sabato 17 gennaio 2015

omelia 18 gennaio

Samuele, quando risponde alla voce che lo chiama e si alza prontamente da letto, non pensa di rispondere a Dio ma ad un uomo, al sacerdote Eli. Il testo dice che questo accade per tre volte, ossia, secondo il linguaggio biblico, molto spesso. Così possiamo dare uno sguardo alla vita normale Samuele. Di solito egli trattava con grande rispetto  il sacerdote e lo serviva con generosità. Il giovane mostra una disponibilità rara per la sua età. Dal momento che risulta essere attento al prossimo, mostra di avere un cuore pronto e adatto a rispondere anche a Dio. Vale a dire, se noi non curiamo bene le nostre relazioni quotidiane con le persone con le quali viviamo insieme e con quelle che incontriamo, allora costruiamo dentro di noi un cuore che non comunica bene ma gracchia come i vecchi apparecchi radiofonici, e non possiamo entrare in piena sintonia con Dio. Non saremo sintonizzati con lui. Dio gradisce la nostra generosità e quando la può riscontrare, allora si comunicano in modo ancora più forte e più intimo. È bello il versetto: il Signore stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò per due volte. È quello che il Signore vuole fare con ognuno di noi, stare accanto a noi e chiamarci.
Sarà vero che mi chiama? Come posso ascoltarlo? Purifica il tuo cuore e lo sentirai distintamente vicino a te. Come posso purificare il mio cuore? Non dire e non fare meglio che possa recare tristezza nel tuo fratello e allora avrà un cuore puro.


Un ragionamento analogo San Paolo lo svolge alla comunità di Corinto. Interviene per correggere i cristiani che, influenzati male dall'andazzo circostante, frequentavano le prostitute e cercavano di giustificare il loro comportamento. Gli antichi greci avevano l'abitudine di dire: le prostitute servono per il piacere, le concubine per le cure di ogni giorno, le spose per avere una discendenza legittima e una custode del focolare.
Facendo questi bei scorsi, i maschi mettevano al centro se stessi e le donne erano soltanto uno strumento per le loro necessità, ma prive di vera dignità umana. San Paolo vuole modificare questo tipo di relazioni. Prende a modello Gesù: egli si è preso cura di noi, ha voluto che fossimo suoi e ci ha comprati a caro prezzo. Il Signore è per il corpo. Lo dimostra il fatto che ci renderà partecipi della sua resurrezione. Gesù non ha pensato a se stesso, al suo vantaggio, al suo capriccio e al suo piacere. Si è posto al servizio della persona umana. La stessa cosa dobbiamo fare anche noi. Questo invito è sottinteso soprattutto nel richiamo finale: glorificate Dio nel vostro corpo. Il corpo significa le nostre relazioni umane. Glorificare nel corpo, significa rapportarsi tra noi in quel modo in cui il Signore ha agito, secondo il suo modello. Le norme che riguardano la castità fanno parte delle regole dell'amore, della carità. Non sono regole che hanno a che fare soltanto con il nostro fisico, come fossero delle norme igieniche o alimentari ma sono connesse alle nostre relazioni.

Lo stesso vale anche per quanto riguarda la libertà di espressione della quale si dice sul modo in questi giorni. I corinzi diceva: tutto mi è lecito. San Paolo rispondeva: ma non tutto mi giova. Vale a dire non cercare di imporre una libertà distruttiva. Non vale soltanto il tuo diritto; vale soprattutto ciò che costruisco nelle relazioni con gli altri. Se vedi che l'altro non si sente rispettato e amato da te, anzi si sente ferito, rinuncia al tuo diritto almeno in qualche misura. Al di fuori di una relazione corretta e costruttiva, la difesa ad oltranza del proprio diritto si trasforma in una conflittualità senza fine.
Alla fine resterai solo, tutto orgoglioso dei tuoi diritti, ma totalmente immerso nel tuo vuoto, come se tu fossi in un deserto.


padre Vincenzo Bonato, Camaldolese

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