mercoledì 7 dicembre 2011

vangelo marco 1-9

Il battesimo e le tentazioni

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. Mar 1,9 E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. Mar 1,10 E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Mar 1,11
A differenza delle folle, Gesù non confessa peccati ma esercita una comunione profonda con gli uomini che ricevono il battesimo per pentirsi.
Lo squarciarsi dei cieli indica una manifestazione divina, e Dio Padre si rivela proprio in questo sconosciuto. La rivelazione è per lui, non è una manifestazione pubblica (vide... Tu sei...). Gesù non diventa figlio di Dio al battesimo ma lo è già da sempre. Dio si è già rallegrato in lui. È il Figlio amato, unico: espressione di una relazione unica, privilegiata. Forse appare una contestazione contro l’ideologia imperiale che accreditava gli imperatori come figli di Dio. 
Il significato dell'immagine della colomba: lo Spirito viene dal cielo, da Dio.

E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto Mar 1,12 e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Mar 1,13
Gesù, nuovo Adamo, subisce la tentazione ma non cede ad essa. 
In lui comincia un’epoca nuova in un universo riconciliato, nel quale le bestie selvagge vivono pacificamente con l'uomo e gli angeli sono a servizio. 
I quarant'anni anni evocano il cammino d’Israele nel deserto: Gesù è il nuovo capo di un popolo redento. 



Una giornata tipo

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, Mar 1,14 e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Mar 1,15
Marco presenta la sintesi della predicazione di Gesù: il regno di Dio. Esso è sempre imminente anche per noi. Il regno è iniziato ma rimane sempre una realtà da accogliere. Convertitevi: Dobbiamo credere a Gesù e pentirci; non siamo mai abbastanza in sintonia con il dono (regno) di Dio.

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Mar 1,16 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». Mar 1,17 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. Mar 1,18 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Mar 1,19 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Gesù passa mentre Simone e gli altri stanno lavorando. La chiamata non presuppone condizioni particolari in colui che la riceve; essa è gratuita e i discepoli non sono mai all’altezza del compito ricevuto. Essi devono soltanto seguire Gesù. Non aderiscono ad un programma concordato, non convergono con Gesù su dei princìpi condivisi. 
Farò di voi... C’è un rinvio al futuro.  Sarà lui a crearli discepoli. Ci vuole tempo. Non è ancora giunta l’ora della missione; intanto devono seguire il maestro ed imparare dalla condivisione di vita con lui.

Mar 1,20 Giunsero a Cafàrnao e subito Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. Mar 1,21 Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Mar 1,22
Gesù ha autorità; per questo si scontrerà con altre autorità. Egli, però, è ben diverso dagli scribi, perché la sua parola è autorevole, cioé efficace. Il suo parlare crea vita. Lo dimostra il seguito del racconto. Gesù è parola potente e del tutto nuova che libera da ogni male e, perciò, comunica una vita piena. 

Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, Mar 1,23 dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Mar 1,24 E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». Mar 1,25 E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Mar 1,26 Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». Mar 1,27 La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea. Mar 1,28
Nella sinagoga sono annidate forze sataniche e perciò avviene uno scontro inevitabile tra Gesù e Satana. L’uomo non chiede la guarigione ma Gesù lo guarisce spontaneamente. Lo spirito scuote l’uomo posseduto manifestando che agisce sempre per far soffrire. La forza salvatrice di Gesù, invece, suscita stupore. In lui è presente una energia di salvezza irresistibile. 

La possessione diabolica è una delle esperienze che vanno affrontate da più angolature. Di essa, in particolare, si sono interessate l'azione pastorale della Chiesa e, da un secolo a questa parte, pure le scienze umane, soprattutto la psicologia.
La possessione diabolica o demoniaca è il fenomeno per cui, in determinate culture e religioni, si ritiene che un organismo o uno spirito estraneo, definito come diavolo o, nella maggior parte dei casi, come demone possa prendere possesso del corpo di una persona vivente, legarsi alla sua anima e torturarla mentre è ancora in vita. La persona in questione viene definita indiavolata o indemoniata.
Il fenomeno della possessione affonda le sue radici nei testi sacri: nel Nuovo Testamento, ad esempio, vengono riportati degli episodi in cui Gesù Cristo affronta e libera alcuni indemoniati. Nella religione cattolica si assume l'idea che una persona sia indemoniata quando:
dimostra una forza fisica molto superiore alla sua normale capacità; parla lingue a lei sconosciute
dimostra avversione al sacro;
passa da osservante della religione all'astensione totale;
prevede eventi non ancora accaduti, o conosce cose che non dovrebbe conoscere.
Devono in ogni caso coesistere molti sintomi. Il maligno può impossessarsi di qualcuno attraverso tre vie principali: ferite emotive, peccato, attività occulte.
La possessione viene debellata negli ambienti religiosi mediante la pratica dell'esorcismo. A giudizio degli esorcisti, sono quattro le cause per cui una persona può cadere nella possessione diabolica o in disturbi di origine malefica.
Può trattarsi di semplice permissione di Dio, allo scopo di dare alla persona un'occasione di purificazione e di meriti. L'hanno subita santi come Angela da Foligno, Gemma Galgani.
La causa può essere data da un maleficio che si subisce: fattura, maledizione, malocchio. Si espone al rischio di influenze malefiche o di possessione chi si rivolge a maghi, cartomanti, stregoni; chi partecipa a sedute spiritiche o a sette sataniche; chi si dedica all'occultismo e alla negromanzia. Si può cadere in malefici per il persistere di colpe gravi e multiple. Don Gabriele Amorth, prete esorcista della diocesi di Roma, ha avuto casi di giovani dediti alla droga o colpevoli di delitti e perversioni sessuali.

