sabato 17 gennaio 2015

18 gennaio 2015

2a domenica del tempo ordinario
+ Dal Vangelo secondo Giovanni


In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
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Questa domenica 18 gennaio: “GIORNATA MONDIALE
DEL MIGRANTE e DEL RIFUGIATO”.
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MONDIALE
DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO 2015 - “Chiesa senza frontiere, Madre di tutti”

Cari fratelli e sorelle!
Gesù è «l’evangelizzatore per eccellenza e il Vangelo in persona» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 209). La sua sollecitudine, particolarmente verso i più vulnerabili ed emarginati, invita tutti a prendersi cura delle persone più fragili e a riconoscere il suo volto sofferente, soprattutto nelle vittime delle nuove forme di povertà e di schiavitù. Il Signore dice: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt 25,35-36). Missione della Chiesa, pellegrina sulla terra e madre di tutti, è perciò di amare Gesù Cristo, adorarlo e amarlo, particolarmente nei più poveri e abbandonati; tra di essi rientrano certamente i migranti ed i rifugiati, i quali cercano di lasciarsi alle spalle dure condizioni di vita e pericoli di ogni sorta. Pertanto, quest’anno la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato ha per tema: Chiesa senza frontiere, madre di tutti.
In effetti, la Chiesa allarga le sue braccia per accogliere tutti i popoli, senza distinzioni e senza confini e per annunciare a tutti che «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16). Dopo la sua morte e risurrezione, Gesù ha affidato ai discepoli la missione di essere suoi testimoni e di proclamare il Vangelo della gioia e della misericordia. Nel giorno di Pentecoste, con coraggio ed entusiasmo, essi sono usciti dal Cenacolo; la forza dello Spirito Santo ha prevalso su dubbi e incertezze e ha fatto sì che ciascuno comprendesse il loro annuncio nella propria lingua; così fin dall’inizio la Chiesa è madre dal cuore aperto sul mondo intero, senza frontiere. Quel mandato copre ormai due millenni di storia, ma già dai primi secoli l’annuncio missionario ha messo in luce la maternità universale della Chiesa, sviluppata poi negli scritti dei Padri e ripresa dal Concilio Ecumenico Vaticano II. I Padri conciliari hanno parlato di Ecclesia mater per spiegarne la natura. Essa infatti genera figli e figlie e «li incorpora e li avvolge con il proprio amore e con le proprie cure» (Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 14).
La Chiesa senza frontiere, madre di tutti, diffonde nel mondo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, secondo la quale nessuno va considerato inutile, fuori posto o da scartare. Se vive effettivamente la sua maternità, la comunità cristiana nutre, orienta e indica la strada, accompagna con pazienza, si fa vicina nella preghiera e nelle opere di misericordia.
Oggi tutto questo assume un significato particolare. Infatti, in un’epoca di così vaste migrazioni, un gran numero di persone lascia i luoghi d’origine e intraprende il rischioso viaggio della speranza con un bagaglio pieno di desideri e di paure, alla ricerca di condizioni di vita più umane. Non di rado, però, questi movimenti migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso.
Da una parte si avverte nel sacrario della coscienza la chiamata a toccare la miseria umana e a mettere in pratica il comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato quando si è identificato con lo straniero, con chi soffre, con tutte le vittime innocenti di violenze e sfruttamento. Dall’altra, però, a causa della debolezza della nostra natura, «sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 270).
Il coraggio della fede, della speranza e della carità permette di ridurre le distanze che separano dai drammi umani. Gesù Cristo è sempre in attesa di essere riconosciuto nei migranti e nei rifugiati, nei profughi e negli esuli, e anche in questo modo ci chiama a condividere le risorse, talvolta a rinunciare a qualcosa del nostro acquisito benessere. Lo ricordava il Papa Paolo VI, dicendo che «i più favoriti devono rinunciare ad alcuni dei loro diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri» (Lett. ap. Octogesima adveniens, 14 maggio 1971, 23).
