Parola perché sia luce sui nostri passi, bussola che orienta il cammino, lampada che rischiara le profondità e gli anfratti oscuri dell’anima. Ci doni la tua Parola perché possiamo decifrare insieme la nostra esistenza, ma anche questa storia a cui apparteniamo.

Di domenica in domenica, Gesù, tu spezzi per noi quel pane che è il tuo Corpo: corpo offerto per la vita del mondo, corpo sacrificato sull'altare della croce, corpo spezzato perché ognuno possa entrare in comunione con te. Di domenica in domenica, Gesù, tu ci fai partecipare allo stesso calice, ci fai bere il tuo Sangue, per suggellare con noi un’alleanza nuova ed eterna che nulla potrà più spezzare. È per la tua morte e risurrezione che noi siamo trasformati, trasfigurati nel corpo e nell’ anima per diventare i cittadini di un mondo nuovo.