Ma su quali sintomi ci si basa per procedere a un esorcismo?
L'esorcista prende in considerazione anche le cartelle cliniche. Il sintomo più significativo è l'avversione al sacro, che si manifesta in tante forme:
ripugnanza alla preghiera e per tutto ciò che è benedetto, anche senza sapere che lo è;
reazioni violente e furiose in persona che di natura  è tutt' altro, con bestemmie ed aggressioni;
sintomo culminante: reazioni furiose della persona  se si prega su di lei o la si benedice.
A seconda della religione, l'esorcismo è praticato da un sacerdote o da un esponente o ministro della religione stessa, il quale, tramite una serie di scongiuri e preghiere, dovrebbe far sì che l'entità che tormenta la persona posseduta abbandoni il corpo della stessa. Il rituale può durare un tempo indeterminato, da alcuni giorni ad alcuni mesi o, in casi particolarissimi, anni.
L'attività di satana: L'opera del demonio si manifesta nelle seguenti gradazioni, in ordine crescente: tentazione, oppressione, vessazione, possessione diabolica. Queste attività possono avere vari gradi:

Possessione di primo grado: Talvolta, misteriosamente, il demonio può invadere la psiche di un essere umano, prendendo il controllo del suo corpo e della sua intenzionalità.
Il fenomeno dura finché non è annullato dall'esorcismo. In questo grado di possessione il demonio è latente, si limita ad alterare gli atteggiamenti del posseduto, le sue reazioni al sacro, gli istilla sentimenti di disperazione e depressione.
Possessione di secondo grado: Questa possessione è più evidente: cambiamenti di voce, fenomeni preternaturali quali la glossolalia, la levitazione, la pirocinesi (potere di incendiare gli oggetti: a distanza). In genere per 'possessione diabolica' si intende questa situazione intermedia.
Possessione di terzo grado: A questo grado, lo spirito maligno ha preso un dominio tale della persona da alterare orribilmente persino i suoi tratti somatici (che divengono veramente raccapriccianti).
Il punto di vista religioso: In tempi recenti la credenza nella possessione si è indebolita anche da parte degli stessi ambienti ecclesiastici, poiché è stato scoperto come molti presunti casi di 'indemoniati' debbano in realtà essere messi in relazione con malattie mentali, come la schizofrenia e alcune forme di psicosi. D'altra parte molte persone che richiedono aiuto agli esorcisti vengono da essi stessi riconosciute come bisognose non di cure spirituali, ma psichiche (vedi il libro di padre Gabriele Amorth, Confessioni di un Esorcista).
      Padre Gabriele Amorth afferma che una persona che pensi di essere posseduta, con ogni probabilità non è vittima del demonio ma di disturbi psichici, in quanto satana avrebbe anzitutto cura di nascondersi.
Il punto di vista scientifico: È parere quasi comune che durante le presunte possessioni demoniache che sono state esaminate, nessuno scienziato o medico ha rilevato attività paranormali, mentre è sempre stato accertato che si trattava di malattie psichiatriche. Ciò, tuttavia, non esaurisce tutti i fenomeni. È importante notare che, nei casi di malattie mentali, il fenomeno si esprime secondo le regole della propria cultura, perciò si ritiene che l'interpretazione di esso come possessione sia solo la conseguenza della credenza religiosa.
Il fenomeno della possessione si ha quando l'entità disturbante prende totalmente il controllo dell'individuo, sostituendosi a lui nella mente e nel corpo. In tal caso, l'entità annulla la volontà dell'individuo e il corpo di questi diventa una sorta di burattino soggiogato dalla volontà dell'entità. In queste condizioni l'entità può far compiere al corpo del posseduto atti e azioni le quali, in circostanze normali, sarebbero impossibili: contorsioni muscolo-scheletriche estreme, manifestazione di conoscenze di lingue straniere o antichissime del quale il soggetto ignora l'esistenza, personalità multiple, forza sovraumana, telepatia, chiaroveggenza, telecinesi, psicocinesi, rigurgito di fluidi vitali (sangue) o di corpi estranei all'organismo (chiodi, pezzi di vetro, pezzi di metallo arrugginito, capelli, peli animali o umani, ecc).
Oggi, grazie soprattutto allo studio delle malattie mentali condotto con criteri scientifici, i casi di possessione sono molto più rari. Ci sono però alcune patologie molto vicine e collegate alla possessione. La prima è la schizofrenia. Il termine comprende attualmente un numero vario di sottotipi di disordini mentali, ognuno dei quali caratterizzato da sintomi e prognosi ben definiti e distinti. In generale, si tratta di un disordine psicotico che altera profondamente il comportamento e la cognizione, in particolar modo la modalità in cui prende forma il pensiero. In genere per tutti questi fenomeni esiste una spiegazione scientifica e razionale; tuttavia, ci sono dei casi davanti ai qualila scienza ufficiale si è dovuta fermare e farsi da parte. In questi casi, alla scienza è subentrata la religione che, nel corso degli anni, ha messo a punto un rituale specifico atto a scacciare i demoni che posseggono e controllano la persona. Questo rituale è conosciuto in tutte le religioni esistenti con il nome di esorcismo. Di fronte al fenomeno della possessione diabolica occorre perciò procedere con molta oculatezza e discernimento. Da parte dell'approccio scientifico e di quello religioso serve non preclusione, ma inclusione. Una collaborazione oculata consente un miglior servizio per le persone afflitte da tali sofferenze.

G.  Sovernigo da “Servizio della Parola”  434 (gennaio febbraio 2012) 

E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. Mar 1,29 La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Mar 1,30 Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Mar 1,31 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Mar 1,32 Tutta la città era riunita davanti alla porta. Mar 1,33 Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Mar 1,34
Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Mar 1,35 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Mar 1,36 Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Mar 1,37 . Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». Mar 1,38 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni. Mar 1,39
Gesù guarisce ma non è un semplice guaritore. Nella preghiera mattutina ritrova il Padre e riafferma se stesso come suo inviato. I discepoli, mettendosi ad inseguirlo con accanimento, vogliono che Gesù accondiscenda al desiderio della gente, ma Egli non li soddisfa e riprende il motivo della sua missione, che è quella predicare il Vangelo di Dio. Gesù fa quello che sa essere più utile e importante, non ciò che noi riteniamo più necessario.



Venne da lui un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Mar 1,40 Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». Mar 1,41 E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. Mar 1,42 E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito Mar 1,43 e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Mar 1,44 Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. Mar 1,45

Il lebbroso sembra voler affidarsi in tutto a Gesù ma alla fine disobbedisce al Maestro. Cerca una forza onnipotente, magica, un taumaturgo non un Maestro di vita. Non esiste soltanto un contrasto tra discepoli e oppositori di Gesù, perché anche nelle persone favorevoli a Lui (come il lebbroso) ci sono forti elementi di resistenza. Dopo averlo guarito, Gesù lo rimanda “verso gli altri perché ridiventi un vivente tra i viventi” e verso Dio, nella persona dei sacerdoti. Il lebbroso disobbedisce e diventa un divulgatore di se stesso e della sua esperienza, non certo del Vangelo (si mise a proclamare e a divulgare il fatto...). Egli obbliga Gesù a difendersi dalla sua improvvida iniziativa. Se avesse voluto onorarlo, gli avrebbe obbedito; l’obbedienza è il dono massimo che diamo a Dio. 