Del resto, il carattere multiculturale delle società odierne incoraggia la Chiesa ad assumersi nuovi impegni di solidarietà, di comunione e di evangelizzazione. I movimenti migratori, infatti, sollecitano ad approfondire e a rafforzare i valori necessari a garantire la convivenza armonica tra persone e culture. A tal fine non può bastare la semplice tolleranza, che apre la strada al rispetto delle diversità e avvia percorsi di condivisione tra persone di origini e culture differenti. Qui si innesta la vocazione della Chiesa a superare le frontiere e a favorire «il passaggio da un atteggiamento di difesa e di paura, di disinteresse o di emarginazione ... ad un atteggiamento che abbia alla base la ‘cultura dell’incontro’, l’unica capace di costruire un mondo più giusto e fraterno» (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014).
I movimenti migratori hanno tuttavia assunto tali dimensioni che solo una sistematica e fattiva collaborazione che coinvolga gli Stati e le Organizzazioni internazionali può essere in grado di regolarli efficacemente e di gestirli. In effetti, le migrazioni interpellano tutti, non solo a causa dell’entità del fenomeno, ma anche «per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che sollevano, per le sfide drammatiche che pongono alle comunità nazionali e a quella internazionale» (Benedetto XVI, Lett. Enc. Caritas in veritate, 29 giugno 2009, 62).
Nell’agenda internazionale trovano posto frequenti dibattiti sull’opportunità, sui metodi e sulle normative per affrontare il fenomeno delle migrazioni. Vi sono organismi e istituzioni, a livello internazionale, nazionale e locale, che mettono il loro lavoro e le loro energie al servizio di quanti cercano con l’emigrazione una vita migliore. Nonostante i loro generosi e lodevoli sforzi, è necessaria un’azione più incisiva ed efficace, che si avvalga di una rete universale di collaborazione, fondata sulla tutela della dignità e della centralità di ogni persona umana. In tal modo, sarà più incisiva la lotta contro il vergognoso e criminale traffico di esseri umani, contro la violazione dei diritti fondamentali, contro tutte le forme di violenza, di sopraffazione e di riduzione in schiavitù. Lavorare insieme, però, richiede reciprocità e sinergia, con disponibilità e fiducia, ben sapendo che «nessun Paese può affrontare da solo le difficoltà connesse a questo fenomeno, che è così ampio da interessare ormai tutti i Continenti nel duplice movimento di immigrazione e di emigrazione» (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014).
Alla globalizzazione del fenomeno migratorio occorre rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione, in modo da umanizzare le condizioni dei migranti. Nel medesimo tempo, occorre intensificare gli sforzi per creare le condizioni atte a garantire una progressiva diminuzione delle ragioni che spingono interi popoli a lasciare la loro terra natale a motivo di guerre e carestie, spesso l’una causa delle altre.
Alla solidarietà verso i migranti ed i rifugiati occorre unire il coraggio e la creatività necessarie a sviluppare a livello mondiale un ordine economico-finanziario più giusto ed equo insieme ad un accresciuto impegno in favore della pace, condizione indispensabile di ogni autentico progresso.
Cari migranti e rifugiati! Voi avete un posto speciale nel cuore della Chiesa e la aiutate ad allargare le dimensioni del suo cuore per manifestare la sua maternità verso l’intera famiglia umana. Non perdete la vostra fiducia e la vostra speranza! Pensiamo alla santa Famiglia esule in Egitto: come nel cuore materno della Vergine Maria e in quello premuroso di san Giuseppe si è conservata la fiducia che Dio mai abbandona, così in voi non manchi la medesima fiducia nel Signore. Vi affido alla loro protezione e a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 3 settembre 2014