Cinque controversie

Le cinque controversie che ora seguono hanno lo scopo di mostrare chi sia Gesù. Egli può perdonare a nome di Dio e di ammettere i peccatori alla comunione con Lui. È lo Sposo messianico che porta la gioia nel mondo fino a rendere inopportuno il digiuno. È il Signore del sabato, che stabilisce un nuovo significato a questa istituzione, ricostituendo la vera intenzione originaria di Dio.

Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa Mar 2,1 e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola. Mar 2,2 Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Mar 2,3 Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Mar 2,4 Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati». Mar 2,5 Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: Mar 2,6 «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». Mar 2,7 E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Mar 2,8 Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Mar 2,9 Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, Mar 2,10 dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». Mar 2,11 Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!». Mar 2,12 Uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Mar 2,13
Il miracolo avviene non per la fede del paralitico ma di altri, dei suoi portatori (unico caso nel Vangelo). Gesù non fa subito ciò che gli chiedono (la guarigione) ma opera un dono più grande, sebbene non richiesto: il perdono. Marco non dice che la malattia sia una punizione per il peccato ma neppure lo nega; tralascia la questione.
È come se Gesù dicesse a quest’uomo: in nome di Dio che viene incontro agli uomini, la storia che ti precede e della quale non puoi disfarti, non sarà più decisiva per te!
Il peccato non è un semplice errore ma una forza paralizzante, tale da dequalificare la nostra esistenza. Perdonare è prerogativa di Dio e Gesù si pone sullo stesso piano. Egli richiama il Figlio dell’uomo, il personaggio celeste preannunciato da Daniele (7,13-14).
Il racconto è al servizio di una confessione cristologica.




Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mar 2,14 Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Mar 2,15 Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Mar 2,16 Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Mar 2,17
Gesù può perdonare gli uomini e vuole stare a mensa con i peccatori, per farli uscire dal loro peccato. Sono presenti anche i discepoli perché anch’essi sono stati recuperati, come i peccatori, dalla chiamata di Gesù. 
«Gesù vide un uomo chiamato Levi, che sedeva al banco delle gabelle e gli disse: "Seguimi"». Vide non tanto con la vista del corpo quanto con lo sguardo della commiserazione interiore, per cui si e degnato di guardare anche Pietro che lo rinnegava, perché riconoscesse e piangesse il suo peccato, per cui aveva osservato il suo popolo per strapparlo dalla schiavitù d'Egitto da cui era oppresso, quando disse a Mosè: «Ho osservato l'afflizione del mio popolo che e in Egitto, ho udito i suoi gemiti e sono disceso a liberarlo». Vide dunque l'uomo ed ebbe compassione di lui perché, dedito solo agli affari di questa terra, non era ancora degno del nome degli angeli. Lo vide seduto al banco delle gabelle con la mente avida di guadagni terreni. 


Levi non soltanto offre al Signore un banchetto materiale nella sua casa ma gli prepara un banchetto molto più gradito nella sua dimora interiore grazie alla fede e all'amore, secondo quanto Cristo stesso ha detto: «Io sto alla porta e busso; se uno sente la mia voce e mi apre, io entrerò da lui e cenerò con lui e lui con me». 
II Signore sta alla porta e bussa, quando infonde nel nostro cuore il richiamo della sua volontà sia per tramite della parola di un dottore sia per sua ispirazione diretta. Udita la sua voce, noi apriamo la porta per riceverlo quando di buon grado accogliamo i suoi ammonimenti, sia segreti sia manifesti, e ci adoperiamo per realizzare le opere che sappiamo dover fare. Entra per sedere a mensa egli con noi e noi con lui, perché egli abita nel cuore degli eletti con la grazia del suo amore, e li ristora con la luce della sua presenza, così che essi progrediscono sempre più verso i desideri celesti ed egli stesso si nutre del loro zelo per il cielo, quasi graditissima vivanda» (Beda). 



I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da lui e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Mar 2,18 Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Mar 2,19 Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno. Mar 2,20 Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. Mar 2,21 E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!». Mar 2,22
La questione non verte sul digiuno in sé. Gesù spiega perché in quel momento esso sia inopportuno: lo sposo è con loro. Si tratta di cogliere la novità radicale del Vangelo. La questione del digiuno è centrale nella struttura delle dispute. Parlando della presenza dello sposo, Gesù indica in modo particolarmente conciso il suo rapporto con Dio e con il popolo d'Israele. In lui viene al suo popolo l'amore e la fedeltà di Dio, proprio al suo popolo peccatore e infedele (Os 2,18; Ez 16) (Stock 61)

Avvenne che di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. Mar 2,23 I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Mar 2,24 Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Mar 2,25 Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». Mar 2,26 E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Mar 2,27 Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato». Mar 2,28
Se Davide ha potuto infrangere la Legge, a maggior ragione può farlo Gesù. L’accento è posto sull’autorità di Gesù. La rivelazione ultima è Lui, non la Legge. Gesù pronuncia una parola decisiva su tutto.


Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, Mar 3,1 e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Mar 3,2 Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Mar 3,3 Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. Mar 3,4 E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita. Mar 3,5 E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire. Mar 3,6

Stando alla logica dei farisei, Gesù è stato effettivamente esagerato; (è vero che l’uomo poteva essere guarito in un altro giorno). Gesù però non entra in questa discussione ma manifesta di possedere l’autorità di Dio che vuole liberare e salvare. Il sabato non è un rito per fissare un’identità religiosa ma un segno attraverso il quale Dio afferma la sua volontà di salvezza e di riposo per l’umanità. Guarisce di Sabato per rivelare il volere del Padre che agisce ora in lui e dona il suo regno liberante. Dio vuole la vita piena degli uomini. Per salvare noi, però, dovrà perdere se stesso. 





Parabole

Cominciò di nuovo a insegnare lungo il mare. Si riunì attorno a lui una folla enorme, tanto che egli, salito su una barca, si mise a sedere stando in mare, mentre tutta la folla era a terra lungo la riva. Mar 4,1 Insegnava loro molte cose con parabole e diceva loro nel suo insegnamento: Mar 4,2 «Ascoltate. Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mar 4,3 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Mar 4,4 Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; e subito germogliò perché il terreno non era profondo, Mar 4,5 ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Mar 4,6 Un’altra parte cadde tra i rovi, e i rovi crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Mar 4,7 Altre parti caddero sul terreno buono e diedero frutto: spuntarono, crebbero e resero il trenta, il sessanta, il cento per uno». Mar 4,8 E diceva: «Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Mar 4,9 Quando poi furono da soli, quelli che erano intorno a lui insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Mar 4,10 


Marco ha detto più volte che Gesù insegna senza però riferire il contenuto del suo messaggio. Questa volta, invece, lo espone. Un seminatore ha gettato del seme su terreni molto differenti tra loro ma il ripetersi dei fallimenti non impedisce la crescita e perfino la sovrabbondanza del frutto. Egli sembra parlare del suo ministero: sebbene abbia ricevuto molti rifiuti, la sua predicazione non è stata e non sarà inutile. Il Vangelo viene rifiutato da molti ma produce anche frutti di santità. 


Ed egli diceva loro: «A voi è stato dato il mistero del regno di Dio; per quelli che sono fuori invece tutto avviene in parabole, Mar 4,11 affinché guardino, sì, ma non vedano, ascoltino, sì, ma non comprendano, perché non si convertano e venga loro perdonato». Mar 4,12 
Gesù, utilizzando un linguaggio caro agli apocalittici, sembra fare una distinzione netta tra quelli vicini a lui e gli estranei che si trovano al di fuori. Perfino le parabole, che erano pronunciate per facilitare la comprensione, diventano un ostacolo. In realtà la trama del Vangelo si svolge in modo tale che i discepoli di Gesù spesso vengono rimproverati e si mostrano increduli. Al contrario persone estranee a Lui, si mostrano credenti. Non è necessario cercare di fissare demarcazioni nette. Il discorso evidenzia la fatica di ogni uomo a porsi in sintonia con Gesù; denuncia il rischio di conservare un cuore duro.  


E disse loro: «Non capite questa parabola, e come potrete comprendere tutte le parabole? Mar 4,13 Il seminatore semina la Parola. Mar 4,14 Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la Parola, ma, quando l’ascoltano, subito viene Satana e porta via la Parola seminata in loro. Mar 4,15 Quelli seminati sul terreno sassoso sono coloro che, quando ascoltano la Parola, subito l’accolgono con gioia, Mar 4,16 ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della Parola, subito vengono meno. Mar 4,17 Altri sono quelli seminati tra i rovi: questi sono coloro che hanno ascoltato la Parola, Mar 4,18 ma sopraggiungono le preoccupazioni del mondo e la seduzione della ricchezza e tutte le altre passioni, soffocano la Parola e questa rimane senza frutto. Mar 4,19 Altri ancora sono quelli seminati sul terreno buono: sono coloro che ascoltano la Parola, l’accolgono e portano frutto: il trenta, il sessanta, il cento per uno». Mar 4,20 
Il mistero del Regno esige la capacità di ascoltare la Parola, quella di Gesù e quella degli apostoli. Marco elenca alcuni ostacoli: il diavolo, l’incostanza a motivo delle difficoltà (soprattutto le persecuzioni), i desideri alternativi del piacere e della ricchezza. 


Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Mar 4,21 Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Mar 4,22 Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Mar 4,23 Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Mar 4,24 Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha». Mar 4,25 
La parola del Vangelo dovrà essere conosciuta e si svilupperà nel mondo di necessità. Marco insiste ancora sull’ascoltare e su come si ascolta. 


Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; Mar 4,26 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Mar 4,27 Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; Mar 4,28 
e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Mar 4,29 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Mar 4,30 È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; Mar 4,31 ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Mar 4,32 Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Mar 4,33 Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. Mar 4,34 
Il regno di Dio non è il prodotto degli sforzi umani, ma di una Parola seminata al cuore del mondo che germoglia in modo misterioso. 




Fede e incredulità

In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all’altra riva». Mar 4,35 E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Mar 4,36 Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Mar 4,37 Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Mar 4,38 Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Mar 4,39 Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Mar 4,40 E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?». Mar 4,41 


I miracoli di guarigione fanno capire che Gesù è venuto per portare il regno di Dio, una forza risanante per gli uomini. I miracoli sulla natura rivelano invece l’identità di Gesù. Qui Gesù mostra di avere autorità sulle potenze del mare, considerate residenze dei demoni. Quando Gesù dorme, viene lasciato campo libero alle potenze del mare. Placando la tempesta Gesù non mostra semplicemente l’autorità di un taumaturgo, ma mostra la presenza di Dio in lui. Egli è Dio in persona che regna sovrano sulla creazione. 

Giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Geraseni. Mar 5,1 Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Mar 5,2 Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, Mar 5,3 perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Mar 5,4 Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Mar 5,5 Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi Mar 5,6 e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Mar 5,7 Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». Mar 5,8 E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». Mar 5,9 E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. Mar 5,10 C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. Mar 5,11 E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Mar 5,12 Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare. Mar 5,13 I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Mar 5,14 Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Mar 5,15 Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Mar 5,16 Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio. Mar 5,17 Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Mar 5,18 Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Mar 5,19 Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decapoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati. Mar 5,20 


Gesù incontra una situazione di morte vivente. Gli uomini non fanno nulla per integrare il malato ma si limitano a relegarlo ai margini. “L’insistenza sulla descrizione sottolinea il grado di disumanizzazione al quale è arrivato: la sua residenza è quella dei morti; la sua forza è sovrumana; non distingue il giorno dalla notte, non rispetta più il suo corpo, si esprime gridando, come un animale” (Curvillier). 
Il regno è superiore a tutte le forze distruttive e può sottrarre l'uomo alla peggiore alienazione e degradazione; essendo universale, riguarda non solo gli israeliti, ma anche i pagani. 




Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. Mar 5,21 
E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giairo, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi Mar 5,22 e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Mar 5,23 Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Mar 5,24 


Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni Mar 5,25 e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, Mar 5,26 udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Mar 5,27 Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». Mar 5,28 E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. Mar 5,29 E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». Mar 5,30 I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Mar 5,31 Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. Mar 5,32 E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Mar 5,33 Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Mar 5,34 


Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Mar 5,35 Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». Mar 5,36 E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Mar 5,37 Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Mar 5,38 Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Mar 5,39 E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Mar 5,40 Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». Mar 5,41 E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. Mar 5,42 E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare. Mar 5,43 


A Giairo Gesù dice: "Non temere, abbi solo fede". Colui che ha il potere divino sulla vita e sulla morte può dire questo con tanta sicurezza. Giairo deve crescere nella fede in Gesù e crederlo dotato di illimitata potenza divina e di solidarietà. 
Gesù  obbliga tutti al silenzio assoluto. Con questo divieto, probabilmente, si fa riferimento al fatto che soltanto nella risurrezione Gesù e il regno di Dio vengono rivelati in modo pieno e definitivo. La risurrezione della figlia di Giairo dimostra certamente il potere di Gesu sopra la morte, ma non la vince definitivamente, in quanto la ragazza è destinata a tornarvi. Con la propria risurrezione, invece, Gesù è entrato nell'eterna vita di Dio e ha spezzato anche per noi in modo definitivo il potere della morte. Per questa risurrezione non c'e piu alcun ordine di tacere; anzi, essa va annunciata in tutto il mondo (cf. 13,10; 14,9) (Stock). 