FRANCESCO 
18-25 gennaio: SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’
DEI CRISTIANI sul tema:
“Dammi da bere”
Oggi, dopo la S.Messa, ci troviamo nel salone per un saluto e la breve presentazione del libro sulla “Lettera ai Romani” di p. Vincenzo. 
Questa domenica 18: incontro formativo per adulti e gruppo famiglie al Mericianum di Desenzano
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Lunedì  prossimo, 19 gennaio, alle ore 20.30.  celebriamo la festa liturgica del nostro Patrono il “BEATO ANDREA DA PESCHIERA”.


Sono  stati invitati alla Concelebrazione i acerdoti che hanno svolto in parrocchia il loro servizio come parroci o aiuto- parroci …..
Un caldo invito ad essere presenti per onorare il nostro patrono Beato Andrea e invocarlo per la nostra comunità parrocchiale nel 40° anniversario dlla sua costituzione…
Dopo la Messa, un saluto in salone. Sono graditi i dolci e bibite …
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Giovedì 22 – ore 20.30- in sala pparrocchiale: incontro per i ministri dell’Eucarestia in preparazione alla SETTIMANA EUCARISTICA
Sabato 24 gennaio - ore 20.30: 3° incontro di preparazione al matrimonio sacramento

Catechismo

22 gennaio ore 9.30.: 1a media
24 gennaio: ore 11.00: 3a e 5a elementare

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preghiera
È bello, Gesù, scorgere le tappe che conducono all'incontro con te, rivivere i passaggi, le esperienze che mi hanno portato alla fede. Tutto comincia con una testimonianza, quella resa dal Battista, quella che anch'io ho ricevuto da coloro che mi hanno introdotto nella comunità.
Ma poi è decisivo il desiderio che si accende nel cuore: desiderio che si esprime in una ricerca, in un interrogativo che abita il cuore e fa muovere i passi sulle tue orme, Gesù. Grazie, dunque, per i testimoni in cui mi sono imbattuto, ma grazie anche per tutti quelli che hanno avuto la pazienzadi raccogliere le mie domande, di ascoltare le mie richieste, di rispondere ai miei dubbi. Certo, per incontrarti veramente non basta un contatto fugace, un solo attimo travolgente: dimorare con te, restare a lungo ad ascoltarti mi aiuta a porre le basi di una relazione solida. Solo così tu puoi trasformare la mia mente e il mio cuore.

omelia 18 gennaio

Samuele, quando risponde alla voce che lo chiama e si alza prontamente da letto, non pensa di rispondere a Dio ma ad un uomo, al sacerdote Eli. Il testo dice che questo accade per tre volte, ossia, secondo il linguaggio biblico, molto spesso. Così possiamo dare uno sguardo alla vita normale Samuele. Di solito egli trattava con grande rispetto  il sacerdote e lo serviva con generosità. Il giovane mostra una disponibilità rara per la sua età. Dal momento che risulta essere attento al prossimo, mostra di avere un cuore pronto e adatto a rispondere anche a Dio. Vale a dire, se noi non curiamo bene le nostre relazioni quotidiane con le persone con le quali viviamo insieme e con quelle che incontriamo, allora costruiamo dentro di noi un cuore che non comunica bene ma gracchia come i vecchi apparecchi radiofonici, e non possiamo entrare in piena sintonia con Dio. Non saremo sintonizzati con lui. Dio gradisce la nostra generosità e quando la può riscontrare, allora si comunicano in modo ancora più forte e più intimo. È bello il versetto: il Signore stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò per due volte. È quello che il Signore vuole fare con ognuno di noi, stare accanto a noi e chiamarci.
Sarà vero che mi chiama? Come posso ascoltarlo? Purifica il tuo cuore e lo sentirai distintamente vicino a te. Come posso purificare il mio cuore? Non dire e non fare meglio che possa recare tristezza nel tuo fratello e allora avrà un cuore puro.


Un ragionamento analogo San Paolo lo svolge alla comunità di Corinto. Interviene per correggere i cristiani che, influenzati male dall'andazzo circostante, frequentavano le prostitute e cercavano di giustificare il loro comportamento. Gli antichi greci avevano l'abitudine di dire: le prostitute servono per il piacere, le concubine per le cure di ogni giorno, le spose per avere una discendenza legittima e una custode del focolare.
Facendo questi bei scorsi, i maschi mettevano al centro se stessi e le donne erano soltanto uno strumento per le loro necessità, ma prive di vera dignità umana. San Paolo vuole modificare questo tipo di relazioni. Prende a modello Gesù: egli si è preso cura di noi, ha voluto che fossimo suoi e ci ha comprati a caro prezzo. Il Signore è per il corpo. Lo dimostra il fatto che ci renderà partecipi della sua resurrezione. Gesù non ha pensato a se stesso, al suo vantaggio, al suo capriccio e al suo piacere. Si è posto al servizio della persona umana. La stessa cosa dobbiamo fare anche noi. Questo invito è sottinteso soprattutto nel richiamo finale: glorificate Dio nel vostro corpo. Il corpo significa le nostre relazioni umane. Glorificare nel corpo, significa rapportarsi tra noi in quel modo in cui il Signore ha agito, secondo il suo modello. Le norme che riguardano la castità fanno parte delle regole dell'amore, della carità. Non sono regole che hanno a che fare soltanto con il nostro fisico, come fossero delle norme igieniche o alimentari ma sono connesse alle nostre relazioni.

Lo stesso vale anche per quanto riguarda la libertà di espressione della quale si dice sul modo in questi giorni. I corinzi diceva: tutto mi è lecito. San Paolo rispondeva: ma non tutto mi giova. Vale a dire non cercare di imporre una libertà distruttiva. Non vale soltanto il tuo diritto; vale soprattutto ciò che costruisco nelle relazioni con gli altri. Se vedi che l'altro non si sente rispettato e amato da te, anzi si sente ferito, rinuncia al tuo diritto almeno in qualche misura. Al di fuori di una relazione corretta e costruttiva, la difesa ad oltranza del proprio diritto si trasforma in una conflittualità senza fine.
Alla fine resterai solo, tutto orgoglioso dei tuoi diritti, ma totalmente immerso nel tuo vuoto, come se tu fossi in un deserto.


padre Vincenzo Bonato, Camaldolese