 Partì di là e venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Mar 6,1 Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e diceva no: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Mar 6,2 Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Mar 6,3 Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». Mar 6,4 E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. Mar 6,5 E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. Mar 6,6 





Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. Mar 6,7 E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; Mar 6,8 ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. Mar 6,9 E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Mar 6,10 Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Mar 6,11 



La missione dei Dodici mostra in un modo nuovo l'autorità di Gesù: egli li chiama a sé, li invia, da loro potere, impone loro come comportarsi. Essi vengono inviati a due a due, per mostrare a loro e ai loro ascoltatori che non vengono a nome proprio, bensì sono testimoni del messaggio che hanno ricevuto da Gesù (cf. Dt 19,15; Mt 18,16; Gv 8,17); devono anche sostenersi e aiutarsi a vicenda. La cacciata dei demoni era fin dall'inizio parte essenziale dell’opera di Gesù (1,23-27.34.39; 3,11-12.22; 5,1-20), e già al momento dell'istituzione dei Dodici era stata indicata come loro compito futuro (3,15). Ora Gesù conferisce loro il potere; avendo egli pieno potere sui demoni, può fame parte ad altri.


Le prescrizioni date ai discepoli occupano la parte maggiore della missione. Gesù ordina in primo luogo quello che i Dodici non devono avere; rimangono a loro soltanto un bastone, i sandali, una veste. Dev'esser chiaro ai discepoli e ai loro uditori che essi non hanno niente e che non possono portare niente, tranne il loro messaggio e il loro potere. Proprio in corrispondenza con questo Pietro dirà allo storpio, alla porta «Bella» del tempio: «Argento e oro non ho. Ma ti do quello che ho: In nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!» (At 3,6). Se essi vengono accolti, non devono avere pretese, ma essere contenti di quello che capita. Se vengono rifiutati, non devono semplicemente andarsene, ma far capire le conseguenze di un tale comportamento. Con il gesto di scuotere la polvere dai calzari gli inviati pongono in chiaro che tra loro e quelli che non l’accolgono non c'é niente in comune (cf. At 13,51; 18,6); chi però rifiuta gli inviati, respinge colui che essi annunciano. 

Non solo a queste prescrizioni, ma all'invio dei Dodici nel complesso si attribuisce un carattere fondante ed esemplare. 
Importante è il loro rapporto con Gesù: egli li ha scelti e li ha destinati a stare costantemente con se (3,13-14). E lui a inviarli, e a lui essi ritornano, rendendogli conto di tutto quanto hanno fatto (6,30). Giovanni Battista (1,2-4) e Gesù stesso (cf. 9,37) sono mandati da Dio. I Dodici, invece, che hanno una missione affine, è Gesù a mandarli; egli si assume il ruolo di Dio. Cosi nuovamente è messo in chiaro quale posizione e autorità Gesù rivendichi, inviando i Dodici. E si capisce anche che qui essi non adempiono per una sola volta questo compito, ma che d'ora in poi hanno un mandato affidato loro da Gesù e che dipende in pieno dalla sua missione (Stock 105. 106). 



Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, Mar 6,12 scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano. Mar 6,13 Il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Mar 6,14 Altri invece dicevano: «È Elia». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Mar 6,15 Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!». Mar 6,16 

Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Mar 6,17 Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Mar 6,18 Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, Mar 6,19 perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri. Mar 6,20 Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Mar 6,21 Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». Mar 6,22 E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Mar 6,23 Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». Mar 6,24 E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Mar 6,25 Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto. Mar 6,26 E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione Mar 6,27 e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. Mar 6,28 I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro. Mar 6,29 Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Mar 6,30 Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. Mar 6,31 Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Mar 6,32 


Raccontando la morte di Giovanni, Marco fa capire quale potrà essere il destino di Gesù (e dei discepoli inviati in missione). Finora Gesù ha avuto controversie soltanto con gli scribi e si è confrontato con la loro autorità morale. Adesso emerge la fora brutale del potere politico. Erode è simile a Pilato. Sebbene siano sulle prime orientati a fare ciò che è onesto, prevalgono in loro considerazioni d'opportunismo che li mette contro se stessi (fino a sperimentare la tristezza). 

La tristezza del re non è un'assoluzione ma la confessione del delitto. Mostrava nel volto la tristezza che lo condannava perché dimostrava chiaramente a tutti che egli conosceva l'innocenza e la santità di colui che mandava a morte. Indegni anche i convitati: tra loro non si trovò nessuno il quale impedisse che fosse decapitato. Giovanni, anche se non gli fu ingiunto di rinnegare Cristo, morì per Cristo. Cristo è la verità, perciò Giovanni, in quanto ha versato il sangue per la verità, lo ha versato per Cristo. Con la sua passione anticipò la passione del Signore (Beda)


Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero. Mar 6,33 Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Mar 6,34 Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i suoi discepoli dicendo: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; Mar 6,35 congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare». Mar 6,36 Ma egli rispose loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Gli dissero: «Dobbiamo andare a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?». Mar 6,37 Ma egli disse loro: «Quanti pani avete? Andate a vedere». Si informarono e dissero: «Cinque, e due pesci». Mar 6,38 E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. Mar 6,39 E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Mar 6,40 Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra tutti. Mar 6,41 Tutti mangiarono a sazietà, Mar 6,42 e dei pezzi di pane portarono via dodici ceste piene e quanto restava dei pesci. Mar 6,43 
Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini. Mar 6,44


Il banchetto di Gesù è stato preceduto da quello di Erode che sanziona la morte del Battista, un banchetto di morte. 
La folla si trova priva di pastore. Il pastore nell’Antico Testamento era Dio stesso ma ora Gesù partecipa ad un ruolo divino. Accoglie allora le folle inopportune (che non lasciano riposare), mentre i discepoli preferirebbero liberarsene. Gesù  li coinvolge chiedendo loro di sfamarle, prolungando così la missione. Dalla carenza di messi e dalla scarsa fedeltà dei discepoli, il Signore farà scaturire l’abbondanza. 
Le parole sul pane richiamano l’ultima cena, quando Gesù darà se tesso in modo decisivo. La missione sua e quella dei suoi discepoli non segue un cammino glorioso ma di dono di sè che può prevedere amche la morte. 


E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Mar 6,45 Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Mar 6,46 Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Mar 6,47 Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Mar 6,48 Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, Mar 6,49 perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». Mar 6,50 E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, Mar 6,51 perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito. Mar 6,52 


Il monte e la preghiera esprimono la relazione privilegiata e personale di Gesù con il Padre. Spesso nella preghiera Gesù si allontana dai discepoli: non possono partecipare alla sua profondità. Trovandosi nella comunione con Dio Padre, Gesù non smette di preoccuparsi dei discepoli, tormentati sul mare. Gesù sovrano della natura si scopre nel volto dell’uomo di Nazaret toccato dalla compassione di fronte alla folla e di fronte alla fatica dei discepoli in mare. Il Dio Onnipotente si può capre soltanto nel Dio compassionevole.


Compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Mar 6,53 Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe Mar 6,54 e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. Mar 6,55 E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati. Mar 6,56 



Si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Mar 7,1 Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate Mar 7,2 – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi Mar 7,3 e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, Mar 7,4 quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?». Mar 7,5 Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Mar 7,6 Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Mar 7,7 Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Mar 7,8 E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mar 7,9 Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre, e: Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte. Mar 7,10 Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, Mar 7,11 non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Mar 7,12 Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte». Mar 7,13 Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Mar 7,14 Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Mar 7,15 [] Mar 7,16 Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. Mar 7,17 E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, Mar 7,18 perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. Mar 7,19 E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Mar 7,20 
Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, Mar 7,21 adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Mar 7,22 Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo». Mar 7,23 





"Dietro le regole alimentari, la motivazione prevalente non è tanto l'igiene alimentare, quanto il desiderio di separarsi da ogni impurità allo scopo di avvicinarsi al Dio santo. Gesù stabilisce una duplice distinzione. Innanzitutto, citando il profeta Isaia (cf. 29,13), oppone l'obbedienza delle labbra all'obbedienza del cuore. Una seconda distinzione è quella che oppone 1'obbedienza verso la tradizione degli uomini all'obbedienza verso il comandamento di Dio (cf. vv. 8-9).
Un esempio illustra la logica nella quale Gesù si colloca. II comandamento di Mose mette in relazione degli individui: un figlio e i suoi genitori. Esso stabilisce una catena di solidarieta. La tradizione dei farisei, afferma Gesù, ha per effetto di sospendere questa solidarietà tra gli uomini. Per illustrare le sue affermazioni, fa 1'esempio del voto di korban: ogni bene soggetto a questo voto deve essere consacrato come offerta del culto, anche ciò che potrebbe servire ad aiutare un membro della propria famiglia in difficolta, La tradizione degli uomini permette quindi che, in nome del comandamento, venga meno la relazione di solidarietà tra le persone, mentre essa era primaria nell'intenzione di Dio.
Poi Gesù chiama la folla e illustra, con una sentenza, la conseguenza antropologica e teologica della sua risposta ai farisei e agli scribi. II male non viene dall'esterno. Viene dal cuore dell'uomo. Nulla di ciò che viene dall’esterno può rendere impuro un uomo, ma e ciò che e in lui che lo rende impuro" (Curvillier, 196).
Noi cerchiamo d'incolpare sempre altri: la società, gli stranieri, la Chiesa, ma il male parte sempre dal nostro interno. 





VIAGGI: da Tiro a Betsaida (7,24 ss)



Partito di là, andò nella regione di Tiro. Entrato in una casa, non voleva che alcuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto. Mar 7,24 Una donna, la cui figlioletta era posseduta da uno spirito impuro, appena seppe di lui, andò e si gettò ai suoi piedi. Mar 7,25 Questa donna era di lingua greca e di origine siro-fenicia. Ella lo supplicava di scacciare il demonio da sua figlia. Mar 7,26 Ed egli le rispondeva: «Lascia prima che si sazino i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Mar 7,27 Ma lei gli replicò: «Signore, anche i cagnolini sotto la tavola mangiano le briciole dei figli». Mar 7,28 Allora le disse: «Per questa tua parola, va’: il demonio è uscito da tua figlia». Mar 7,29 Tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n’era andato. Mar 7,30. 

Gesù si dirige verso la regione di Tiro, in terra straniera, in terra impura. Lui che dichiara puri tutti gli alimenti (cf. 7,19), sembra che consideri anche la terra pagana come una terra non toccata dall'impurità.
Entra in segreto in una casa (forse simbolo della comunita credente?), ma restare in incognito non è possibile. Marco sottolinea quindi che, se da un lato Gesu è misconosciuto e contestato dai responsabili di Israele, dall'altro viene subito riconosciuto da una pagana, proprio quando non aveva l'intenzione di manifestarsi. 
Una donna straniera e impura chiede che la figlia sia guarita. Gesù le risponde che deve badare ai figli, cioè agli ebrei, e trascurare i cagnolini (pagani). La donna non si ribella ma accetta. Non nega di essere un cagnolino ma spera nelle briciole che cadono dalla mensa. Chiede a Gesù di mutare prospettiva, di guardare anche sotto la tavola. Non pretende che Egli tolga qualcosa a nessuno ma di lasciare l’eccedente. E' l’unica persona che nel vangelo parla alla pari con Gesù. Prega con umiltà e insistenza. La sua fede consente a Gesù di allargare lo sguardo all’universalità, ai pagani. Da parte nostra, dobbiamo fare attenzione a non giudicare gli stranieri in base a schemi negativi. 



Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Mar 7,31 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Mar 7,32 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; Mar 7,33 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». Mar 7,34 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. Mar 7,35 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano Mar 7,36 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Mar 7,37 


Gesù si trova sempre in territorio pagano. Compie dei gesti fisici sul muto, mentre guarda il cielo e prega il Padre. Si mostra così molto vicino a quest’uomo e a Dio. Il sospiro indica l’intensità dell’invocazione, la lotta interiore nell’affrontare la difficoltà? Gesù qui parla come il sordo, in modo inarticolato. Si identifica nella sua sofferenza. Parla in aramaico, come farà al Getsemani: certe volte la lingua materna esprime meglio il più profondo di noi stessi. Il miracolo dovrebbe portare alla fede, alla capacità di ascoltare la parola del Signore per poi annunciarla. Gesù si preoccupa che il miracolo non crei il miracolismo (cercare solo il benessere dei miracoli). “Non basta acclamare Gesù come si acclama il Dio creatore che fa bene tutte le cose, bisogna comprendere il senso profondo di questo bene che egli offre. Invece di portare il sordomuto a Gesù, sono loro stessi, i divulgatori, che avrebbero dovuto andare da lui” (E. Curvillier). 




In quei giorni, poiché vi era di nuovo molta folla e non avevano da mangiare, chiamò a sé i discepoli e disse loro: Mar 8,1 «Sento compassione per la folla; ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Mar 8,2 Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano». Mar 8,3 Gli risposero i suoi discepoli: «Come riuscire a sfamarli di pane qui, in un deserto?». Mar 8,4 Domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette». Mar 8,5 Ordinò alla folla di sedersi per terra. Prese i sette pani, rese grazie, li spezzò e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero; ed essi li distribuirono alla folla. Mar 8,6 Avevano anche pochi pesciolini; recitò la benedizione su di essi e fece distribuire anche quelli. Mar 8,7 Mangiarono a sazietà e portarono via i pezzi avanzati: sette sporte. Mar 8,8 Erano circa quattromila. E li congedò. Mar 8,9 Poi salì sulla barca con i suoi discepoli e subito andò dalle parti di Dalmanuta. Mar 8,10 



La folla rimasta presso Gesù non ha neanche il tempo di nutrirsi: il desiderio di sentire o di vedere Gesù è più forte del bisogno di mangiare. I discepoli non riescono ad avere fede profonda. 
Le parole sul pane rievocano l’ultima cena e l’Eucaristia. Le sette sporte avanzate ricordano il numero dei popoli pagani. Le briciole della tavola ora diventato pani completi destinati all’universalità dei pagani. Dio si dona nella forma del suo contrario: nella carenza e nella condivisione. 


Vennero i farisei e si misero a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Mar 8,11 Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Mar 8,12 Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva. Mar 8,13 Avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Mar 8,14 Allora egli li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Mar 8,15 Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane. Mar 8,16 Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Mar 8,17 
Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, Mar 8,18 quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». Mar 8,19 «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». Mar 8,20 E disse loro: «Non comprendete ancora?». Mar 8,21 


I farisei, assenti al momento della moltiplicazione dei pani, esigono ancora segni. Comunque a molte persone i segni non bastano mai. I discepoli dovrebbero imparare a comprendere ciò a cui assistono. 



Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Mar 8,22 Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Mar 8,23 Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». Mar 8,24 Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. Mar 8,25 E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio». Mar 8,26 



Finalmente Gesu e i discepoli arrivano a Betsaida. II progetto era stato formulato in 6,45: Gesu aveva ordinato ai discepoli di "precederlo" a Betsaida. Missione impossibile: il racconto fa vedere come i discepoli siano stati incessantemente distolti dalla loro destinazione iniziale. Dapprima, dato che "il vento era loro contrario" (6,48), erano arrivati a Gennesaret. Poi, dopo esser stati lasciati soli da Gesu che si era spostato a Tiro e a Sidone (cf. 7,24.31), e poi verso la Decapoli (cf. 7,31), li ritroviamo sulla barca con lo stesso Gesu, diretti verso Dalmanuta (cf. 8,10). Ed è solo ora che giungono alla meta! Ma non da soli. E in compagnia di Gesu che arrivano a Betsaida. 

A questa difficoltà, che la narrazione ci presenta, di raggiungere la meta fissata da Gesù, viene ora ad aggiungersi, per la prima volta nell’evangelo, una difficolta che Gesu incontra a guarire qualcuno. Gli portano un malato perché il taumaturgo faccia quello che ci si aspetta da lui, i normali gesti di guarigione. Subito Gesù lo prende in disparte dal villaggio e fa i gesti rituali per la guarigione di un cieco. L'uomo vede, ma vede imperfettamente (le persone "come degli alberi che camminano"). È difficile non interpretarlo come una riflessione sulla visione imperfetta della rivelazione di Dio in Cristo di cui sono capaci gli uomini, e in particolare i discepoli. Occorre dunque un secondo intervento di Gesù perché il cieco veda normalmente. Una seconda guarigione dalla cecità avverrà a Gerico, prima della Pasqua. Gesù deve liberarci gradualmente dalla nostra cecità affinché possiamo credere in Lui profondamente. 


Quanto a te, a tutto ciò che è tuo, sei pieno di tenebre. Dì a te stesso che non sei luce. Al massimo sei occhio, non sei luce. A che giova un occhio aperto e sano, se manca la luce? Di’ dunque che la tua luce non viene da te e grida ciò che sta scritto: Tu, o Signore, darai luce alla mia lampada. Non ho niente di mio se non le tenebre, tu invece sei la luce che mette in fuga le tenebre, e che mi illumina. La mia luce non viene da me, ma è una luce che non deriva da altri se non da te (San Agostino)






VIAGGI: A Cesarea di Filippo. Confessione di Pietro



Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Mar 8,27 Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Mar 8,28 


Nel Vangelo sono già state date molte risposte circa l’identità di Gesù: la folla è sorpresa della sua autorità; gli avversari lo considerano un emissario di Beelzebùl; i compaesani si meravigliano della fama ottenuta da una persona che era uno qualsiasi di loro. I discepoli si erano interrogati: Chi sarà costui? (4,41).
 La gente colloca Gesù tra altre figure tipiche dell’Antico Testamento. Rimane vincolata al passato e non coglie la novità del Vangelo. 


Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». Mar 8,29 E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. Mar 8,30 


Pietro, invece, confessa Gesù come il Messia atteso. Ha capito bene chi è Gesù? La delusione e il rifiuto che manifesterà in seguito all’annuncio della passione, fa capire che egli pensava ad un Messia quale regnante privilegiato. 
L’ingiunzione al silenzio richiesta fortemente da Gesù, mostra che egli dubita che Pietro abbia colto la verità profonda sulla sua missione. Gesù ordina il silenzio ai discepoli come fa nei riguardi degli spiriti impuri che lo confessano. 


E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Mar 8,31 Faceva questo discorso apertamente. 
Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Mar 8,32 Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Mar 8,33 


Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto: Dio vuole rivelarsi nella croce. Accettando di subire la violenza degli uomini, Egli offre un nuovo volto di sè. Il Figlio dell’uomo, ossia un personaggio celeste ereditato dalla tradizione apocalittica (Dn 7,13) sarà rifiutato e perseguitato dagli uomini. La morte e il crimine, tuttavia, non avranno l’ultima parola. 
Tra Pietro e Gesù inizia una discussione violenta. L’apostolo non accetta l’idea dell’umiliazione e della sofferenza del messia e Gesù, per questo, considera il discepolo un Satana: si trova dalla stessa parte di chi cerca di distoglierlo dalla sua missione. È necessario allora che egli passi dietro a Gesù, che stia alla sua sequela e non cerchi di sbarrargli il passo. Egli ha visto Gesù ma lo ha visto male. 
Lo scontro non è soltanto un episodio del Vangelo ma un argomento centrale che ritorna: difficile accogliere un Messia sofferente! Difficile seguire Gesù nella persecuzione; difficile che il regno giunga passando attraverso il rifiuto e il dolore. 



Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Mar 8,34 Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Mar 8,35 Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Mar 8,36 Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Mar 8,37 Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi». Mar 8,38 


Convocata la folla insieme ai suoi discepoli ... Gesù rivolge un appello chiaro e distinto a chiunque intende segurlo come credente, in ogni epoca: dovrà rinnegare se stesso e prendere la sua croce. Finora tutti lo hanno seguito per ottenere miracoli, ossia per stare meglio o per godere i vantaggi di una nuova situazione sociale. Dovranno invece pensare ad una esistenza che si muove sulla strada dell’amore che implica la rinuncia ai propri vantaggi e comodi. 
L’evangelista non invita il discepolo a sacrificarsi per una nobile causa. Deve mettere al centro della propria vita Gesù stesso (per causa mia e del Vangelo...). Se si dedica ad una nobile causa, lo fa perché è discepolo suo. Dando spazio a Gesù, il discepolo non si perde né si rovina. 

Nessun genere di crudeltà può distruggere una religione, che si fonda sul mistero della croce di Cristo. La Chiesa infatti non diminuisce con le persecuzioni, anzi si sviluppa, e il campo del Signore si arricchisce di una messe sempre più abbondante, quando i chicchi di grano, caduti a uno a uno, tornano a rinascere moltiplicati (san Leone)

Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza». Mar 9,1


Chi vedrà il regno di Dio nella sua potenza? I testimoni delle apparizioni del Risorto; la risurrezione anticipata nel mistero della Trasfigurazione. 







Trasfigurazione ed esorcismo


Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro Mar 9,2 e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. Mar 9,3 E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Mar 9,4


Marco colloca la trasfigurazione di Gesù in un settimo giorno, come avvenne per Mosè: "La gloria di Dio pose la sua dimora sul monte Sinai, e la nube lo coprì per sei giorni. Al settimo giorno Dio chiamò Mosè dalla nube" (Es 24,16). Sul monte, luogo biblico di rivelazione, Gesù viene trasformato. L'abito, segno di identità, appare luminoso e ciò indica che Egli è una persona celeste. La presenza di Mosè ed Elia, simbolo della Legge e dei profeti, indica che Gesù ha una dignità almeno pari di questi due grandi personaggi. 
"Il Signore si trasfigurò davanti ai discepoli per indicare la gloria che avrebbe illuminato il suo corpo nella risurrezione e per manifestare di quanta luce brilleranno dopo la risurrezione i corpi di tutti gli eletti" (Beda). 

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Mar 9,5 Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Mar 9,6 Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». Mar 9,7 E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mar 9,8 
"Aggiungendo ascoltatelo, il Padre ha manifestato che quello era proprio Colui del quale Mosé parlava al popolo al quale aveva dato la Legge: Il vostro Dio vi susciterà un profeta dai vostri fratelli che ascolterete come stesso. Non vieta di ascoltare Mosé ed Elia, ma fa capire a tutti che si deve preferire l'ascolto del Figlio che è venuto ad adempiere la Legge e i Profeti, e comanda di anteporre la luce della verità del Vangelo" (Beda). 


Pietro cerca di prolungare il momento che sta vivendo, un'esperienza ben più tranquillizzante di quella della passione annunciata da Gesù. Dio interviene per parlare; si passa dal vedere all'udire. I discepoli devono ascoltare il Figlio e seguirlo. Gesù è Colui nel quale il regno di Dio, annunciato dai profeti, si fa conoscere e quindi per lui possiamo giocarci l'intera esistenza. 

Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Mar 9,9 Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. Mar 9,10


L'evento è comprensibile soltanto facendo riferimento alla Pasqua. Dio si rivela e si rivelerà nella debolezza. Affermare che Gesù è risuscitato significa credere che Dio si rivela a fianco del Crocifisso, nella sua morte. Dio non si manifesta nella potenza mondana o nella sopraffazione, ma nell’amore e nel dono di sé. 

E lo interrogavano: «Perché gli scribi dicono che prima deve venire Elia?». Mar 9,11 Egli rispose loro: «Sì, prima viene Elia e ristabilisce ogni cosa; ma, come sta scritto del Figlio dell’uomo? Che deve soffrire molto ed essere disprezzato. Mar 9,12 
Io però vi dico che Elia è già venuto e gli hanno fatto quello che hanno voluto, come sta scritto di lui». Mar 9,13



Secondo il giudaismo contemporaneo, l'avvento del regno di Dio doveva essere preceduto dal ritorno di Elia (Mal 3,23-24). I discepoli chiedono una spiegazione circa la venuta d'Elia. Gesù considera Giovanni Battista l'Elia atteso. 

E arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro. Mar 9,14 E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Mar 9,15 Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». Mar 9,16 E dalla folla uno gli rispose: «Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. Mar 9,17 Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Mar 9,18 Egli allora disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». Mar 9,19 E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. Mar 9,20


La Trasfigurazione non è una parentesi; è una tregua dopo la quale riprende la lotta. Un ragazzo deve essere liberato dal demonio ma tutti sono impotenti ad aiutarlo. Il miracolo è legato alla fede: Gesù ha un'autorità totale sui demoni ma rispetta la libertà. 

 Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall’infanzia; Mar 9,21 anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Mar 9,22 Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Mar 9,23 Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!». Mar 9,24 Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: «Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più». Mar 9,25 Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Mar 9,26 Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi. Mar 9,27 


L'uomo si scontra con la propria incredulità. La fede autentica passa dal riconoscimento della nostra incredulità ma questo apre al possibile che viene da Dio. La preghiera che permette di cacciare il demonio è quella del padre del ragazzo. Nulla può scacciare il demonio se non la fede (che supera la mancanza di fiducia). Non si tratta di una preghiera elevata ma di un'invocazione che si esprime in parole che sgorgano dal più profondo desiderio di liberazione e dalla presa di coscienza della propria finitezza. 
La vicenda del ragazzo forse prefigura la morte e la risurrezione di Gesù. 

Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Mar 9,28 Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera». Mar 9,29